E' soprattutto nelle giornate di pioggia che m'assale il bisogno di un lieto fine.
(Amaranta)
Quel lieto fine, una sorta di garanzia a tutelare le azioni che la quotidianità comporta, senza l'assillo di non dover sbagliare nessuna mossa che, se pure accadesse, nulla risulterebbe compromesso.
Un ombrello per il mio pessimismo cosmico.
Adoro bere il mio primo caffè sul terrazzo, in qualsiasi stagione e con qualunque tempo, ma stamani fa davvero troppo freddo per ottemperare a questo rito, così mi limito ad osservare la pioggia dai vetri della finestra, godendo del calore ristoratore dell'interno.
Così tanto freddo che perfino Cagliostro ha rinunciato alla sua escursione mattutina e dorme acciambellato nella sua cuccia calda.
Lui che è un entusiasta di natura e non disdegna la sua partecipazione diretta alle follie meteorologiche, in particolare è elettrizzato dal vento che, per quanto furioso possa soffiare, sempre ne accetta la sfida, e temerario corre a ghermire foglie, petali e pulviscoli, esibendosi in indiavolati ghirigori di coda e di vibrisse, di slanci veloci, calcolate attese e improvvise virate, remote strategie istintive per catturare una preda che si polverizzerà tra le sue zampe: un illusione che lui, saggiamente, fingerà esser vera.
Ma non c'è vento, e fuori il paesaggio è freddo ed immobile, se non fosse per la verticalità frenetica della pioggia, mi verrebbe da credere di essere preda di un'allucinazione mentale: io sono il soggetto di un quadro che mi ritrae dietro una finestra a scrutare la pioggia. Una pioggia viva, che realmente stilla al di là del vetro del dipinto.
Io sono, quindi, sulla base di questa inquietante constatazione, l'osservante e l'osservata.
A fatica, allora, mi stacco dalla finestra
... ma lo sforzo più grande è quello di balzar fuori dal quadro.
Marilena
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