In questi ultimi giorni di nuovo pensieri di morte.
E costante mancanza d'aria.Una ricaduta nella depressione che io in tutti i modi osteggio poiché so benissimo che se mi lasciassi andare avrei molte più difficoltà, oggi, di venirne fuori, perché sono più stanca e meno motivata.
Di sicuro molto più sola.
Sentirsi soli non è un fatto di numeri, ma di testa.
M'arrabatto, quindi, come meglio posso ad alleviare l'oppressione interna, ad allentare la stretta che mi soffoca da dentro, sforzandomi ogni mattina di aprire gli occhi e trovare motivi per andare incontro al giorno.
Per andare incontro alla vita.
Prigioniera di una perversa malia, vivo in una stanza dalle pareti bianche dove non ho altro da fare che scrivere sui muri.
Ed è quello che faccio: le parole scritte mi salvano perché i pensieri tenuti nascosti, invece, mi seppellirebbero.
Ma anche questo sta perdendo di efficacia.
Scrivere mi costa una fatica incredibile, uno stress mentale ed emotivo, un affaticamento di una tale intensità che mi lascia prostrata, annichilita.
Rincorro le parole, le afferro e le stringo nella mia mente, tramuto il mio cervello in dita affinché la presa sia salda, e riuscire a trattenerle il tempo bastevole ad appurarne la veridicità.
Il caldo e la pesantezza del lavoro.
La noia.
La solitudine.
E quelle mie inquietudini personali, umorali e pessimistiche, che fronteggio con un autocontrollo da gendarme, che metto in campo, però, con sempre più fatica e meno convinzione.
La cosa che più mi affascina, e mi spaventa, è che sto scientemente smettendo di desiderare predisponendomi all'accettazione del nulla e, su tutto, la consapevolezza di essere uscita di scena già da tanto tempo, e che quella che lo schermo proietta non sono io, ma solo una comparsa, perchè è pur vero che la morte fisica e quella reale non sempre coincidono.
Marilena
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