UNA LETTERA MAI SPEDITA
Dalla cucina, le voci di Giovanni Basile e Brigida Catalano raggiunsero Rebecca nel corridoio. L'uomo, in tono pacato ma fermo, chiedeva conto alla governante delle lettere sparite dalla camera di Concetto Scalavino, e in particolare di una indirizzata a Mimì Messinese.
Dalla cucina, le voci di Giovanni Basile e Brigida Catalano raggiunsero Rebecca nel corridoio. L'uomo, in tono pacato ma fermo, chiedeva conto alla governante delle lettere sparite dalla camera di Concetto Scalavino, e in particolare di una indirizzata a Mimì Messinese.
«Sparite?» Chiese la governante in tono leggermente divertito, guardando Giovanni Basile diritto negli occhi. «E con "sparite" intendete trafugate?»
«Non vi sto accusando di nulla.» Ribadì lui, conciliante.
«Le lettere le ho io.» Disse Rebecca entrando in cucina. «La signora Catalano le ha raccolte ai piedi del letto di mio padre e le ha consegnate a me. Corrispondenza d'affari che sto copiando in una scrittura leggibile dal momento che il letto non è una scrivania e la postura, a cui mio è costretto, non ha di certo migliorato la sua già pessima grafia.»
«Una lodevole iniziativa di cui, immagino, ve ne sarà grato.»
«Ne dubito, signor Basile, ma non l'ho fatto per avere la sua gratitudine quanto, invece, la sua attenzione.» Ribadì seria.
«Non avete la sua attenzione?» Nell'interrogativo di Giovanni Basile c'era una nota di cordiale curiosità.
«Non del tipo che vorrei.» Rispose coincisa, per poi tornare all'argomento delle lettere: «Una dozzina tra fatture e pratiche amministrative, che ho letto, ed una lettera indirizzata a Mimì Messinese, di cui ignoro il contenuto, perché privata.»
«Quindi quella lettera non è mai stata recapitata? Non ha mai lasciato la casa?» Domandò, sollevato, Giovanni Basile
La ragazza scosse la testa in segno di diniego. «Recapitata? E a chi?» C'era una nota di genuina sorpresa nella sua domanda. «Mimì Messinese è morto e, ad ogni modo, sarebbe toccato a mio padre impartire direttive al riguardo.»
«Potrei vederla?» Chiese Giovanni Basile.
«Certo. La vado a prendere.»
Subito dopo era tornata con una dozzina di fogli che poggiò sul tavolo: nel mucchio spiccava una busta sigillata sul cui fronte era scritto Per Mimì.
«Questa la prendo io.» Giovanni Basile mise in tasca la lettera «Tutte le altre le lascio a voi per continuare nel lavoro di copiatura. Sono sicuro che, una volta messo al corrente, vostro padre lo apprezzerà.»
UN MITE FANTASMA
« Ecco la tua lettera.» Annunciò, in tono ironicamente trionfale, Giovanni Basile, porgendo la busta all'amico. «E' intatta come vedi. Era scivolata sul pavimento insieme agli incartamenti commerciali a cui stavi lavorando e che tua figlia sta riscrivendo in bella calligrafia.»
«Rebecca? » Domandò sorpreso. « E perché? Non le ho mai affidato l'incarico di ricopiare la mia corrispondenza.» Scosse il capo dubbioso. «La zita dovrebbe interessarsi di cose da femmina, come il suo corredo da sposa invece che del commercio del legname. »
Giovanni Basile allargò le braccia «Ma se fosse stata un picciotto te ne saresti fatto meraviglia o, al contrario, ne saresti andato fiero? »
«Ne avrei fatto un gran vanto... e Dio solo sa quanto avrei voluto quel figlio maschio!» Esclamò amaro il mercante.
«Un figlio maschio, però, non è sempre sinonimo di garanzia di continuità. Il mondo è pieno di smidollati di buona famiglia che ne hanno dilapidato i capitali e disonorato il nome. Le persone vanno considerate per il loro carattere e la loro intelligenza. E tua figlia, di carattere ed intelligenza, ne ha da vendere.»
«Carattere ed intelligenza, dici? Ma se così fosse non avrebbe disdegnato il matrimonio con Giandomenico Messinese, e tutto quello che ne sarebbe derivato. Rebecca non è poi così intelligente come pensi, amico mio. E quello che chiami carattere, è solo testardaggine.» Sospirò esausto lasciando cadere la lettera a terra. Giovanni Basile la raccolse.
«Cosa ne facciamo di questa? »
«Bruciala! Mimì è morto e la sua famiglia mi è diventata ostile.»
«Hai creduto che i Messinese avessero interrotto ogni rapporto con te per via di questa lettera?» Domandò, cauto, Giovanni Basile.
Concetto Scalavino assentì: «La famiglia Messinese... non so...ma Giandomenico si, lui si è rivelato da subito avverso, quando, invece, avrebbe dovuto essermi grato per tutto quello che gli offrivo.»
Giovanni Basile sorrise a quest'ultima considerazione da cui dissentiva, ma non obiettò nulla, consapevole che non era quello il momento per i ragionamenti etici, quanto piuttosto quello che necessitava era di tirar fuori il suo amico da quella stanza dove, ai piedi del letto, immaginava fluttuasse il mite fantasma di Mimì Messinese.
Giovanni Basile sorrise a quest'ultima considerazione da cui dissentiva, ma non obiettò nulla, consapevole che non era quello il momento per i ragionamenti etici, quanto piuttosto quello che necessitava era di tirar fuori il suo amico da quella stanza dove, ai piedi del letto, immaginava fluttuasse il mite fantasma di Mimì Messinese.
LA LETTERA SEGRETA
In altre circostanze mai lo avrebbe fatto, perché non era abitudine di Giovanni Basile leggere la corrispondenza altrui ma, stavolta, avrebbe trasgredito. Aveva bisogno di capire, nella maniera più diretta e veritiera, fino a che punto il suo amico s'era spinto nell'infausto progetto di matrimonio concordato con Mimì Messinese, e in quella lettera segreta, da distruggere, avrebbe trovato, forse, una spiegazione.
Senza esitare strappò la busta. Il foglio, al suo interno, era coperto da una grafia puntuta che rendeva acuminate anche le parole più morbide.
Mio caro amico, non ve la starò a tirare per le lunghe ma, come è mia consuetudine, vado diritto al punto che interessa entrambi, ossia il matrimonio dei nostri figli, dal momento che anche oggi, durante la vostra ultima visita, non ne avete fatto menzione. Ne avete discusso con vostro figlio? Suppongo di no, visto che siete rimasto muto sull'argomento, così mi vedo costretto, per il buon esito del nostro progetto, a chiedervi una piccola, ma salutare forzatura, nei confronti di Giandomenico, che pure ho visto non indifferente alla mia Rebecca. Questo matrimonio, come ho già avuto modo di spiegare, metterebbe a tacere le chiacchiere sulla sua supposta mancanza di mascolinità che minano la sua immagine di uomo prima ancora che di artista. Chiacchiere che se giungessero al Santo Padre forse ne causerebbero il ripudio. Per questo il matrimonio dovrebbe essere celebrato prima della sua partenza per Roma, in modo che vi giunga con tutte le credenziali in ordine e magari con una moglie già pregna. Scusate la schiettezza con cui riassumo la situazione ma il tempo non gioca a nostro favore visto che Giandomenico a breve sarà in viaggio, e un matrimonio solenne, come quello che è nei nostri intenti, non s'improvvisa.
Conto sulla vostra determinazione, Mimì, che compito di un genitore è quello di guidare i figli, tenere salde le briglie e mostrare loro la strada. State certo che un giorno Giandomenico vi ringrazierà.
Una lettera più simile ad un messaggio ricattatorio che ad un'affettuosa sollecitazione verso il futuro consuocero. Ed anche se non era questo l'intento, ne aveva tutta l'apparenza.
Giovanni Basile ricacciò la lettera in tasca. Come promesso, l'avrebbe poi bruciata.
Giovanni Basile ricacciò la lettera in tasca. Come promesso, l'avrebbe poi bruciata.
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