Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

giovedì 4 settembre 2025

Rebecca (cap. 21)


 UNA PIU' REALE PROSPETTIVA
«Devo parlarvi.»
Rebecca, nell'approccio diretto ed asciutto di Giovanni Basile, percepì l'urgenza di quella richiesta. Con la mano indicò la panchina sotto il pergolato, dove sedettero. Senza porre indugi Giovanni trasse di tasca la lettera di Concetto Scalavino e la porse alla giovane: «E' la lettera che vostro padre ha scritto a Mimì Messinese, vorrei avere la vostra opinione al riguardo.»

«La mia opinione?» Domandò sorpresa, guardandolo negli occhi. «E di questa richiesta mio padre ne è al corrente?» 

«Vostro padre mi ha incaricato di far luce su una questione per lui di grande importanza ma che riguarda anche voi, per cui l'ho informato che avrei chiesto anche il vostro punto di vista.»

Rebecca lesse la lettera. Quando terminò era visibilmente impallidita. «E' una lettera indegna, e che l'autore sia mio padre, ai miei occhi ne accresce l'oltraggio.» Con disgusto la respinse lontana da sé, come fosse una cosa immonda. «Distruggetela! Se questa lettera cade nelle mani di Giandomenico credo che per mio padre non ci sarà scampo. Lo reputa responsabile della morte del suo.» Asserì in tono sommesso «Ma giudica anche se stesso colpevole: ed è una sentenza inappellabile.» 

«Come lo sapete?» 

«Ci ho parlato.» Rispose, con un percettibile tono di sfida.

Giovanni Basile scosse il capo in segno d'approvazione. «Si, andava fatto.» E, dopo un breve silenzio, chiese: «Come giudicate l'intera faccenda?»

«Era solo mio padre a volere questo matrimonio, ma non per questo è responsabile della morte di Mimì Messinese. Credo che per lui nutrisse un affetto sincero ed egoista al tempo stesso. Lo stimava. Lo ammirava. Forse anche lo invidiava. Ma a suo modo gli voleva bene. Sono convinta che mai, consapevolmente, avrebbe voluto nuocergli.» Un sorriso amaro le increspò le labbra. «Anche se le motivazioni con cui, in questa lettera, lo sprona a perseguire quel suo progetto, farebbero presupporre il contrario.»

«Di certo ha compiuto una enorme, ulteriore forzatura su un uomo che per tutta la vita si è visto costretto a doversi difendere dalla maldicenza, e dalle fandonie, con l'arma della sopportazione.» Convenne Giovanni Basile. «Ma forse lo stesso Mimì si era convinto che il matrimonio potesse essere la soluzione per metter fine alle calunnie, tranne poi scontrarsi col disappunto di Giandomenico...e col vostro.» 

«Il mio rifiuto non riguarda Giandomenico nella sua persona, ancor meno le dicerie che lo perseguitano.
Lo ritengo un uomo leale e, per lui, nutro il massimo rispetto, ma non accetto l'idea che si disponga di me al di là delle mie volontà. E, in queste, il matrimonio non è contemplato.» Asserì risoluta, guardandolo negli occhi. 

Giovanni Basile fece il gesto di alzarsi, ma lei lo trattenne leggermente per un braccio: «Cosa farete ora?»

«Andrò a parlare con la famiglia Messinese. E poi col medico di vostro padre. L'isolamento forzato induce a vedere fantasmi. Magari una sedia a rotelle contribuirà ad allontanare le ombre e ristabilire una più reale prospettiva.» 


UN PASSO INDIETRO
Che fossero fratelli, o più semplicemente consanguinei, Michele e Giandomenico Messinese, mai lo si sarebbe detto. Vigoroso, barbuto e bruno, Michele, figlio maggiore di Mimì, s'imponeva alla vista per quella fisicità marcata, tipica degli uomini della sua famiglia e, pur non essendo di un'altezza superiore alla media, pareva sovrastare gli altri. Di contro, Giandomenico, il più giovane dei fratelli, pur avendo la stessa altezza, ma esile di corporatura, chiaro di pelle e di capelli, risultava quasi incorporeo al suo cospetto. Un'ombra, che neppure il pesante pastrano in cui era intabarrato, riusciva a dargli un volume.

«Questo licenziamento va giustificato esclusivamente nell'ambito degli affari. Nessuna accusa va mossa nei confronti di Concetto Scalavino.» In previsione della visita di Giovanni Basile, così Pietra s'era espressa.  a Giandomenico: «Perché nessun tribunale, sull'imputazione astratta del tuo risentimento, lo condannerebbe per la morte di tuo padre, e alimentare chiacchiere o, peggio ancora, uno scandalo, a pochi giorni dalla tua partenza per Roma, sarebbe dannoso.»

«Pochi giorni alla partenza per Roma...pochi anche per sostituire il legname dello Scalavino.» Michele s'era intromesso, togliendo al fratello la possibilità di replica «Non mi è stato possibile, in così breve tempo e nonostante i miei tanti tentativi, trovare un fornitore in grado di rimpiazzarlo per questa commessa.» 

«Stai dicendo che dovremmo fare un passo indietro?» La voce di Giandomenico era risuonata fredda ed ostile.

Michele, aveva allargato le braccia in segno d'impotenza: «Mi spiace, ma in un tempo così breve nessun fornitore si è detto in grado di poter esaudire la nostra  richiesta. Siamo costretti, in questo frangente, ad acquistare il legname da Concetto Scalavino, già pronto, invece, per la spedizione.»

«Vuoi continuare a fare affari con l'assassino di nostro padre?» Sprezzante, Giandomenico, gli si era fatto sotto, i pugni serrati e lo sguardo febbrile, pronto a battersi per quell'oltraggio.

«Basta!» Pietra, esasperata, s'era frapposta fra loro «Con questo indegno atteggiamento state disonorando il nome di vostro padre, ed io non posso tollerarlo.» Non era avvezza ad alzare la voce, Pietra, abituata a risolvere le piccole e grandi questioni famigliari con un atteggiamento pacato ma deciso. Una donna energica, che con autorevolezza aveva saputo gestire quella sua famiglia di maschi, compensando le irresolutezze e gli impacci del capofamiglia.
Fino a quel momento, quando d'improvviso s'era resa conto d'esser non solo vedova di Mimì ma, al pari dei figli, anche la sua orfana. Perché ora che lui non era più nemmeno sullo sfondo percepiva, nella sua definitiva assenza, un inglorioso abbandono. La morte era stata una facile via di fuga che lo aveva messo al riparo dalle incognite di quella situazione che lui stesso, a causa della sua titubanza, aveva contribuito a creare. Così, ancora una volta, come le innumerevoli altre, sarebbe toccato a lei porvi rimedio. 
Puntò il dito verso Giandomenico «Andrai a Roma e rispetterai l'impegno preso col Santo Padre.  Non possiamo rischiare la credibilità della nostra azienda con un rifiuto così tardivo. Non metteremo a repentaglio il buon nome dei Messinese per una questione d'orgoglio, e dal momento che non ci sono altre soluzioni, ci serviremo della fornitura di Concetto Scalavino. Sarà l'ultima volta. A sistemare la faccenda ci penserà Michele, è lui ora l'amministratore. Tu stanne fuori.»

Un sorriso di scherno s'era disegnato sulle labbra di Giandomenico che, a quell'intimidazione, mimò un ironico inchino «Avete, come sempre, predisposto tutto, e a noi non rimane che obbedire.» 

«Se hai un'alternativa valida proponila» Obiettò impassibile Pietra. «Ma se non ne hai non ti resta che adeguarti. Da questa attività dipende il benessere della nostra famiglia. Tuo padre ci ha duramente lavorato per renderla solida. Ed anche io. Per questo andrai a Roma per onorare l'impegno preso col Santo Padre, e se questo implica un passo indietro con il vecchio fornitore, faremo quel passo indietro. E' l'ultimo obbligo a cui ti chiedo di adempiere. Poi, sarai libero di tutte le tue scelte future.»

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