«Era il 12 Maggio del 2020, cinque anni fa, quando hai scritto l'ultimo capitolo della mia storia. Un racconto mai terminato, nonostante le tue promesse e i buoni propositi.»
La voce alle mie spalle, nella stanza vuota, mi coglie di sorpresa. Mi giro e vedo lei, Rebecca, la protagonista dell' omonimo racconto. Se non fosse per la massa rossa dei suoi capelli non l'avrei riconosciuta, tanto è cresciuta. Non più l'adolescente ribelle ma una giovane, bellissima donna proveniente dal secolo scorso, che però indossa jeans scoloriti, anfibi, e un top verde scuro che le lascia scoperto l'ombelico.
La guardo stupita. Senza parole.
Sinceramente divertita della mia meraviglia, dice: «ho anche un tatuaggio.» e mi mostra il polso dove campeggia la frase "my body my rules".
«Sono andata avanti, Mari, anche senza di te, Non potevo più aspettare nella bara di cristallo nel bosco dei racconti incompiuti, perché non sono la bella addormentata nel bosco, e la mia attesa, fiduciosa all'inizio, è diventata col passare del tempo, sempre più simile ad un'oppressione. Così ho rotto quella bara in cui tu mi avevi rinchiuso in attesa non del mio ma del tuo risveglio, e mi sono ripresa la mia vita. E il mio destino. »
Uno scarno ma durissimo j'accuse, questo di Rebecca, pronunciato però senza alcuna rabbia o rancore nei miei confronti. Un modo per mettermi di fronte alla mie responsabilità e alle mie inadempienze umane, prima ancora che letterarie.
«Hai assolutamente rag...» provo a replicare, ma lei con un gesto deciso della mano, come a spazzar via le mie ormai inutili scuse, aggiunge: «Non sono qui, Mari, a sollecitare un proseguimento della storia che non sono certa tu sia in grado di affrontare ma, piuttosto, a renderti edotta del suo finale.»
Devo avere assunto un'espressione idiota perché lei mi gratifica di un piccolo sorriso divertito. E' consapevole del mio smarrimento ma non ne approfitta per sferrare il knock out decisivo per stendermi al tappeto. Non vuole infierire su quel ring dove io ho già perso in partenza. A lei basta che io ne abbia la consapevolezza.
«Sono andata avanti, Mari, anche senza di te, Non potevo più aspettare nella bara di cristallo nel bosco dei racconti incompiuti, perché non sono la bella addormentata nel bosco, e la mia attesa, fiduciosa all'inizio, è diventata col passare del tempo, sempre più simile ad un'oppressione. Così ho rotto quella bara in cui tu mi avevi rinchiuso in attesa non del mio ma del tuo risveglio, e mi sono ripresa la mia vita. E il mio destino. »
Uno scarno ma durissimo j'accuse, questo di Rebecca, pronunciato però senza alcuna rabbia o rancore nei miei confronti. Un modo per mettermi di fronte alla mie responsabilità e alle mie inadempienze umane, prima ancora che letterarie.
«Hai assolutamente rag...» provo a replicare, ma lei con un gesto deciso della mano, come a spazzar via le mie ormai inutili scuse, aggiunge: «Non sono qui, Mari, a sollecitare un proseguimento della storia che non sono certa tu sia in grado di affrontare ma, piuttosto, a renderti edotta del suo finale.»
Devo avere assunto un'espressione idiota perché lei mi gratifica di un piccolo sorriso divertito. E' consapevole del mio smarrimento ma non ne approfitta per sferrare il knock out decisivo per stendermi al tappeto. Non vuole infierire su quel ring dove io ho già perso in partenza. A lei basta che io ne abbia la consapevolezza.
«Ascolta, Mari, non serve che i tuoi lettori sappiano che la storia non l'hai scritta interamente tu perché... ti è sfuggita di mano... ecco.»
«Cosa?» Salto su io offesa, anche se non ho rilevato nel tono della sua voce nessuno sberleffo. Nessuna derisione.
«Non devono saperlo e non lo sapranno mai.» Prosegue, ignorando il mio stupido scatto d'orgoglio. «Non importa chi di noi due ha messo il punto all'ultimo capitolo. Siamo sempre state comunque in sintonia e il mio finale non può essere poi così tanto diverso da quello che tu avresti forse ideato.»
«Cosa?» Salto su io offesa, anche se non ho rilevato nel tono della sua voce nessuno sberleffo. Nessuna derisione.
«Non devono saperlo e non lo sapranno mai.» Prosegue, ignorando il mio stupido scatto d'orgoglio. «Non importa chi di noi due ha messo il punto all'ultimo capitolo. Siamo sempre state comunque in sintonia e il mio finale non può essere poi così tanto diverso da quello che tu avresti forse ideato.»
«Non puoi sapere quello che avevo in serbo per il tuo futuro.» Sospiro afflitta.
«Dimentichi che io sono parte di te... anche se non voglio esserlo più del dovuto.» Ride divertita.
Stavolta la canzonatura c'è, e ne sorrido anch'io. Alzo le mani in segna di resa: «Ok, Rebecca, prendo appunti. Da dove ripartiamo?»
«Là da dove la storia si è interrotta: capitolo 19»
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