Cristobal - Mi state chiedendo un miracolo, Duchessa.
Duquesa - No, ve ne sto chiedendo due: uno per mia figlia ed uno per voi stesso.
LA COSTRUZIONE DI UN MIRACOLO
Cristobal vegliò Angelica per due settimane, allontanando la morte con l'imposizione delle mani, trattenendo i flussi vitali e ripristinando quegli equilibri transfughi, irretiti da magnetismi esterni e deviati verso l'acquiescenza.Ordinò due immersioni giornaliere in una vasca di rame, acqua dolce, calda e poi fredda, uno shock termico per sollecitare la circolazione e riattivare il sistema nervoso.
E l'applicazione costante di compresse di miele ed aceto, per stimolare il ritorno alla coscienza o, almeno, per trattenere ciò che ancora ne restava.
La nutrì con pappette ricostituenti di grano greco e lapazio.
Tentò di ricondurla alla vita con la forza persuasiva dell'energia elettromagnetica del contatto delle sue mani.
E la dolcezza della sua voce.
Nelle lunghe ore di veglia, per ingannare il tempo, le raccontò del mondo che aveva attraversato, i viaggi intrapresi che lo avevano introdotto nelle regioni del dolore e della gioia, della bellezza e della malinconia.
Le narrò della vastità dell'oceano, dell'armonia e della brutalità delle onde, storie fantastiche di naufragi e di ritrovamenti, di come la vita e la morte si rincorrono, e di come talvolta rimanga davvero difficile stabilire l'ordine esatto della sequenza.
Ai monologhi di Cristobal si contrapponeva il silenzio di Angelica.
Quel corpo, pallido e fragilissimo, disteso tra i lini, raccontava una penosa storia di prigionia, di solitudine e buio ed astinenza, le necessità dell'espiazione.
Non era in scena la beatitudine della morte ma la disperazione della vita.
L'incarnato cinereo e la bocca esangue, i capelli chiarissimi, radi in tutto quel pallore, raccontavano di una bellezza incompiuta e disprezzata.
Come si può resuscitare chi non è mai stato vivo?
Cristobal allora colmò la minuscola cella di fiori dai colori di giungla e dal profumo aggressivo e, sopra il capezzale, pose una gabbia con una coppia di cinguettanti cardellini, proibì alle monache di recitare il rosario nella stanza della badessa ma lasciò aperta la porta affinchè liberamente potessero entrarvi per farle visita, sebbene nessuna aveva espresso spontaneamente tale desiderio.
Entrava solo qualche novizia attratta dai colori sgargianti dei fiori e dalla baldoria festosa dei cardellini in amore.
In ultimo favorì l'ingresso ad una colomba che, solitaria, soggiornava sui cornicioni del convento e che ora liberamente frullava le sue ali di clandestina sopra la testa di Angelica, perfino incoraggiata a becchettare semi e briciole che lui, con dovizia, spargeva sul guanciale della badessa.
In attesa della resurrezione, Cristobal, aveva trasformato la cella di Angelica in una serra.
(images by Victoria Frances) |
Mi piace moltissimo questa parte : il contrasto tra la vita mortuaria di lei e il mondo vitale che le viene portato da questo "redentore "con un'esplosione di colori e suoni. Veramente bello. Un bacio mia Escura
RispondiEliminaAlcuni miracoli si realizzano con l'intelligenza e, perchè no, anche con l'aiuto della fantasia.
EliminaEd è proprio questo il tipo di miracolo che s'appresta a compiere Cristobal :)
Un bacio a te, Lucy
E buona giornata :))))