Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

giovedì 30 giugno 2022

Il Faro di Zion (cap.3)


 

L’OROLOGIO DALI’
Con un solo colpo d’occhio Licantropo aveva intercettato il corpo estraneo nella montagna di oggetti sparsi sul pavimento.

«Questo non è nostro!» esclamò estraendo dal mucchio il quadrante azzurrino e molle, di un orologio privo di cinturino, come quelli dipinti da Salvator Dalì.
Dj prese l’orologio e dopo averlo osservato con curiosità domandò a Joe: «Ne sei davvero certo?».

«Non è nostro!» confermò Licantropo con sicurezza, perché a differenza di Dj, distratto di natura, possedeva una memoria fenomenale. Quel “non è nostro” implicava oltre il suo forte coinvolgimento emotivo, anche la sua dichiarata appartenenza alla casa.

«Dunque, non si è trattato di un furto ma di un lascito» rifletté Dj «ma perché tutto questo casino piuttosto che consegnarmelo personalmente o spedirmelo per posta? E cosa sta a significare?» .
Licantropo, eccitato da quella scoperta di cui aveva il merito, glielo tolse di mano e notate le lancette ferme esclamò: «Neppure funziona!».
Prima che iniziasse a scuoterlo, nella convinzione infantile di attivarne in quel modo il meccanismo, Dj se lo riprese: «Fammi vedere.».
Sul quadrante azzurrino le lancette erano ferme alle ore cinque e il bordo d’acciaio riluceva di riflessi ocra, piccole punte di sole nella stanza in penombra. Un oggetto particolare e misterioso. Inquietante, ma pure a suo modo bello.
Cosa aveva a che fare con lui, però?

In quello stesso momento arrivò padre Casadio: «La porta era solo accostata, può entrare chiunque, dovresti chiamare un fabbro e… e quello cos’è?». S’era interrotto quando Dj aveva fatto oscillare sotto il suo nasone alla Depardieu l’orologio Dalì.

«Un enigma, ecco cos’è! Non sono venuti a rubare ma a lasciare questo. E il motivo non riesco proprio a spiegarmelo».

«Sicuro che non ci fosse già da prima? Magari dimenticato da qualcuno dei tuoi ospiti. Ad ogni modo sarebbe più corretto dire che è la prima volta che lo vedi piuttosto che affermare che non c’è mai stato».

«Prima non c’era. Non è nostro!» si intromise, risentito, Licantropo.

«Puoi mettere in discussione la mia memoria, Don, ma non certo la sua» disse Dj, indicando l'amico e gratificandolo con una pacca sulle spalle, «se Joe dice che prima questo non c’era, puoi starne ben certo».

«Ammettiamo pure che le cose stiano così, che la tua casa sia stata messa a soqquadro inscenando un furto ma in realtà per nascondere questo orologio, fidando sulla tua distrazione, deve trattarsi di qualcuno che ti conosce molto bene e sapeva che non saresti stato in grado d’inventariare le tue cose e quindi non avresti neppure denunciato».

Padre Casadio, perplesso, continuava a rigirarsi l’orologio fra le mani. Poi, colpito da un’illuminazione, disse «Non volevano nasconderlo, ma volevano che tu lo trovassi, e conoscendo la tua cecità verso le cose materiali, hanno fatto in modo che tu ci inciampassi contro».


Dj, seduto sul pavimento a rollarsi una sigaretta, guardò il prete con ammirazione: «Don, il tuo ragionamento non fa una piega. Resta da capire però lo scopo».

«Non lo scopriremo stasera» continuò con un sospiro il prete, «dormiamoci sopra. A proposito di dormire, ci sono un paio di letti liberi a “La Casa Dei Ragazzi”, sarebbe opportuno che tu e Joe questa notte vi trasferiste lì, per evitare altre brutte sorprese, perché con la serratura rotta chiunque può entrare».

«Grazie per l’offerta ma io rimango qui a fare un po’ di ordine, sarei però felice che Joe accettasse».


Licantropo rifiutò: «Resto con Dj, gli faccio compagnia e lo aiuto a sistemare questo casino».

«Sei un gran bravo ragazzo Joe» disse padre Casadio, restituendo l’orologio a Dj che però non lo prese:

«Tienilo tu, Don, almeno fin quando non sarà riparata la serratura».

Il prete fece un cenno d’assenso e se lo infilò in tasca: «Ci vediamo domani, ragazzi».

Sulla soglia, Joe lo fermo: «E’ morto poi il Vecchio?».

«Macché! Pare che abbia sette vite come i gatti!» rispose il prete, ridendo di cuore.

Quella sera la trasmissione di Dj “Il Confessionale” non era andata in onda ma la segreteria telefonica era stata subissata di messaggi per Licantropo: il video della scazzottata con Magnum era diventato virale e nel giro di una manciata di minuti Joe era diventato una stella del web.

IL TEMPO. E LA MEMORIA
Il giorno dopo Marisol, messa al corrente da Dj sulla novità dell’orologio Dalì, li aveva raggiunti a “La Casa Dei Ragazzi” dove, con l’ausilio di padre Casadio, si tentava di venire a capo di quel mistero.
L’orologio era stato passato di mano in mano, da tutti soppesato e valutato in ogni suo particolare. La speranza era quella d’imbattersi in un qualche automatismo, magistralmente mimetizzato, che una volta azionato ne disvelasse il segreto.

«Proviamo ad aprirlo» aveva suggerito Joe in preda ad una sempre più crescente eccitazione.

«Non credo sia una buona idea: corriamo il rischio di manometterlo» lo ammonì padre Casadio, togliendogli con gentilezza l’orologio dalle mani.

«Ma neppure quest’attesa passiva ci sta dando risultati, Don: ormai è palese che il limitarci a fissarlo, o continuare a rigirarcelo tra le mani, non ci svelerà il suo enigma» ribadì Dj perplesso tormentandosi il pizzetto sul mento. «Tu che ne pensi, Marisol?» chiese alla ragazza che era rimasta in tutto quel tempo silenziosa.

«Se deve accadere qualcosa, Max, accadrà nei tempi e nei modi stabiliti dall’autore di questo rompicapo che non avrà di certo lasciato puramente al caso, o all’intuito, la sua soluzione».

Dj la guardò stupito: Marisol era molto più di quello che faceva apparire essere.
Anche padre Casadio aveva assentito al suo ragionamento.

«Quando mi hai parlato di quest’orologio molle, simile a quelli dipinti da Salvator Dalì, sono andata a documentarmi sul loro significato. Dalì diceva che lo scorrere del tempo è cadenzato dal moto degli orologi che oggettivamente pretendono di misurarne la dimensione, ma che tutto questo viene ribaltato dalla memoria umana, un dato non quantificabile né tangibile, che ne stabilisce, invece, la soggettività e di conseguenza la relatività. In poche parole, sono le nostre percezioni, soprattutto quelle dell’inconscio, a misurare la stabilità e la durevolezza al tempo, variabili e diversi per ognuno di noi».

«Vuoi dire che quest’orologio è stato catapultato nella vita di Dj per sollecitare i suoi ricordi riguardo a qualcosa accaduto nel passato?» chiese padre Casadio.

«Non ne sono certa, zio Ernesto. È solo un’ipotesi».

«Plausibile, però» disse il prete pensoso, rivolgendosi poi a Dj: «Non ti viene in mente niente al riguardo?».

«Sto riflettendo, ma non ricordo nulla di così eclatante da giustificare tutto questo».

«Trattandosi però di percezioni soggettive, potrebbe consistere di un episodio marginale per te ma abnorme per altri, per cui, Max, non lambiccarti il cervello: se c’è qualcosa che deve accadere, accadrà, ma non sarai tu a stabilirlo» osservò Marisol, rassicurandolo con la nota arancione della sua voce.

«Accadrà alle cinque». Licantropo, rimasto fino a quel momento silenzioso ad ascoltare discorsi di cui a tratti gli sfuggiva il senso, sorprese tutti con quella sua profezia. «Perché è quella l’ora che segnano le lancette» s’era sentito in dovere di precisare.

«Alle cinque non è successo niente e l’orologio l’ho sempre avuto con me» commentò perplesso padre Casadio.

«Non è accaduto nulla perché l’orologio lo avevi tu, zio Ernesto, e non Max, l’intestatario di questo enigma» spiegò Marisol paziente.

Il prete, scettico, restituì l’orologio a Dj e in tono paterno lo ammonì: «In attesa di questo prodigio cerca di non cacciarti nei guai.»

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