Non riesco più a scrivere ma, ciò che più mi spaventa, è la consapevolezza di aver smarrito "l'estro dello scrivere".
Le parole sono lucciole che si materializzano nel buio e vivificano nella loro luce per una frazione di secondo cosìcchè io allungo la mano per afferrare quella loro scintilla, incoerente e vagabonda, alla ricerca di un luogo da rischiarare.
E quando mi sembra di averla in pugno, la mia meravigliosa preda, allento la presa perchè possa, nell'incavo della mia mano, far frullare le ali, che non è mia prigioniera e che non le farò alcun male, che voglio solo scaldarmi alla scintilla del suo piccolo sole per ritrovare l'energia per rinvigorire il fuoco spento nella mia testa.
Ma quando sbircio nel pugno chiuso mi accorgo di stringere il buio.
Il buio.
E la paura.
Paura delle cose materiali e comuni: i vetri delle finestre e gli specchi, il monitor del pc e quello della tv, delle voci nel telefono, delle ombre quando scende la sera e mi barrico in casa e riaffiorano le antiche paranoie e i fantasmi iniziano la loro macabra sarabanda.
Nonostante la stanchezza fisica il sonno non arriva ma subentra uno stato di allerta con i muscoli, ed i sensi, tesi a schivare la probabile minaccia.
Il sonno della sentinella, intervallato dai doveri imposti dal compito della ronda, dal controllo maniacale degli interruttori e delle prese, a quello delle porte e delle finestre a quello, impossibile, di tenere a bada le ombre.
E' un regresso, questo mio,che ancora non riesco bene ad analizzare perchè si propone in maniera per me inedita e per la quale non dispongo di elementi sufficienti con i quali tracciare un quadro, seppure approssimativo, ma di supporto o come base da cui partire.
Sonniferi ed ansiolitici per arrivare all'alba sono l'unico mezzo per avere un sonno intero.
Sono alla deriva e priva di una zattera a cui aggrapparmi.
E sono sempre meno convinta che la salvezza sia davvero nell'approdo.
Marilena
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