Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

venerdì 30 dicembre 2016

Un sogno preso in prestito

Il presagio del lieto fine è evidente fin dalle prime scene, ed è proprio questo che mi induce a seguire fino alla fine il film tv dalla trama prevedibile e dalle battute scontate.
In altri tempi avrei cambiato canale...in altri tempi avrei rifiutato la banalità del lieto fine, per di più ampiamente preannunciato, ma non questa volta, non questa sera, che il bisogno di calore e di certezze è così preponderante da necessitare di coglierlo da qualsiasi fonte possa provenire.

Rannicchiata sotto le coperte mi scaldo nella certezza di quel lieto fine predestinato ad avverarsi ad onta di tutte le vicissitudini messe in campo dal regista per mantenere alta la tensione e far dubitare, fino alla fine, lo spettatore.

Ma in realtà tutto l'intreccio della storia fin dall'inizio punta al disgelo, all'aggiustamento, anche se forzato, della trama, e non importa se le incongruenze risultano evidenti, stasera sono disposta ad ignorare tutte le piccole, innumerevoli, e poco innocenti malizie, attraverso cui si evolverà la promessa di una felicità eterna.


Perché talvolta mi capita, come in questa sera, di avere disperatamente bisogno di un sogno in cui credere, un lieto fine in cui sperare.
 ...e non importa se è solo un sogno preso in prestito.
Marilena

Post Mortem

Il mio sesto senso mi dice che in un futuro, non ancora scritto su nessun calendario, un regista intravederà nei miei racconti la trama per un film di successo.
Lo produrrà e sarà un trionfo.
 Ma io sarò già cenere
La fama... sempre in ritardo, sta stronza!




giovedì 29 dicembre 2016

Appartengo alla terra.

Intermittenze esistenziali che assumono i contorni della metafora di una ballerina di tip tap, che volteggia, senza però mai distaccarsi dal suolo, su un ritmo cadenzato, a cappella, sottolineato dalla successione della marcatura prima del tacco e poi della punta.

Questa ballerina di tip tap piroetta instancabile senza mai staccarsi dal pavimento, anzi, il suo tip tap è il fraseggio col quale consapevolmente ribadisce la sua appartenenza al suolo piuttosto che al cielo, perché se fosse slegata dalla solida compattezza del pavimento sul quale far risuonare i suoi tacchi, sarebbe soltanto una figurina precaria, annaspante, in cerca di un appiglio inesistente.

Quella ballerina di tip tap sono io, doverosamente ancorata al suolo dopo aver tentato brevi, goffi salti, protesa verso quel cielo a cui però facilmente ho rinunciato in cambio di quella stabilità che la terra m'assicurava.

Così, nonostante la mia fervida fantasia, non mi sono mai avvicinata al sole, non mi è riuscito di scaldarmi ai suoi raggi, ed ecco spiegato il perché di quel freddo interno che da sempre mi porto dentro.

La mia mente s'è rivelata troppo complicata, indecifrabile anche per me stessa.
Una mente rococò tutta riccioli e volute, un coacervo di arabescate ondulazioni floreali strutturate per alleggerire quella mia estrema pesantezza esterna che però mai, mai, mai, mi è riuscito di abbattere realmente.
Così l'intera mia esistenza l'ho votata alla realizzazione di un compito impossibile, tremendo per una bambina eppoi per la donna che sono diventata: infrangere le mie barriere esistenziali, penetrare i muri e attraversare la materia, essere la proiezione reale in un mondo parallelo, più attraente, giusto, gioioso, soprattutto colmo di sentimenti e storie da condividere attraverso la scrittura, e in questa affermare una qualche ragione di vita.
Ma mi sono trovata sempre sola a vagare tra le ombre in compagnia di altre ombre, e alla fine realizzare che l'impalpabilità è la materia prima di cui sono fatti i mondi e le persone.
Eppure di un mondo solido ho accettato l'illusione e fomentato il miraggio, a volte perfino realmente credendoci con una disperazione tale da sembrare entusiasmo, riscatto, rivincita: inchiostro per i miei scritti.

Ma in definitiva sono stata la viaggiatrice solitaria in un parallelo che non esiste, un'esule estromessa alla ricerca di una fonte a cui dissetarmi e bevendo, alla bisogna, anche acqua avvelenata, eppur sopravvivendo nonostante le mie tentazioni suicide.

Tentazioni quanto vere?
Quanto impellenti?

Ho sempre immaginato per me una morte dark: rose rosse, veste bianca, sangue sulle braccia e buio.
Un'ossessione.
Un'eredità.

C'è chi eredita la bellezza, la lungimiranza, il talento: io, invece, ho ereditato il gusto del suicidio.
Ma non l'ho mai attuato.
L'ho sperimentato, ma non ho avuto il coraggio di portarlo a termine.
Ci vuole fegato a morire perché il richiamo della terra, delle misere cose di cui reclamiamo il possesso, di quegli affetti negati che pur ci ostiniamo a pretendere, ancorano carnalmente la nostra volontà al suolo.
La forza di gravità si triplica e si viene schiacciati tra il desiderio di onorare quell'eredità e il miraggio fantastico di una fonte pulita a cui dissetarsi.
...eppure, senza fino in fondo crederci, è questa vana ricerca che alla fine per me è prevalsa.
Che mi ha mantenuto in vita.
L'esile fronda a cui mi sono aggrappata per mantenere l'illusione di un ancoraggio tramite il quale  affermare la mia appartenenza alla terra.
Marilena

lunedì 26 dicembre 2016

Quesito Esistenziale

Esiste davvero quell'età in cui una donna preferirebbe sentirsi dire che è straordinariamente brava anziché straordinariamente bella?



venerdì 23 dicembre 2016

Il momento magico

Il momento più bello è quello che  intercorre tra il primo e il secondo caffè del mattino.
La casa silenziosa e la strada ancora addormentata.
E' il momento magico in cui nulla è ancora stabilito e tutte le possibilità sono aperte.
E' quel breve attimo in cui si è davvero padroni del proprio destino.



sabato 17 dicembre 2016

Cambio di stagione

Sostituire il biondo, glabro amante dell'estate, con quello bruno, e più villoso, dell'inverno.



martedì 13 dicembre 2016

domenica 11 dicembre 2016

Il colore della tristezza

Mi riapproprio del colore della tristezza, perché è il primo colore dell'arcobaleno, meno intenso degli altri ma non per questo meno bello: madreperla che si confonde negli strati del cielo, per apparire a tratti occhieggiato di sole, a volte, invece, ombreggiato di nubi.
E' un colore incredibile,
Non si vede, ma si fa sentire.




giovedì 8 dicembre 2016

Eroi per caso

Talvolta è l'inconsapevolezza, la mancata valutazione del rischio reale piuttosto che un vero coraggio, a trasformarci in eroi.


martedì 6 dicembre 2016

Il cielo nel cuore

Una volta, tanto tempo fa, mi è capitato di abbracciare il cielo, e una nuvola orfana s'è impressa nel mio cuore.
Da quel giorno, ad ogni suo battito, stilla una goccia di pioggia.




lunedì 5 dicembre 2016

Privilegi

I privilegi sono gioielli presi in prestito e di cui talvolta ne viene chiesta la restituzione quando, invece, per entrarne definitivamente in possesso, si esige il pagamento di una libbra d'anima.



Gli amori non corrisposti

Gli amori non corrisposti sono i più tragici, i più appassionati, i più spettacolari.
Rabbiosi e poetici.
Maledetti, perché in quel desiderio mai avverato permane intatto il gusto del proibito.
Leggendari, perché destinati a perdurare nell'immaginario come una mistica chimera.



venerdì 2 dicembre 2016

Rosa & Pugnale

Il perdono, talvolta, è la pietra tombale sotto cui abbiamo sepolto vivo il nostro nemico.



giovedì 1 dicembre 2016

Verità apparenti

Che non sia tutto vero non significa che sia tutto falso.



Sfumature Complementari

Possedersi con la furia passionale di due samurai e, negli istanti di tregua, amarsi con la goffa premura di adolescenti alla prima esperienza.




mercoledì 30 novembre 2016

Alla riscoperta di me stessa

Le mie visibili contraddizioni sono prova della mia autenticità
(Amaranta)



...e così, nel timore che possa venir chiusa la pagina fb di Amaranta (link) mi sto dando un gran da fare a ricopiare tutti i post in questo blog, e finchè non avrò completato il tutto eviterò di pubblicare scritti ed immagini che possano causare il mal di fegato a qualche utente troppo moralista.
 ...col risultato, però, che la cartella bozze è già bella piena.

Ma questo mi da modo di rivedere, correggere, aggiornare, sfrondare.

Un compito difficile quello sfrondamento, ma necessario, perché se vuoi rendere rigogliosa una pianta devi trovare il coraggio di tagliare i rami superflui, quelli troppo grossi o troppo esili, quelli cresciuti di sghembo, quelli che impediscono alla luce di filtrare.
...stando attenta, però, a non estirpare quelli venuti su strani, gli originali, i più bizzarri.
A loro concedo liberamente di prolificare, curiosa di vederli sviluppare ed evolversi.
Trasformarsi.

Nulla è più affascinante del processo larva/crisalide, o viceversa.
Anzi, è il viceversa che più mi attrae, perché qui emerge il  nucleo scuro delle mie contraddizioni.
E così non posso ignorarlo, far finta di niente non mi è proprio possibile, perché prima di cancellare definitivamente qualunque parola mi soffermo con dedizione a ricercare il seme da cui è germogliata e riviverne il percorso: odori, sapori, sensazioni tattili.
Alla riscoperta di me stessa.

Perché quello dello scrivere non è mai un atto unico circoscritto al momento in cui si svolge, al tema di cui si tratta, allo stato d'animo con cui ci si predispone alla stesura, piuttosto è l'assemblaggio di un delicato puzzle composto d'infinite tessere, dove l'ultima è il prodotto di tutte le altre che l'hanno preceduta, diligentemente incasellate e fissate nell'inchiostro della memoria.

Tutto quello che noi siamo origina dal passato, quel nucleo scuro che ci caratterizza e determina le modifiche, gli aggiustamenti o le storture del presente, perché altrimenti saremmo tutti troppo simili, nella perfezione così come nell'imperfezione: il prodotto unico di una catena di montaggio.

Perché le nostre contraddizioni sono quelle che ci rendono più umani, più veri, identificabili e quindi visibili.
Anche se più vulnerabili....non significa che si sia più deboli.
Marilena

lunedì 28 novembre 2016

Knockin on Heaven's door

Le fantasie sconce sono l'overture dell'erotismo.
Le fantasie sconce aprono le porte del paradiso.



domenica 27 novembre 2016

L'educazione sentimentale

'fanculo l'educazione sentimentale, preferivo quando eri un autodidatta. Tutti quei dieci in condotta ti hanno guastato.



sabato 26 novembre 2016

Quel giusto grado

Io, come un buon caffè, possiedo quel giusto grado di amaro e di dolce, in perfetto equilibrio con una leggera nota di acidità.


Deserto Tumblr

 Luna Di Venere, alias Amaranta, si è definitivamente spenta lasciando nel buio più completo il pianeta Tumblr, e intenzionata a non ripetere la disastrosa, anche se brevissima avventura, in quello che io ho vissuto come il luogo più affollato e nel contempo più deserto della rete.
Mi sono ritirata in buon ordine, senza colpo ferire e senza nessun rimpianto, da un luogo che non mi ha emozionato affatto, anzi se possibile instillato una sorta di nuova depressione da cui sto velocemente riprendendomi.
 Così ancora una volta di più apprezzo l'asilo offertomi da questo blog.

Con entusiasmo sono ammarata su Tumblr, questa piattaforma di microblogging, (una via di mezzo tra twitter e un normale blog) molto conformato, però, sulle dinamiche di twitter, stessi meccanismi, si diventa follower di diversi tumblr/blog, (magari quelli più famosi) e sulla scia di questi si spera di essere notati (a meno che non si sia così geniali di splendere, subito, di luce propria), o quanto meno dagli altri essere rebloggati.
Più sei rebloggato più acquisti visibilità e possibilità di diventare famoso.
Ovviamente se ti reblogga un tumblr di rilievo acquisisci subito molti followers aumentando così di molto le possibilità di raggiungere più velocemente l'Olimpo delle celebrità.

C'è in corso una sorta di guerra tra twitter e tumblr dal momento che il primo ha vietato al secondo d'importare i propri contatti per trovare nuovi amici: una guerra tra titani :)

E qui mi viene da sorridere, ma senza alcuna alterigia, anzi con una qualche tenerezza verso gli utenti di tumblr e me stessa che in questa esperienza mi sono voluta cimentare, senza immaginare di essere fuori tempo, per via dell'età (la maggior parte dei tumblero sono ragazzi giovanissimi) e del linguaggio.

Probabilmente superata lo sono anche su questo blog, ma qui è ancora sopportabile, non sono spronata a correre, nè ad inseguire nè ad essere inseguita.
D'altra parte non ho neppure mai amato twitter, seppure qualche buon scrittore dei 140 caratteri l'ho trovato: aforismi, frasi brevi, intuizioni letterarie, da scremare nell'oceano delle banalità, del rivisitato, e il più delle volte malamente rifritto, che però, troppo spesso trova calorosa accoglienza presso un pubblico adolescenziale o immaturo, non intellettualmente formato, facile preda degli stereotipi e dei modelli di massa, quelli più condivisi.
Questa accade per una solida mancanza culturale o semplicemente per sentirsi parte di un tutto.
Sentirsi accettati. Sentirsi integrati. Sentirsi conformi.
...anche se questo riguarda tutte le età.

Quindi su Tumblr ci si accoda a chi ce l'ha fatta o è in procinto di tagliare il traguardo, rebloggando gli scritti degli altri in attesa di essere notati, apprezzati e avere una spintarella per essere, a propria volta, rebloggati.
A tutto questo si aggiunge lo sprone a interagire in maniera stucchevole, al limite della piaggeria, con i tumblero già affermati.
Questa la dottrina predicata, in aggiunta di un'impostazione zuccherosa ed ammiccante.

Io l'ho trovato fuorviante per i più giovani, quelli che si cimentano nelle prime competizioni con la vita (ricordiamoci che il virtuale, in questo caso, non è qualcosa d'impalpabile, immateriale, da non confondere con il finto, il non vero, l'inventato: in entrambi i casi dietro c'è sempre una persona in carne ed ossa a digitare su una tastiera).
Se le regole suggerite per emergere sono quelle dell'accodamento e della piaggeria, allora siamo davvero senza speranza.
E se queste, ed altre simili, sono le moderne fucine dove si forgiano i giovani talenti, dovremo riconvertirci agli esercizi solitari della carta e della penna, allo studio e alla ricerca di uno stile personale, di quell'impronta d'autore che ci renda inconfondibili nella nostra genuinità.

Ma io non faccio testo, sono di un'altra epoca, e senza mortificare questa attuale, che pure di buono ha molto, seppur mal proposto o male interpretato, resto dell'avviso che questa globalizzazione intellettuale sta producendo solo danni, che la fretta e i metodi proposti per arrivare a conquistarsi una hit, anche solo virtuale, sono i più controproducenti e mistificatori, perché disconnettono la facoltà di valutazione personale, di critica e di miglioramento, in particolare verso se stessi.
Marilena


venerdì 25 novembre 2016

Sei mia, corpo e anima

C'è chi lo recita come un mantra fin troppo abusato, e chi invece lo pensa davvero.
Il primo caso è patetico.
Il secondo è pericoloso.



giovedì 24 novembre 2016

Il lato buio

Lui, è quello che credevo di non volere e del quale non posso più fare a meno.
Lui, è il lato buio che mi avvicina al sole.


martedì 22 novembre 2016

Il sesso non sarà mai un sacramento

A nulla servirà rivestire le superfici, piallare le curve e ammorbidire le punte: il sesso non sarà mai un sacramento.
Mettetevi il cuore in pace.
Alleluja.



ph - Marc Lagrange

lunedì 21 novembre 2016

mercoledì 16 novembre 2016

Felinità

BLOG ha un modo tutto suo di sorridere: dietro gli occhialoni neri chiude e poi riapre gli occhi, così come fanno i gatti.
Come fa Cagliostro.
Avevo notato questo vezzo in BLOG ma ritenendolo suo esclusivo, prima che adottassi Cagliostro e ampiamente mi documentassi sui gatti, seppure avessi sempre sospettato sottili affinità fra questo mio figlio virtuale e i felini.
Il suo pragmatismo esistenziale, la sua passione per il divano, quel suo saggio misurare le distanze, la sua paziente predisposizione all'attesa, quell'indefesso vigilare con un occhio solo e, soprattutto, quel suo regale, misurato concedersi solo quanto basta.
Tipico felino anche quell'ostinato gattonare, protratto oltre i tempi canonici quando già da tempo avrebbe dovuto possedere la stabilità della posizione eretta, quel suo pigro girovagare carponi fra le basi delle sedie e dei tavolini, in realtà prima che scoprisse il morbido richiamo del divano, ed è stato allora che si è industriato a trovare un equilibrio sulle due gambe, trasformando la necessità in virtù, poiché sprovvisto, per via della pesante mole, dell'agilità necessaria a raggiungere con un balzo la seduta.
BLOG, ne sono ora certa, possiede nel suo straordinario dna tracce evidenti di una sua metempsicosi felina, e questo me lo fa amare ancora di più, senza riserve e senza egoismi.

BLOG, dietro gli occhialoni neri, sorride, e questo inconsciamente ci pacifica tutti,  rendendoci istintivamente partecipi alla condivisione e all'accettazione, all'apertura dei nostri spazi interni ed esterni, scevri da pregiudizi e paure di alcun tipo.

Per questo definirei l'antro un ambiente liquido, perché straordinariamente assume la forma più  confacente alle esigenze del momento, e così mi viene in mente l'ultima performance di Cagliostro quando, sia pur con qualche acrobazia ma senza troppe difficoltà eccessive, è riuscito ad entrare in una scatola di due taglie più piccole della sua corporatura, e comodamente inserirsi per scrutare, a suo piacimento, il mondo da quella nuova visuale.

La rivelazione della natura felina di BLOG, come quella della struttura dell'antro, mi riempie di una gioia infinita e di una curiosità fanciullesca che mi predispone, al pari di Cagliostro, ad osservare il mondo da una prospettiva inedita. Fantastica.

Ci sto bene nel mio antro, in questa scatola di almeno due taglie più piccole della mia, una scatola a misura di bambina, dove amo servire il thè ai miei ospiti in deliziose tazzine in miniatura.

martedì 15 novembre 2016

Intimidazioni FB


FB minaccia di chiudere la mia pagina “Una donna libera è l’assoluto contrario di una donna leggera” (https://www.facebook.com/marilenamaranta/) se non mi risolvo a rimuovere le immagini di nudo, me lo ha notificato tramite un messaggio dal tono intimidatorio e precisando di aver rimosso, intanto, un altro mio post (mi spiace di non aver avuto la prontezza di salvare l'immagine per mostrarvela).
FB si sta rivelando bigotto e ipocrita oltre ogni dire, censurando immagini che sono talvolta opera di grandi fotografi (come quella di Helmut Newton, da questa stessa pagina da Fb rimossa).
Per accedere mi sono dovuta impegnare a sottoscrivere di rimuovere tutte le immagini di nudo da me postate, cosa che non ho assolutamente intenzione di fare, ma è giusto che io denunci questa falsa libertà di espressione che la rete proclama (credo che anche su Istagram ci siano problemi simili), con il ricatto di salvaguardare una morale beghina e bigotta, ignorando che lo sconcio non è nell'immagine ma nel modo in cui si stabiliscono i paramenti attraverso cui censurare.
N.B. Questa pagina si rivolge a un pubblico selezionato che esclude i minorenni.

Marilena





sabato 12 novembre 2016

Se non pensassi, potrei essere più felice



Se non pensassi, potrei essere più felice
(Sylvia Plath)

...e ancora il mio rifugio privilegiato resta questo blog, nonostante le mie sperimentazioni, senza troppa fortuna, su FB e quelle recentissime su Tumblr, con lo pseudonimo "Luna Di Venere".
Ma è ingiusto parlare di fortuna, piuttosto è una questione di un talento che mi sto rendendo conto di non possedere, ma è anche vero che è una lotta impari, e persa in partenza, questo volermi misurare con intelligenze molto più giovani e ancora intatte, soprattutto detentrici di un linguaggio più consono ai tempi.
Di questa mia inidoneità dovrei prenderne atto, fare i bagagli e rifugiarmi in un ipotetico buen retiro dove dedicarmi alla contemplazione e all'introspezione, e magari incanalare le mie restanti energie nella coltivazione di un orticello biologico, se non fosse per quella parte preponderante di me che di fronte a questa ragionevole ipotesi orgogliosamente si ribella e la rigetta, come un insulto troppo grande, un oltraggio inaccettabile: l'azzeramento di una intera vita.

...perché fino ad oggi della mia vita salvo solo le parole scritte che, a differenza di quelle pronunciate, prima di essere impresse su carta hanno goduto del vantaggio positivo della riflessione, da cui sono scaturite le pagine di questo blog, non bastanti, però, a riempire un taccuino di una qualche consistenza.

...alla fine un bagaglio davvero irrisorio, insufficiente a giustificare tutta l'immane fatica che mi è costato assemblarlo.

Virgole e virgolettati, punti e punti a capo, e tra un rigo e l'altro, in queste pagine, si sono affacciate la vita e la morte, i desideri e le angosce, gli entusiasmi e le depressioni, parole che non sono solo parole ma sensazioni, sentimenti, disturbi ed esaltazioni di chi si pone troppe domande e non fa nessun tentativo d'ignorarle e così, ecco, il rischio è quello di venirne inghiottiti se non c'è dall'altra parte nessuno di coloro a cui sono rivolte, a raccogliere la perentorietà di quegli interrogativi.

Se non pensassi, potrei essere più felice.
L'ho scritto anch'io una vita fa in uno dei miei tanti post, che per essere felici, o almeno non troppo infelici, bisogna sapersi adeguare ai ritmi precostituiti, alle mode, alle parole d'ordine, ai desideri facili ed espressi in termini semplici, alla omologazione dei modelli esistenziali di massa, con i distinguo disciplinatamente elencati nelle categorie degli insiemi e dei sottoinsieme.
Comportamenti opportunamente classificati e classificabili, tra i quali possiamo ascriverci anche quella ribellione fittizia, ed indolore, che imperversa sui media, che filtra come un'insurrezione di parole e non di sentimenti.

...alla fine è tutto così precostituito e preconfezionato, prodotti contraffatti spacciati per originali e destinati ad abbuffare palati senza troppe pretese, che si sa che quando gli stomaci sono pieni, seppur solo d'aria, è certo che poi dopo viene sonno.
Marilena

giovedì 10 novembre 2016

Un rifugio è tutt'altra cosa di un nascondiglio.


Io e la mia maledetta mania di trasformare in personaggio da romanzo chiunque transiti, anche solo momentaneamente, nella mia vita
(Amaranta)


Un rifugio è quell'angolo che non deve necessariamente essere un luogo fisico ma benissimo si può configurare in uno sguardo, un abbraccio, un cenno d'intesa.
O ancora un oggetto, qualcosa che conservi il calore di un corpo e il battito di un cuore.
O un ricordo positivo in cui ritrovarsi quando si è troppo malmenati dalla vita.

Un rifugio è tutt'altra cosa di un nascondiglio.

Il mio rifugio nell'antro è un posto che io ho voluto render pubblico, uno spazio aperto ed accessibile, facilmente rilevabile dalle mappe satellitari e da quelle terrestri, come dai più banali navigatori GPS, ma dove, in verità, non si è avventurato mai nessuno di coloro che avrei desiderato giungessero.

E così l'ho riempito di presenze immaginarie, tutte meravigliosamente imperfette e caotiche, e sono così diventati loro i miei compagni di vita, virtuale e reale.
Il computer, questo strumento magico, troppo spesso a torto bistrattato, è stato il caminetto che mi ha scaldato nelle lunghe veglie dell'insonnia; l'astronave con cui ho intrapreso i miei viaggi esplorativi, fuori e dentro di me; lo strumento musicale che mi ha permesso di trasformare in suono quello che altrimenti sarebbe rimasto solo un grido strozzato.

Un rifugio segreto volutamente aperto al mondo, ma che il mondo ha continuato a fingere d'ignorare.
E così si è ancora più soli, perché non si può consapevolmente fingere di udire passi in un corridoio vuoto, perché bisognerebbe ammettere la finzione con se stessi e col serio rischio, alla fine, di crederci pure.

No, ho sempre ben distinto la realtà dalla finzione, ma mi sono volontariamente rifugiata in questo luogo fittizio, come nella pellicola di uno di quei film dove recitano assieme attori e cartoni animati, a raccontare e raccontarmi storie.

...perché ci sarebbe davvero, nelle storie dell'antro, materia per un film.

PERSONAGGI
La scrittrice (e voce narrante degli eventi)
Amaranta (la mia alter ego) una donna favolosamente bella, senza età, proveniente da un mondo remoto e destinata a sopravvivermi.
L'Imperatrice Camilla, mia amica e mia editor, incarnazione di una donna perfetta e quindi il mio esatto opposto.
Iggy, il killer affetto da D.O.C., sosia in versione tascabile della rock star Iggy Pop, adottato da Amaranta in uno dei suoi straordinari viaggi
Il manipolo dei FREAKES, creature mutaformi, mostriciattoli rappresentanti di quegli incubi che per lungo tempo mi hanno accompagnato.
Kilroy, il freak graffiti writer, dissidente e anarchico, in aperto conflitto con la sua gente e per questo da loro bandito.
Lizard, la lucertolina bionda dal dolce volto di donna.
Robinson, l'audace topolino catapultato nell'antro da un naufragio.
BLOG, il mio figlio obeso e nichilista,(personificazione di questo blog), che filtra la vita attraverso la visuale dei suoi grandi occhiali neri.
Conte Cagliostro del Vlad, il mio gattone nero, destinato a recitare nel ruolo di se stesso.

...eppoi tutto il vasto corollario dei protagonisti dei miei racconti, con le loro frequenti incursioni nella mia vita reale e in quella dell'antro, perché le loro storie non terminano con l'ultimo capitolo.

Ed ecco che questa mia esternazione ha spalancato di nuovo all'esterno le porte del mio rifugio.
Perché il mio antro è un rifugio e non un nascondiglio.
Marilena

martedì 8 novembre 2016

Solitudine

Indosso la mia solitudine come un magnifico gioiello che non tutti possono concedersi.



domenica 6 novembre 2016

sabato 5 novembre 2016

Molto rumore per nulla

Ieri finalmente Cagliostro ha fatto il suo ingresso ufficiale nell'antro, ovviamente questo ha scatenato un fenomenale parapiglia in cui ognuno ha mostrato il meglio e il peggio di se.

...e Cagliostro, ovviamente, al pari di tutti gli altri, ha fatto la sua parte.

Il primo incontro/scontro è stato con Iggy, intrattabile dal suo ritorno da  Fairbanks, che di certo il clima freddo di quei luoghi gli è molto più congeniale di questo nostro, dolce e temperato, e così le sue nevrosi umorali sono allo zenit e pressoché vani si sono rivelati tutti i tentativi per quietarlo.

Le amorevoli ninne nanne alternate a minacce di tremende punizioni, da parte di Amaranta, non hanno sortito alcun effetto, così credo che lei, di qui a breve, gli propinerà un letargo indotto, l'ultima estrema soluzione a cui ricorrere quando anche i farmaci non sortiscono effetto.

Iggy, come al solito, se ne sta attaccato alle gonne della mia alter ego ma come ha visto svettare la sontuosa coda di Cagliostro è stato colto da un accesso di collera subitanea e le sue mani nodose sono corse subito alla fondina della pistola per risolvere il problema.

In realtà la grossa pistola di cui si fregia Iggy, che nel passato è stato un pericoloso killer ma che poi il D.O.C. ha ridotto ad una pallida parodia di se stesso, è solo un giocattolo, un'arma totalmente innocua che serve solo a rassicurarlo sulle sue illusorie prerogative.

Ma Cagliostro, un gattino svezzato a baci e carezze, si è trovato totalmente impreparato ad affrontare quello che deve essergli sembrato un tremendo demonio inferocito, che si dimenava tirando calci all'aria ed emettendo lugubri mugugni.
Così il piccolo felino si è velocemente eclissato, trovando scampo in un angolino irraggiungibile sotto la credenza da cui è precipitosamente emerso, spaurito e in grande affanno, il topolino Robinson, che li s'era s'era provvidenzialmente rifugiato quando il piccolo Conte aveva fatto il suo ingresso.
Robinson, abituato alle straordinarie performance di Iggy non ne ha ormai più alcuna paura,solo prudentemente se ne tiene alla larga, mentre di questa new entry non sa nulla, eppoi si tratta pur sempre di un gatto, nemico storico della sua specie.

E così Robinson s'è andato ad infilare nello stretto incavo tra le due pietre disconnesse del camino, abituale rifugio della lucertolina Lizard, ora abusivamente occupato dal piccolo roditore, convinto che in quell'esiguo pertugio mai potrà raggiungerlo la zampata felina di Cagliostro.

In realtà, Lizard, se ne sta appiattita, completamente immobile, mimetizzata col disegno del tappeto, in attesa di sgusciare via e guadagnarsi l'uscita verso l'esterno, appena se ne presenta l'occasione.
Gliela fornirei volentieri io, quella via di fuga, ma temo che un mio qualsiasi movimento scatenerebbe rappresaglie feroci al suo indirizzo.

Così tutti rimaniamo immobili, quasi senza respirare, come statue di cera confinate ognuna sul proprio piedistallo, sotto scacco di un invisibile cecchino pronto a far fuoco al minimo, impercettibile movimento.

...e poi la porta d'improvviso si spalanca ridestandoci dal nostro mortale incantesimo, mentre la tonda sagoma di BLOG si materializza sulla soglia come una presenza benefica e pacificatrice.

Sento il mio cuore riprendere di nuovo a battere mentre corro felice ad abbracciarlo, dimentica dell'ipotetico cecchino appostato nel buio in attesa solo di un pretesto per aprire il fuoco.

BLOG, il sorriso largo e gli occhialoni neri, contraccambia il mio abbraccio mentre sonda con sguardo circolare la stanza, per accertarsi che tutto stia esattamente al proprio posto, così come l'ha lasciato, perché nella sua filosofia esistenziale tutto si può aggiungere ma nulla si deve sottrarre.

...e così ho la certezza che tutto è a posto perché niente di nostro sarà mai considerato un corpo estraneo, o superfluo, in questo meraviglioso antro aperto alle sfide e mai precluso ai sentimenti.

giovedì 3 novembre 2016

Modus Operandi

Non mi sento persa se ho dimenticato di portarmi dietro quello che le altre, invece, riterrebbero indispensabile: la spazzola, il rossetto, il cellulare...il fidanzato.
Io so improvvisare.


venerdì 28 ottobre 2016

giovedì 27 ottobre 2016

Performance

Mi bastano un filo di perle, ed un'ombra di rossetto, per entrare nel personaggio.
E ci entro sempre dalla porta principale.



mercoledì 26 ottobre 2016

Baci segreti

Non lo sai, ma ti ho baciato col mio cuore tutte le volte che mi hai fatto ridere. Non te l'ho mai detto perché è una cosa impossibile da capire per chi bacia solo con la bocca.




lunedì 24 ottobre 2016

domenica 23 ottobre 2016

Rimettersi in marcia.

  a Tiziano 


Totale disconnessione dal mondo virtuale per una settimana intera, anche se le intermittenze s'erano già preannunciate nel corso dell'ultimo mese, attraverso più o meno lunghi black out.
Inutile dirlo che, nel momento stesso in cui mi veniva impedito l'accesso ad internet, la mia mente era colma d'ispirazione.

Accade sempre così!
Accade sempre così?

No, non credo che accada sempre così.
Credo piuttosto che si tratti di un alibi perché altrimenti mi sarei munita di carta e penna e avrei preso appunti, ben sapendo che la mia memoria affetta dall'obnubilamento progressivo, che sempre precede i miei periodi di grande insonnia, non è in grado di memorizzare nulla.

Una mente volatile.
Una mente dotata delle ampie ali di un cormorano, impregnate d'acqua e per questo costretto, prima di spiccare il volo, ad una pausa forzata per asciugarle.
Ed ecco così che in quella sosta obbligata il cormorano ha perso il traino di un vento cordiale che più rapidamente lo avrebbe aiutato ad arrivare, o la provvidenziale opportunità di un raggio affusolato su cui avrebbe potuto facilmente inerpicarsi per salire più in alto.

Durante quell'attimo di sosta forzata ogni cosa, però, ha continuato inarrestabilmente a fluire, così tornare indietro non mi è possibile e posso quindi solo proseguire, consapevole del rischio delle secche della bonaccia o dei vortici del maelstrom.

...ma l'unica cosa che davvero conta è rimettersi in marcia.
Marilena

sabato 22 ottobre 2016

venerdì 14 ottobre 2016

Una donna in bianco e nero (cap 3)


(Pubblicato nell'antologia "Il tango di Cloe" da "Writer Monkey" Maggio 2018)


 ...ma al destino non si sfugge, come a quell'ipotesi di sentimento che andava sempre più fortificando, quello stesso a cui Irene con tanta cura nel corso della vita s'era negata.
E nel caso specifico, poi, tanti di più erano  i motivi per cui tirarsi ancora una volta indietro per recidere con decisione il groviglio emozionale nel quale sempre più si dibatteva.
Per non cedere s'era appellata a tutte le ragioni della logica e del buon senso, in primis il divario generazionale dell'età: Alejandro poteva essere suo figlio, anche se lei madre non era mai stata e mai lo sarebbe diventata, perché anche in questo campo gli anni non erano più dalla sua parte.

Sono in ritardo su ogni tipo d'amore, e farei bene a continuare a considerarlo, come ho fatto fino ad ora, una faccenda chiusa. Per il mio stesso bene.

E la mano, come d'abitudine, andava a sfiorare la grossa cicatrice che le attraversava il torace.
Non era un contatto facile, quello, a cui lei però stoicamente non si sottraeva.
La grossolana dentellatura di quella ferita rappresentava la prova materiale della sua sopravvivenza.
Sopravvivenza, appunto. E niente altro.

Una donna in bianco e nero, così una volta l'aveva definita Alejandro.

Il perché lei non glielo aveva chiesto, ma dopo era rimasta ad elucubrare sul significato possibile di quella frase. Non glielo aveva chiesto per paura che trapelasse, da parte di lui, una qualche negatività nei suoi confronti. Sapeva bene di non essere una frequentazione facile, di non parlare molto e di essere sempre sulla difensiva. Ridere, però, con lui le riusciva facile. Ridere in quel modo complice era come fare l'amore. Avrebbe voluto dirglielo che lei non rideva con chiunque (una volta, durante la sua vita coniugale, una risata inopportuna le aveva fruttato un bel po di botte, da allora non s'era più arrischiata a ridere, attendeva che lo facesse prima lui, una specie di segnale di via libera con cui gli concedeva la partecipazione), ma con Alejandro era piacevole lasciarsi andare. Ridere con lui non era solo liberatorio ma genuina spensieratezza. Ogni risata, per lei, equivaleva ad un bacio
 Lo aveva baciato nel suo cuore tutte le volte che l'aveva fatta ridere: ma questo non poteva dirglielo.
Una cosa impossibile da capire a chi bacia solo con la bocca.

...eppoi, invece, era accaduto. Un bacio vero. Un bacio di labbra.

- Un bacio da film -
S'era schernita Irene.

- Un bacio da innamorati -
Aveva ribadito Alejandro


...ma al destino non si sfugge, quel destino, nella visione delle amiche, distruttivo, verso cui lei si stava incamminando con l'incoscienza e la spavalderia di un'adolescente, partendo per di più con lo svantaggio incolmabile di quell'enorme differenza di anni.
Nulla di male se la vivi come un'avventura, ma non innamorartene.
Soffrirai di nuovo e, stavolta, te la saresti proprio cercata.
Sei ancora molto bella, ma gli anni passano, non sprecarli dietro un amore con scadenza.
Ti ritroverai di nuovo sola.

Ma quell'amore l'aveva scongelata nell'anima, scaldata nei sensi, consolata  nella testa.
Restituita nuova, non al giudizio del mondo, ma a quello di se stessa.
Che non le importava della solitudine futura se il presente era fatto di risate e di baci.
Che poi di baci c'era stato solo quello, ma ce ne sarebbero potuti essere altri, anche se fortemente dubitava di riuscire ad andare oltre, a trovare il coraggio di mostrare nudi quel suo corpo e quel suo cuore così martoriati.
Perché corpo e cuore erano indivisibili, così strettamente uniti dalla cerniera lampo della cicatrice.

...aveva anche pensato che lui era ancora così giovane, affamato di tutte le cose belle che la vita, a piene mani, gli andava offrendo, mentre lei, invece, avrebbe rappresentato solo la testimonianza di una realtà crudele.
Quel lato oscuro dell'amore, che amore non è.
Così tra tutte quelle cose belle a lui riservate, lei sarebbe emersa come la bruttura, la deformazione, la cicatrice, il dolore. E questo non voleva che accadesse.
Si sarebbe tirata indietro affinché Alejandro la ricordasse come la misteriosa donna in bianco e nero incontrata in un pomeriggio di pioggia e che gli aveva donato quell'unico bacio che aveva dentro, però, tutti i colori dell'amore.

Quella mattina, attraverso la porta chiusa, lo aveva definitivamente respinto: non posso, perdonami.
Era riuscita a pronunciare quell'addio con gli asciutti e la voce ferma, anche se dentro tremava.

Non lo sai, ma  ti ho baciato nel mio cuore tutte le volte che mi hai fatto ridere. Non te l'ho mai detto perché è una cosa impossibile da capire per chi bacia solo con la bocca
Avrebbe voluto dirgli anche questo.
Ma non glielo disse.

giovedì 13 ottobre 2016

Una donna in bianco e nero (cap 2)




(Pubblicato nell'antologia "Il tango di Cloe" da "Writer Monkey" Maggio 2018)


Quel pomeriggio di diluvio universale, un acquazzone apocalittico aveva sommerso l'intera città cogliendo tutti impreparati, automobilisti e pedoni e quell'unico ciclista che, per schivare lei, era finito a terra, agganciandola, però, nella caduta.
Sotto quel diluvio biblico s'erano ritrovati soli, che nessuno s'era fermato a prestar loro soccorso, fradici d'acqua e con qualche escoriazione.

- Niente di rotto, signora? -
Aveva chiesto, con apprensione.

Tutto quello che c'era da rompere è già stato rotto tanto tempo fa.
Aveva pensato, Irene, con una sorta di crudele ironia.

- Credo di no. -
Aveva risposto mentre maldestramente cercava di riconquistare la posizione eretta.

- L'aiuto ad alzarsi. -
Ma lei, bruscamente, aveva respinto le sue mani, rischiando di cadere di nuovo.

- Volevo solo aiutarla, mi spiace, con tutta quest'acqua non sono riuscito ad evitare di venirle addosso. Sicura di non essersi fatta troppo male? -

- Sicura. E' tutto ok -

 - Chiamerei un taxi, se ce ne fosse uno nei paraggi, per riaccompagnarla a casa -
- Non occorre. Incidente chiuso. Fai attenzione, però, a non investire nessun'altro -

- Io sono Alejandro -
Aveva detto porgendole la mano.

- Io sono...terribilmente in ritardo. Scusami -
Quasi una fuga, quella sua, sotto la pioggia.


...ma al destino non si sfugge, aveva raccontato alle amiche di come Alejandro il giorno dopo se lo fosse trovato alla porta, con un sorriso largo e nelle mani il suo portadocumenti.

- Fuoriuscito dalla sua borsetta durante la caduta, non l'ho mica rubato -
Aveva precisato lui.

- Grazie per questa gentilezza. Scusami se non ti faccio entrare ma sono...-

- terribilmente in ritardo -
Aveva concluso, Alejandro, ridendo.

- Un giorno che non è troppo in ritardo, Irene, vorrei offrirle un caffè per farmi perdonare l'incidente di ieri. Mi sento in colpa, sono appena arrivato in città e ho già causato un guaio. Vorrei espiare -
Aveva detto ridendo.
Una risata spontanea. Contagiosa.

...al destino non si sfugge, soprattutto se ha un buon aroma di caffè, quello stesso che Alejandro personalmente le aveva recapitato, il mattino dopo, nella tazzina del bar.

- Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto...non deve farmi entrare, possiamo benissimo berlo anche qui sulle scale -
Detto fatto s'era seduto sul primo scalino dopo, però, aver aver cavato dalle tasche due brioche alquanto malconce.

Fu Irene, a quel punto, davanti all'espressione sinceramente mortificata di lui, a scoppiare a ridere.

Quel caffè fu il primo di tanti altri religiosamente consumati sulle scale, che era diventato per entrambi un rito, una scaramanzia per un buon inizio giornata.
E col caffè il racconto ad episodi delle proprie vite.
Principalmente era Alejandro che raccontava di sé: il suo amore per il cinema lo aveva condotto in Italia dove sperava d'intraprendere la carriera di regista, anche se al momento i suoi sogni di gloria erano tutti in stand by, subordinati ad esigenze più immediate.

- Amo l'Italia, - le aveva detto una volta - una terra bellissima e dolorante, proprio come te, Irene. Non racconti nulla della tua vita, ma non hai bisogno di parole, sono i tuoi occhi a parlare. Quei tuoi fantastici occhi dove la luce si riflette ma non splende. E poi i tuoi silenzi...nessuna voce racconta più di un silenzio: le parole possono depistare, i silenzi no -

Lei non aveva risposto, ma si capiva che stava lottando contro le lacrime.

Una donna in bianco e nero (cap 1)


(Pubblicato nell'antologia "Il tango di Cloe" da "Writer Monkey" Maggio 2018)


Non si vedeva bella, eppure Irene lo era: movimenti flessuosi e un leggero, naturale ancheggiare, ma soprattutto il vezzo, un po infantile, con cui socchiudeva gli occhi per mettere a fuoco, dal momento che gli occhiali, pur dovendo, non li portava, perché l'unica bellezza che si riconosceva erano quei suoi occhi di un grigio cangiante che secondo la luce diventavano azzurri, verdi o nocciola, perfino neri.
Il nero, però era dovuto soprattutto ai suoi umori interni.

Quando incontrò per la  prima volta Alejandro, Irene era nell'età favolosa dei 40 anni: un età che appieno le donava, anzi, nella sua tipologia fisica, addirittura risplendeva.
Alejandro di anni ne aveva invece 25, gli stessi che avrebbe potuto avere un suo ipotetico figlio, semmai lei avesse deciso di metterlo al mondo durante la sua infernale vita matrimoniale, costellata di botte, di richieste di perdono e di assoluzioni.
Ma Irene, nonostante fosse succube di quell'amore vigliacco, aveva fatto in modo che la sciagurata eventualità di una gravidanza non s'avverasse,
Fu solo dopo che lui l'aveva quasi uccisa che lei aveva trovato la forza di reagire, denunciarlo e spezzare finalmente quel legame mortale.
Nel suo petto, orrendamente fracassato, s'era fracassato anche il cuore.
Una volta divorziata s'era consacrata alla singlitudine.
Nessun uomo, da allora, l'aveva più toccata.
E questo, incredibilmente, aveva accresciuto il suo fascino di una donna inarrivabile.
Una donna superiore.
Irene, in base a questa supposizione, ci scherzava con le amiche che pure la spronavano a ritentare, che non tutti gli uomini sono uguali e che bisogna sempre dare una possibilità di riscatto a se stessi e agli altri.

Non ho tale esigenza.
Questa la sua risposta sintetica e conclusiva.
Gli occhi scurivano e la voce diventava amara.
Discorso chiuso.
Nessuna delle amiche, d'altronde, intendeva aprire ferite dolorose, come la dura cicatrice, dello spessore di una grossa chiusura lampo, che le percorreva la cassa torica, chiudendosi sul cuore.
Quel cuore ostinato che aveva continuato a battere tra le costole fratturate.

No, Irene non avrebbe concesso nessun'altra possibilità.
Neppure a se stessa.

Fino al giorno in cui incontrò Alejandro.
O meglio, si scontrò con Alejandro.

martedì 4 ottobre 2016

Rumori fuori scena

Amaranta è tornata con Iggy, il piccolo killer affetto da D.O.C, in piena crisi farmacologia.
Era notte fonda quando mi ha svegliato il trambusto scatenato da Iggy, del tutto fuori controllo, e la voce di Amaranta, che di solito non sale mai troppo di tono neppure nelle dispute più accese ma, soprattutto, quando c'è di mezzo Iggy.
Lei che non è di natura paziente con lui prova a diventarlo, ma non sempre il tentativo le riesce, proprio come stavolta.
Consapevole di quanto sia snervante trattare con Iggy, mi sono affrettata quindi a scendere nell'antro per confortare la mia alter ego ma nella fretta dimenticando di chiudere la porta che già Cagliostro mi ha entusiasticamente preceduta lungo le scale, eccitato da quell'insolita escursione notturna.

Accidenti, ho pensato, non è questo il momento migliore per le presentazioni, immaginando scenari catastrofici dove la vittima predestinata sarebbe stato il mio amatissimo e innocente piccolo Conte Cagliostro, che avrei comunque difeso con la mia stessa vita dalle grinfie sanguinarie di Iggy.

Vieni via, Cagliostro, torniamocene a casa dai, non è il momento. Se fai il bravo ti do il premietto, anzi, lo raddoppio.

Cerco di blandirlo con quel tono carezzevole che a lui tanto piace.
Una corruzione in piena regola che il mio piccolo panterino mai disdegna ma per la quale, proprio questa volta, non mostra alcun interesse.

Tutta la bustina dei premietti!

Rialzo la posta, ma lui mi guarda sdegnoso: non ha nessuna intenzione di farsi corrompere.
Altre volte ha ceduto allettato anche solo dalla prospettiva di un minimo guadagno, l'ho visto ignominiosamente cedere davanti l'incarto fucsia del pacchetto vuoto o materializzarsi al sommesso cigolio dello sportello della credenza delle leccornie.
Ma stavolta nulla da fare, la sua attenzione, anche se molto circospetta, è unicamente rivolta ai rumori provenienti da dietro quella porta che d'improvviso si spalanca.
Ma Cagliostro, acrobaticamente virando su stesso, si è già eclissato nel buio del giardino.



domenica 2 ottobre 2016

Emozioni

Mi reputo un'esperta e consapevole conoscitrice dell'anima e dei sensi, e forse, proprio in virtù di questo, non mi sono mai davvero innamorata: per me un gioco troppo facile che non alimenta le emozioni.
Le  emozioni, quelle non soggette all'usura subitanea e alla noia preconcetta, sono allora diventate queste le mie mete esplorative. Le uniche per cui valga davvero la pena d'intraprendere il viaggio.