Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

lunedì 27 maggio 2019

Una storia amerikana (cap. 5)


IL SOLE A MEZZANOTTE

Una mattinata fredda ma limpida, salutò Scarlett al suo risveglio. C'era perfino un indizio di sole, mentre i marciapiedi di Duluth brulicavano, fin dalle prime ore, della frenetica vita cittadina.
Tornò alla tavola calda dove aveva cenato la sera prima, per bere una tazza di caffè e scambiare due parole con Dorothy.
 Ma lei non era di turno e al suo posto c'era una donna di mezz'età dai modi bruschi.
Non tutti, appena svegli, hanno voglia di fare conversazione, le era venuto di pensare per giustificare i modi poco cordiali della cameriera (doveva smetterla, però, di trovare sempre una giustificazione per tutti, soprattutto ora che non era più obbligata nei riguardi di Bruce)
Chissà come sarebbe stato far colazione con Dylan.
Non riusciva a non pensare a lui. Forse era già in viaggio diretto chissà dove.
Nonostante questa quasi certezza non riusciva ad evitare di guardare ogni uomo sperando fosse lui.
Ma con lo scrambler rimesso a posto le possibilità di un incontro sarebbero aumentate.
Ritrovare Dylan sarebbe diventato lo scopo del suo viaggio.

Freddy, meccanico e boy friend di  Dorothy, armeggiò sullo scrambler, cavando dalle profondità del suo furgoncino ogni sorta di attrezzo e spiegandole i vari interventi a cui lo avrebbe sottoposto. Si capiva che amava il suo lavoro e che ne aveva competenza. In ultimo le aveva perfino tracciato un percorso alternativo alla strada secondaria percorsa con Dylan, e raccomandandole di seguire quell'itinerario, erché sfidare la sorte, dopo aver da questa ricevuto un benevolo avvertimento, non sarebbe stato sintomo di coraggio ma di stupidità. 
Lei seguì il suo consiglio immettendosi sull'arteria principale per tornare di nuovo a Duluth dove avrebbe fatto rifornimento di cibo e di acqua e di un pacchetto di Luky Strike.
L'acquisto delle sigarette trasformava l'ipotesi di un incontro casuale con Dylan in una certezza.
Prima di partire, però, sarebbe passata alla tavola calda a salutare Dorothy.

- Fossi in te aspetterei ancora un giorno prima di partire - le consigliò la giovane cameriera alla quale Scarlett aveva raccontato la storia - c'è sempre la possibilità che lui torni qui a cercarti, perlustrando ad esempio le officine meccaniche. Posso chiedere a Freddy di tenerci informate al riguardo. Rifletti: ha maggiori probabilità lui di trovare te che non viceversa. Ad ogni modo se non tornerà indietro a cercarti credo che non dovresti cercarlo neppure tu. -

Convinta dalla logica di Dorothy, Scarlett decise di rimanere a Duluth ancora per un giorno, rimandando all'indomani la partenza. Avrebbe nel frattempo, però, cercato d'individuare il luogo dove s'era celebrata quella festa privata allo scopo di ricavare qualche indicazione supplementare che la indirizzasse nella ricerca di Dylan. Ma di quella festa, a quanto pareva, nessuno ne sapeva niente.
Una festa privata, riflettè, poteva benissimo sottintendere ad un incontro con una donna.
 Questa riflessione le provocò una punta di gelosia che però respinse. Non aveva alcun titolo di essere gelosa perché lui era un uomo libero e non doveva render conto a nessuno delle sue azioni. Tanto meno a lei, occasionale compagna di viaggio con la quale aveva condiviso un tratto di strada, qualche sporadica confidenza e un attimo di tenerezza.
Così avrebbe seguito il consiglio di Dorothy, concedendosi un giorno d'attesa prima di riprendere il viaggio.




Dylan, nonostante la stanchezza, non gli era riuscito di dormire quella notte, passata in gran parte a contrastare l'oppressione del vuoto che lo aveva colto. In realtà non era quello un sintomo sconosciuto, era accaduto altre volte che lui si sentisse soffocare nonostante lo spazio e l'aria, ma stavolta era stato molto più acuto. Dilaniante. Non aveva paura di morire, ma di morire senza una ragione. Sarebbe potuto cadere dal muro che aveva poc'anzi scavalcato, o venire ammazzato se l'uomo che aveva freddato col suo winchster si fosse reso conto della sua presenza: ipotesi reali derivanti dalla meccanica dell'effetto/causa, e non certo da quel tarlo interiore non definito, ma estraneo al pentimento. Di questo ne era certo. Non uccideva per il gusto di uccidere ma per affermare la giustizia laddove la legge aveva fallito, questa l'unica motivazione per cui impugnava il winchester e premeva il grilletto. All'inizio "cacciatore di taglie" e  "bounty killer" e poi s'era messo in proprio, che rischiare la vita per poche centinaia di euro non valeva la pena (davvero poco pagava lo stato i suoi sceriffi)e così s'era messo al servizio di quelle organizzazioni che perseguivano nobili ideali su sentieri secondari.
E negli anni, Dylan, s'era fatto un nome e una reputazione: una leggenda per gli addetti del settore.
Nessun pentimento e nessuna abiura per quella sua vita. La possibilità di morire per cause di servizio, o per un qualsiasi altro materiale accidente, rientravano nella sua casistica.
Ma rifiutava l'ipotesi di morire per asfissia aleatoria.
Cavò di tasca le Luky Strike e il suo pensiero andò a Scarlett. Sorrise al ricordo.
Lei gli era piaciuta subito, e non solo perché era bella, ma perché nell'intraprendenza e nella volontà di un'affermazione personale, gli ricordava Linda. Entrambe rappresentavano il suo ideale di donna.
Chissà dove era ora. La immaginava in sella alla sua moto, col vento nei capelli, correre verso la libertà. Una libertà molto più vasta che non contemplava una casa, una cucina e un divano. E un uomo.
In quanto a lui si sarebbe preso una lunga vacanza.
Con questi pensieri s'era immesso sulla strada che costeggiava il Superior Lake disseminata di Hotel per turisti, dove in uno di questi avrebbe potuto ristorarsi e rimettersi in ordine. Respinta l'idea di proseguire in autostop, immaginandosi nell'aspetto piuttosto malmesso, ma anche perché quel modo di viaggiare, che pure aveva praticato nei primi anni della sua vita on the road, non era troppo nelle sue corde, perché il passaggio gratis lo pagavi comunque con la conversazione forzata e il prestare ascolto alle storie di chi te l'offriva. Storie noiose, per la maggior parte, e per tanti versi simili. I camionisti e i commessi viaggiatori erano i narratori  peggiori, con quella loro aria perennemente assonnata che si rifletteva anche nel tono delle voci. Quasi sempre il loro racconto verteva sui tradimenti, subiti o inflitti, a causa di quella loro vita fatta di brevi soste e lunghi viaggi. Quasi sempre il loro racconto terminava con il desiderio di una vita stanziale: una casa con una cucina, un divano e una tv. Una vita normale, con la certezza di esserci alle feste di compleanno dei figli, e presenziare con gli amici ai barbecue della domenica.
Era anche quello che aveva perseguito Scarlett e a cui ora anche anche lui anelava, perché di quella sua vita fatta di brevi soste e di lunghi viaggi, cominciava ad esserne stanco.
Un giorno si sarebbe fermato, avrebbe comprato una casa e una macchina da scrivere. E preso un cane. Ne avrebbe adottato uno non addomesticabile, con l'istinto del lupo. Un cane col quale non avrebbe sottoscritto nessun patto di fedeltà ma solo quello di un reciproco riconoscimento.

Dalla finestra della camera del piccolo hotel dove aveva preso alloggio scorgeva il verde baluginio del lago che andava smorzandosi sotto la volta opaca di un cielo avaro di luce e di colori. 
Una notte senza stelle, senza meta e senza sogni.
Una notte randagia, solitaria come le infinite altre trascorse all'addiaccio in attesa dell'alba.
In attesa di rimettersi in viaggio.
Ma quella notte non doveva stare in allerta che nessuno, prima delle prossime quarantotto ore, avrebbe scoperto il cadavere e dato l'allarme. Poteva godersi il tepore della stanza e la morbidezza del letto. Poteva lasciarsi andare all'amarezza di aver rinunciato a Scarlett, per non coinvolgerla in quella sua vita al confine tra il bene ed il male.Vivere su quel confine era stata una sua consapevole scelta di cui s'era assunto la piena  responsabilità, mentre lei, condizionata dal sentimento, l'avrebbe fatta propria sulla cieca fiducia, e che forse un giorno sarebbe stata costretta a giustificare a se stessa prima ancora che al  mondo.
Per questo non le aveva chiesto di restare.
Ma nei suoi sogni l'avrebbe evocata. Nei suoi sogni le avrebbe chiesto di restare.


Quando s'era svegliato il sole stava sorgendo. Un sole maturo, grande e aranciato, simile ad un disco di rame, spiccava alto sulla linea del lago, sullo sfondo del cielo notturno.
Un vero sole,e non l'abile inganno di una luna mascherata, generato dall'incontro clandestino del crepuscolo mattutino con quello serale. E il connubio astrologico aveva dato vita a quel miracolo  e materializzato la profezia di Linda che gli aveva predetto che il suo viaggio sarebbe terminato col sole di mezzanotte.
Quell'oscura predizione l'aveva sempre associata alla sua morte con l'immagine istantanea di uno sparo e col bagliore di quell'ultima luce sulla linea della notte.
Niente di tutto questo era avvenuto, e quello che andava in scena, invece, era un inno alla vita e alla gioia, che la gente era scesa in strada a  festeggiare quel fantastico sole ibrido che rischiarava il mondo con la sua morbida luce di velluto. Una luce benevola che non feriva i suoi occhi.
Forse, confusa in quella folla, c'era anche Scarlett.
Non poteva averne la certezza ma solo la speranza.
Per concretizzare quella speranza sarebbe tornato a Duluth a cercarla.
Non avrebbe commesso lo stesso errore che aveva fatto con Linda.
Aveva quarantotto ore di tempo per ritrovarla e portarla nella sua nuova vita.
 

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