Il silenzio di Iggy pesa drammaticamente su tutti noi, sono ormai diversi giorni che se ne stà rintanato nel suo abitacolo e nessuno osa varcare la soglia del suo eremo.
Solo Amaranta può farlo.
Invano batto alla porta chiedendo di entrare.
- Va via, tanto non puoi farci niente -
E' la sua risposta, monotona e spazientita.
Ma non mi arrendo. Tra un pò busserò di nuovo. E ancora. E ancora.
Fino a che quella porta si aprirà.
Rimanere sulla soglia...no, non l'accetto. Odio le linee di demarcazione. Odio i confini.
Sono rimasta io stessa prigioniera, per un tempo lunghissimo, in uno spazio ristretto ed inaccessibile, vedevo gli altri guardarmi, incerti ed impauriti, lontani, una distanza infinita anche se sarebbe stato sufficiente allungare una mano per toccarmi.
Ma le dita si ritraevano e le parole, solidali o di circostanza, stentavano ad esser pronunciate. Sarebbe stato promettere un aiuto, assumere un impegno che avrebbe poi dovuto essere assolto. Almeno per etica o per salvare la faccia. Allora meglio tacere. Meglio allontanarsi.
E' così che si condanna alla solitudine.
Per questo non rimarrò sulla soglia.
Entrerò nella tana di Iggy e m'inventerò un gesto, una provocazione, una qualsiasi cosa che lo faccia reagire.
Voglio che s'incazzi e mi maledica e mi punti contro la sua stupidissima pistola.
Voglio le sue reazioni.
In quel mio spazio ristretto, urlavo e urlavo ed ancora urlavo, fino a che la gola mi diventava rauca, fino a che dimenticavo il significato delle parole e ne inventavo di nuove per sputarle in faccia al mondo.
E al suo silenzio. E al suo egoismo.
Entrerò nella tana di Iggy per tracciargli sulla fronte il segno della croce.
Così, come faceva mia madre, reciterò la formula stregonesca del rito dell'acqua e dell'olio.
La mia voce avrà la profondità degli antri e delle correnti sotterranee e l'eco dei tumultuosi venti notturni. E l'oscurità assoluta dei soli freddi e delle eclissi improvvise.
La voce della strega salverà Iggy.
Come un tempo ha salvato me
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