L'ultimo punto archivia la storia.
Ma dopo l' ubriacatura data dalle parole arriva il mal di testa, sottile e puntuto, una nevralgia dell'intelletto che permarrà forse ancora un giorno, sostenuta ed amplificata da un insoddisfazione latente ed un senso pervasivo di malessere, esattamente come accade per una sbornia etilica quando al risveglio l'esaltazione si tramuta in tensione.
L'ultimo punto archivia la storia.
Ma non è così se sento il bisogno di parlarne ancora adesso che l'ho definita conclusa.
Corretti gli errori ortografici e di distrazione, rimangono le incongruenze ad attestare l' ingenuità tardiva della scrittrice e l'innocenza del racconto, un bric à brac fantasioso e con la pretesa dell'ironia.
Pretesa, appunto.
...e la consapevolezza di essermi, ad un certo punto, smarrita per strada.
Andres cavallerescamente si è precipitato in mio aiuto, perchè così è nella sua indole e ha sposato, senza discuterle, le mie tesi bislacche come fossero possibili, aderito alla trama senza troppe obiezioni, accettato la collocazione temporale in un medioevo ad personam e perfino concesso ai comprimari una permanenza sulla scena molto più lunga di quella concordata.
Fin qui nulla di strano, che gli accomodamenti e i cambiamenti sono contemplati nella stesura di una fiaba.
E questi, in particolare, strettamente mi riguardano perchè i miei racconti li scrivo quasi sempre senza un canovaccio, improvvisando in tempo reale, cosicchè posso affermare che io stessa la storia la scopro nel momento in cui la sto scrivendo.
Quindi è quasi naturale, in un procedimento così anarchico e destrutturato, che le incongruenze prolifichino e si espandano a dismisura, confondendosi in un groviglio inestricabile di giungla.
Una foresta semovente di liane e di felci e di radici poderose, dove è facile inciampare.
...dove io sono inciampata.
Un confronto diretto coi personaggi de "La storia di Andres Rubio": incongruenze, obiezioni e lamentele e qualche modesta soddisfazione.
M'aspettavo che il primo a prender la parola, e protestare, fosse Andres, a cui questa storia fa riferimento, ma no, più arrabbiata di tutti s'è mostrata, invece, Catilina, che dal suo catafalco odoroso di santità appena acquisita, e dove io da subito l'ho collocata inerme, nel ruolo passivo di una reliquia, s'è levata scagliandomi contro tutta la sua rabbia per l'affronto di quella "santificazione pagana e da burla", e che l'immobilità a cui, per questo l'ho costretta nell'intero corso della storia, non valeva tutto il tempo da lei speso a studiare le biografie dei martiri per dare al suo ruolo una interpretazion più realistica.
Catilina Naveros: è stato come interpretare un'ostrica, isolata e desolatamente muta all'interno della conchiglia. E nemmeno la misericordia dell'ultima frase, quella a cui ogni moribondo ha pur diritto! E alla fine, con quella storia assurda del miracolo ipnotico, hai fatto in modo che io fossi l'unica santa preferibilmente a non dover essere riesumata perchè alla luce del sole si sarebbe palesato l'imbroglio di quel prodigio fittizio. In questa storia, Mari, ci ho messo, se non la voce, la faccia, ed indietro non posso tornare, ma non contare su di me semmai avessi in mente lo sproposito di un prequel o di un sequel.
E subito dopo è stata la volta di Maria Engracia, gemella dizigote di Catilina, (nei miei racconti c'è sempre un tocco di verismo), anche lei infuriata contro di me, inviperita oltre ogni dire, tant'è che Andres, miracolosamente ispirato da San Nicholas Owen, meglio noto come Little Jhon, il santo patrono degli illusionisti, l'aveva provvidenzialmente disarmata del pugnalino che ancora dopo l'ultimo capitolo portava legato al collo.
Maria Engracia Naveros: ma come ho fatto a darti credito, ad immaginare che si potesse cavare qualcosa di buono da questa trama assurda? Le tue chiacchiere, Mari, mi sono fatta convincere dal tuo convincimento...ma come si fa ad immaginare un delirio simile a questo tuo ultimo e lasciarne anche testimonianza scritta? Analizziamo, ad esempio, anche solo grossolanamente l'incipit dell'ultimo capitolo, quello di cui vai tanto fiera:
" Maria Engracia Naveros: questo miracolo, Andres, a cui tutti hanno creduto, è opera vostra, ma sarà opportuno non farne parola.
Andres Rubio: non importa il nome dell'artefice, ciò che conta è che si sia realizzato"
Bella pensata questo miracolo da mago balsfemo e consumato in un covo ritenuto di streghe! Ti rendi conto che avresti fornito all'inquisitore materia e ragioni con cui avvalorare la veridicità della sua tesi, con centinaia di testimoni pronti a giurare che il corpo della martire non solo non recava ferite da tortura (per l'inquisitore, quindi, assoluzione garantita, che mancando il corpo del reato il fatto non sussiste) ma addirittura s'è organizzato un eccentrico festino con protagonisti un nano, in evidente stato di alterazione nervosa e in scandalosa combutta con un fagiano che scimmiotta un angelo. Di sicuro sarà meglio, per tutti noi, non farne parola, nè ora nè mai!
Andres: mi spiace, Mari, non poter prendere le tue difese ma hanno ragione le due medichesse, è questa una incongruenza enorme, un mostruoso blooper.
Scrittrice: mi duole confessarlo, Andres, ma questa insensatezza io l'avevo rilevata ma non ho avuto cuore di correggerla perchè quel brevissimo dialogo io l'adoro, eppoi...eppoi, se non si fosse fatto tutto questo baccano sono sicura che nessuno si sarebbe accorto di nulla.
Andres: te ne eri accorta! Avresti almeno dovuto dircelo! Bel modo di trattarci, Mari! Dimentichi che siamo noi i protagonisti di questa storia ed è sempre su di noi che ricadono, in bene o in male, tutte le conseguenze. A questo, però, tu non hai pensato!
Scrittrice: hai ragione, Andres, non ci ho pensato, e dire ora che immensamente mi spiace non cambia di certo la storia.
Andres: ma tu vorresti davvero cambiarla? Insieme potremmo farlo, io sono un ipnotista e tu il deux machina, sarebbe un gioco da bambini, solo devi esserne assolutamente convinta.
Scrittrice: è proprio questo il punto, Andres, quello che archivia questa storia che è destinata a rimanere così come l'ho scritta, perché solo così esattamente mi somiglia.
geniale il dialogo tra scritrice e protagonista...ancora una volta rivedo una genialata calviniana, e poi non posso non inchinarmi dinanzi a questa frase:
RispondiEliminaio stessa la storia la scopro nel momento in cui la sto scrivendo,
l'ossequio della scrittrice alla storia che fluisce, quasi lo facesse da sola, per forza di cose...adorabile baci ady
In effetti, Ady, io improvviso sempre, un divertimento e la scommessa, e l'impegno con me stessa, di arrivare fino alla fine.
EliminaMa è vero che mie storie traboccano d'incongruenze, seppur sono tutte consapevoli ed accertate, alla fine questa è stata una mia scelta precisa: quella di non applicare nel mio mondo di fantasia gli stessi criteri della logica del mondo reale.
E questo non è un inganno ma un'esigenza.
Grazie Ady :)
Tipico di una cancerina questo dialogo con i suoi personaggi con la sua creazione altri due svolgevano cosuccie così .... Leopardi e Pirandello ... guarda casi cancer pure loro ..... e io da Capricorcat vostro specchio opposto complementare mi congratulo con te per questo scritto. Miaooooooùùùùùùù
RispondiEliminaEh si, Lucy, forse è proprio tipico di noi cancerini la necessità di mantenere un "filo costante ed ininterrotto" con chi piace (persone, ma anche come nel caso specifico, personaggi) una sorta di cordone ombelicale che mai ci decidiamo a tagliare.
EliminaImpensabile per noi un distacco violento e totale.
Per fortuna, però, che ci sono gli altri segni a bilanciare il tutto e quello del capricorcat è tra i miei preferiti!
Bacio cancerino