ALLA RICERCA DI UN PARTICOLARE DI RILIEVO
La morte di Mimì Messinese aveva gettato Concetto Scalavino in uno stato di depressione profonda, a cui in maniera determinante avevano contribuito il forzato isolamento, la mancanza di notizie esterne, e la tanto attesa visita di Giandomenico, necessaria per definire la consegna del mogano per il mobilio di papa Leone XIII, nel caso che Mimì non avesse fatto in tempo a riferirgli i dettagli stabiliti.
Al ricordo di Mimì gli occhi gli si inumidivano: rivedeva l'amico seduto al suo capezzale col bicchiere di acqua e zammù fra le mani, imponendo alla sua mente l'enorme sforzo di ricordare tutte le parole da lui dette e visualizzarne i gesti, in un estremo tentativo di capire se già v'erano le avvisaglie di quella sua morte imminente. Ma per quanti sforzi facesse non balenava nella sua testa nessun particolare di rilievo, nessuna stonatura percepita. Non c'era stato nessun preavviso. Era il Mimì di sempre, timido e goffo, forse solo un po' stanco...ecco... si...gli era parso stanco, e a rifletterci bene anche assente, come se la sua mente fosse altrove. E anche la sua visita era stata piuttosto breve
...ma se qualcuno gli avesse detto che era proprio lui il motivo dell'ansia di Mimì, e che era da lui che aveva fretta di allontanarsi per paura di non sapersi opporre ai suoi piani di un loro futuro apparentamento. Forse stroncato dalla consapevolezza di non essere capace di reagire a quelle sue manipolazioni che erano state motivo di attrito con il figlio, non ci avrebbe creduto. Piuttosto, avrebbe individuato nell'irresolutezza di Giandomenico, la causa di quella sua inquietudine rivelatasi mortale.
Confinato nella sua camera da letto ignorava ciò che all'esterno accadeva, e la costrizione all'immobilità lo rendeva, secondo il caso, irascibile o taciturno. E sospettoso.
Immaginava scenari oscuri. Ostili. E sempre più andava prendendo forma nella sua mente l'ipotesi di un complotto ordito alle sue spalle con la complicità di tutti: l'inconsapevole moglie; le due figlie ribelli; il dottore che lo aveva relegato in quel letto; la governante, alla quale, senza davvero conoscerla, aveva affidato la sua casa e la sua famiglia.
Aveva sbagliato a fidarsi di lei, anche se in quella sua particolare situazione non aveva avuto scelta.
UN UOMO SULL'ORLO DI UNA CRISI DI NERVI
«Stai diventando paranoico, Tino, non c'è nessun complotto ai tuoi danni. A quale fine poi? Ma se nutri dei dubbi sulla governante puoi sempre mandarla via!» Era esploso, Giovanni Basile, al culmine dell'esasperazione, dopo l'ennesima reiterazione di quei sospetti nei riguardi di Brigida Catalano.
«E' quello che intendo fare...ma prima la inchioderò alle sue responsabilità!» Esausto ricadde sui cuscini.
Un silenzio pesante piombò nella stanza. Un silenzio che Giovanni Basile avrebbe voluto prolungare all'infinito ma che, invece, avrebbe dovuto infrangere per mettere al corrente l'amico della decisione della famiglia Messinese di rescindere il contratto commerciale che legava le loro attività. Una notizia, questa, rilevante e dolorosa, che strettamente lo andava a colpire nella sfera privata prima ancora che in quella degli affari. Un annuncio a cui Concetto Scalavino non avrebbe reagito bene.
Un silenzio pesante piombò nella stanza. Un silenzio che Giovanni Basile avrebbe voluto prolungare all'infinito ma che, invece, avrebbe dovuto infrangere per mettere al corrente l'amico della decisione della famiglia Messinese di rescindere il contratto commerciale che legava le loro attività. Una notizia, questa, rilevante e dolorosa, che strettamente lo andava a colpire nella sfera privata prima ancora che in quella degli affari. Un annuncio a cui Concetto Scalavino non avrebbe reagito bene.
«Ascolta, Tino, so che non ti farà piacere ma è della famiglia Messinese che sono venuto a parlarti, perché ho ricevuto questa mattina la visita di Michele, il figlio maggiore di Mimì, che in veste di nuovo amministratore informa di trovarsi nella posizione di dover rifiutare, per motivi morali, la fornitura di mogano di cui avevi fatto dono a Giandomenico per i suoi lavori a Roma per il Santo Padre. Alla mia richiesta di una spiegazione, ha risposto in maniera sibillina che la morte di suo padre è uno di quei motivi morali, e per i dettagli avrei dovuto chiedere a te, perché non sempre, per uccidere, serve un'arma.»
Concetto Scalavino, davanti a quell'accusa, era terribilmente impallidito, affannato, in carenza di aria e di voce, aveva tentato di tirarsi fuori dal letto, ma Giovanni Basile era stato pronto a trattenerlo.
«La lettera!» Esclamò, frugando sotto il cuscino e poi scandagliando, convulso, il fondo del letto «Non c'è! Non c'è! Non c'è più! »
«Quale lettera, Tino?» Domandò, allarmato dal suo stato emotivo «Di che lettera parli?» Lo incalzò inquieto «Fammi capire perché, altrimenti, non posso aiutarti.»
«Avevo scritto a Mimì, non potendo parlargli di persona, per ricordargli le ragioni del nostro accordo e sollecitarlo alla sua attuazione.» Fissò l'amico con occhi febbrili e poi aggiunse torvo: «La lettera l'ha di certo presa lei, Brigida Catalano, spinta da Rebecca, e consegnata alla vedova di Mimì o, peggio ancora, allo stesso Giandomenico, per far definitivamente fallire l'apparentamento tra le nostre famiglie. La decisione di cessare ogni rapporto ne è la conseguenza immediata.»
«Cosa c'è scritto in quella lettera di così pregiudizievole se hai temuto che fosse quella la causa di questo disastro?» Domandò, paziente, Giovanni Basile «Giandomenico non era d'accordo su questo matrimonio?»
«Quale lettera, Tino?» Domandò, allarmato dal suo stato emotivo «Di che lettera parli?» Lo incalzò inquieto «Fammi capire perché, altrimenti, non posso aiutarti.»
«Avevo scritto a Mimì, non potendo parlargli di persona, per ricordargli le ragioni del nostro accordo e sollecitarlo alla sua attuazione.» Fissò l'amico con occhi febbrili e poi aggiunse torvo: «La lettera l'ha di certo presa lei, Brigida Catalano, spinta da Rebecca, e consegnata alla vedova di Mimì o, peggio ancora, allo stesso Giandomenico, per far definitivamente fallire l'apparentamento tra le nostre famiglie. La decisione di cessare ogni rapporto ne è la conseguenza immediata.»
«Cosa c'è scritto in quella lettera di così pregiudizievole se hai temuto che fosse quella la causa di questo disastro?» Domandò, paziente, Giovanni Basile «Giandomenico non era d'accordo su questo matrimonio?»
«Giandomenico...» Il mercante pronunciò quel nome in tono amaro: «di lui si mormora che non sia un vero uomo. Grande ebanista di sicuro, un novello Maggiolini, ma come uomo... manca di virilità nei tratti e nel carattere, e forse anche nella mascolinità. Per questo, in accordo con Mimì, e su mio consiglio, avevamo concordato questo matrimonio per ridare a lui un'identità più marcata. Più virile. Sposando Rebecca avrebbe avuto tutto: bellezza, ricchezza ma, soprattutto, l'onore.»
«E tua figlia era d'accordo a compiere questo sacrificio?» Il tono di Giovanni Basile era apertamente sferzante, ma l'altro neppure se ne accorse.
«No. Mia figlia è una bastian contraria e farebbe di tutto pur di contrastarmi.» Affermò sconsolato «Colpa della madre che non si è mai curata d'impartirle la buona educazione e il dovuto rispetto.»
«No. Mia figlia è una bastian contraria e farebbe di tutto pur di contrastarmi.» Affermò sconsolato «Colpa della madre che non si è mai curata d'impartirle la buona educazione e il dovuto rispetto.»
«Le altre tue figlie non ti hanno mai creato problemi?»
«Nessuna di loro.»
«Eppure la madre è la stessa.»
«Certo che è la stessa!» Rispose piccato lo Scalavino: «Dove vuoi arrivare?» Domandò sospettoso.
«A farti riflettere che la medesima cosa non funziona per tutti alla stessa maniera: le altre tue figlie hanno accettato le tue decisioni, magari non erano d'accordo ma non le hanno contrastate, piegandosi ad una volontà, la tua, per loro superiore e indiscutibile, che la tua ultimogenita, invece, non riconosce e mette in discussione.»
«Un padre sa sempre cosa è bene per i figli.»
«Nessuna di loro.»
«Eppure la madre è la stessa.»
«Certo che è la stessa!» Rispose piccato lo Scalavino: «Dove vuoi arrivare?» Domandò sospettoso.
«A farti riflettere che la medesima cosa non funziona per tutti alla stessa maniera: le altre tue figlie hanno accettato le tue decisioni, magari non erano d'accordo ma non le hanno contrastate, piegandosi ad una volontà, la tua, per loro superiore e indiscutibile, che la tua ultimogenita, invece, non riconosce e mette in discussione.»
«Un padre sa sempre cosa è bene per i figli.»
Giovanni Basile aveva sorriso di quell'affermazione dettata dalla sicumera: «Cerchiamo di capire chi ha preso quella lettera e se in ultimo è stata consegnata alla famiglia Messinese Nel mentre, però, parlerò anche con tua figlia.»
Concetto Scalavino, dapprima stupito s'era poi incollerito: «Perché devi parlare con lei? Hai bisogno di una convalida alle mie parole?»
«Ho bisogno anche della sua versione.» Tagliò corto l'amico.
«La sua versione?» Gli fece eco il mercante. «La necessità di una sua conferma al mio racconto ne sminuirà la mia autorevolezza.»
«Al contrario, accettando il confronto potresti uscirne rafforzato. Ad ogni modo la tua autorevolezza è già stata messa in discussione, segno evidente che il tuo metodo non ha funzionato. Proviamo col mio.»
«Mi pare che io non abbia altra scelta.» Mormorò, rassegnato, mentre ancora frugava nella speranza che la lettera si materializzasse sotto il cuscino: «L'ha presa la governante mentre dormivo, insieme al resto della corrispondenza perché anche le fatture e i contratti a cui stavo lavorando sono spariti.» Strinse i pugni talmente forte che le nocche divennero bianche. Poi, in tono sommessamente vittorioso, chiese: «Sei ancora convinto che si tratti di una mia ossessione e non di una congiura a tutti gli effetti?»
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