I rigagnoli d'acqua piovana, che s'aprono a ventaglio a ridosso dei marciapiedi, deflagrano sotto i pneumatici delle auto in corsa in un opaco crepitio di lava liquida. In lontananza scintillano, sullo sfondo antracite e oro, gli antichi palazzi barocchi, paludati d'ermellino e specchi, della città vecchia, come abbaglianti riflessi di luce nel traslucido crepuscolo autunnale.
Nonostante sia autunno inoltrato l'aria è tiepida e satura di profumi marini (anche se qui non c'è il mare), traslati da un vento clandestino, a bassa intensità, e generosamente disseminati sulla geografica fisica, e quella industriale, della città. Chissà se domani l'alba si rivelerà con una rigogliosa, aliena fioritura di anemoni, coralli e fiori d'acqua, germogliati sugli alberi spogli, fioriti sui bordi slabbrati dei marciapiedi, e nei piccoli orti sterili nelle retrovie degli agglomerati urbani.
Un mondo contemporaneo ed insieme ancestrale, questo che si prospetta al mio sguardo profano, ai miei occhi che cercano tracce di un orizzonte più vasto, ipotizzato oltre le dorsali montane che degradano a valle, gibbose ed esauste, modellate nel corso dei secoli dalle abbondanze, o dalle carestie, degli elementi atmosferici, e dai sommovimenti tellurici. Un paesaggio che si prefigura, in lontananza, con una geometria convessa che ingannevolmente diventa piana lungo le linee rette dei cavi elettrici.
Mistificazioni di false successioni di piani, perché l'esplorazione visiva basa su due diverse realtà: quella fattuale e quella virtuale.
Indecisa sulla direzione da prendere dovrò contare sui miei sensi, fiutare l'aria e auscultare i suoni per non cedere all'inganno dei miraggi, e non rimanere imprigionata nell'alone trasparente e termico di quest'ora sospesa, in cui non c'è più luce ma neppure è ancora buio.
Sullo sfondo di questo chiaroscuro, la rumorosa solitudine della città pianta chiodi nei pensieri, esaspera in negativo le sensazioni, ottunde la memoria, ingarbuglia i ricordi, crea paure e dipendenze.
Perché in quest'ora incerta, da purgatorio, tutto è provvisorio e apparentemente indecifrabile.
E' in questi momenti che subentra il bisogno di una realtà alternativa, limitata alla visione ottica anziché a quella percettiva. Una realtà facile, basata su una geometria elementare e non disorientante. Un foglio bianco su cui un bambino con una linea retta traccia la linea dell'orizzonte, con un triangolo delinea i fianchi e la vetta di una montagna, e con sinuosi semicerchi consecutivi e orizzontali, disegna le onde marine: in pochi tratti c'è l'interezza dell'universo.
Gli inganni sono esterni a quel foglio bianco.
Gli inganni sono nelle nostre costruzioni mentali.
Gli inganni siamo noi.