Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.
Visualizzazione post con etichetta Racconti - La strega Elvira e la fata Costanza. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Racconti - La strega Elvira e la fata Costanza. Mostra tutti i post

domenica 6 novembre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 12)


EPILOGO E CRITICA
E così bisognerà pur chiuderla questa storia, che doveva essere espletata in quattro capitoli ed invece ne sono occorsi ben dodici. L'argomento mi ha sedotta, soprattutto il lato psicologico, che più di questo si tratta che di  tema di sesso. Seppur il titolo, scaltramente ammiccante, può aver tratto in inganno. Ma ecco, ora davvero siamo giunti a quel punto finale che conclude i patimenti in reiterato dolore o in letizia finale.
Per chi il castigo e per chi l'assoluzione, e per chi, in mancanza di prove testimoniali, il non luogo a procedere.
Perché è questo, alla fine, il difficile compito dello scrittore, trovare un finale in cui tutto armoniosamente converga.
Ad ogni modo è saggio ricordare che anche gli autori sono soggetti alla partigianeria, l'importante è conservarne la consapevolezza quel tanto che basta per non inquinare la storia.

QUASI TUTTE LE STORIE INIZIANO DALLA FINE
Costanza s'affacciò nel sogno inquieto del Portoghese, lo vide correre lungo la carretera che sprofondava nel baratro, appena in tempo per ghermirlo, con i pallidi artigli dell'aquila, e collocarlo su una nube limitrofa a quella dove transitava, sospinta dagli alisei, la madonnina dalla caviglia ferita.
Il turchino dell'orizzonte si andava tingendo di viola, per poi incupirsi di nero, via via che le due nubi gemelle s'allontanavano col loro carico pesante di virtù e di struggimento.
Nell'istante parallelo, il Portoghese, si mosse nel letto al suo fianco, obliato dall'amnesico profumo di loto del suo ventre, mormorò il suo nome prima di riaddormentarsi e sognare di star risalendo la parete di un burrone aggrappato ad una lunga treccia bionda. Quando poi era emerso in superficie lei lo aveva accolto con naturalezza, nel suo ventre, senza altra magia se non quella dell'amore.

LA PITONESSA
Quella sera, Madame, lo aveva atteso invano al solito bistrot.
S'era arrabbiata nel modo in cui solo una strega può fare, dopo aver scoperto che Costanza era contravvenuta alle regole pattuite, usando la magia per entrare nel tumultuoso sogno del Portoghese, e trarlo in salvo.
Quest'inganno, questo oltraggio estremo ai regolamenti della disputa sarebbe costato, alla sua rivale, l'ostracismo ed il disonore, ma lei...lei aveva comunque perso.
Non c'era più in campo la bravura, la genialità della strategia, ma l'orgoglio della donna abiurata, il suo nome dimenticato, non per difetto d'amore, ma per via di un'astuzia, di quell'inganno con cui l'altra glielo aveva portato via usando la magia laddove ne era stato stabilito il divieto.
Madame s'era arrabbiata nel modo in cui solo una dea può fare, urlando nel suo mondo ed in quelli limitrofi, la sua giusta ira, con rimbombo di tuono che deflagra in fulmine e sommuove le acque, terremoto di terra e di mare,  eclissi e capovolgimenti termici, l'antartide ardente come un deserto, ghiaccioli sulle gobbe dei cammelli, e Parigi..le merveilleux Paris, ridotta all'occhio cieco di un ciclope, oscurata, buia, ristretta alle dimensioni di un bistrot dove una sparuta, ed alquanto impaurita, rappresentanza della fauna umana, composta per lo più da sartine, commessi, studenti della prospiciente Académie Des Beaux-Arts, un gruppetto di militari in libera uscita, una coppia adultera, si era rifugiata al suo interno senza immaginare di cacciarsi nelle spire mortali di una  pitonessa.
Che questa era la spettacolare immagine che Madame esibiva di se stessa: una pitonessa raggomitolata nelle sue spire e costretta a partorire, con dolori uterini ed in pubblico, la colomba dalle ali tarpate che testé aveva appena divorato come cena.

E così, quella notte, l'incolpevole Parigi fu in balia delle sue doglie, ostaggio circoscritto nella esigua planimetria del bistrot.

Perfino gli atei, quella notte, auspicarono l'avvento miracolistico dell'Arcangelo Michele, il guerriero redento, colui che schiaccia la testa al drago, così da salvare gli ostaggi dall'ira apocalittica della strega tradita.


QUANDO LA MATEMATICA CONFLUISCE NELLA METAFISICA
 La matematica, ci è stato in questa storia ampiamente dimostrato, che non ha come scopo primario solo la risoluzione di complicati teoremi e la loro applicazione nei campi ad essa ascrivibili (quantità, spazio, strutture e calcoli) ma questa disciplina è estendibile all'intera metafisica dell'universo.
E' stata la matematica, e non la filosofia, a rivelarci la realtà dei molteplici universi paralleli:
quelli scientifici dei numeri, delle statistiche, delle equazioni. Della logica
quelli sotterranei dei sentimenti, degli amori, delle collere, dei tradimenti. Delle passioni
quelli irraggiungibili, delle streghe e delle fate.
...e quelli insondabili, dei naufraghi dall'amore obliati.

SOPRA LA SUPERFICIE DELLA CROSTA TERRESTRE
Il Portoghese destato era rimasto a contemplare la bellissima Costanza che ancora dormiva, lo splendido viso incorniciato dall'aureola diafana dei capelli, e una sua mano, ferma nel gesto di una carezza, posata sul petto di lui. Il Portoghese aveva sorriso al ricordo della notte appena trascorsa, a quel loro rincorrersi, perdersi e ritrovarsi, nei voluttuosi amplessi che l'avevano costellata, eppure...
...eppure in tutta quella luce aleggiava, in una zona del suo io più recondito, uno spazio vuoto, irrisolto. Come un ricordo malamente cancellato, che premeva per tornare alla memoria.
Il bisogno istantaneo di una sigaretta lo aveva indotto ad alzarsi, facendo attenzione a non destare la sua meravigliosa amante immersa nella soavità del sonno. Istintivamente aveva allungato la mano a cercare il portasigarette d'argento e le sue dita avevano trovato, invece, un foglietto su cui era scritto:

J'aurai peut-être encore besoin de vous.
À bientôt
M

Non avrebbe saputo spiegare perché quel breve messaggio, di cui nulla ricordava del mittente e neppure perché fosse finito sul suo tavolino, aveva suscitato in lui una sensazione così intima e profonda, di gioia dolorosa, di primitiva esaltazione, di sublime eccitazione.
Istintivamente predisponendosi all'attesa, mentre fuori la notte ardeva dell'incandescenza di miliardi di stelle che andavano illuminando il cielo come fosse mattino.

martedì 1 novembre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 11)


LA SOLITUDINE
L'emotività è un fattore di cui siamo obbligati, in questa trama, a tenere in debito conto, perché dopo estenuanti attese anche il più fiero degli uomini s'arrende alla propria solitudine o, se è fortunato, cade nelle braccia di un'altra donna, senza chiedersi se quello che sente è necessità di un rifugio o qualcosa che somiglia, sia pur vagamente, all'arroganza di quell'amore di cui, consapevolmente, aveva accettato il giogo.
La solitudine, e l'emotività che da questa scaturisce, sono alla base della maggioranza dei rapporti che s'instaurano per scongiurare il rischio di rimanere soli e, soprattutto, per non esser risucchiati dal proprio vuoto interiore.

REFUGIUM PECCATORUM
Il Portoghese sfoglia la donna turchina, un petalo dopo l'altro, ma non è il suo nome che gli affiora alle labbra, ma quello dell'altra.
 Costanza, però, non ha finto di non avere udito, anzi ha raccolto quel nome con grazia e lo ha tramutato in un bacio.
La bocca ridente e i capelli ingarbugliati, mentre l'ultimo petalo turchino cade a terra lasciandola completamente nuda.
Più sirena che madonna, piuttosto incantatrice di serpenti, ad indicare il cammino verso l'antro, il buio refugium peccatorum, spalancato tra le sue cosce.
Lo accoglie così nell'incavo delle lisce pareti della sua conchiglia, dove gli permette di esplorare, a suo piacimento, gli stretti sentieri odorosi di alga che lo accolgono umidi, e già schiusi, al suo passaggio.
Il potere del grembo di una sonna è molto più seduttivo di qualsiasi arte magica.
Ne è consapevole, Costanza, che sente dentro di lei l'amante dilatarsi e poi cedere nel parossismo dell'orgasmo, in un singulto violento che è quasi un singhiozzo, ed è il suo nome, questa volta, che lui invoca.
Non è una vittoria, lo sa bene Costanza, che l'altra ha sapientemente marcato il suo territorio, che distintamente ha  percepito sul suo corpo il profumo amaro di Elvira, e ha captato, in lui, l'attimo prima dello stravolgimento orgasmico, uno struggimento latente, doloroso, come lo smarrimento remoto di un bambino che affamato s'attacca alle mammelle della nutrice, confuso di sentire un odore diverso da quello della madre.
Non è una vittoria, lo sa bene Costanza, che l'altra lo possiede fin dentro l'anima, dove lo ha marchiato con la semiluna delle sue unghie e lo domina con l'arroganza del suo predominio.
E, per la prima volta da quando è iniziata la spietata disputa, lei prova un sentimento vero, di tenerezza, verso quell'uomo irrimediabilmente perso anche per se stesso.

IL SOGNO DEL PORTOGHESE
Il naufrago oltrepassava la soglia della chiesa marina diretto all'altare sovrastato da una madonnina malinconica, scolpita nell'atto di sollevare con una mano un lembo di veste, da cui s'intravedeva una caviglia scheggiata, ridipinta di un rosa troppo acceso.
Uno sfregio di crosta su un'epidermide di biscotto.
La madonnina gli sorrideva e lo invitava ad avvicinarsi al suo piedistallo.
Ma più lui s'avvicinava più andava aumentando la distanza che lo separava dall'altare, come se la breve navata acquistasse lunghezza ad ogni suo passo.
Più avanzava e più la distanza aumentava.
La madonnina era immobilizzata nella base del suo piedistallo, per di più con una caviglia ferita, quindi doveva esser lui a raggiungerla.
Allora il naufrago iniziò a correre mentre la navata si andava trasformando in una carretera insidiosa, con trappole che improvvise s'aprivano al suo passaggio, e animali feroci che sbucavano dal nulla.
Ma lui, tenace, continuava a correre nonostante la carretera terminasse in un baratro, e la madonnina, arrancata al suo piedistallo, s'involava su una nuvola di passaggio.

martedì 25 ottobre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 10)


UNA MINUSCOLA TRACCIA D'AMORE
Madame era riapparsa d'improvviso, e solo brevemente, il tempo necessario per gettare di nuovo nelle ambasce dell'abbandono il Portoghese. Notte travolgente in cui la bellissima signora aveva dato il meglio di sé in un lussurioso festino, appassionato e crudele, come era nel suo stile.
Quando lui all'alba s'era destato, frastornato ed eccitato, interamente pervaso dal profumo amaro di Madame, lei non c'era già più.
A ricordo della notte appena trascorsa giaceva, dimenticata sul cuscino, la mascherina nera con la quale lei aveva messo in scena la sua lussuriosa performance, mentre la sua firma d'autrice, o meglio, la marchiatura del suo possesso, si evidenziava sul corpo del Portoghese, dal torace alle parti più intime, nelle impronte delle sue unghie, simili a falci di luna scalfite sulla pelle.

J'aurai peut-être encore besoin de vous.
À bientôt
M

Lesse e rilesse più volte, con fervore esaltato, questo laconico messaggio.
Era la prima volta che Madame gli lasciava qualcosa di scritto, elargendogli la fortuna di custodirlo nelle sue mani, e di poter imparare a memoria le volute di ogni lettera, gli spazi, la punteggiatura, gli accenti, e di poterlo persino immaginare pronunciato dalla voce di lei.
Aveva fantasticato l'intera mattinata su quel breve rigo, analizzando l'ipotesi psicologica di  reconditi subliminali messaggi d'amore, ecco, d'amore, una parola che una donna orgogliosa come Madame non avrebbe mai pronunciato.

J'aurai peut-être encore besoin de vous.
À bientôt
M

"Avrò ancora bisogno di voi", aveva scritto nel biglietto, e questo faceva ben sperare dal momento che lei gli aveva confidato, durante il loro primo incontro, la facilità con cui le persone le venivano a noia.
"Avrò ancora bisogno di voi": questa frase sembrava quasi contenere una minuscola traccia d'amore.
La mascherina nera e quel foglio di carta, finalmente decifrato nel suo giusto significato e che avrebbe gelosamente custodito come una mappa del tesoro, andarono ad arricchire il bottino del suo forziere di pirata.

CONFIDENZE  E DICHIARAZIONI
Portoghese - Mi trovate ridicolo? -
Costanza - Certo che no -
Portoghese - Lei mi ha in pugno -
Costanza - Talvolta è il destino di chi è innamorato -
Portoghese - Ma lei non mi ama -
Costanza - Non serve essere in due per aver diritto all'amore -
Portoghese - E voi? -
Costanza - Io sono innamorata di voi -
Portoghese - Ma io non vi amo nello stesso modo in cui voi amate me -
Costanza - In qualunque modo mi amate a me sta bene -
Portoghese - Meritereste di più -
Costanza - Forse -
Portoghese - E di questo foglio, di questo suo scritto, cosa ne pensate? -
Costanza - Ha bisogno di voi -
Portoghese - Ma non specifica come, né quando e neppure perché -
Costanza - Ha bisogno di voi, dovrebbe bastarvi. A me sarebbe sufficiente.
Portoghese - Siete incredibile, ed io sono pazzo-
Costanza - Pazzo, ma non noioso. Per questo siete ancora il suo favorito -
Portoghese - Non ambisco ad essere il favorito, ma l'unico -
Costanza - E' questo l'errore in cui s'incappa nelle questioni d'amore: essere il numero uno, il numero unico. Io so di non esserlo per voi, eppure son qui, cheto la vostra disperazione, vi consolo, v'induco alla positività. E' il mio modo d'amarvi, scevro  dall'amarezza  di un numero primo -
Portoghese - Vi state facendo beffe di me -
Costanza - Sono assolutamente sincera -
Portoghese - Io non potrò mai amarvi come amo lei -
Costanza - Io non ve l'ho chiesto, né lo vorrei. Io non sono lei, sono altro ancora. Almeno questo riconoscetemelo -
Portoghese - Siete bellissima e state sprecando tempo con me, potreste avere legioni di spasimanti pronti per voi a qualunque follia -
Costanza - Avete ragione quando dite che ho schiere d'innamorati pronti a far follie, ma torto quando affermate che sto sprecando il mio tempo -
Portoghese - Quindi anche voi inseguite la follia?-
Costanza - La mia follia siete voi -
Portoghese - E i vostri amanti?-
Costanza - Ognuno di loro ambisce ad essere per me il numero uno, il numero unico, allo stesso modo in cui voi aspirate ad esserlo per lei. Nulla di nuovo sotto il sole, amico mio. Come vedete siete in buona compagnia!-
Portoghese - Di nuovo vi burlate di me -
Costanza - Attento, Monsieur, quando vi compiangete diventate noioso e lei, come sappiamo, non sopporta la noia e, a dire il vero, neppure io. Ma io vi amo e sono disposta a fare un'eccezione...purché non diventi la regola. Monsieur, avete il  mio permesso di amarmi anche senza amore

lunedì 24 ottobre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 9)


"Sola non cura il mio triste languire,
e sola il può curar; chè solo a lei
il mio viver è in mano e il mio morire."
(Matteo Maria Boiardo - Amorum libri tres)

UNA DONNA FUORI DAL COMUNE.
Quanto Madame per sua natura era arrogantemente portata a celare, tanto, invece, la biondina sfacciatamente amava esibire.
Si era data a lui senza infingimenti, con un entusiasmo univoco, senza esigere promesse né appellarsi agli emendamenti dell'amore.
 Neppure aveva mai chiesto chi fosse l'altra, quella di cui lui farneticava e della quale nel sonno mormorava il nome.
Cancellare quel nome dalla sua memoria sarebbe stato per lei facile, un gioco di magia elementare, ma le amnesie, gli stordimenti e i filtri, erano strategie vietate in quella particolare disputa.
Ovviamente, Costanza, era ben dentro la storia dell'altra, della quale una notte era stata alleata e complice in un sessualissimo menagè a trois, e in quello stesso letto, non solo ne conosceva il nome ma l'aveva vista in azione e da subito aveva capito che si sarebbe dovuta confrontare con un'avversaria assolutamente da non sottovalutare.
Elvira, il suo talento, lo aveva da subito esibito: era stata sublime nel rendere schiavo un uomo che nella vita era nato padrone e altro ruolo mai aveva rivestito, riducendolo in catene ai suoi piedi di amante distratta, indifferente, capricciosa.

Arduo, se non impossibile, è ora il compito della fata Costanza, che è quello di scalzare la strega dal cuore e dai sensi del Portoghese, essendosi inoltre impegnata a non trasgredire alle regole prestabilite in base alle quali, in questa particolare sfida, avrebbe vinto la più arguta e non la più tecnologica.
La biondina dagli occhi turchini ha valutato che non le conviene stimolare un qualsiasi confronto sia pur indiretto con Madame, da cui sicuramente ne uscirebbe perdente, perché ora che lui ha conosciuto la disperazione dell'amore non corrisposto si renderà inaccessibile a qualsiasi altra possibilità che possa comportare un rischio simile.
Nella strategia psicologica che Costanza va elaborando, Madame non deve essere oscurata ma, al contrario, fatta risplendere

Il Portoghese è un guerriero senza più corazza, sà di esser nudo e vulnerabile, sà di aver ceduto la sua inalterabilità ad una donna e, ancor di più, è cosciente della visibilità del suo stato emotivo.
Ha permesso ad una femmina di violarlo, non darà a nessun'altra la possibilità di ripetere l'evento.
Ma ha pur bisogno di convincere se stesso prima ancora che il mondo, che quella riuscitissima profanazione non è stata opera di una cacciatrice raminga, un'avventuriera solitaria, una sua pari ma, piuttosto, di una donna fuori dal comune, perchè a nessun'altra sarebbe riuscita una simile impresa.
Forse una dea.
Forse una strega.

LA STRATEGIA DI COSTANZA
La biondina dagli occhi turchini aveva letto quel pensiero nascosto che la confortava sulla saggezza della strategia che andava programmando: Madame non deve essere oscurata ma, al contrario, fatta risplendere.
Se lui voleva credere, per orgoglio personale, che quello fosse amore, che lo credesse pure, lei non l'avrebbe dissuaso anzi, con forza lo avrebbe sostenuto nel suo convincimento.
Quello di cui nel caso specifico abbisognava al Portoghese, non era un sinonimo di Madame né un suo contrario, ma piuttosto una complice che lo supportasse in quella sua menzogna consolatoria, testimoniandola vera, esaltandola all'occorrenza, per trasformare il guerriero violato in un eroe straordinario e drammatico.

Orgoglio ferito, virilità offesa, sentimenti calpestati...niente di tutta questa disperazione sarebbe mai trapelata dal confessionale privato di Costanza che, fedele a quella sua iniziale promessa di cogliere il suo penultimo respiro, in anticipo lo avrebbe fatto sentire assolto da tutti i futuri peccati.

venerdì 21 ottobre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 8)


IL PENULTIMO RESPIRO
 Ho voglia di baciarvi perchè l'amore vi sta uccidendo e vorrei essere io quella che coglierà il vostro ultimo respiro -
- Non me ne vogliate ma il mio ultimo respiro sarà solo per lei, per la donna che amo -
-  Allora coglierò il penultimo -
E lo bacia sussurrandogli: vi prometto che sarà un lungo, eccitante, penultimo respiro.
E' un giuramento che la biondina pronuncia con voce seria e nel suo accento straniero che confonde le vocali, cosicché il Portoghese se ne intenerisce e con un dito sfiora quelle labbra che si sono posate, un attimo prima, sulle sue.
Lei dischiude la bocca e a lui pare un istinto innocente quella punta di lingua che risponde alla carezza del suo dito, che lui non sottrae e lei non rifiuta, ma che complice morde, solletica e lusinga.
Lo eccita, trascinandolo nella lussuria di un gioco privato sfacciatamente esibito nello splendore delle luci del bistrot affollato.

IL FATTORE X
Il Portoghese non era un novellino da iniziare alle pratiche del sesso che, nella sua burrascosa carriera di dongiovanni ne aveva viste e fatte ed escogitate, anche d'inedite.
Ma puntando arrogantemente solo su stesso, estimandosi numero uno, anzi numero unico, non aveva tenuto in alcun conto che nel calcolo delle probabilità ci potessero essere altri, seppur remoti, numeri uno e numeri unici.
In barba a tutti i suoi diabolici calcoli matematici, riguardanti la teoria delle possibilità, erano saltati tutti gli algoritmi, cosicchè la casualità si era tramutata in necessità (Elvira) e la necessità aveva generato una nuova casualità (Costanza) che aspirava ad evolversi, in necessità.
Lui rappresentava il fattore X, quello di collegamento, l'innesco della miccia che, senza le dovute accortezze (ed è evidente che egli le ha abbondantemente eluse per via di quella sua eccessiva sicumera) ora rischiava di esplodergli in mano.

NUMERO UNO. NUMERO UNICO
Madame gli aveva rubato l'anima e lo aveva reso assolutamente vulnerabile, follemente innamorato e completamente dipendente da lei.
In questa fase esistenziale, e per lui  nuova, alla stregua di un adolescente inesperto sulla sintomatologia del male che lo stava divorando, si era barricato nella solitaria trappola delle introspezioni, laddove gemmano i sofismi filosofici e dilaga l'ermetismo poetico (materia, quest'ultima, a lui del tutto sconosciuta).
Non era la sua una gelosia di tipo convenzionale, (la disperazione d'immaginare Madame nuda tra le braccia di un altro) ma, piuttosto, la certezza dell'impossibilità di poterla davvero possedere.
Avrebbe accettato, senza alcuna amarezza, l'ipotesi di Madame amante di un altro uomo, o di tutti i maschi del pianeta, a patto che a lui fosse riconosciuto il ruolo di referente prescelto per una correità quasi consanguinea.
Quasi incestuosa.
Ma lui, numero uno, anzi, numero unico, era invece parimenti trattato alla stessa stregua di tutti gli zero, adoratori di Madame.

martedì 18 ottobre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 7)


 MAI PRIMA
...quando aveva varcato la soglia del bistrot gli era sembrato che lei lo stesse aspettando.
La biondina dagli occhi turchini gli sorrideva e con un cenno della mano, lo invitava al suo tavolo.
Era molto bella...ma non era Madame.
Sono davvero perso.
Pensò, immaginandosi come in quel momento appariva, impalato davanti alla porta, un intralcio con l'espressione stralunata.
Eppure c'era stato un tempo, neppure troppo remoto, in cui egli stesso avrebbe, in tale circostanza, sollecitato il gioco, rallentando o accelerando i tempi della recita, per rendere più eccitante ciò che gli sembrava fin troppo facile ottenere.
Ma tutto questo apparteneva al tempo prima di Madame.
Perchè lei lo aveva irretito col miele scuro del suo ventre e stordito col suo buio profumo, reso schiavo delle sue voglie e delle sue negazioni, completamente dipendente da lei.
Mai prima aveva vissuto così intensamente una donna.
Mai prima era appartenuto davvero a qualcuna.
E questo gli faceva dolere la pelle, ardere il sesso, vivere in continuo stato d'allerta emotiva.
Ma non bastava, ancor di più avrebbe voluto essere un dito, un dente, un lobo, un capezzolo di Madame, per essere parte viva di lei, e non gli sarebbe importato se quel dito, quel dente, quel lobo o quel capezzolo, avrebbero eccitato un altro uomo.
Lui ambiva ad appartenerle completamente.

UN UOMO SENZA  PIU' MISTERO
La biondina dallo sguardo turchino era così diversa da Madame, come il giorno dalla notte.
Lei sembrava fatta di luce quanto l'altra era permeata di tenebra.
J'ai envie de vous embrasser.

Era uscito dalle sue labbra naturale come un respiro: né richiesta, né proposta, ma desiderio.
J'ai envie de vous embrasser.
Perchè?
Era la prima volta che chiedeva il perché ad una donna che volesse baciarlo.

Ho voglia di baciarvi perchè l'amore vi sta uccidendo e vorrei essere io quella che coglierà il vostro ultimo respiro.
Così aveva risposto lei, seria, a quella sua domanda
Dunque il seduttore di un tempo era diventato, per colpa di Madame, un uomo senza più  mistero, facilmente abbordabile in un caffè da una biondina graziosa e molto perspicace che gli si proponeva come officiante per quell'ultimo atto: colei che coglierà ultimo respiro dalle sue labbra.
Un tempo, prima di Madame, era lui che coglieva, che disarmava, che costringeva alla resa per poi darsi alla fuga, lasciandosi dietro tumulti di sospiri, temporali di lacrime e l'inconsolabile disperazione di tutte le donne che aveva, nei suoi banditeschi approcci, reso vedove prima ancora della promessa di nozze.

Ma ora ecco che questa biondina, dagli occhi turchini e la bocca di monella, schiettamente gli palesa  la realtà evidente di ciò che egli è diventato: un agonizzante.

venerdì 14 ottobre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 6)


Non esistono due mondi separati, due realtà diverse, un mondo normale e uno paranormale...esiste un  mondo unico, che si può "guardare" o "vedere" (Carlos Castaneda)

TRACCE DI MADAME
E nel mondo di Madame, al Portoghese, non era concesso guardare neppure da uno spiraglio di serratura.
Aveva iniziato a vivere rattrappito in se stesso, disperato ed insicuro, in una sorta di sonnambulismo esistenziale, cosicchè passava il tempo nell'attesa dei suoi ritorni pur senza averne mai la concreta certezza.
Nei brevi attimi di lucidità materializzava visivamente, e con chiarezza di particolari, la rete nella quale l'allure nero di Madame lo teneva prigioniero, dove neppure osava dibattersi per timore di recidere quella corda sottile che lo univa a lei.
Non anelava la fuga ma piuttosto ad essere divorato dalla meravigliosa creatura, diventarne parte e palpitare all'unisono con i battiti del suo cuore.
Un filo si seta del suo scialle, una forcina, un guanto dimenticato, un bracciale usato come anello di catena: le scarne tracce dell'esistenza di Madame, feticci che lui gelosamente custodiva come reliquie del bottino proibito di un pirata.

RIVELAZIONI DELLA PRESENZA DI COSTANZA
Seduto al solito tavolino del solito bistrot, il Portoghese fumava una sigaretta dopo l'altra guardando fisso davanti a sè con lo sguardo introverso e cattivo degli ossessionati.
Madame non era ancora tornata, un'attesa lunga più delle altre che lo stava crudelmente dilaniando.
Gli occhi spenti, le occhiaie scure, la barba incolta: somigliava ad un naufrago disgraziato che era stato salvato suo malgrado, trascinato dalla forza del mare e scaraventato, al sicuro, sulla battigia, quando invece volentieri avrebbe preferito perire risucchiato dagli abissi piuttosto che sopravvivere senza Madame.
Abbandonato dalla sua musa e rinnegato perfino dalla nera signora, senza nemmeno quell'ultima sigaretta a cui ogni condannato ha pur diritto, malediceva quel Dio sadico che lo aveva risparmiato solo per farsi beffe di lui e che, dal profondo degli abissi,  ne era certo, lo stava beffardamente irridendo.

Ma ecco che da quel mare malvagio emerge Costanza, scintillante sirena dagli occhi di pervinca e la bocca di monella, che gli offre la sigaretta che tiene tra le labbra.
Et' la dernière, monsieur, mais volentieri je la divise avec vous.
La marcata pleofonia con cui pronuncia le vocali rivela la sua origine slava.
Il Portoghese non la degna d'uno sguardo, né s'avvede della sensualità di quell'offerta che profuma di bocca di donna, mentre ne aspira il fumo con avide boccate, allo stesso modo di un condannato alla forca che respira la sua ultima aria.

COINCIDENZE
Quanto dista l'isola del naufragio dal bistrot parigino dove ha incontrato la donna più bella, e più crudele, del mondo?
Coincidenze strane e beffarde spesso regolano la nostra esistenza, come in questo caso specifico dove la sigaretta rappresenta il fattore comune.
La prima volta che aveva visto Madame, lei fumava annoiata aspirando da un eccentrico bocchino d'ebano, ora la storia si stava ripetendo con quella sconosciuta, probabilmente una slava, emersa dalle penombre del suo delirio ad offrirgli la sua ultima sigaretta affinchè lui potesse calmare, sia pur solo per un breve momento, il dilaniamento dell'astinenza.
Astinenza da Madame, che da giorni era sparita non curandosi affatto di lui né del deliquio al quale stava soccombendo.

PER IL NAUFRAGO ESISTE SOLO UN MONDO UNICO
Ed ecco che nella storia è apparsa quest'altra donna, Costanza, che abbiamo stabilito essere di origine slava e che nonostante il Portoghese abbia trattato con indifferenza e rozza scortesia, si è seduta al suo stesso tavolo, esattamente come aveva fatto Madame

Nello scompiglio della spiaggia, il naufrago scorge il forziere delle reliquie proibite, profanato dei suoi tesori.
Come un folle setaccia furioso la sabbia, granello per granello, nella ricerca impossibile di quel filo di seta o della forcina, sfuggiti alla razzia del Dio delle burrasche.
Al naufrago, intento nella sua certosina quanto impossibile ricerca, gli sembra di cogliere nel lamento del vento, che pur va ora chetandosi, acciottolio di vasellame e tintinnio di bicchieri, e la voce della donna che gli siede accanto.
Ma non c'è, in quel sussurro di vento, il seducente, imperativo, richiamo di Madame.

sabato 8 ottobre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 5)


TEORIA DELLE PROBABILITA' - PROBABILISMO ONTICO
Il probabilismo ontico è una teoria ontologica in base alla quale ciò che è necessario rappresenta il massimo delle probabilità e ciò che è casuale il minimo delle probabilità. L'alternanza dialettica necessità/caso si dà quindi in una scala astratta, ma matematicamente controllabile per approssimazione caso per caso con adeguati algoritmi, dove la casualità è l'estrema improbabilità e la necessità l' estrema probabilità.
(da Wikipedia)

LIAISON D'AMOUR
Nel capitolo precedente abbiamo appurato che l'affascinante Portoghese, avventuriero in perenne fuga, è in realtà un matematico, mentre negli abiti seducenti della sensualissima Madame si cela la strega Elvira.
Nessuno è ciò che appare.
Converrebbe, al nostro matematico, prima di un suo maggior coinvolgimento, fornirsi di un buon testo filosofico e ristabilire la differenza tra ontico ed ontologico e, su questa rilettura analizzare al lume di quella logica matematica, che pur non dovrebbe difettargli, la sequenza degli eventi fin qui accaduti, partendo dalla teoria delle probabilità dove, in sunto, si chiosa che ai due estremi della scala matematica troviamo la casualità come fattore dell'improbabilità e la necessità, invece, quale fattore della probabilità.
Ma la divina visione di Madame in guepiere di pizzo nero e l'attimo dopo vestita solo di aggressivi sospiri, gli impedì qualsiasi salvifica valutazione: l'indifeso ontico, armato solo della spada del suo pene, si stava consegnando, nudo e consenziente, alla meravigliosa creatura ontologica.
Che deliziosa tortura può essere l'amore: più Madame esigeva più lui era disposto a dare.
Lei aveva stravolto ogni regola ed ora lui non voleva più fuggire.
L'avrebbe rincorsa, se fosse stato necessario, in capo al mondo, ululando in ginocchio il suo nome, semmai l'avesse conosciuto, che neppure quel privilegio lei gli aveva concesso.
Madame e le sue voglie, stravaganti, lussuriose, eccitanti.
Nessuna, come lei, aveva saputo ingolosirlo.
Nessuna, come lei, aveva saputo nutrirlo negandogli il cibo.
Arrivava dopo giorni di assenza, e  per lui di dannazione, preannunciata dalla scia amara del suo profumo.
Monsieur, j'ai besoin de vous.
Null'altro.
Ma questo gli bastava per tornare a vivere.


L'INCOGNITA
Eppure la meravigliosa creatura ontologica sarebbe riuscita a travolgere, con la potenza seducente del suo buio allure, tutti gli algoritmi sui quali fino ad allora il Portoghese aveva basato la sua teoria delle probabilità, se non fosse cinicamente accorsa in aiuto della ormai traballante ragione dell'umiliato, disperato ontico, quell'incognita che tutte le tesi possibiliste contemplano come futile ma destabilizzante, matematicamente non controllabile perché finalizzata solo all'ipotesi di se stessa: Costanza.

lunedì 3 ottobre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 4)


L'AMANTE ONIRICA
Il Portoghese si era svegliato che il sole era già alto, con i muscoli piacevolmente indolenziti come accade dopo una intensa notte di sesso, seppur sesso non c'era stato se non nell'eccitante sogno notturno dal quale si era destato con un appetito da lupo, una erezione spettacolare, ed una predisposizione benevola verso l'universo intero, in particolare quello femminile.
Magnifico sogno da sembrar vero, che le coltri erano tutte in subbuglio come dopo un'appassionata lotta amorosa, mentre i suoi sensi ancora vibravano deliziati dalle reminiscenze dell'eccitazione onirica.
Di quel sogno, però, non ricordava nulla della musa che lo aveva ispirato, che sempre la rivedeva sfumata nella controluce o nella penombra.
Ma di quei particolari superflui, quali il colore degli occhi o quello dei capelli, poteva farne a meno perché, pur non ricordando i suoi tratti la immaginava bellissima ed esperta più di ogni altra, se quel suo ricordo, pure anche incompleto, aveva avuto il potere di provocargli quel piacevole inturgidimento.
Sentiva la fame dello stomaco.
E quella dei testicoli.
Avrebbe quietato la prima in attesa di placare l'altra.

Seduto al suo tavolo preferito, con davanti una coppa di vino bianco, la sigaretta che ardeva dimenticata, il taccuino aperto su una pagina bianca, che prevedeva tale sarebbe rimasta, che quel giorno numeri e teoremi sarebbero stati soppiantati da...cosa? s' interrogava il Portoghese stupito dalla domanda e da quel suo io inedito che la poneva.
Quell'interrogativo lo perseguitava fin dal risveglio predisponendolo all'incertezza di un'attesa per lui inusuale, avvezzo a fomentare gli eventi della vita piuttosto che attendere accadessero.
Sto invecchiando.
Concluse, commiserandosi divertito.

MADAME
Da dove si era materializzata la meravigliosa femmina seduta al tavolo accanto?
Il Portoghese era certo che fino ad un attimo prima non c'era, gli sembrava impossibile non averla notata, vestita di nero e di perle, fumava annoiata aspirando da un lungo bocchino d'ebano.
Affascinato non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sensualità delle sue gambe accavallate e dalla provocazione del bocchino tra le labbra.

Ed ecco che lei si alza e viene a sedersi al suo stesso tavolo
- A questa distanza potrete osservarmi con più agio -
Gli sorride con la bocca ma lo sguardo è impenetrabile, gli occhi sono così scuri da non aver riflesso.
-  Siete stato l'unico a non avermi notato subito, e questo mi ha disturbata ma anche incuriosita. Non mi sorprende che mi si guardi troppo ma che non mi si guardi affatto. La vostra imperdonabile distrazione mi ha colpito. Vi confesso che non mi era mai capitato prima -
- Davvero imperdonabile, e per me stesso inspiegabile questa distrazione Madame, perché siete la donna più bella che abbia mai incontrato -
- Siete perdonato, almeno per il momento -
- Permettete che mi presenti -
- Non m'interessa il vostro nome nè io intendo dirvi il mio. Se qualcuno attrae la mia attenzione non chiedo altro che possa continuare a piacermi, almeno per un pò, dal momento che ho il vezzo di annoiarmi facilmente, e voi, Monsieur, mi piacete -

Lo sguardo di lei si posa sulla pagina bianca del taccuino.
- Vous êtes donc un mathématicien -
- Confesso il mio interesse per questa scienza, e voi dovete essere una strega per averlo indovinato da una pagina bianca!-
- Il vostro taccuino è troppo piccolo per appunti letterari ma sufficiente per la trascrizione di numeri e formule: una deduzione elementare -
- Anche voi siete del campo? -
- Mi occupo di formule, ma di un genere diverso -
 La luce scura degli occhi s'è fatta più nera.
Ma la bocca sorride maliziosa.

giovedì 29 settembre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 3)


DOLORE E CONFORTO: LE VOLUTTA' DEL PIACERE
Stabilita la tregua pre-bellica, trovare il Portoghese fu, per le due provvisorie alleate, un gioco di magia elementare, e già bussavano al suo uscio.
Il Portoghese, stupito, le accolse senza porsi neppure la domanda di come fossero riuscite a scovarlo in quello squallido alberghetto periferico.
La sorpresa e l'incanto di averle innanzi lo avevano reso imprudente, ma egli era convinto di doversi proteggere da ben altri nemici che non da queste due signore che, ammaliate dal suo fascino, spudoratamente gli si offrivano.
Una conquista facile, che il Portoghese quasi un pò se ne dispiacque, che così non avrebbe potuto ulteriormente incantarle con quei suoi deliziosi preliminari che estasiavano le sue amanti, e rendevano il gioco più eccitante
 Elvira e Costanza erano le donne più belle che avesse mai incontrato (eh si che di donne magnifiche ne aveva avute), buia l'una quanto chiara l'altra, così diverse e complementari, cosicchè nella frazione di un secondo decise che i preliminari potevano anche andare al diavolo.
La donna nera e la donna turchina, disinibite complici, letteralmente lo stordirono in una festa di capelli, di mani e di bocche, dove  l'uomo, cavia felice ed inconsapevole, si lasciò travolgere dalle vertigini dell'eros di cui mai con quella intensità aveva goduto.
Baci inusuali, carezze ardite e desideri assecondati, quasi che quelle due gli leggessero la mente mentre s'abbandonava al languore dei sensi, eccitato dalla bocca tumida della strega e dal ventre biondo della fata.
Il Portoghese era in uno stato di eccitazione costante, una follia dei sensi che mai prima aveva goduto così intensa e prolungata.
Ma erano loro, in realtà a possederlo, con le labbra, le dita e la vagina.
Preda di quelle magnifiche ed insaziabili amanti, il Portoghese, estasiato, soggiaceva languidamente passivo, consenziente all'aggressività delle unghie ferine di Elvira, che lo marchiavano con geroglifici di sangue, e alla lingua di scoiattolo di Costanza, che lo nettava con umide carezze.
Dolore e conforto: le voluttà del piacere.
Il Portoghese, sfinito dagli innumerevoli orgasmi e dalle appassionate battaglie di letto, senza più opporre resistenza lasciò che le due donne gli penetrassero i sensi e la mente.

DONNE DIABOLICHE
Questo poneva fine agli accordi dell'alleanza prebellica e sanciva l'inizio delle ostilità sul campo.
Lo abbiamo già detto che la posta in gioco non era l'uomo ma la supremazia della più brava, di quella che fosse riuscita a farlo follemente innamorare di lei.
Così l'avventuriero avrebbe conosciuto, oltre le gioie sfrenate del sesso che quella notte aveva avuto a profusione, anche le inconsolabili sofferenze dell'amore impossibile.
La fata e la strega, al pari della loro tremenda progenitrice, la maga Circe, miravano a trasformare il loro amante in un animale sottomesso, e in suo aiuto non sarebbe intervenuto il dio Ermes a renderlo immune dalla loro magia.

lunedì 26 settembre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza, e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 2)


IL PORTOGHESE
E fu amore a prima vista tra la strega e la fata e l'affascinante uomo seduto al tavolino del bistrot che, da questo momento, chiamerò il Portoghese, perché nato in Portogallo, la cui indole d'avventuriero lo aveva trasformato in un eterno fuggitivo, senza mete preordinate e con le soste stabilite dal caso, dalla fortuna o dalla necessità.
Così era giunto a Parigi dopo un lungo viaggio notturno piuttosto travagliato, condotto su strade secondarie e con  mezzi di fortuna e, senza entrare troppo nel dettaglio di questa sua odissea, che pur meriterebbe di esser narrata, datiamo la sua conoscenza da quando, attraverso gli occhi di Elvira e di Costanza, lo abbiamo visto in quel bistrot intento a scrivere su un tovagliolo e sorseggiare vino bianco.
Della sua vita altrove, seppur meritevole di un romanzo, non racconterò nulla dal momento che quello che ci riguarda è accaduto qui, a Parigi, città degli incanti e dell'amore.

LA POSTA IN GIOCO
Il Portoghese le aveva soppesate entrambe con lo stesso sguardo d'interesse.
Uno sguardo che non lasciava fraintendimenti: signore siete bellissime e vi desidero tutte e due, non ponetemi davanti ad una scelta che non saprei farla, tanto meravigliosamente siete diverse, tanto meravigliosamente siete sensuali.
Lo strale distratto del puttino inesperto aveva colpito il cuore della strega e quello della fata, ma non tolto loro la capacità  di leggere il pensiero, e fu così che penetrando la mente dell'uomo finalmente l'una s'avvide della presenza dell'altra.
Bastò, alle due signore, una frazione di secondo per valutarsi nella loro interezza, capire che si era al cospetto di una pari e che nessuna delle due sarebbe stata disposta a farsi da parte.
Fu chiaro, fin da subito, che non sarebbe stato l'uomo la posta in gioco ma la supremazia personale.
Una storia di donne, quindi, mentre all'affascinante avventuriero verrà riservato solo il ruolo della preda.
Ma questo, ovviamente, il Portoghese non poteva saperlo e così, muovendosi sulla ipotesi di quella sua eccitante fantasticheria di un ménage à trois, già s'avviava verso la porta deciso a sedurre entrambe le signore, quando s'avvide di aver dimenticato il tovagliolo su cui aveva scritto i suoi appunti.
Tornò indietro per recuperarlo, ma quando varcò la soglia loro non c'erano più.

LE GUERRE NEI MONDI PARALLELI
Sarebbe stata una guerra non di conquista ma di potere.
Ciò comportava strategie sottilissime ed inedite, come la cinica alleanza iniziale pattuita tra le due rivali, tramite la quale avrebbero avuto la possibilità di esplorare il territorio da espugnare: un brevissimo trattato di tregua prima d'iniziare la guerra.
Questa modalità avrebbe permesso ad entrambe di partire dallo stesso livello, nessun vantaggio iniziale per l'una o per l'altra, cosicché la vittoria sarebbe stata solo merito esclusivo del coraggio e dell'intelligenza delle strategie personali.
Le guerre combattute nei mondi paralleli, in particolare quelle che come arma utilizzano la magia, per quanto paradossale potrà sembrare, mai s'avvalgono di squallidi trucchi da baraccone o quelli subdoli della realpolitik, gli stessi a cui noi siamo avvezzi, ma piuttosto obbligano alla severa osservanza di un codice d'onore a cui i contendenti sempre s'attengono, e la cui trasgressione comporta l'ostracismo ed il disonore.

Attenendosi a tali regole, la strega Elvira e la fata Costanza prima ancora d'iniziare le ostilità stilarono un trattato di tregua che permettesse ad entrambe di esplorare con gli stessi mezzi, il territorio da conquistare, stabilendo di comune accordo che avrebbero accettato il mènage a tre.

sabato 24 settembre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza, e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 1)


BREVISSIMA INTRODUZIONE
Accadde, qualche tempo fa, che la strega Elvira e la fata Costanza s'innamorassero dello stesso uomo, ed in nome di quest'amore si dichiararono guerra all'ultimo sangue.
Ma non fu comunque una guerra drammatica, quell'ultimo sangue non deve fuorviarvi perchè piuttosto si trattò di una guerra fredda, molto strategica, d'inganni e d'astuzie, senza spari e da gran signore.
E con un finale davvero inaspettato.

LA STREGA ELVIRA. LA FATA COSTANZA. L'UOMO DEL BISTROT.
Vestita di crespi neri, la pelle diafana di chi abita la penombra, i lunghi capelli corvini racchiusi in una treccia ondeggiante al ritmo dei suoi movimenti, gli occhi di lupa, la strega Elvira avanzava, come un ombra sul sole, preceduta dalla scia amara del suo profumo.
Sulla stessa strada, ma in senso inverso, procedeva la fata Costanza, a passo di danza, leggera come una nube turchina, i capelli chiarissimi raccolti sulla nuca da fili di ametista, le labbra dischiuse in un provocante sorriso di monella.
La donna nera, e la donna turchina, videro entrambe, nello stesso istante, l'uomo seduto al tavolino del bistrot intento a scrivere su un tovagliolo.
L'uomo, seppur non più giovanissimo, era davvero fascinoso.
Davanti a lui un flute di vino dorato, bevuto a metà, ed una sigaretta che andava consumandosi in un piattino.
Aveva smesso di scrivere forse perchè disturbato dalle voci degli avventori o forse perchè aveva esaurito lo spazio sul tovagliolo, guardava fisso davanti a sè, estraniato nelle sue meditazioni.
In contrasto con le rughe, la barba, ancora intatta nel suo colore bruno, incorniciava un broncio d'adolescente con gli angoli della bocca sollevati in una mimica di arrogante superiorità. 
I suoi occhi verdi analizzavano, senza troppa empatia, la fauna umana che gremiva il bistrot, per lo più sartine, commessi, studenti della prospiciente Académie Des Beaux-Arts, un gruppetto di militari in libera uscita, una coppia adultera.
Nessuno che suscitasse il suo interesse, finché...finché il suo sguardo incontrò gli occhi neri di Elvira e quelli turchini di Costanza, mentre loro, inconsapevoli l'una dell'altra, l'osservavano dall'esterno della vetrata.
Fu amore a prima vista.

 LA TEORIA DELLE PROBABILITA'
L'amore è folle, ma quest'affermazione, fino ad ora, pensavamo riguardasse solo coloro che per disgrazia sono stati colpiti dagli strali balzani di puttini inesperti o solo sbadati.
Eravamo convinti, prima di questo preludio, che una minoranza molto ristretta, a cui appartengono appunto anche le streghe e le fate, quanto meno fosse immune dal capriccio dell'innamoramento non convenzionale, predisposte, per loro natura, alla preveggenza ed alla lungimiranza.
Ma la storia che narro è davvero accaduta, e così il saggio insegnamento che ne deriva è quello di  dover tenere nella più giusta considerazione "la teoria delle probabilità" nei concetti delle variabili casuali e delle distribuzioni possibilistiche, soprattutto per quei fenomeni che noi siamo sconsideratamente avvezzi nel catalogarli come "quasi impossibili " (quel "quasi"  permane per scaramanzia) e che quando si realizzano abbiamo la brutta attitudine di rigettare la colpa sul destino, come se le varianti fossero solo astrazioni aleatorie, elaborate dalle diaboliche menti dei matematici che bramano tenere in scacco l'umanità intera sotto la minaccia di quelle loro teorie calamitose, simili ad una spada di Damocle, pendente, fin dalla notte dei tempi, sul capo di noi tutti.

Elvira e Costanza si prodigarono, da par loro, con impegno e puntiglio ad essere, in alternanza, variabile casuale e distribuzione possibilista, rendendo giustizia, una volta tanto, alla solitaria ed incompresa stirpe dei matematici.