Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

domenica 19 settembre 2021

E l'autunno è alle porte

 



Flebile, la fiammella irrompe dal fornello della cucina a gas. Cagliostro, che dorme acciambellato nella cesta sopra la lavatrice, apre un occhio annoiato e subito lo richiude. Immagino lo abbia aperto per pura cortesia, è il suo modo di dirmi buongiorno e poi ritornare ai suoi sogni. E' mattina presto ma io sono già in piedi cercando il ristoro del primo caffè. L'aria è piacevolmente fresca nell'imminenza dell'autunno, colma dei suoi profumi ancora remoti, più immaginati che reali. Ma nelle tinte di quest'ora precoce ci sono già i suoi colori d'ambra e di sottobosco, e nei suoi vetrosi baluginii di brina si riflette, offuscata dal chiarore nascente, una luna assonnata color mandorla.
Anche il caffè ha sapore d'autunno: caldo e avvolgente come un mantello scuro, lievemente ruvido. Confortevole rifugio.
Poesia pura, questo momento, quando i fantasmi tornano a dimora e le fate e gli elfi, invece, si svegliano e illuminano il mondo coi loro occhi di smeraldo e di zaffiro, e così per una frazione infinitesimale non c'è più nella geografia terrestre un angolo buio, un anfratto nascosto o un fosso invisibile in cui incautamente inciampare. Sorrido al pensiero di un mondo en plein air, completamente piano, senza intralci o insidie mimetiche da cui guardarsi, sarebbe come camminare sul pavimento levigato di un appartamento: solo uno scalpiccio felpato e nessun fruscio sotterraneo. Per questa ragione le fate e gli elfi, creature del sottobosco, per meri motivi di sopravvivenza si limitano ad aprire gli occhi sul nostro mondo solo per un brevissimo istante per poi richiuderli e tornare al loro. Esattamente come ha fatto Cagliostro, quando per un momento, il suo occhio d'ambra ha irradiato nella penombra della cucina propagando la sua luce nel perimetro circoscritto dalla credenza e dagli elettrodomestici, e dove ora tutto mi appare più intimo e caldo. Mistico.
Rigenerata da quel suo sguardo remoto assaporo il mio caffè profumato d'autunno mentre Drugo, passo pigro e coda dritta, viene ad acciambellarsi in grembo avviando il motorino delle fusa e offrendosi languido alle mie carezze.
Nel momento in cui le fate e gli elfi hanno chiuso gli occhi è iniziato a piovere. Una pioggia sottile, di filigrana, scende dietro la finestra come una scia di stelle cadenti, attirando l'attenzione di Drugo che balza agile sul davanzale per tentare di catturarne le gocce attraverso il vetro. Nella sua cesta sopra la lavatrice, Cagliostro osserva sornione il piccolo tuxedo agitarsi nella sua impossibile caccia, poi mi guarda e socchiude gli occhi in un atto di tenerezza e di complicità. Adoro questa meravigliosa creatura, insondabile eppure così limpidamente cristallina, che mi fissa col suo sguardo di sfinge mentre il mondo fuori si colora d'ambra, perché la luna e le stelle  e il sole, per magia s'affacciano insieme nella stessa porzione di cielo. Gli astri notturni hanno ritardato il tramonto, mentre il sole, invece, ha anticipato l'alba,   rivelando, nel paesaggio piano, il fugace passaggio delle fate e degli elfi diretti alle loro culle di foglia, e un fantasma insonne alla ricerca di una zona buia dove trovar riparo. Ha smesso di piovere, mentre dietro i vetri una tardiva goccia di pioggia, colma dei riflessi d'oro di quell'incredibile cielo, si adagia languida sul davanzale. Socchiudo la finestra affinché Drugo possa sincerarsi della sua materialità liquida, che saggia stupito con tocco delicato, incredulo della sua effimera consistenza: nulla da cui trarre nutrimento o gloria. Ce n'è quanto basta perché se ne disdegni e torni ad occuparsi di cose più serie e soddisfacenti, come la pallina azzurra e rossa che fa capolino da sotto la credenza dove lui stesso l'ha cacciata nell'impeto del gioco, e che inutilmente poi si è provato a recuperare. Pallina ignorata fra le tante altre nel cesto dei suoi giochi ma che ora, incastrata in quello spazio inaccessibile, ha destato di nuovo il suo interesse. Cagliostro, che non può certo lasciargli il predominio di quell'area di cucina acquisita ai suoi territori, con un agile balzo lo coglie alle spalle per rammentargli i confini e l'altro, più piccolo ma altrettanto battagliero, non ci sta a lasciare la sua pallina in ostaggio del nemico, ed iniziano così ad azzuffarsi e a rincorrersi per tutta la casa, rompendo l'incantesimo di quel mondo parallelo. Ma la solitaria goccia di pioggia, caduta sul davanzale della finestra, continua a baluginare dei riflessi d'oro di quell'incredibile cielo intravisto, o forse solo immaginato, come una piccola stella cadente, a cui confidare i miei desideri: così la magia continua. 
E l'autunno è alle porte.
Marilena

domenica 12 settembre 2021

L'ultimo mare


L' ultimo mare: nel mio grembo ho raccolto spuma di onde e code di pesce e occhi di conchiglia e sassi color del deserto. Meravigliosi gioielli gocciolanti di acqua e ruvidi di sabbia.
 

La terra degli aquiloni

 

Lentamente l'estate va tramutandosi in autunno, lo si respira nell'aria fresca del mattino e nella dolce indolenza che invita a poltrire a letto. Cambio di stagione, cambio di abitudini, anche se per me il cambiamento è iniziato già da qualche tempo e non certo per via delle stagioni.
Mi alzo ancora al mattino presto ma senza più l'impellenza dello scrivere che mi teneva inchiodata al computer a ottimizzare il tempo a mia disposizione, sempre troppo poco, per la mia passione per la scrittura. Un vuoto grande, tra la testa e il cuore, che le parole un tempo riempivano e che oggi, che ne sono digiuna, mi fa sentire inerte, incompleta e...vecchia, perché nella mia scrittura albergava la ragazza sempre giovane che ancora vive in me, e che coi miei racconti preservavo dal passare del tempo.
Scrivevo e non avevo tempo di guardarmi intorno, di stare a dannarmi sui miei malesseri esistenziali così come sulle piccole grandi beghe della quotidianità. Dimenticavo tutto: c'ero solo la trama che si espandeva, si popolava e diventava viva. Come Alice nel paese delle meraviglie vagavo tra i paesaggi fantastici ed incoerenti creati dalla mia fantasia, quei mondi paralleli così difficili per me da raggiungere oggi, erano allora facilmente alla mia portata. Alice, la ragazza per sempre giovane che vive in me, quando scriveva racconti non lo faceva con lo scopo d'ingannarmi o intrappolarmi una illusione letteraria, ma per portare alla superficie quegli universi fantastici e paralleli di cui, se non ne avessi scritto, nessuno sarebbe mai venuto a conoscenza. Una condivisione di ipotesi e suggestioni e per me anche una caccia al tesoro, che le sue parole dettate di getto, spesso mi costringevano all' affannata rincorsa delle sue frasi e dei suoi suggerimenti, che la mia mente a volte caotica, altre rallentata, non sempre riusciva a memorizzare in tempo reale, e così le parole s'involavano in verticale come aquiloni che andavano a punteggiare di colore l'orizzonte, e che poi  piano piano rimpicciolivano fino a sparire oltre il confine di altri mondi inesplorati.
Quante volte quel loro filo mi è sfuggito di mano!
Quanto avrei desiderato non avere volume e peso ed essere trasportata nel vento dalla loro volontà vagabonda!
Disciplina e metodica mi sono sempre mancati per quel che concerne la scrittura, ma oggi mi rendo conto che è stata una scelta il mio modus operandi di andare a braccio, improvvisare, non avere un canovaccio a cui far riferimento caso mai mi fossi persa nelle insidie della trama. Una scelta consapevole, poiché nella vita reale troppo spesso ho dovuto attenermi alle regole, alle leggi ai parametri da altri stabiliti e sanciti incontrovertibili, e così la mia intenzione era creare una zona franca, uno spazio infinito ed aperto,  un "non luogo" esente dalle leggi di gravità e alleggerito anche dalle trappole della metodica e delle discipline di ogni ordine e genere, comprese quelle che stabiliscono i codici per gli scrittori.
La mia terra degli aquiloni non doveva avere né confini né barriere né ubicazione sulle mappe planetarie; né una porta d'entrata né una d'uscita, e nessuna segnaletica, che è così bello perdersi (ma è poi davvero perdersi?) nei mondi di Alice e delle ragazze per sempre giovani, dei sognatori, degli amnesici, degli insonni, degli anarchici e dei romanzieri. Quel mondo parallelo che davvero esiste, dove io vi ho soggiornato a lungo e di cui sento ancora l'incanto.

Ma oggi sono immensamente felice perché ho trovato l'estro di scrivere questa pagina di diario mentre già un'altra se ne prospetta alla mente: sono forse le mie ultime esplorazioni nella terra degli aquiloni, ma pure mai mi sono sentita, come in questo momento di ritrovata ispirazione, così vicina al sole.

Marilena