Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

venerdì 31 gennaio 2020

Rebecca (cap.14)



SULL'ORLO DEL PRECIPIZIO
La morte di Mimì aveva provocato terremoti all'interno della famiglia Messinese perché Giandomenico, pur incolpando di quella Concetto Scalavino, se ne sentiva parimenti responsabile. Avrebbe dovuto mostrarsi più clemente con suo padre, mitigare quei suoi toni apertamente accusatori e non arroccarsi nel fortino delle sue ragioni. Era stata la sua supposta superiorità morale contrapposta alla totale assenza in Concetto Scalavino, a condurlo alla morte.
Era giusto che entrambi ora ne pagassero le conseguenze.
Avrebbe affrontato lo Scalavino inchiodandolo alle sue responsabilità, dopo di che sarebbe partito non alla volta di Roma, ma verso un luogo lontano, irraggiungibile, dove poter espiare la sua colpa.
Avrebbe rinunciato alla sua arte, ai suoi affetti e ai voti, di cui non se ne sentiva più degno, ma prima avrebbe pareggiato i conti con l'uomo che lo aveva condotto sull'orlo di quel precipizio.

Brigida Catalano, intanto, aveva raccontato a Gemma e Rebecca del suo breve incontro con Pietra Messinese, preoccupata dal messaggio intimidatorio di quest'ultima, ma anche dallo stato di profondo abbattimento in cui era caduto, dal giorno della morte di Mimì, Concetto Scalavino.
Una cronaca asciutta, quella della governante, con cui rendeva partecipi le due giovani della freddezza con cui Pietra aveva accolto la corona di fiori e il messaggio di cordoglio, e l'anteprima della notizia della cessazione di ogni tipo di rapporto con la famiglia Scalavino. Il suo racconto terminava con il minaccioso suggerimento di Pietra "nel frattempo fate in modo che non prenda nessuna iniziativa personale. E' un consiglio per il suo bene"

 «Visto lo stato di depressione in cui versa vostra padre non gli ho fatto menzione né della fredda accoglienza della vedova né della prevista rottura dei rapporti con la famiglia Messinese, e tanto meno di questa intimidazione. Prima di prendere qualsiasi iniziativa ho pensato fosse opportuno discuterne con voi, dal momento che il comportamento di Pietra Messinese stride con l'atteggiamento amichevole di Mimì in visita a vostro padre.»

Rebecca e Gemma avevano ascoltato in silenzio, e senza mai interrompere, il racconto di Brigida, e solo quando lei s'era taciuta, Gemma, con voce gelida aveva detto: « Sbagliate a preoccuparvi per lui: il diavolo non teme certo gli orrori del suo inferno.»

Ma a sorpresa, Rebecca, aveva preso le difese del padre: «Sei ingiusta, Gemma, a tutti dovrebbe essere concesso il diritto di difendersi. E con questo non intendo la facoltà di sottrarsi al giudizio e poi alla pena, ma almeno conoscere i capi d'accusa e potervi replicare, anche se quei capi d'accusa sono noti e le responsabilità evidenti.»

 « Una farsa, quindi. » Era stata la fredda replica di Gemma

 « L'affetto e la stima di papà verso Mimì Messinese sono vere. E il suo dolore è sincero. Nessuno potrà convincermi del contrario. »

 « Alla fine ha corrotto anche te. » Aveva detto Gemma, amara, uscendo dalla stanza.

Rebecca non aveva fatto alcun gesto per trattenerla, ma era rimasta in silenzio, colpita da quella critica, confusa su sé stessa e sulla legittimità della sua affermazione riguardo i sentimenti di suo padre. In definitiva neppure lei lo conosceva nell'intimo per pronunciarsi in una dichiarazione così esplicita, che se anche non lo scagionava dalle sue colpe di certo gli concedeva un'attenuante.
Ma lo stato di prostrazione in cui suo padre era caduto non poteva essere una finzione, perché in realtà lui era un pessimo attore e risultava convincente solo nelle parti in cui poteva genuinamente interpretare sé stesso, come in quel caso.
D'altro canto capiva che la mancanza di obiettività di Gemma scaturiva dall'amarezza delle umiliazioni che lui, incurante dei suoi sentimenti, le aveva inferto per perseguire il suo scopo.
Come si poteva credere che un uomo così profondamente egoista  fosse dotato di sentimenti?
...eppure il senso di smarrimento che lo aveva pervaso alla morte di Mimì, e che lo stava precipitando nella depressione, testimoniava di questa sua capacità, per questo trovava ingiusto il comportamento della famiglia Messinese, quel loro prendere freddamente le distanze da lui che li aveva sempre favoriti nel campo degli affari e per i quali nutriva una sincera, incondizionata ammirazione, e per Mimì un affetto vero
...anche se in ultimo, per pervenire ai suoi scopi, l'indole sotterranea del manipolatore aveva di nuovo preso il sopravvento.

 «Pietra Messinese addebita a papà la morte di Mimì.» Aveva detto Rebecca a Brigida Catalano. E poi dopo una breve riflessione aveva aggiunto: «Ma non è lei ad esserne convinta quanto Giandomenico. Devo parlare con lui.»

S'era già avviata alla porta ma Brigida l'aveva fermata, trattenendola per un braccio: «Non andrete da nessuna parte senza il mio permesso. Sono responsabile per voi, in assenza di vostro padre. E converrete con me che in questo momento lui è come se non ci fosse. Raccontatemi cosa è accaduto e poi studieremo la maniera opportuna per sistemare la faccenda.» Aveva concluso con dolcezza, liberandola dalla sua stretta.

Rebecca l'aveva guardata stupita perché lei si stava proponendo sua alleata. Dov'era il tranello?
Al pari di Gemma le rimaneva difficile fidarsi degli adulti, delle loro promesse che spesso celavano inganni, così come del loro opportunismo e delle loro incoerenze.
Il cucciolo di lupo che albergava in lei era in allerta, ma pure l'istinto la induceva a fidarsi di Brigida che, in quel suo profumo pulito di lavanda, non aveva subodorato insidie
...così le aveva raccontato la storia nella nuda sequenza dei fatti. Una narrazione epurata, per quanto possibile, da quell'emotività che avrebbe potuto condizionare il giudizio della governante.

Brigida aveva ascoltato attenta quel resoconto sciorinato senza enfasi anche in quei passaggi che pure intuiva dovessero avere, per la giovane narratrice, un intenso coinvolgimento personale.
Nella compostezza di Rebecca e nei toni pacati della voce, aveva rivisto sé stessa, poco più che adolescente, all'indomani della morte di sua madre intenta ad asciugare dagli occhi di suo padre le lacrime dello smarrimento, e a indurlo a riprendere la via del mare, rassicurandolo che sul porto della loro casa, e sulla piccola ciurma dei suoi fratelli, avrebbe vigilato lei. Una promessa mantenuta.

Quando Rebecca aveva concluso il suo racconto, Brigida aveva detto: «Convengo anch'io che dobbiate parlare con Giandomenico, e farlo subito, prima che la situazione degeneri. Sono certa che troverete le parole giuste per indurlo alla ragione.»

DIVIETO D'ACCESSO
S'era avviata, Rebecca, alla ricerca del giovane, riflettendo sui luoghi dove potesse trovarlo, sperando che quell'incontro avvenisse senza testimoni, per poter parlare più liberamente e senza mezzi termini.
D'istinto aveva imboccato la stretta stradina che conduceva al laboratorio d'ebanisteria, immaginando che fosse quello il posto dove lui avesse trovato solitario rifugio: sarebbe stato quello che lei avrebbe scelto se fosse stata nel suo stesso stato d'animo. Chiuso per lutto, inaccessibile agli estranei e ai curiosi, con la maschera della mestizia e la retorica delle frasi di condoglianze.
Per un istante si soffermò a pensare che forse anche lei rientrava in quella categoria. Che anche per lei valeva quel divieto d'accesso. Sarebbe stato, comunque, un diritto di Giandomenico rifiutare la visita della figlia dell'uomo che riteneva responsabile della morte del padre.
Cosa avrebbe fatto se lui l'avesse respinta?
In cerca di risposte, Rebecca si guardò intorno.
Il vicolo in cui ubicava il laboratorio era deserto in quell'ora d'intensa calura pomeridiana. Chiuso il portone dell'atrio e sbarrate le persiane alle finestre. Sembrava non ci fosse nessuno, eppure il suo istinto le diceva che Giandomenico era dietro quella porta, a pochi passi da lei. Batté al portoncino, e i colpi del picchiotto propagarono cupi nel silenzio della strada. Inutilmente. Sottovoce, da dietro quella porta che ostinatamente rimaneva chiusa, lo implorò: «Giandomenico, per favore, aprite, ho assoluto bisogno di parlarvi.» Ancora le rispose il silenzio.
Testarda, reiterò di nuovo, e invano, quella supplica.
Rassegnata, stava per andar via, quando la porta s'aprì.

continua...

mercoledì 15 gennaio 2020

Rebecca (cap. 13)


LA REALTA' DIETRO L'APPARENZA
La notizia della morte di Mimì Messinese aveva profondamente sconvolto Concetto Scalavino, che pretendeva di partecipare ai suoi funerali, pur avendogli il medico imposto l'immobilità assoluta.

Non c'era modo di acquietarlo, che non se ne faceva una ragione di quella morte non annunciata, e riandava col pensiero all'ultimo pomeriggio trascorso insieme, che non v'erano stati segnali che lasciassero presagire l'evento funesto. Stava bene, Mimì, ne era certo, forse un po' stanco, forse un po' teso, ma questo lo aveva attribuito ai preparativi dell'imminente partenza di Giandomenico.
All'inizio s'era addirittura rifiutato di crederci, etichettando la luttuosa notizia come lo scherzo macabro di qualche buontempone, anche se non avrebbe saputo spiegarsene il motivo, ma i Messinese di dicerie cattive e fraudolente erano stati, anche nel passato, i destinatari.
Aveva chiesto a Brigida Catalano di sincerarsi di questa chiacchiera, che altro non poteva essere, ma quando lei gliel'aveva confermata lui era piombato in uno stato di prostrazione tale che l'aveva fatta spaventare, per cui era stato necessario l'intervento del medico che gli aveva prescritto un iperico.

La corona di fiori che Concetto Scalavino aveva commissionato per i funerali di Mimì Messinese era degna di un imperatore e il messaggio di condoglianze, personalmente recapitato da Brigida Catalano alla vedova, esprimeva il dispiacere più grande, e il dolore infinito, per la perdita di un amico e di un grande uomo.
Pietra, quel messaggio lo aveva letto e poi, sotto gli occhi di Brigida, lo aveva stracciato.
«Ringraziatelo da parte mia, per la corona e le parole, ma dissuadetelo da qualsiasi altro atto di cortesia. La morte di mio marito sancisce la fine di ogni rapporto tra la nostra famiglia e il signor Scalavino. Per la liquidazione degli affari in corso se ne occuperà mio figlio Giovanni: sarà lui a contattarlo, ma nel frattempo fate in modo che non prenda nessuna iniziativa personale. E' un consiglio per il suo bene.» Aveva detto Pietra, senza altre spiegazioni, congedando Brigida.

In realtà, la maestosa corona di fiori di Concetto Scalavino, aveva suscitato le ire di Giandomenico che lo riteneva responsabile della morte del padre, e s'opponeva che fosse al seguito del corteo funebre.
«Non voglio scandali » aveva tagliato corto Pietra «La corona di Concetto Scalavino ci sarà come quella di chiunque altro abbia voluto rendere omaggio alla memoria di tuo padre. »

«Non potere impormi questa finzione.» Giandomenico aveva battuto un gran pugno sul tavolo.
«Allora non venire!» aveva ribadito con gli occhi asciutti e con fermezza Pietra «Ma se vieni esigo il tuo rispetto per la mia volontà. » Poi, carezzandogli la mano ancora chiusa a pugno, e sfiorandogli la guancia con un bacio, aveva aggiunto con dolcezza «Non tramutare il tuo dolore in rabbia. Soprattutto non cercare un colpevole su cui scaricarla. Non è questo il caso.»

Giandomenico aveva presenziato alle esequie tenendosi in disparte, al margine del gruppo di famiglia: la barba incolta e gli occhi bui, impenetrabile nel suo lutto e nel suo dolore. In quella sua evidente disperazione, che non tollerava né voci né contatti, nessuno degli astanti aveva trovato il coraggio di avvicinarglisi e stringergli la mano per espletare i riti consolatori del cordoglio.

All'oscuro delle dinamiche della famiglia Scalavino, Brigida, del messaggio di Pietra Messinese, prudentemente aveva riferito solo dei ringraziamenti, che l'ansia febbrile con cui lui l'aveva sottoposta al fuoco di fila di domande a cui lei non sapeva dare risposta, l'aveva indotta a mantenersi nel campo delle rassicurazioni. Lui le chiedeva dettagli che lei non era in grado di fornirgli, poiché il brevissimo scambio di parole con Pietra Messinese era avvenuto sulla soglia di casa, dove non era stata invitata ad entrare. Anche questo particolare, Brigida, aveva omesso nel suo resoconto, decisa, però, ad approfondire quella storia per non trovarsi impreparata a doverne gestire i futuri, e forse imprevisti risvolti, perché l'atteggiamento di Pietra Messinese e quello di Concetto Scalavino, raccontavano due versioni contrastanti della medesima trama.
Per venirne a capo avrebbe chiesto chiarimenti a Gemma e Rebecca.

Tra Brigida Catalano e le due ragazze  Scalavino, s'era da subito, e in maniera spontanea, stabilita un'intesa che basava sulla schiettezza dei caratteri, seppure Gemma, ferita dai comportamenti del padre, s'era mostrata se non restia, comunque guardinga, nei confronti della governante.
 Brigida, da parte sua, non aveva fatto pressioni, non aveva invaso spazi e neppure preteso di assumere un ruolo diverso da quello per cui era stata assunta, ma non per questo s'era resa invisibile o, peggio ancora, ininfluente. Dall'esperienza acquisita nel dover gestire la sua numerosa, e problematica famiglia, e per lavoro altre ancora, aveva sviluppato quelle doti psicologiche necessarie all'interagire anche con caratteri difficili senza sopraffare o lasciarsi sopraffare. La sua eccezionale sensibilità, in sinergia col suo altrettanto eccezionale pragmatismo, impediva all'emotività di prendere il sopravvento, ma piuttosto di ragionare e di decidere.
Era stato con Silvestro, il fratello nato con lo sguardo degli angeli, nel tempo passato con lui che aveva sviluppato le virtù della pazienza, della tenacia, e della speranza che non cede allo sconforto. Era stato l'amore per quel fratello nato diverso a forgiarle il carattere e l'anima. Ad introdurla nei segreti delle parole mute e dei pensieri bisbigliati; del tempo a clessidra (l'evoluzione senza la sua dispersione) e degli equilibri concentrici (non esiste un unico equilibrio, ma diversi e di varia  natura, tutti circolanti intorno ad un unico ganglio che ne regola il bilanciamento) e del sonno liquido (la capacità d'immaginare ad occhi aperti, integrante all'arsura delle insonnie).
Con questo immenso bagaglio di conoscenze e di esperienza, Brigida Catalano aveva fatto il suo ingresso in casa Scalavino, in punta di piedi e senza rumore, ma prendendo atto con il colpo d'occhio dello specialista, della realtà dietro l'apparenza.

 RINASCITE
Nel suo primo giorno in casa Scalavino, Brigida aveva spalancato le finestre, sprimacciato cuscini e materassi e ravvivato le tende, liberato gli uccelli dalla prigionia delle voliere, chiesto l'intervento di un giardiniere nonostante le proteste e le ironie di Concetto Scalavino, che indifferente all'estetica, e al benessere psicologico che può derivare dal panorama di un giardino fiorito anziché da uno, come quello loro, spelacchiato ed eternamente invernale, che invece predisponeva alla malinconia, opponeva infantile resistenza.

«L'unica rosa di cui dovete prendervi cura è mia moglie.» Aveva ironizzato, per chiudere il discorso, giocando sul nome della moglie: Rosa, appunto.
Senza scomporsi, Brigida, gli aveva sorriso e sistemandogli il cuscino sotto il capo aveva detto: «Non è solo questione di estetica ma anche di bonifica, che le formiche stanno invadendo i piani bassi, e tra non molto ve le troverete anche nel letto. E vi assicuro che averci a che fare con loro non è affatto piacevole. Ho trattato un unico, convenientissimo prezzo, per entrambe le cose: opera di bonifica e di abbellimento. Una cosa non esclude l'altra, e voi non andrete fallito. » E stavolta era stata lei a fare ironia, uscendo dalla stanza senza dargli il tempo di ribattere.

Sotto la direzione di Brigida Catalano non solo il giardino era rigenerato in una nuova stagione ma  anche Rosa, che s'aggirava per i suoi viali vestita con impalpabili tuniche color dell'aria,  intenta a raccogliere sassolini dorati, pietruzze di madreperla e scaglie di cristallo, opportunamente disseminati da Brigida per la sua quotidiana caccia al tesoro. Rosa ne faceva incetta durante le sue escursioni diurne, e quando dormiva, la governante tornava a spargerle per i viali, come briciole di Pollicino, affinché lei non smarrisse la strada di casa
...o come la coda di quelle comete irraggiungibili a cui Rosa, grazie a questo espediente, aveva smesso di dar la caccia a favore di un bottino terrestre, meno rischioso e più alla sua portata.




lunedì 6 gennaio 2020

Rebecca (cap.12)


UN PROVVIDENZIALE INCIDENTE
«Convengo con voi, Mimì, sull'armonia del legno di abete, che le arpe e i violini degli angeli sono di sicuro fatti con quello, ma i liuti degli arcangeli, quelli sono di mogano, quello stesso che ho commissionato per Giandomenico per gli arredi di Papa Leone XIII. Il mogano più pregiato, proveniente dal centro America, ad impreziosire con l'arte di vostro figlio per la stanza privata di Sua Santità che direttamente spalanca sul Paradiso. »

Concetto Scalavino,  adagiato nel suo letto, nella stanza inondata di luce e permeata dalla fragranza della lavanda, amabilmente conversava con Mimì Messinese, che seduto su una poltroncina sorseggiava da un bicchiere di vetro acqua e zammù, che Brigida Catalano s'era premurata di offrirgli a conforto del caldo, prematuro ed eccessivo, di quell'inizio di primavera che sapeva già di estate.
Mimì Messinese, seduto al capezzale del letto del mercante, non riusciva però ad ignorare la sensazione di disagio che gli procurava quell'intimità inedita, che sapeva molto di famigliarità, soprattutto dopo le confidenze che l'altro gli andava svelando sulla malattia della moglie.

  «Di questa sciagura, Mimì, ne siete voi solo al corrente, e naturalmente la signora Catalano, ai cui servigi, a causa di questo, ho dovuto far ricorso in previsione di quella mia programmata, e mai più avvenuta, partenza per l'America. Non potevo gravare Gemma e Rebecca del carico della madre che nella sua follia è davvero imprevedibile. E questo ne è la prova. » Aveva detto indicando la gamba ingessata. Poi sospirando aveva aggiunto: «Avessi avuto un figlio maschio avrei incaricato lui di compiere quel viaggio in mia vece, ma Rosa, mia moglie, ha saputo germogliare solo boccioli femmine...»
 Amaramente aveva riso alla sua stessa battuta, cosicché l'altro s'era sentito in dovere di solidarizzare: «Avete ragione, un figlio maschio avrebbe di certo alleviato il vostro fardello.» Ma di più non s'era sentito di dire per timore che il discorso da generico diventasse personale e si tornasse a parlare dell'ipotesi di matrimonio tra Giandomenico e Rebecca, non sentendosi di assumere impegni di nessun tipo e né tanto meno di elargire promesse, che la paura di un altro passo falso, come quello dell'invito a pranzo che solo quel provvidenziale incidente aveva al momento evitato, lo costringeva ad un vigile autocontrollo sulle parole e sulle emozioni.
Quella caduta dalle scale che per Concetto Scalavino era stata una iattura, per lui, invece, s'era rivelata una salvezza, perché quando l'incidente era avvenuto di quell'invito non ne aveva ancora  fatto menzione con Giandomenico, che ne era quindi all'oscuro, seppure l'eventualità che lo venisse a sapere dallo stesso Scalavino, al quale suo figlio presto avrebbe fatto visita anche, e soprattutto, per ringraziarlo della fornitura del pregiato legno di mogano, oscillava sulla sua testa come la spada di Damocle, tanto che, alla fine, risolse che il male minore sarebbe stato parlargliene quella sera stessa.
A questa prospettiva, però, dentro di lui montava l'ansia, che già avrebbe voluto tutto fosse concluso. Definito. Timoroso che la sua apprensione diventasse visibile perché consapevole di non essere capace di schermare le proprie emozioni, Mimì Messinese cercava il modo opportuno per accomiatarsi, quando a trarlo d'impaccio fu la governante che entrò ad annunciare una visita.
«Tornerò presto a trovarvi.» Aveva promesso salutandolo e, avviandosi all'uscita, aveva incrociato il nuovo visitatore, un uomo alto, scuro, in tenuta da caccia. S'erano salutati, senza essersi presentati, con un breve cenno del capo. La governante lo aveva poi accompagnato fino alla porta d'ingresso, salutandolo con un sorriso gentile. Da lei emanava una fragranza sottile di lavanda, lo stesso aroma che permeava la stanza dello Scalavino. E forse la casa intera
... perché donne, come i gatti, marcano il loro territorio. Rifletté divertito. Tutte le donne lo fanno, anche Pietra, sua moglie, il cui profumo di zagara aleggiava nella casa e nel suo cuore. Inebriante. Suadente. Predominante.

Al pensiero della moglie si sentì pervadere da un senso di gratitudine e d'infinita tenerezza.
L'immagine di lei lo distolse, per un momento, dai pensieri amari che lo avevano accompagnato nel corso della giornata, e al difficile confronto che lo attendeva, al suo rientro, con Giandomenico.
Era stata lei, tanti anni prima, a sceglierlo fra quelli che aspiravano alla sua mano. Era stata ancora lei a prendere l'iniziativa, che lui, schivo e timido, non avrebbe mai trovato il coraggio di dichiararsi.
S'era innamorata di lui per la sua dolcezza, perché arrossiva quando i loro sguardi s'incontravano, ancora nel presente come era stato nel passato, per quelle emozioni che lei continuava a suscitargli dentro, nonostante il passare degli anni, le tante gravidanze, i capelli ingrigiti e gli occhiali da vista.
Avevano tirato su una nidiata di figli dividendosi i compiti, ma Mimì sempre aveva riconosciuto alla moglie di aver svolto il ruolo più difficile: a me è toccato il compito di mantenere la famiglia, a Pietra, invece, quello di costruirla. Tanti anni assieme e nessuna nube, nessuna incomprensione così insormontabile da minare il loro rapporto. Nessuna. Neppure le dicerie, alla nascita di Giandomenico, sul supposto adulterio di Pietra, che avevano, invece,  contribuito a consolidare, render granitico, il loro matrimonio.
Anche ora, nel conflitto famigliare con Giandomenico, s'era schierata dalla sua parte, e non perché  non ritenesse validi i motivi di dissenso del figlio, ma perché riconosceva a Mimì l'attenuante di avere agito per eccesso d'amore
...e d'altronde, da come la vedeva lei, non c'era nulla d'irreparabile in quella situazione. Nulla che non potesse risolversi con un onesto chiarimento tra le parti. Nulla che valesse la pena di tutta quella sofferenza.


LA MORTE DI UN UOMO MITE
«No, non avete sbagliato ad invitare a pranzo Concetto Scalavino e la sua famiglia, una formalità a cui non ci possiamo sottrarre, ma avreste dovuto comunque consultarvi prima con me visto che anche io sono parte in causa, e in qualche modo da questa storia dobbiamo trarci onorevolmente d'impaccio senza umiliare la ragazza né il padre. »
Giandomenico aveva parlato in tono freddo, senza balbettare, guardando suo padre negli occhi, che si limitava ad ascoltare quelle recriminazioni a testa bassa, senza replicare e neppure discolparsi.
Un breve silenzio aveva fatto seguito al discorso asciutto del giovane che poi aveva aggiunto: «Andrò a trovare il nostro fornitore e gli esporrò i motivi per cui non mi è possibile sposare sua figlia così come nessun'altra. Non potrà obiettare nulla davanti alla mia decisione di prendere i voti. Lo scopo è rendere libera la ragazza, che a quanto pare in questa storia non ha alcuna voce in capitolo, e mettere fine a questa vergognosa farsa.»
«Sono addolorato di averti coinvolto in questa situazione che è sfuggita ai miei stessi intenti, ma il mio proposito, ti confesso, era quello di offrirti una prospettiva diversa da quella del monastero.»
«Comprandomi una moglie?» Il giovane aveva replicato in tono sarcastico, arrossendo violentemente e stringendo le mani a pugno. «Come avete potuto anche solo per un momento immaginare che io avrei accettato? E dei sentimenti di Rebecca? Neppure quelli avete tenuto in considerazione. »
«Non era quello il mio intento Giandomenico.» Aveva replicato Mimì con voce intrisa di pianto e schermandosi il volto con le mani, scatenando così la reazione esasperata del giovane: « Guardatemi! Non vi nascondete, papà, e prendete finalmente atto di quello che sono, o meglio, di quello che non sono, e fatevene una ragione. »
«E cosa non sei, figlio mio?» Mimì, aveva chiesto accorato.
«Adattabile al vostro mondo.» Aveva replicato con durezza Giandomenico prima di uscire sbattendo la porta.
Infinitamente stanco, stremato dall'ansia che per tutto il giorno lo aveva perseguitato, affranto dai sensi di colpa e dalla consapevolezza della sua inettitudine, senza più forze e né volontà, Mimì Messinese s'era accasciato su una sedia, e senza opporre resistenza aveva rimesso la sua anima a Dio: era morto senza serbar rancore, con la stessa mitezza con la quale era vissuto.