Tetro e col gusto del macabro: ma è davvero così questo blog?
Attratta dal macabro......forse lo sono. Come posso non esserlo quando, fin da piccolina ho sentito mia madre fare continuamente discorsi di morte? La morte è l'abbandono definitivo, allora per averne meno paura ho cercato d'imparare a coesisterci. Tremavo se stava male, soffriva di emicranie, usava molto il piramidone. Quando aveva mal di testa si chiudeva al buio completo in camera sua. Esternava molto il suo star male: temperamento drammatico, c'era sicuramente del vero nel suo malessere unito però ad una dose eccessiva di teatralità. Forse cercava solo uno spazio di visibilità, logorata da 4 figli piccoli ed una vita operaia. Con l'esternazione del suo star "terribilmente male" si poneva in qualche modo al centro dell'attenzione, o almeno tentava di farlo, ma spesso mio padre ci ironizzava sopra. Quest'ironia non serviva a rassicurarmi e d'altronde lui non c'era quasi mai, era operaio edile, usciva al mattino presto e a casa ci tornava per mangiare e per dormire, il suo mondo era fatto di cantieri e d'impegno politico e la sua vera famiglia erano gli amici e i compagni di partito. Io, invece, avevo una folle paura che mia madre morisse davvero e giuravo a me stessa che sarei morta con lei.
Mia madre, oggi, è seppellita viva nel suo alzheimer, un antro senza nessuna via di fuga.
E' una tragica eroina di Poe nella sua ultima ed inconsapevole interpretazione.
Ieri, una giornata all'apparenza normale, avevo perfino dormito di un sonno abbastanza tranquillo, e tornavo a casa dall'aver fatto la spesa. Stavo attraversando le rotaie del tram quando l'ho visto arrivare e, improvviso, mi ha colto l'impulso di tagliargli la strada. In un flash mi sono vista finire sbalzata lontano, dall'altra parte della via, gli aranci e le verdure ricadere come pesanti coriandoli di una festa non riuscita. Ho anche pensato che avrei dovuto portare scarpe rosse che spiccassero come macchie identificative del mio volo, e della mia ricaduta, sull'asfalto: gli stivali, invece, sarebbero rimasti saldamente ancorati alle mie gambe.
Non è stata la paura a fermarmi, non ne avevo, ero solo stupita da quel pensiero non premeditato: fissavo l'asfalto e sentivo il rumore del tram sempre più vicino fino a che si è allontanato, proseguendo oltre.
Era come essere in una dimensione parallela
Era come essere in un racconto di Phil Dick.
Marilena
Ciao Mari,il tuo blog non è ne buio ne macabro,nel nero che fa da sfondo ci sono molti colori che non sono le foto ma sono i tuoi racconti. Chi non è attratto dal macabro? un po' tutti, io compreso, si vendono molti libri horror, la musica dark ecc...... si è attratti da quella parte mistteriosa che è in noi e nelle persone vicine. Quello che mi preoccupa è il "macabro" di chi del potere ne fa una ragione sociale, una ragione per affermarsi,una ragione per vivere.
RispondiEliminaIl tuo blog è sempre interessante , come lo sono i tuoi commenti sul mio e sono sempre molto attenti all'argomento.
La bellezza delle cose esiste nella mente di chi osserva
Lorenzo
Cara Amaranta, il tuo blog non è macabro ma intensamente forte...nelle tue emozioni, in ciò che senti e scrivi...arriva a chi legge, e come arriva...una scossa VIVA che sveglia le nostre dormienti coscienze, come un dono di vivide parole che ti entrano dentro...non si sceglie cosa sentire e trasmettere quando non ci sono mediazioni nei sentimenti...il tuo blog è vivo...
RispondiEliminaAltraepoca
....... nel nero che fa da sfondo ci sono molti colori che non sono le foto ma sono i tuoi racconti.
RispondiEliminaQuanto ho immensamente apprezzato questa tua frase, Lorenzo
Sinceramente grazie
Hai perfettamente ragione altraepoca anche se l'esternazione vera di noi stessi può rivelarsi non sempre confacente alle aspettative degli altri, perchè come tu giustamente scrivi: non si sceglie cosa sentire e trasmettere quando non ci sono mediazioni nei sentimenti.
RispondiEliminaGrazie per i tuoi commenti sempre gentili, ma soprattutto grazie per la tua vicinanza
Credo che non dovresti preoccuparti di come appare il tuo blog agli altri.
RispondiEliminaOgnuno in quello che legge trova quello che cerca.
L'unica tua preoccupazione dovrebbe essere quella di essere autentica, perché è questa l'unica "mission" di uno spazio come questo. L'unica ragion d'essere di una attività che deve aiutare te stessa, in primis, a trovare equilibrio e soddisfazione
Caro anonimo,hai fatto bene a sottolineare questa mia superflua preoccupazione stilistica,ma in fondo sono io anche in questo, preoccupandomi del giudizio degli altri.
RispondiEliminaNe ho sempre tenuto conto (anche quando non era il caso di farlo), solo oggi sto imparando ad ignorarlo o a valutarlo per quello che può contare senza farmene più troppo influenzare.
Le grandi conquiste sono sempre quelle più lente e faticose, ma sono, alla fine,davvero importanti quelle piccole vittorie pagate con la consapevolezza di uno sforzo continuo e ostinato.
Parlare dei commenti sullo stile è stato comunque solo un modo per entrare in un discorso più intimo, per il quale comunque ho dovuto trovare il coraggio per scriverne.
Caro anonimo, la mia "identità predefinita" ha ancora purtroppo molti guizzi vitali, i più restii a morire. In questo blog, autenticamente biografico, ci sono davvero io, e mi spiace rilevare che di questo diario, per le persone che conosco, quello che maggiormente è risaltato agli occhi è stata l'impaginazione scura e non gli scritti (a meno che il tetro non si riferisse proprio agli scritti e quindi devo dedurre che chi lo ha letto non ci ha capito davvero nulla!)
Il nero di queste pagine non oscura di certo il suo contenuto
In realtà è semplice non vedere quello che non si vuole.
Scusa se ribadisco il concetto: se le persone che ti conoscono (sic!) sono state in grado solo di prendere nota del colore dello sfondo e non di quello che c'era scritto sopra, al punto da farsene condizionare per esprimere un giudizio, senza considerare invece quanto c'era in termini di vitalità, di emozioni, di passioni, di "stile" della scrittura, ecc., allora quelle persone (che ti conoscono) non "hanno voluto" vederci altro. E in questo caso tu faresti bene a fregartene e a continuare per la tua strada.
RispondiEliminaCaro anonimo hai ragione quando ribadisci il concetto del "fregatene e vai per la tua strada", in effetti è quello che io mi sono imposta di fare partendo proprio da questo blog. Scrivere per me è aver ritrovato una passione che ormai avevo perso insieme alle altre (non riesco più a leggere come prima, problemi di concentrazione, ho difficoltà, a volte, perfino a seguire la trama di un film) La scrittura, per la mia depressione, non solo è terapeutica ma anche, credimi, liberatoria.
RispondiEliminaUn abbraccio