Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

martedì 26 febbraio 2019

Quasi le sette


Alice : per quanto tempo è per sempre?
Bianconiglio: a volte solo un secondo.
(Alice in Wonderland)


Per quanto tempo è per sempre?
Mi aveva chiuso la bocca con un bacio e poi mi aveva sussurrato: per sempre è per sempre.
Ed io gli avevo creduto.
Mi ero addormentata tra le su braccia, un lungo sonno durato dieci anni, e poi, al risveglio, c'era lui con la valigia in mano che mi guardava, già sulla soglia, con aria colpevole.
Io allora gli avevo sorriso, e lui che quel sorriso non se lo aspettava, mi ha guardato sconcertato.
Gliene sfuggiva il senso e non trovava il coraggio di chiedermelo. Ma forse non avrebbe neppure voluto, molto più brava di lui con le parole, avrei costruito con quelle il tranello di un labirinto psicologico entro il quale si sarebbe smarrito, dibattuto tra i sensi di colpa e la voglia di andarsene.
Per evitare la trappola di quel j'accuse lui s'era mosso silenziosamente, badando di non far nessun rumore per non svegliare la principessa addormentata nella sua bara di cristallo, così non ci sarebbe stata nessuna domanda a cui dar spiegazione.
O peggio ancora bugie, pietose ed imperfette, che la verità può essere troppo dolorosa anche per chi si confessa.
Non tutte le storie terminano con l'ultimo capitolo, ma nel momento in cui il lettore chiude la copertina del libro sulle pagine lette e a sua discrezione decide poi se continuarne o meno la lettura. Pagina 22, pagina 58, pagina 100...ma non si arriva all'ultima se si perde interesse alla trama.

Ma indizi c'erano stati, piccole tracce come granelli di polvere su una superficie lucida.
Orme di una scarpina di cristallo che non era la mia. Non corrispondeva il numero.
Quelle impronte lillipuziane le avevo viste. Ed ignorate. Volutamente. E poi rimosse.
Ripulita la scena del crimine e disposta ad accettare i suoi alibi falsi. Autorizzandoli.
 Perfino suggerendoli, per rendere vera la finzione ed impedire a lui l'imbarazzo della bugia.
Gli suggerivo io stessa, così brava con le parole, il copione, una trama ambigua, perché non giungesse alla battuta finale.
Fermavo in questo modo gli orologi.

«Stai per andar via?» Imprimo alla mia voce un tono normale. Avrò tempo dopo per piangere.

«Si.» Risponde colpevole, abbassando gli occhi.

«E non tornerai.»
Non è una domanda questa mia, piuttosto un'affermazione con cui fargli capire che conosco la storia e non gli chiederò spiegazioni, né dettagli. Non voglio umiliarlo estorcendogli un'inutile confessione

Non risponde subito. Non è certo delle mie reazioni. La mia calma lo destabilizza. Non vuole ferirmi, si sente colpevole di essersi innamorato di un'altra e di non amare più me.

«Che ore sono?» Chiedo dal mio angolo di stanza.

«Cosa?» Mi risponde stupito di rimando.

 «Che ore sono?» Domando di nuovo, paziente.

«Quasi le sette.»
E' a disagio. Non sa dove voglia andare a parare con quella domanda, o se invece contiene un messaggio da decodificare e che a lui sfugge.

Quasi le sette: un'ora solo abbozzata. Un'ora da limbo. L'eternità, chissà perché, l'ho sempre immaginata piena e definita. Rotonda. Senza un prima e senza un dopo. "Quel quasi" stabilisce, invece, un'attesa, una trappola in cui rimanere impantanata per il resto dei miei giorni.
Quei pochi minuti allo scoccare dell'ora compiuta rappresentano il divario tra l'eternità definita e quella solo abbozzata. Non si bada all'ora in cui inizia una storia, ma quando finisce tutto acquista importanza, e allora il tempo lo si soppesa fino all'ultimo secondo. Ingiusto sarebbe che quell'eternità giurata finisse anche solo un secondo prima. Sarebbe quello l'imperdonabile tradimento.

«Che ore sono?» Chiedo di nuovo

Lui guarda l'orologio: «sono le sette.»

«Chiudi la porta, per favore. E non voltarti indietro.»

domenica 24 febbraio 2019

Quella


Nulla si sapeva di lei tranne che abitava da sola nella villetta gialla dalle persiane blu, al confine del paese. La  casa più bella, ma anche la più isolata.
Usciva di rado, occhiali neri e un foulard sulla testa. Nessuno conosceva il colore dei suoi capelli e quello dei suoi occhi. E il tono della sua voce. Seppure lei sempre rispondeva ai buongiorno e ai buona sera, ma con signorile discrezione aveva fatto in modo che non si andasse oltre.
Questo suo estremo riserbo alimentava le chiacchiere e alienava le simpatie, cosicché era stata etichettata come superba. Una snob. Una che di sicuro aveva qualcosa da nascondere.


- Ma se avesse avuto qualcosa da nascondere sarebbe forse andata ad abitare in una grande città, mica in un posto come questo dove tutti alla fine si conoscono e niente resta mai troppo a lungo segreto. -
Aveva provato ad obiettare il giovane medico anch'egli approdato da poco in paese a sostituire il predecessore, appena andato in pensione.

- Quando un segreto non è più segreto ma diventa di tutti, allora è come se appartenesse a ciascuno, e così non se ne parla. -
Aveva sancito il barbiere col rasoio in mano mentre s'apprestava a fargli la barba.

- Al mio paese si chiama omertà.-
La voce che s'era intromessa, con spiccato accento veneto, era quella del commissario di polizia in attesa del suo turno per un taglio di capelli.

- Ih che parolone, signor commissario, un'esagerazione la vostra chiamare omertà i segreti di Pulcinella. -
Il barbiere aveva replicato in tono scanzonato al commissario, irrorando nel frattempo di schiuma le guance del dottore.

- E quindi nei riguardi della signora in questione, Pulcinella non ha scoperto niente. Nessun segreto. Però in paese si mormora di continuo alle sue spalle come se lei, invece, ne avesse. Non lo trovate curioso? -

La domanda del funzionario di polizia era diretta al barbiere che aveva risposto in modo sibillino: - Se ha un segreto lo deve saper nascondere, se invece non ne ha dovrebbe inventarsene uno allo scopo di soddisfare la curiosità della gente e far cessare le chiacchiere. Tutti abbiamo un segreto commissario, che sia di corna o di salute o di una piccola malefatta, uno sgarbo o un debito non saldato, e così si diffida di chi apparentemente non ne ha. E allora, Pulcinella, non smetterà d'indagare fino a quando quel segreto salterà fuori.-


Ma la vita segreta di "Quella" (perché così la chiamavano in paese, anche se il suo nome lo conoscevano tutti) all'interno della piccola comunità non era poi così segreta, che le sue rarissime uscite erano meticolosamente annotate con morbosa curiosità, con occhi attenti e critici dai paesani.
Lei lo sapeva e accettava la sfida. Si sottoponeva ai loro sguardi, apparentemente indifferente, camminando senza fretta, senza dar mostra di accorgersi di essere consapevole di essere il soggetto dei loro muti interrogativi, ma d'istinto, come una cavalla di razza, drizzava la schiena e aggiustava il passo, elegante e sicura. Altera, avrebbero detto i passanti, che gli occhiali scuri e il foulard sui capelli, le conferivano il glamour della diva inavvicinabile.
Al suo passaggio i marciapiedi si svuotavano di corpi e si riempivano di occhi.
Le sue rare uscite pubbliche venivano comunque registrate con precisione esattoriale, data e ora e percorso. Così era noto a tutti che l'itinerario del venerdì (non tutti i venerdì, ma quando accadeva era sempre e solo di venerdì) l'avrebbe condotta verso la stazione delle corriere, che da lì dipartivano  verso la città o i luoghi termali.
Attraversava la piazza del paese passando davanti al bar dove i perditempo sostavano ai tavolini all'aperto, con i giornali sportivi dispiegati, fumando e bevendo caffè, e sentiva i loro sguardi, come punte di spillo, penetrarle dietro le spalle.
L'ammirazione si traduceva, sovente, in un fischio di approvazione.
Passava davanti al sagrato della chiesa dove le pie donne, al suo passaggio, smettevano il chiacchiericcio per poi riprenderlo, ancora più fitto, appena lei svoltava l'angolo.
La diffidenza, nelle frasi biascicate, traslava nella malevolenza.

Il bar, la parrocchia e la stazione degli autobus, il tutto concentrato nel raggio di pochi metri: passaggio obbligato per i mondi limitrofi.


- Gran bella donna, però. -
L'elogio spontaneo del giovane medico aveva sollecitato, all'unisono, l'assenso del barbiere e del commissario.

- Ma voi, signor commissario, davvero non avete nessuna informazione sulla signora in questione? -
Aveva domandato, in tono allusivo, il barbiere, cercando la complicità del poliziotto che, invece, non aveva affatto gradito e freddamente aveva risposto: - seppure ne avessi non le racconterei di certo. -

Il barbiere, alla risposta asciutta dell'altro, aveva scosso il capo in segno di approvazione.
- E fate bene, signor commissario, altrimenti Pulcinella che ci starebbe a fare? -

- Non v'arrendete eh? Magari non c'è niente da scoprire su di lei. Nessun segreto. L'avete mai valutata sotto questo aspetto? -
L'interrogativo conteneva una leggera nota di derisione che il barbiere non aveva captato, ma il giovane medico, invece, si, e per questo aveva ribattuto: - converrete però anche voi che una donna come quella in un posto come questo, scatena la curiosità della gente. Insomma...l'avete vista no? -

- Certo che l'ho vista! E allora? Ognuno è libero di scegliere il posto dove stare e come volerci stare. -

- Eh magari fosse questa regola, io qui ci sono dovuto venire per lavoro, quasi obbligato, ma se avessi potuto decidere avrei scelto una città del nord. Lì c'è una mentalità diversa e...-

- Volete dire che ognuno si fa i cazzi suoi? -
Lo aveva interrotto ridendo il barbiere, frizionandogli le guance e il mento col dopobarba

- La discrezione dipende da noi e non dal luogo. -
Aveva sentenziato il commissario accomodandosi sulla poltrona da cui il medico si era appena alzato.
- Testimonianza diretta, la mia, che sono del nord, Vicenza, per la precisione, seppure sono un bel po' di anni che vivo qui, ma sono sicuro che il vostro Pulcinella su di me sa solo quello che io ho voluto si sapesse.-

- Se lo dite voi, commissario, sarà senz'altro così. Sfumatura alta? -
Gli aveva chiesto, ma solo come proforma, che già conosceva la risposta

- Quella di sempre. -
Aveva confermato il commissario, e poi aveva aggiunto: - che intendevate con quel "se lo dite voi"? Cosa si sa di me che io stesso non so? -
L'ironia pungente della domanda aveva strappato un sorriso all'altro.

- Ma niente, è solo un modo di dire. La verità è, che ci piaccia o meno, i fatti nostri li raccontiamo a tutti, senza neppure rendercene conto. Il nostro vicino, dal bucato steso, conosce il tipo di biancheria che indossiamo, se è di cotone o di seta, se è di pregio o dozzinale. Dalla quantità del bucato saprà se la cambiamo tutti i giorni o se siamo, invece, degli sporcaccioni. Forse non è proprio come la vede, ma intanto quello si è fatto la sua idea e a quella cerca conferma, magari annusandoci quando gli passiamo accanto, per scoprire se profumiamo o mandiamo cattivo odore. -

A questa teoria, enunciata con serietà dal barbiere, il giovane dottore era scoppiato in una risata.
- Ma questi, Gaetano, sono indizi o, se vogliamo dargli un'importanza maggiore, fatterelli secondari. Dalla biancheria stesa non si può certo risalire ai segreti più intimi. -

- Se lo dite voi.-
Questa sintetica obiezione aveva fatto sbottare il funzionario di polizia: di nuovo? Detesto questo modo di dire per non dire. Se sapete qualcosa parlate! -

- Commissario non sono mica sotto interrogatorio! E che diamine...si fa solo per conversare. Ma voi, invece, lo state prendendo come un fatto personale. -
Aveva replicato l'altro in tono canzonatorio.

- Eh no, voi non distinguete fra le illazioni e i fatti. C'è una bella differenza. Se fosse illegale il non lavarsi dovrei arrestare un bel po' di gente, basandomi sulle denunce visive ed olfattive dei denuncianti. Ma la verità è che un giorno capita di stendere stendere decine di calzini, perché quel giorno si è voluto camminare senza scarpe, e un altro neppure un paio, perché si è rimasti a poltrire a letto. Non capisco il vostro modo di ragionare. -

- Il ragionamento di Gaetano basa sulle statistiche. Una scienza anche quella. -
S'era intromesso, con tono discreto, il medico.

- Ma i processi, per fortuna, non si fanno con le statistiche. Fatti concreti, testimonianze dirette e ciò che si definisce assunzione di responsabilità. -

- Abbassate la testa, commissario! -
Alla richiesta imperativa del barbiere stava già per replicare stizzito, ma quello lo aveva anticipato sui tempi specificando bonario: - altrimenti la sfumatura mi viene bassa. -

Nel salone era sceso il silenzio transitorio degli armistizi, quando entrambi i contendenti, ben lontani dal voler sancire la pace, ritemprano le forze, ridisegnano le strategie e nel frattempo innestano le baionette. E il medico stava quasi per congedarsi quando il commissario, con tono beffardo, aveva chiesto: - e nei riguardi della signora in questione, Pulcinella cos'ha da riferire? Cambia la biancheria tutti i giorni? Profuma o emana cattivo odore? -

- A me lo state domandando? -
Il barbiere aveva chiesto di rimando, con aria innocentemente stupita.

-  Magari Pulcinella viene qui pure lui a farsi i capelli ed è noto che quando si fa anticamera, dal medico come dal coiffeur, amabilmente si chiacchiera. Ci si scambiano confidenze. -

- Vi sbagliate, signor commissario, nell'ambulatorio di un medico si parla solo di acciacchi e di  sciagure. Tutt'al più ci si può scambiare il segreto di un qualche intruglio salutista, letto chissà dove e che mai prescriverei. -
Il dottore, ridendo, era tornato a sedersi rimandando il commiato.

- Non vorrei sembrarvi irriverente ma Pulcinella un paio di analogie con la signora pure le ha: un cappello sotto cui nasconde i capelli ed una mascherina dietro cui cela gli occhi. Anche la sig...-

A questa sottile arguzia quello era letteralmente saltato su sibilando: - come vi permettete!-

- Ma perché ve la state prendendo tanto? La mia era solo un'inoffensiva constatazione. Non lo capisco il vostro disappunto. -
Pacato, il barbiere, scuoteva la testa.

-...eppoi la signora la biancheria non la stende. -
Con questa affermazione era intervenuto, a sorpresa, il giovane medico, spiazzando gli altri due.
- Mi sento di poterlo attestare con una qualche certezza dal momento che per motivi di lavoro, spesso e ad orari diversi, mi sono trovato a passare sotto le finestre della sua casa, e panni ad asciugare non ne ho mai visti, né alle finestre e neppure sugli stendini, che le grate del cancello, seppur fitte, permettono di guardare nel giardino. -

- Userà la lavasciuga.-
Aveva decretato ironico il barbiere.

- Tutti Sherlock Holmes in questo paese. -
L'ispettore aveva replicato con fredda ironia

- Ma no, sono solo semplici deduzioni logiche. La signora profuma. E questo lo si può stabilire a vista senza dover ricorrere all'olfatto. Una donna come quella...non può che profumare. Bella, altera, sofisticata...anche lei del nord. Non vorrei sbagliarmi ma mi sembra abbia il vostro stesso accento. Forse è delle vostre parti. Una casualità. Il mondo è così piccolo! -
Gaetano aveva risposto con la stessa ironia.
- Abbiamo quasi finito, commissario, così voi, con tutta calma potete avviarvi alla stazione e prendere la vostra corriera del venerdì. Eh...il lavoro è lavoro, e il vostro non conosce neppure la sacralità del week end. -

- Bè, se per questo anche il mio lavoro. Operativo sempre, nel week end come nei festivi. -
Il giovane medico aveva tenuto a sottolineare

- E avete ragione pure voi. Ma in ogni caso, in vostra assenza si ricorre all'ospedale e invece il commissario, non avendo un sostituto, è costretto a rinunciare al riposo e alle gioie della famiglia, con queste incresciose trasferte. Eh...il lavoro è lavoro! -
Il tono serio di Gaetano s'era colorito però, nell'ultima frase, di una leggera sfumatura d'ironia.

- Dite bene: il lavoro è lavoro. -
Il funzionario di polizia aveva ribadito con voce neutrale, e poi aveva aggiunto: - quanto vi devo? -

- Venti euro, come sempre. -

Il commissario aveva pagato e il barbiere lo aveva accompagnato alla porta, salutandolo con un: - buon lavoro. -  Eppoi sottovoce, ma udibile al dottore, aveva aggiunto: - e buon divertimento. -

- Ma come, Gaetano, quello va a lavorare e voi gli augurate buon divertimento? -

-  Neppure a casa del commissario si stende più la biancheria. E due lavasciuga in un posto così piccolo...tirate voi le somme, che la matematica non è un' opinione. -
Placidamente aveva risposto il barbiere, facendogli l'occhiolino.

giovedì 21 febbraio 2019

Calamity o Marilyn?

 Differenze ci sono tra un risveglio ed un altro, e sono quelle che decidono la giornata.
Sono quelle che t'inducono ad ingollare, invece che gustare, un caffè troppo caldo o troppo freddo, ad indossare stivaletti messicani e palandrana da pistolero piuttosto che decolté tacco 12 ed un vestito sexy.
Calamity o Marilyn?