(Pubblicato nell'antologia "Ti racconto la donna" da "Writer Monkey.it Dicembre 2018)
LA STANZA DEI GIOCHI
Tanti specchi per riflettere lo spettacolo della paura.
Le ragazze non avevano scelta, dovevano sottomettersi al capriccio del proiettile o, altrimenti, non avrebbero avuto nemmeno quella chance.
Entravano nude nella stanza.
Al Capo piaceva vedere le goccioline della paura che inumidivano la riga tra i seni, ed infilare le sue dita tra le cosce della ragazza che si puntava la pistola alla tempia.
Il tocco della sua mano sarebbe stato l'ultimo contatto col mondo prima che la testa esplodesse in un lugubre carnevale di capelli e occhi e denti.
La vincitrice aveva poi l'obbligo di divertire il capo, e doveva farlo con convinzione ed arte, se non voleva tornare subito a sfidare il destino.
L'IMMORTALE
Una giovane slava, dalla faccia butterata, sempre coperta da una mascherina azzurra, e il corpo perfetto di Venere, era la preferita del Capo.Era lei che sempre vinceva.
L'Immortale, questo il soprannome che le era stato dato.
Le ragazze, e i gregari, sospettavano che le partite con lei fossero truccate per rendere più spietato il gioco, alimentare una leggenda, acuire la paura delle sfidanti allo scopo di eccitare il Capo.
Quando la giocatrice di turno si trovava davanti la donna con la mascherina azzurra sapeva di non aver scampo, ed era allora che il piccolo fiume della paura iniziava a scorrere, inarrestabile, tra gli argini dei seni, mentre le dita del Capo scavavano, eccitate, nell'alveo asciutto della vagina.
L'ultima umiliazione prima dell'esplosione.
L'ULTIMA VOLTA DI CRISTINE
Quando Cristine vide la donna con la mascherina azzurra fu colta da svenimento.Subito, l'Italiano, il braccio destro del capo, si adoperò per farla rinvenire.
Le fece inspirare sali aromatici, e la slava fu condotta via.
Quando lei riaprì gli occhi nella stanza c'era solo l'Italiano che le parlava a voce bassa, cantilenante, come si fa con i bambini quando si vuole convincerli a prendere una medicina amara.
Cristine, scossa da brividi, batteva i denti e pronunciava frasi sconnesse mentre, con uno sguardo folle, frugava la stanza, senza davvero vederla, alla ricerca di una impossibile via di fuga.
L'Italiano le carezzava le mani e i capelli, cercando di tranquillizzarla, di convincerla che non doveva aver paura, che erano loro due soli, che la donna con la mascherina azzurra non c'era, anzi, a dirla tutta, non c'era mai stata, che era stata solo la sua tremenda ansia a palesarla.
E di cosa aveva così paura?
Tutte storie, leggende, quelle che circondavano l'Immortale, lo sapeva ben lui che era preposto a caricare la pistola. Il destino non si cura della nazionalità. Certo, dalla sua, quella donna aveva una fortuna sfacciata che aveva contribuito alla costruzione del suo mito ma, appunto, solo di questo si trattava: fortuna, che prima o poi, anche a lei sarebbe venuta meno. E' quell'unico proiettile che decide la sorte, non la mano che preme il grilletto. E, adesso, Cristine, doveva riscattarsi ai suoi stessi occhi prim'ancora che a quelli del Capo, fare appello al suo orgoglio ed accettare la sfida, proprio con lei, l'Immortale.
Non c'era alternativa possibile.
Meglio una chance che nessuna. Concluse soavemente l'Italiano.
E la porta si aprì ed entrò la donna statuaria che sedette, in silenzio, di fronte a lei.
Cristine, con gli occhi chiusi, ne respirava il profumo esotico, azzurro e velenoso, inebriandosene al punto di soffocare, perdere di nuovo i sensi per acquistare illusori attimi di vita.
Ma nessuna possibilità vera.
Forse l'Italiano aveva ragione.
Forse stavolta la fortuna avrebbe voltato le spalle all'Immortale.
Raccogliendo tutte le sue forze volle sparare lei per prima ed il colpo, fasullo, andò a vuoto.
L'Immortale si puntò la pistola alla tempia, sorridendo, mentre premeva il grilletto.
Lo scatto illusorio non produsse nulla.
Fu allora che Cristine avvertì la paura ruscellarle tra i seni, piccole gocce fredde che s'allungavano sul ventre e le bruciavano la pelle.
E, mentre con gli occhi chiusi, si puntava di nuovo la pistola alla tempia, sentì le dita del Capo farsi strada, strisciando, fra le sue cosce.
Pigiò il grilletto: il tempo di visualizzare il rosso dello scoppio di un palloncino ubriaco.
Poi, entrò nel buio.
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