Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

giovedì 18 gennaio 2018

Vuoto a perdere



Il male pende all'interno della mia testa, una gelida stalattite puntata verso il cuore.
 Per impedirne il distacco, che mi causerebbe morte, devo fare in modo che nessuna fonte di calore mi penetri.
Dopo aver respinto la tentazione del tepore delle coperte, giaccio rannicchiata in un angolo del letto, tremando di freddo e della paura che lo stato emotivo, in cui ora mi dibatto, possa alterare le mie percezioni.
Mi muovo con la sicurezza di una cieca in questa casa oscurata al sole, dove nulla di vivo può soggiornarvi troppo a lungo, senza luce né calore, così ho rinunciato anche alla mia dolcissima gatta, l'ultimo affetto
L'ultimo regalo di mio marito.
Ex marito.
Ex gatta.
Ex, come tutte le persone e le cose che ho amato prima che la stalattite s'insediasse nella mia testa.

Appesa all'interno del mio cranio e puntata verso il cuore, c'è una lama pronta a darmi la morte, così come è stato per mia madre, che io pure li avevo avvertiti del caldo eccessivo della stanza, delle troppe presenze che l'affollavano a rubarle l'aria e il respiro.
Via.Via. Andatevene. Tutto questo caldo la sta uccidendo.
E come una furia m'avventavo addosso ad ognuno, per farle guadagnare centimetri d'aria e attimi di vita.
Nessuno ha voluto credermi.
L'avrei salvata, a dispetto di quelli che dicevano di amarla.
Non mi hanno creduto neppure quando la stalattite s'è staccata spaccandole il cuore.
Un sussulto, ha inarcato la schiena e sbarrato gli occhi e un filo di bava lungo il mento.

Così ho capito che per salvare me stessa da quello stesso male, avrei dovuto combattere da sola.
Li ho allontanati tutti, per non essere contaminata.

Nessun sentimento.
Nessuna emozione.
Nessuna empatia.
Niente. Niente. Niente.
Vuoto a perdere

Accuratamente evito ogni coinvolgimento che possa generare calore.
 Perfeziono tecniche.
Sperimento antidoti.
Perché ho capito che non basta liberarmi dalle emozioni ma piuttosto devo mantenere costante il grado di gelo che fa da collante alla stalattite, per impedirne il distacco.
Ma pure capita, talvolta, che il ricordo di una dolcezza insidi quella parte di memoria così pericolosamente a lei vicina, allora, al calar della notte, esco per procurarmi l'antidoto.
Non sono più così maldestra ad usare il coltello, col tempo ho affinato la mia tecnica, un lavoro pulito, che non è il sangue che mi raggela, ma quegli occhi sbarrati sull'ultimo istante di vita.
Gli stessi di mia madre.
Nessuna morbosità.
Nessuna eccitazione.
Solo il salvifico gelo.

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