Una sorta di compensazione alla banalità del quotidiano.
Una cosa in cui credevo e a cui per tanto tempo mi sono aggrappata.
Una grazia, meglio, un indulto: attraverso la pratica della scrittura mi veniva condonato il reato di non aver saputo vivere.
Ho scritto con frenesia, nel tempo in cui le parole erano difficili ma non aliene; con rabbia e con passione; con misurata dolcezza, più che altro per pudore, per non incappare nel banale sentimentalismo letterario col quale, di sicuro, avrei guadagnato facili consensi a scapito della più cruda determinazione all'analisi introspettiva; con ironia, costringendo, en plair air, il mio ego, ossessionato e sbilenco, all'adeguamento di un suo, seppur fragile, baricentro.
E con amore, sempre, anche quando usavo le parole più violente, distruttive. Autolesionistiche.
Attraverso la scrittura ho esplorato quel mondo remoto, ed interiore, nel quale mi sono avventurata da naufraga, per sfuggire all'emarginazione e alla disperazione dei fallimenti e delle mie crisi esistenziali, a bordo di un guscio di noce che all'origine fu culla e poi traballante zattera.
Perchè sono nata da una pagina bianca.
Con la scrittura ho dotato la mia ombra di una voce e di un corpo, rendendola così visibile al mio stesso sguardo prima ancora che a quello del mondo, materializzandomi tramite le parole, e poi con la voce della strega, che quelle parole le ha urlate rendendomi evidente nella mia consistenza fisica, volume e peso e stato di bisogno.
Ma non c'è nulla di più inconcludente che iniziare a vivere nel momento stesso in cui si muore, quando gli altri, ormai rassegnati, sono già predisposti a raccogliere il tuo ultimo respiro e tu, invece, li destabilizzi declamando, con voce forte e chiara, l'elenco assurdo delle tue necessità, cosicché in questo inaspettato inganno ci si ravvede una perfidia piuttosto che una resurrezione.
La vendetta di chi sta per morire e ancora la vuol tirare a lungo a scapito dei vivi, costringendoli a una sosta forzata presso quel tuo capezzale, impegnandoli nel loro tempo e nelle loro energie, nella misericordiosa, quanto inutile opera dell'ultima assistenza.
Quei vivi che al cospetto di un morente pur si credono eterni, e di sottecchi controllano impazienti l'orologio per calcolare il tempo speso nell'attesa di quell'ultimo respiro, consapevoli che la quotidianità li reclama, richiamandoli al disbrigo di più urgenti impegni.
Ha il cuore forte!
Finchè il cuore batte...
Il cuore non vuole arrendersi, seppur è evidente che ogni battito gli costa una fatica immane.
Questo è ciò che vanno sussurrando i vivi, sperando che tutto termini in breve tempo: un'agonia veloce equivale ad una più veloce ripresa della loro vita, al ripristino di una normalità fatta di attese, speranze e desideri. E delusioni.
Ma il mio cuore è forte e continua ostinato a battere, a non volersi arrendere, anche se ogni battito mi costa una fatica immane, pur continuo ad esistere in questo vuoto esistenziale, nella mia consistenza fisica, volume e peso e stato di bisogno.
E la scrittura si pone come necessità primaria assolvendo il compito di mantenermi in vita attraverso il racconto di me stessa, perché sono nata da una pagina bianca e tale tornerò ad essere quando avrò definitivamente perso memoria delle parole.
Marilena
Images by August Bradley |
Finche ci sarà il desiderio di scrivere.. sarà sempre una magia.
RispondiEliminaMaurizio
Sai, maurizio, è come sentissi sfuggirmi il tempo tra le dita: E la mancanza di energia, l'insonnia, i ritmi frenetici della mia vita, tutto contribuisce ad estraniarmi, a rendere estremamente difficile tutto. La concentrazione soprattutto.....rincorro le parole con in mano un retino per le farfalle: ma loro sono molto più leste ed agili di me, rapide prendono la via del cielo lasciandomi a mani vuote.
EliminaGrazie, Maurizio, mi scuso per non passare più da nessuno ormai.....mancanza di tempo e stanchezza fisica. Un bacio :)
Ma quella pagina bianca l'hai saputa riempire di parole suggerite da pensieri profondi e consapevoli.
RispondiEliminaAccontetati.
Un abbraccissimo!
Cristiana
Compagna solitudine sottecchia
RispondiEliminaSi rode d'un'invidia a restar sola
Mi trastulla
Mi blande
Vivo a scommessa, erode
Il tuo far finta che fa compagnia
La solitudine più erosiva, Andres, è quella interiore, unita a quella della consapevolezza, che non dà scampo.
EliminaNon è un "sentirsi soli" è "essere soli".
Grazie, Andres.
Mi scuso anche con te per non essere più passata nel tuo blog, per mancanza di tempo. Un abbraccio :)
La scrittura è forse una sorta di vita oltre la vita, talvolta, ma la tua ha potenza evocativa rara, per cui riesce ad essere anche altro che raggiunge gli altri, ne rispecchia il bisogno di scoprirla ed eviscerarla, ne scopre l'archetipo nascosto e ci si immagina di poterla esplorare. Dunque è l'atto creativo primordiale, una sorta di inno alla vita, non l'ultimo respiro, non solo semplice appiglio - camera caritatis?, rifugium peccatorum? -, va oltre e coinvolge, diverge, spiazza, fa questo di "mestiere". E' un gioco di rimbalzi tra scritto e letto che non prevede a lungo la pagina bianca... è solo una condizione provvisoria, prendine atto :-) . Per quanto mi riguarda, mi fa piacere che esista il tuo gesto dello scrivere, tanto più che so perché so che si ripeterà! Ciao Marilena.
RispondiEliminaSono davvero lusingata, Giò, da questo tuo bellissimo commento. Aprrezzo davvero sai, e mi conforta. Hai la capacità, e non è la prima volta, di ribaltare in positivo ciò che io vedo in negativo: l'altra faccia della medglia.
EliminaHai pienamente ragione quando affermi che la scrittura è forse una sorta di vita oltre la vita: è una frase bellissima che ben rappresenta il significato dello scrivere.
Una vita oltre la vita: per me l'unica possibilità di vita. Sono drastica, ne convengo, ed anche melodrammatica, in questa mia affermazione, ma credimi, la scrittura è l'unica motivazione che da un senso alla mia esistenza.
E la vita si sta prendendo anche questo: gli assurdi ritmi quotidiani, la maggior parte del mio tempo passato sui mezzi pubblici e le folli corse per la città da un luogo all'altro di lavoro, la stanchezza fisica che va di pari passo con quella mentale, tutto mi distoglie e m'allontana da quell'unica cosa che veramente m'appassiona e mi gratifica.
Gratifica personale, non di pubblico. Ma sufficiente a conpensarmi della mancanza di tante altre cose.
"E' un gioco di rimbalzi tra scrito e letto che non prevede a lungo la pagina bianca...è solo una condizione provvisoria, prendine atto"
Terrò a mente questa tua frase, nei momenti di sconforto.
Grazie infinite, Giò
A presto :)
(Scusami se non sono più passata nel tuo blog)
solo chi vive, secondo me può scrivere della vita.
RispondiEliminale pagine bianche sono quelle più sincere.
un saluto.
.....e al presente sto cercando di recuperare le ragioni per quella vita che tento di afferrare, ma sempre mi sfugge. Per questo al momento, non scrivo più nulla.
EliminaGrazie infinite, endi
Un abbraccio