Smarrita la strada dell'antro.
Intontita dal caldo e dai ritmi frenetici della mia vita, sono allo sbando più totale.Stanca, stanca, stanca.
Succhio energie dal mio io più profondo per trovare la forza sufficiente di affrontare la giornata.
Passo dall'esaltazione effimera alla depressione più cupa nel giro di un attimo.
Mi trovo spesso a pensare di farla finita.
Architetto piani di suicidio indolore.
Il pensiero di sprofondare nel nulla m'incute, al contempo, pace e spavento.
Pace, perché non esistere equivale a non sentire più la fatica del corpo e il peso dell'anima.
Spavento, per via del vuoto, del silenzio e del buio: i tre elementi che, immagino, governino il nulla.
Tutti questi anni sprecati in questa finzione.
Tutti questi anni di fatica aggiuntiva.
Tutti questi anni di non vita.
E coltivare, attraverso la scrittura, l'illusione di averne una.
Di esistere.
Mi sono rigenerata nelle parole, come in una partenogenesi.
Ho aspirato ossigeno dalle frasi, voracemente, come da una placenta.
Per avere l'illusione di un progetto.
Di una speranza.
Una giustificazione a questa mia ostinata permanenza.
Ma davvero non c'è nulla, in questa mia vita, che valga tutta questa immane fatica.
Tutta questa pazienza.
Tutto questo lavorio di formica.
Sono assolutamente cosciente delle cose che sto in questo momento scrivendo.
Così come sono certa che, se non le scrivessi, di certo imploderei.
Le parole mi hanno, da sempre, salvata.
Devo molto a loro.
Di sicuro il bonus di questi ultimi sette anni.
Oggi, però, mi sento davvero persa.
Marilena
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