DISPOSIZIONI PRIMA DELLA PARTENZA
«Non c'era bisogno di una governante, avremmo provveduto noi alla mamma e alla casa. Non temete che un'estranea possa rivelare ad altri le sue condizioni di salute dopo che avete, in tutti i modi, cercato di nasconderle al mondo? O forse sono cambiati i vostri progetti? » Aveva domandato Gemma, in tono ironico, dopo che Brigida Catalano era andata via.
Lo fronteggiava calma e con una sicurezza nuova, pacata. Adulta.
Un sorriso lieve, leggermente beffardo, le increspava le labbra, e i bellissimi occhi scuri lo sfidavano.
Non c'era più nessuna traccia in lei di quell'emotività che la rendeva guardinga e vulnerabile, inducendola all'invisibilità: autodifesa, questa, che l'aveva indotta a privarsi del suo odore e spogliarsi della sua ombra. Per tutto quel tempo era rimasta in attesa che suo padre rilevasse la sua presenza per amore e non per convenienza, come invece era stato. Aveva così smesso ogni attesa, ogni illusione, riguardo l'uomo che l'aveva generata, al quale avrebbe anche perdonato quella sua vita da orfana se solo avesse compiuto nei suoi riguardi un riconoscimento. Che però non c'era stato.
Così come non c'era stato per nessuna delle sue altre sorelle, tranne per Rebecca.
Ma di questo non era gelosa. Gemma, per sua natura non era portata, al pari della sorella, al sentimento dell'invidia o del predominio, cosicché la loro intesa s'era evoluta in maniera schietta e naturale, assolutamente priva d'incresciosi imbarazzi o speciose ipocrisie.
«Starò via per un periodo piuttosto lungo e la signora Catalano sarà, in questa circostanza, la mia e la vostra referente. Dovrete essere, per questo, collaborative e rispettose. In quanto alle condizioni della mamma... la signora saprà gestire la situazione con la dovuta discrezione. Confido su di voi affinché durante la mia assenza non accada nulla di spiacevole. Nulla di cui io debba chiedervene ragione.» L'ultima frase, anche se pronunciata in tono asciutto, sapeva di minaccia.
Concetto Scalavino, prima d'imbarcarsi per le Americhe, oltre che occuparsi delle questioni di famiglia, doveva espletare il disbrigo degli affari in corso che contemplavano anche una visita a Mimì Messinese, per metterlo al corrente di quel suo viaggio imminente e rassicurarlo che la fornitura di legname per Giandomenico era cosa già fatta, sperando con questa premura di sollecitare prima della sua partenza, quell'invito che ancora non c'era stato.
UNA QUESTIONE SUPERIORE
«Il legname è in deposito nel mio magazzino di Palermo, pronto per essere spedito a Roma quando il vostro figliolo lo riterrà opportuno. Di tutto questo ho già messo al corrente il mio uomo di fiducia, Giovanni Basile, che provvederà ad espletare, in mia vece, tutte le formalità per la spedizione del più pregiato dei mogani, e per il quale non mi dovete alcun compenso.»
Mimì Messinese era arrossito: «E' una cifra ingente. Siete sicuro?» Domandò confuso, agitandosi sulla sedia come su un pagliericcio di aghi.
Per tutta risposta, Concetto Scalavino, aveva sorriso: «Caro Mimì, posso permettermelo questo mio omaggio all'arte dell'ebanisteria e all'artista che magnificamente la rappresenta: una questione superiore dove gli affari non c'entrano.»
Era stato allora che Mimì, stringendogli commosso la mano, d'istinto aveva detto: «Domenica a pranzo, naturalmente con la vostra famiglia.»
Per tutta risposta, Concetto Scalavino, aveva sorriso: «Caro Mimì, posso permettermelo questo mio omaggio all'arte dell'ebanisteria e all'artista che magnificamente la rappresenta: una questione superiore dove gli affari non c'entrano.»
Era stato allora che Mimì, stringendogli commosso la mano, d'istinto aveva detto: «Domenica a pranzo, naturalmente con la vostra famiglia.»
"Domenica a pranzo, naturalmente con la vostra famiglia." Andava ripetendosi soddisfatto Concetto Scalavino, per quell'evento da espletarsi alla luce del sole, senza formalismi o messinscene. Soprattutto senza alibi di facciata con cui motivare alla comunità le ragioni di quel convivio
...che su tutte, comunque, agli occhi della gente, sarebbe prevalsa quella di un probabile apparentamento tra le due famiglie.
Ipotesi realistica, supportata dall'esistenza di un giovane scapolo e di due signorine ancora nubili.
Nessun dubbio, per lui, che quella fosse l'ufficializzazione del fidanzamento tra Giandomenico e Rebecca, mentre invece, Mimì Messinese, l'attimo stesso in cui aveva formulato l'invito se ne era pentito, temendo la reazione di Giandomenico per non averlo concordato con lui, era precipitato nell'ansia.
...che su tutte, comunque, agli occhi della gente, sarebbe prevalsa quella di un probabile apparentamento tra le due famiglie.
Ipotesi realistica, supportata dall'esistenza di un giovane scapolo e di due signorine ancora nubili.
Nessun dubbio, per lui, che quella fosse l'ufficializzazione del fidanzamento tra Giandomenico e Rebecca, mentre invece, Mimì Messinese, l'attimo stesso in cui aveva formulato l'invito se ne era pentito, temendo la reazione di Giandomenico per non averlo concordato con lui, era precipitato nell'ansia.
Era stato troppo impulsivo.
E sentimentale.
Ma ormai l'invito era stato fatto e non c'era modo di tornare indietro.
LA CATTIVA SORTE
Il fantastico momento che Concetto Scalavino stava vivendo s'era bruscamente interrotto in un pomeriggio casalingo, quando s'era ritrovato a ruzzolar lungo la scala che stava scendendo, nel tentativo di schivare la moglie che avvolta in un lenzuolo, i capelli spioventi sul viso e armata di retino, la stava salendo, correndo trafelata dietro a qualche suo invisibile fantasma. Fallendo la manovra era rovinosamente precipitato lungo le scale, mentre lei non s'era neppure voltata a guardare, incurante (ma più giusto sarebbe dire inconsapevole, che lo stato di follia in cui versava la rendeva assolutamente innocente) delle sorti del marito che, inerte, giaceva ai piedi della scala.
Immobilità per un periodo di due mesi, il tempo necessario al rimargino delle fratture della gamba sinistra, costringendolo all'immobilità dalle fasce del gesso. Questo il verdetto del medico a cui Concetto Scalavino, seppur di malavoglia, aveva dovuto soggiacere. Due mesi, un tempo infinito per chi, come lui, aveva progetti nell'immediato presente, e tempi circoscritti per realizzarli. Ma era ben deciso, nonostante la sorte ostile, a portare comunque a termine i suoi programmi, che non sarebbe stato di certo quell'accidente a deviarlo dai suoi piani facendogli riscrivere quella storia che fino a quel momento, pur con fatica e qualche forzatura, pareva finalmente avviarsi al lieto fine.
Quel lieto fine che nessuno, nonostante quell'increscioso incidente di percorso, gli avrebbe scippato e che anzi, invece, con più determinazione avrebbe perseguito, avendo la sorte, che lui forse in maniera eccessivamente sbrigativa aveva etichettato cattiva, voluto ricordargli in quel modo la caducità degli uomini e la brevità della vita. Un sollecito, quindi, a non sprecare altro tempo in inutili arzigogoli esistenziali e teoremi filosofici, cosicché dal suo letto d'esiliato avrebbe comunque fatto fronte alle avversità del destino, a dimostrare che l'invincibilità non è un derivato della fortuna ma piuttosto del talento, e così si sarebbe cimentato a ribaltare, a suo vantaggio, quella sciagura.
No, non sarebbe stata quella caduta a metterlo in ginocchio.
Sorrise al suo stesso gioco di parole.
L'unica variazione ai suoi programmi sarebbe stata l'entrata in scena anticipata di Brigida Catalano.
D'altronde, in previsione della sua partenza, era certo di aver serrato con tripla mandata il chiavistello, dopo aver diligentemente assicurato le catene al gancio più robusto della casa, famiglia e averi, tutto responsabilmente tutelato sotto il suo più stretto controllo.
Ma se così fosse la storia dell'uomo si ridurrebbe a ben pochi capitoli, se davvero catene e lucchetti risultassero così efficacemente intimidatori da dissuadere gli oppressi dai tentativi di libertà, saremmo solo stirpe di padroni e di schiavi, facile da governare perfino a quel Padreterno, che pur disponendo di strumenti molto più potenti e sofisticati di quelli umani, come la terribile minaccia dell'inferno e del suo diavolo, e quella sempre incombente della fine del mondo, neppure a lui è riuscito di domare, in modo definitivo, disobbedienze e anarchie.
E sentimentale.
Ma ormai l'invito era stato fatto e non c'era modo di tornare indietro.
LA CATTIVA SORTE
Il fantastico momento che Concetto Scalavino stava vivendo s'era bruscamente interrotto in un pomeriggio casalingo, quando s'era ritrovato a ruzzolar lungo la scala che stava scendendo, nel tentativo di schivare la moglie che avvolta in un lenzuolo, i capelli spioventi sul viso e armata di retino, la stava salendo, correndo trafelata dietro a qualche suo invisibile fantasma. Fallendo la manovra era rovinosamente precipitato lungo le scale, mentre lei non s'era neppure voltata a guardare, incurante (ma più giusto sarebbe dire inconsapevole, che lo stato di follia in cui versava la rendeva assolutamente innocente) delle sorti del marito che, inerte, giaceva ai piedi della scala.
Immobilità per un periodo di due mesi, il tempo necessario al rimargino delle fratture della gamba sinistra, costringendolo all'immobilità dalle fasce del gesso. Questo il verdetto del medico a cui Concetto Scalavino, seppur di malavoglia, aveva dovuto soggiacere. Due mesi, un tempo infinito per chi, come lui, aveva progetti nell'immediato presente, e tempi circoscritti per realizzarli. Ma era ben deciso, nonostante la sorte ostile, a portare comunque a termine i suoi programmi, che non sarebbe stato di certo quell'accidente a deviarlo dai suoi piani facendogli riscrivere quella storia che fino a quel momento, pur con fatica e qualche forzatura, pareva finalmente avviarsi al lieto fine.
Quel lieto fine che nessuno, nonostante quell'increscioso incidente di percorso, gli avrebbe scippato e che anzi, invece, con più determinazione avrebbe perseguito, avendo la sorte, che lui forse in maniera eccessivamente sbrigativa aveva etichettato cattiva, voluto ricordargli in quel modo la caducità degli uomini e la brevità della vita. Un sollecito, quindi, a non sprecare altro tempo in inutili arzigogoli esistenziali e teoremi filosofici, cosicché dal suo letto d'esiliato avrebbe comunque fatto fronte alle avversità del destino, a dimostrare che l'invincibilità non è un derivato della fortuna ma piuttosto del talento, e così si sarebbe cimentato a ribaltare, a suo vantaggio, quella sciagura.
No, non sarebbe stata quella caduta a metterlo in ginocchio.
Sorrise al suo stesso gioco di parole.
L'unica variazione ai suoi programmi sarebbe stata l'entrata in scena anticipata di Brigida Catalano.
D'altronde, in previsione della sua partenza, era certo di aver serrato con tripla mandata il chiavistello, dopo aver diligentemente assicurato le catene al gancio più robusto della casa, famiglia e averi, tutto responsabilmente tutelato sotto il suo più stretto controllo.
Ma se così fosse la storia dell'uomo si ridurrebbe a ben pochi capitoli, se davvero catene e lucchetti risultassero così efficacemente intimidatori da dissuadere gli oppressi dai tentativi di libertà, saremmo solo stirpe di padroni e di schiavi, facile da governare perfino a quel Padreterno, che pur disponendo di strumenti molto più potenti e sofisticati di quelli umani, come la terribile minaccia dell'inferno e del suo diavolo, e quella sempre incombente della fine del mondo, neppure a lui è riuscito di domare, in modo definitivo, disobbedienze e anarchie.
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