L’OROLOGIO
DALI’
Con
un solo colpo d’occhio Licantropo aveva intercettato il corpo
estraneo nella montagna di oggetti sparsi sul pavimento.
«Questo
non è nostro!» esclamò estraendo dal mucchio il quadrante
azzurrino e molle, di un orologio privo di cinturino, come quelli
dipinti da Salvator Dalì.
Dj prese l’orologio e dopo averlo
osservato con curiosità domandò a Joe: «Ne sei davvero certo?».
«Non
è nostro!» confermò Licantropo con sicurezza, perché a differenza
di Dj, distratto di natura, possedeva una memoria fenomenale. Quel
“non è nostro” implicava oltre il suo forte coinvolgimento
emotivo, anche la sua dichiarata appartenenza alla casa.
«Dunque,
non si è trattato di un furto ma di un lascito» rifletté Dj «ma
perché tutto questo casino piuttosto che consegnarmelo personalmente
o spedirmelo per posta? E cosa sta a significare?» .
Licantropo,
eccitato da quella scoperta di cui aveva il merito, glielo tolse di
mano e notate le lancette ferme esclamò: «Neppure funziona!».
Prima
che iniziasse a scuoterlo, nella convinzione infantile di attivarne
in quel modo il meccanismo, Dj se lo riprese: «Fammi vedere.».
Sul
quadrante azzurrino le lancette erano ferme alle ore cinque e il
bordo d’acciaio riluceva di riflessi ocra, piccole punte di sole
nella stanza in penombra. Un oggetto particolare e misterioso.
Inquietante, ma pure a suo modo bello.
Cosa aveva a che fare
con lui, però?
In quello stesso momento arrivò padre Casadio: «La porta era solo accostata, può entrare chiunque, dovresti chiamare un fabbro e… e quello cos’è?». S’era interrotto quando Dj aveva fatto oscillare sotto il suo nasone alla Depardieu l’orologio Dalì.
«Un enigma, ecco cos’è! Non sono venuti a rubare ma a lasciare questo. E il motivo non riesco proprio a spiegarmelo».
«Sicuro che non ci fosse già da prima? Magari dimenticato da qualcuno dei tuoi ospiti. Ad ogni modo sarebbe più corretto dire che è la prima volta che lo vedi piuttosto che affermare che non c’è mai stato».
«Prima
non c’era. Non è nostro!» si intromise, risentito,
Licantropo.
«Puoi mettere in discussione la mia memoria,
Don, ma non certo la sua» disse Dj, indicando l'amico e
gratificandolo con una pacca sulle spalle, «se Joe dice che prima
questo non c’era, puoi starne ben certo».
«Ammettiamo pure che le cose stiano così, che la tua casa sia stata messa a soqquadro inscenando un furto ma in realtà per nascondere questo orologio, fidando sulla tua distrazione, deve trattarsi di qualcuno che ti conosce molto bene e sapeva che non saresti stato in grado d’inventariare le tue cose e quindi non avresti neppure denunciato».
Padre Casadio, perplesso, continuava a rigirarsi l’orologio fra le mani. Poi, colpito da un’illuminazione, disse «Non volevano nasconderlo, ma volevano che tu lo trovassi, e conoscendo la tua cecità verso le cose materiali, hanno fatto in modo che tu ci inciampassi contro».
Dj,
seduto sul pavimento a rollarsi una sigaretta, guardò il prete con
ammirazione: «Don, il tuo ragionamento non fa una piega. Resta da
capire però lo scopo».
«Non
lo scopriremo stasera» continuò con un sospiro il prete,
«dormiamoci sopra. A proposito di dormire, ci sono un paio di letti
liberi a “La Casa Dei Ragazzi”, sarebbe opportuno che tu e Joe
questa notte vi trasferiste lì, per evitare altre brutte sorprese,
perché con la serratura rotta chiunque può entrare».
«Grazie
per l’offerta ma io rimango qui a fare un po’ di ordine, sarei
però felice che Joe accettasse».
Licantropo
rifiutò: «Resto con Dj, gli faccio compagnia e lo aiuto a sistemare
questo casino».
«Sei un gran bravo ragazzo Joe» disse
padre Casadio, restituendo l’orologio a Dj che però non lo prese:
«Tienilo tu, Don, almeno fin quando non sarà riparata la serratura».
Il
prete fece un cenno d’assenso e se lo infilò in tasca: «Ci
vediamo domani, ragazzi».
Sulla soglia, Joe lo fermo: «E’
morto poi il Vecchio?».
«Macché! Pare che abbia sette
vite come i gatti!» rispose il prete, ridendo di cuore.
Quella
sera la trasmissione di Dj “Il Confessionale” non era andata in
onda ma la segreteria telefonica era stata subissata di messaggi per
Licantropo: il video della scazzottata con Magnum era diventato
virale e nel giro di una manciata di minuti Joe era diventato una
stella del web.
IL
TEMPO. E LA MEMORIA
Il
giorno dopo Marisol, messa al corrente da Dj sulla novità
dell’orologio Dalì, li aveva raggiunti a “La Casa Dei Ragazzi”
dove, con l’ausilio di padre Casadio, si tentava di venire a capo
di quel mistero.
L’orologio era stato passato di mano in mano,
da tutti soppesato e valutato in ogni suo particolare. La speranza
era quella d’imbattersi in un qualche automatismo, magistralmente
mimetizzato, che una volta azionato ne disvelasse il segreto.
«Proviamo ad aprirlo» aveva suggerito Joe in preda ad una sempre più crescente eccitazione.
«Non credo sia una buona idea: corriamo il rischio di manometterlo» lo ammonì padre Casadio, togliendogli con gentilezza l’orologio dalle mani.
«Ma neppure quest’attesa passiva ci sta dando risultati, Don: ormai è palese che il limitarci a fissarlo, o continuare a rigirarcelo tra le mani, non ci svelerà il suo enigma» ribadì Dj perplesso tormentandosi il pizzetto sul mento. «Tu che ne pensi, Marisol?» chiese alla ragazza che era rimasta in tutto quel tempo silenziosa.
«Se
deve accadere qualcosa, Max, accadrà nei tempi e nei modi stabiliti
dall’autore di questo rompicapo che non avrà di certo lasciato
puramente al caso, o all’intuito, la sua soluzione».
Dj
la guardò stupito: Marisol era molto più di quello che faceva
apparire essere.
Anche padre Casadio aveva assentito al suo
ragionamento.
«Quando
mi hai parlato di quest’orologio molle, simile a quelli dipinti da
Salvator Dalì, sono andata a documentarmi sul loro significato. Dalì
diceva che lo scorrere del tempo è cadenzato dal moto degli orologi
che oggettivamente pretendono di misurarne la dimensione, ma che
tutto questo viene ribaltato dalla memoria umana, un dato non
quantificabile né tangibile, che ne stabilisce, invece, la
soggettività e di conseguenza la relatività. In poche parole, sono
le nostre percezioni, soprattutto quelle dell’inconscio, a misurare
la stabilità e la durevolezza al tempo, variabili e diversi per
ognuno di noi».
«Vuoi dire che quest’orologio è stato catapultato nella vita di Dj per sollecitare i suoi ricordi riguardo a qualcosa accaduto nel passato?» chiese padre Casadio.
«Non ne sono certa, zio Ernesto. È solo un’ipotesi».
«Plausibile, però» disse il prete pensoso, rivolgendosi poi a Dj: «Non ti viene in mente niente al riguardo?».
«Sto riflettendo, ma non ricordo nulla di così eclatante da giustificare tutto questo».
«Trattandosi
però di percezioni soggettive, potrebbe consistere di un episodio
marginale per te ma abnorme per altri, per cui, Max, non lambiccarti
il cervello: se c’è qualcosa che deve accadere, accadrà, ma non
sarai tu a stabilirlo» osservò Marisol, rassicurandolo con la nota
arancione della sua voce.
«Accadrà alle cinque».
Licantropo, rimasto fino a quel momento silenzioso ad ascoltare
discorsi di cui a tratti gli sfuggiva il senso, sorprese tutti con
quella sua profezia. «Perché è quella l’ora che segnano le
lancette» s’era sentito in dovere di precisare.
«Alle cinque non è successo niente e l’orologio l’ho sempre avuto con me» commentò perplesso padre Casadio.
«Non è accaduto nulla perché l’orologio lo avevi tu, zio Ernesto, e non Max, l’intestatario di questo enigma» spiegò Marisol paziente.
Il prete, scettico, restituì l’orologio a Dj e in tono paterno lo ammonì: «In attesa di questo prodigio cerca di non cacciarti nei guai.»
Nessun commento:
Posta un commento