Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

martedì 28 agosto 2018

Fleur (cap 8)



DIRITTO ALL'AMORE
- Io l'amo, Arturo -
Ti ricordo, compadre, che lei ha solo quattro anni più di tuo figlio e la metà dei tuoi. Faresti bene a rinsavire che uno scandalo non gioverebbe di certo alla tua carriera -
- La carriera! Io ti racconto delle mie sofferenze d'amore e tu contrapponi le necessità della carriera! -
- Oh si, Francisco, perché sei mio amico ed anche perché su di te ho investito un bel pò di soldi. Ti diffido, quindi, dal compiere passi falsi o quanto meno azzardati, ricordandoti anche che tra meno di un mese partiremo per Hollywood per perfezionare il contratto con la Warner Bros per il film "Don Juan" di cui tu sei il protagonista ed io il produttore. Sistema le tue faccende di cuore, compadre. E nel tempo più breve -

Ferrer trovava intollerabili le disposizioni che Arturo Serrano gli aveva impartito. Lui certo ci metteva i soldi, ma senza il suo talento sarebbero serviti a niente. Le posizioni tra loro andavano riviste. E comunque non poteva certo ora che aveva varcato la soglia della casa, no ancor meglio, della stanza di Fleur, tirarsi indietro. Un traguardo che gli era costato interminabili ore di vacue chiacchiere con Ermelina Hortega, della quale tutto ferocemente detestava: lo sguardo adorante con cui lo guardava, l'umiltà con cui si piegava ai suoi consigli, la voce con cui pronunciava il suo nome.
Eppure, nonostante la sua avversione, s'era dato da fare per lei correndo da un posto all'altro per organizzare quella stupida festicciola di compleanno trasformandola in una mega festa hollywoodiana, garantendo la sua presenza e quella di nomi al suo stesso livello.
E tutto finalizzato al solo scopo di rivedere Fleur.

Ed ecco che il suo migliore amico, invece di mostrare comprensione e parteggiare per lui, pure cercava di dissuaderlo, di distoglierlo dal suo amore per lei, come se quello fosse un sentimento riprovevole. Perverso. E così aveva tirato in ballo la storia dell'età, ricordandogli i troppi anni che correvano tra di loro. Come se quello fosse bastante  persuaderlo a non amare più Fleur.

Ma se solo avesse potuto guardare dentro al suo cuore avrebbe visto la gioia e la follia che lei, con l'inconsapevole seduzione delle sue innocenti provocazioni, in lui scatenava. Come quando Fleur aveva finto di cadere lui l'aveva afferrata e stringendola fra le braccia aveva sentito i suoi seni immaturi premere contro il suo petto: boccioli bianchi dai capezzoli rosa, intravisti nella trasparenza della blusa, che in Fleur era tutto così chiaro e luminoso. Incontaminato.

Sbagliava Arturo nelle sue moralistiche considerazioni che non tenevano in alcun conto della potenza primieva dei sentimenti, riducendo tutto solo al solo principio legale. E ad un calcolo di anni.
Negandogli. di fatto, il diritto all'amore

DIRITTO DI  CITTADINANZA
La festa sarebbe stata la domenica seguente, ed era tutto già predisposto, così Ferrer, finalmente libero dai noiosi impegni con  Ermelina Hortega, s'apprestava a trascorrere quei giorni rimanenti pattugliando i dintorni di Fleur nella speranza d'incontrarla o anche solo intravederla, quando la telefonata, imprevista e concitata di Ermelina, gli aveva spianato il percorso, inaspettatamente conducendolo di nuovo a casa dei Petit.

- Coralie vorrebbe vedervi. Non so di cosa si tratti, ma ha chiesto di voi. Andate prima possibile -
E lui era andato quel giorno stesso.

Lo aveva accolto la stessa Coralie che stringendogli la mano aveva detto: avete compiuto un miracolo di cui ve ne sarò in eterno grata. Da quando ho posto al collo di Philippe il vostro scapolare una nuova linfa lo ha rianimato. Mangia senza rigettare il cibo e dorme più tranquillo. Ha acconsentito perfino ad uscire all'aperto, dopo mesi di letto e di penombra. Ah Francisco, non potete immaginare cosa significa per me. Volevo farvene partecipe e ringraziarvi di questo vostro miracolo. -

Coralie aveva fatto di getto questo suo breve discorso, in uno stato di esaltazione emotiva aveva portato la mano di lui alla bocca per baciargliela, ma Ferrer con dolcezza l'aveva sottratta.

- No, Coralie, non è mio questo miracolo, ma della vostra tenacia e del vostro amore -
- Ma io vi sarò comunque eternamente grata. Così come Philippe, che vorrebbe personalmente ringraziarvi -

Coralie  aveva aperto la porta della stanza invitandolo ad entrare, mentre Ferrer, che a quell'invito non poteva sottrarsi, avrebbe dovuto far ricorso a tutte le sue forze per vincere la repulsione fisica che da sempre i malati gli ispiravano. Avrebbe dovuto respirare l'odore malsano della sofferenza misto a quello dei liquidi corporei, e tendere la mano in una carezza, o in un gesto qualsiasi di contatto.
Ma a differenza della prima volta che vi era entrato, nella stanza permeavano odori  più asciutti, meno aggressivi, e la luce, attenuata dai pesanti tendaggi, irradiava morbida e circoscritta sui dettagli essenziali, non calando direttamente sul catafalco del letto e sul moribondo che vi giaceva. Lo accoglieva una scenografia meno drammatica di quella che ricordava.

Ferrer s'era arrestato ai piedi del letto, in quello che poteva essere inteso come segno di rispetto ma, in realtà, per codardia, che la vicinanza col malato lo avrebbe costretto a guardare le devastazioni causate dalla malattia.
Avrebbe voluto scappare da quella stanza. Da quel letto. Da quella situazione.
Ma aveva, invece, obbedito a Coralie che con un gesto discreto lo aveva invitato ad avvicinarsi al capezzale, così da potersi personalmente accertare della verità di quel miracolo di cui era stato l'artefice.
 S'era allora avvicinato al letto dove, sotto uno spesso strato di coltri, giaceva una figura senza età e senza fisionomia, che lo guardava con lo stesso sguardo d'acquamarina di Fleur, solo più sfocato. Remoto. Proveniente da oltre confine.
Il resto del volto era come avvolto dalla nebbia, senza contorni né lineamenti, dove solo s'evidenziavano nitidi gli occhi che per un breve istante lo avevano guardato muti, prima di tornarsi a chiudere.
Coralie s'era chinata su di lui, gli aveva accarezzato la fronte e ricomposto le coltri, dopo di che  erano usciti dalla stanza. Ma prima di varcare la soglia era tornata indietro per un ultimo bacio.

- Fermatevi a pranzo con noi, vi prego. Mi farebbe piacere avervi nostro ospite -
L'invito di Coralie era giunto inatteso ma tempestivo, proprio mentre Fleur uscendo da una camera laterale lo aveva visto e con genuino, irruento entusiasmo, gli era corsa incontro
...e a Ferrer non era rimasto altro che accettare.

Accolto con cordiale ospitalità al desco dei Petit, dove mancava solo Celeste impegnata con la scuola, Armand lo aveva da subito elargito della sua simpatia, e perfino la nonna caffellatte aveva dismesso, in quell'occasione, l'atteggiamento palesemente diffidente nei suoi riguardi. La sua presenza aveva animato quella loro tavola di solito parca di sguardi e di parole, perfino di qualche risata.
Ferrer, perfettamente a suo agio, s'era dimostrato ospite amabile dissertando con Armand di viaggi e di avventure. Entrambi avevano così scoperto di esser stati protagonisti del medesimo incidente di treno, di aver soggiornato nello stesso periodo a Venezia, città incantevole ma scomoda, e su cui concordarono mai vi avrebbero vissuto, e di preferire alla vecchia, affascinante, ma troppo lenta Europa, il dinamismo, seppur  nevrotico, delle metropoli americane.
- Sono un francese dall'indole newyorkese -
 Aveva concluso Armand suscitando le rimostranze discrete della suocera che invece nutriva rimpianti per Parigi, a cui agognava far ritorno appena Philippe fosse guarito.

- Oh mamma, se hai così tanta nostalgia puoi partire anche domani, che Philippe ha finalmente intrapreso la via della guarigione -
Aveva detto con dolcezza Coralie, indirizzando a Ferrer  uno sguardo di gratitudine
...e allora Fleur, che quello sguardo aveva intercettato, gli aveva stretto la mano sotto il tavolo: un gesto di complicità che lui aveva sublimato ai confini dell'estasi.
E così egli aveva aveva stabilito che quella casa, con quella stanza, quel tavolo, quella gente, era l'unico luogo a cui aspirava,  rimanere, e dove aveva appena acquisito diritto di cittadinanza.
Un diritto suggellato da quella stretta di mano clandestina.

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