Era il 9 Gennaio 2008
Indecifrabile, mimetizzato negli stessi brulli colori del paesaggio, l'antro risultava essere assolutamente invisibile e, se non fosse stato per quel debole rumore sotterraneo, simile al battere dei denti quando si ha troppo freddo, di sicuro avrei proseguito oltre, nella mia ricerca di un rifugio provvisorio.
Ma fu quell'eco interrata ad indurmi nell'esplorazione di quell'area depressa battuta dal gelido vento di Gennaio, ignorata perfino dagli stormi in volo che procedevano compatti, in file serrate, trascinandosi come pellegrini esausti nello sfilacciamento convulso di nubi cineree, deliberatamente ignorando l'appoggio spartano offerto dagli arbusti precari e dalle rocce puntute, i soli elementi della natura confacenti a quel luogo.
Il pomeriggio volgeva al declino, col cielo livido che s'inabissava verso i flutti scuri del tramonto, il vento che spirava in preghiera, e la mia solitudine di naufraga che agognava solo al calore della rena asciutta.
Sapevo che se non avessi fatto in fretta a trovare un pertugio, un'apertura qualsiasi in collegamento con i visceri lamentosi del sottosuolo, avrei dovuto passare la notte all'addiaccio in compagnia dei fantasmi sonnambuli che, di certo, avrebbero trasformato in un Halloween il mio isterico bivaccamento.
Abbisognavo di un luogo chiuso dove avrei potuto, in qualche maniera, estrometterli, così iniziai una minuziosa perlustrazione, battendo palmo a palmo il terreno, e con l'orecchio teso all'eco sotterranea, unico suono percepito in quel silenzio da purgatorio.
E finalmente, quando già disperavo, vidi la falla, la piccola bocca che immetteva nella gola liscia di un tubo dirompente nei visceri della terra.
Una stretta entratura, un utero ipogeo in cui avrei potuto calarmi dopo essermi spogliata dell'ingombro eccessivo delle mie sottane, indossate in soprannumero, alla maniera zingara, per combattere il freddo ed alleggerire il voluminoso bagaglio che m'andavo trascinando dietro.
Lavorai di buona lena per liberare l'esiguo boccaporto dall'ostinazione pervasiva delle piante endemiche che, rifiutando l'aria e la luce, crescevano invece copiose nell'umido buio di quella trincea.
Nella convulsiva opera di scavo persi un anello a cui particolarmente tenevo, ma guadagnai speranza: ora mi giungeva sempre più nitido quel battito sommesso che non era di denti ma piuttosto il pulsare generoso di un cuore grande, ed intatto, che s'offriva ad accogliermi.
E' su questo buco di cratere che ho iniziato a costruire il mio antro, tra il cielo e l'abisso, apprendista funambola, in costante precario equilibrio, su una corda tesa tra un mondo buio e l'utopia della luce.
Ho deciso di tendere le mie braccia verso quel pezzetto di cielo, polveroso e sbiadito, ma pur sempre orizzonte, e magari non ce la farò a volare davvero, ma bisogna pur sempre tentare l'ebbrezza dello slancio, qualunque sia il risultato finale.
Voglio farlo parlando d'amore.
Voglio parole forti e dolci.
Voglio che vengano gridate o anche solo sussurrate.
Voglio i colori intensi di un cielo vero.
Voglio tutte le sfumature delle nubi.
Voglio puntare verso il sole.
Voglio le ali dell'angelo.
Do il benvenuto in questo antro a tutti coloro che hanno urgenza di parole di vita e di amore
Mai fermarsi davanti ad una porta sbarrata
Nessun divieto d'accesso alla polveriera
Ma fu quell'eco interrata ad indurmi nell'esplorazione di quell'area depressa battuta dal gelido vento di Gennaio, ignorata perfino dagli stormi in volo che procedevano compatti, in file serrate, trascinandosi come pellegrini esausti nello sfilacciamento convulso di nubi cineree, deliberatamente ignorando l'appoggio spartano offerto dagli arbusti precari e dalle rocce puntute, i soli elementi della natura confacenti a quel luogo.
Il pomeriggio volgeva al declino, col cielo livido che s'inabissava verso i flutti scuri del tramonto, il vento che spirava in preghiera, e la mia solitudine di naufraga che agognava solo al calore della rena asciutta.
Sapevo che se non avessi fatto in fretta a trovare un pertugio, un'apertura qualsiasi in collegamento con i visceri lamentosi del sottosuolo, avrei dovuto passare la notte all'addiaccio in compagnia dei fantasmi sonnambuli che, di certo, avrebbero trasformato in un Halloween il mio isterico bivaccamento.
Abbisognavo di un luogo chiuso dove avrei potuto, in qualche maniera, estrometterli, così iniziai una minuziosa perlustrazione, battendo palmo a palmo il terreno, e con l'orecchio teso all'eco sotterranea, unico suono percepito in quel silenzio da purgatorio.
E finalmente, quando già disperavo, vidi la falla, la piccola bocca che immetteva nella gola liscia di un tubo dirompente nei visceri della terra.
Una stretta entratura, un utero ipogeo in cui avrei potuto calarmi dopo essermi spogliata dell'ingombro eccessivo delle mie sottane, indossate in soprannumero, alla maniera zingara, per combattere il freddo ed alleggerire il voluminoso bagaglio che m'andavo trascinando dietro.
Lavorai di buona lena per liberare l'esiguo boccaporto dall'ostinazione pervasiva delle piante endemiche che, rifiutando l'aria e la luce, crescevano invece copiose nell'umido buio di quella trincea.
Nella convulsiva opera di scavo persi un anello a cui particolarmente tenevo, ma guadagnai speranza: ora mi giungeva sempre più nitido quel battito sommesso che non era di denti ma piuttosto il pulsare generoso di un cuore grande, ed intatto, che s'offriva ad accogliermi.
E' su questo buco di cratere che ho iniziato a costruire il mio antro, tra il cielo e l'abisso, apprendista funambola, in costante precario equilibrio, su una corda tesa tra un mondo buio e l'utopia della luce.
Ho deciso di tendere le mie braccia verso quel pezzetto di cielo, polveroso e sbiadito, ma pur sempre orizzonte, e magari non ce la farò a volare davvero, ma bisogna pur sempre tentare l'ebbrezza dello slancio, qualunque sia il risultato finale.
Voglio farlo parlando d'amore.
Voglio parole forti e dolci.
Voglio che vengano gridate o anche solo sussurrate.
Voglio i colori intensi di un cielo vero.
Voglio tutte le sfumature delle nubi.
Voglio puntare verso il sole.
Voglio le ali dell'angelo.
Do il benvenuto in questo antro a tutti coloro che hanno urgenza di parole di vita e di amore
Mai fermarsi davanti ad una porta sbarrata
Nessun divieto d'accesso alla polveriera
STRAUGURISSIMI al Complblog:))))))))
RispondiEliminaStraordinara la poesia con la quale concludi il post!
TVB
Elisena
Bene.Sono entrato e ho letto: 9 gennaio a confronto l'uno dell'altro. spero di poter contare su un'accoglienza che dia luce. Come prometti
RispondiEliminaCiao, sister witch, grazie davvero per i tuoi entusiastici auguri.
RispondiEliminaLo stralcio della poesia a cui fai riferimento l'ho estrapolato dal mio primo post: c'è un pezzetto di cuore, lì dentro.
TVB anch'io
Marilena
stinglocher, benvenuto nel mio blog ed in Blogosphere :))))
RispondiEliminaGemellaggio di date, dunque!
Eh si che Gennaio è un mese prolifico per la nascita dei blog, probabilmente per via che è inizio anno, si sono consumati i riti festivi e si avverte il bisogno di un più intimo ritorno a se stessi: forse :)
Di sicuro, contraccambierò la tua gentile visita, facendoti fin d'ora gli auguri più sinceri per una buona permanenza in Blogosphere.
Grazie
A presto
Marilena
Ciao Marilena,
RispondiEliminale tue parole trasmettono emozione pura...
in particolare:'bisogna pur sempre tentare l'ebbrezza dello slancio, qualunque sia il risulato finale'.
E l'urlo forte, dolce, sussurrato, arriva da Genova a Roma, spinto dal vento, trasportato dalle nuvole, fino a raggiungerti, sostenerti, aver cura di te.
Lo spero.
TVB
Cla
Auguri all'Antro e alla sua Musa streghesca per questo compleblog colmo di stramberie raccontate in ritmo bisestile. La notte che ho trovato rifugio dalla tempesta nella calda ombra dello spazio amarantato sono stata avvolta dal profumo speziato della vera amicizia .... e moltiplicata per due catsorelle.
RispondiEliminaUn bacio con brindisi mia Escura
Ehilà Claudia, è un urlo bellissimo quello che, sospinto dal vento, da Genova arriva a Roma.
RispondiEliminaE, per tema che il vento ti porti via, ti stringo forte forte, e ti abbraccio e ti bacio.
Grazie davvero Claudia soprattutto di quel "fino a raggiungerti, sostenerti, aver cura di te": è una frase meravigliosa.
TVB
Marilena
Ma grazie, Lucy, streghessa ad honorem.
RispondiEliminaBè, la notte che sei arrivata nel mio antro il fuoco ha preso a scoppiettare più ardente, il vento si è chetato, e milioni di stelle hanno brillato su Blogosphere.
I coyote hanno iniziato ad ululare e Iggy, il killer salamandra, ha tirato fuori le sue vecchie rivoltelle e ha iniziato a sparare alla luna: una gran baraonda. Una festa epocale.
D'allora è sempre stato festa!
Brindo a te, Luce, e all'amicizia
Un bacio
Escura