Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

lunedì 21 gennaio 2019

Fleur (cap 14)


FLEUR. FLEUR. FLEUR
Il corteo funebre, lento e composto, s'era dipartito dalla Cattedrale di Santa Maria la Menor alla volta del cimitero locale dove, Coralie e Philippe, sarebbero stati tumulati insieme in un unico loculo opportunamente predisposto nella cappella di famiglia.
A far da sfondo al nero corteo, una mattinata tersa e azzurrissima e già dalle prime ore molto calda, che si proponeva beffarda come un insulto ai morti che non avrebbero, di quel cielo e di quel sole, mai più goduto, e una sfida ai vivi che boccheggiavano nelle corazze degli abiti del lutto, quasi fossero chiusi essi stessi in una bara.
Ferrer, dal suo angolo strategico aveva individuato nelle prima fila del corteo funebre, il console Petit al braccio di Celeste e Fleur, (la piccola Fleur, che pure nell'anonimo vestitino nero risaltava su tutti, abbagliante come una stella di mezzogiorno) e sulla stessa fila le due nonne che si sostenevano l'una all'altra, rimpicciolite ed indifese, procedevano come sonnambule sul percorso tracciato dal carro funebre, con i visi nascosti dalle velette nere dei loro antiquati cappellini.
E questo particolare aveva richiamato alla memoria di Ferrer, l'innocente e anacronistico "program du bal" che Fleur gli aveva porto, nel loro primo incontro, affinché lui lo autografasse per Ermelina Hortega.
E la commozione s'era tramutata, dietro gli occhiali neri, nelle lacrime amare del ricordo:
 Fleur, vestita di un abitino primaverile verde chiaro, dello stesso colore dei suoi occhi, e i capelli biondi, quasi albini, ordinati in un triplice gioco di trecce.
Fleur annoiata che giocherella con l'orlo della gonna, battendo le dita al ritmo della musica sulle ginocchia.
Fleur, che ha voglia di ballare ma è costretta, in castigo su una sedia, a scontare il peccato di essere ancora così giovane.

Fleur, che avrebbe voluto stringere tra le braccia senza altro intento se non quello di farla ballare fino a che lei sfinita si sarebbe poi addormentata sul suo petto, dove lui si sarebbe beato solo di vegliarla.. Non chiedeva, e non desiderava altro, se non di condividere con lei l'intimità, silenziosa e mistica degli amanti che oltrepassando il confine del sesso, finalmente affrancati dalle catene dei sensi, vivono nella dimensione, esclusiva e privilegiata, dei sentimenti.
Fleur: stordente, deliziosa perdizione.

Doveva parlare con lei, sentiva la necessità di spiegarle che le orrende illazioni sul suo conto erano frutto di un terribile equivoco, che in lui non albergava l'stinto del corruttore e che, nonostante il disperato bisogno di lei, non l'aveva mai sfiorata, e nè mai l'avrebbe fatto, se non nel fuggevole contatto di un ballo. Era amore puro quel suo sentimento malamente frainteso.
No, nessuno avrebbe mai potuto accusarlo di nulla, che s'era limitato a sognarla e desiderarla nell'oscurità dei suoi sensi ma con la purezza della sua anima, e le supposizioni infamanti di Celeste non costituivano prove di reato. In ogni caso,qual'ora fosse stato, anche lui avrebbe avuto diritto ad una difesa per dimostrare la sua innocenza e ribaltare l'ingiusta condanna a non vedere più Fleur. Addirittura, a questo ipotetico tribunale, avrebbe potuto avanzare la richiesta di un risarcimento per i danni inflitti al suo amore e al suo onore, ma pure non gli sarebbe importato se solo gli fosse stato concesso di poter continuare a ballare con Fleur.
Null'altro chiedeva.
Il giorno dopo sarebbe andato a casa Petit per porgere le sue condoglianze e chiarire quell'imbarazzante fraintendimento.
Questa sua decisione lo aveva tranquillizzato e così, predisponendosi all'attesa, aveva deciso di anticipare il corteo funebre all'ingresso del cimitero per avere ancora la possibilità di scorgere, seppure alla distanza, Fleur.

Il corteo aveva varcato il cancello del camposanto e la folla, all'inizio serrata, s'era poi sparpagliata nei viali adiacenti alla cappella, smembrandosi in piccolo capannelli, mentre il gruppo dei famigliari, in forma privata,  presenziava al suo interno alla tumulazione.
Ferrer, prima ancora d'intercettare Fleur , aveva invece visto Arturo Serrano, inglobato nel gruppo dei famigliari, avvicinarsi a Celeste, parlarle all'orecchio, prenderle la mano e rimanere poi così senza discostarsi da lei.
Un gesto intimo, quello, che prevaricava l'amicizia.

- Nulla è più idoneo di un evento pubblico per rendere noto un fidanzamento. -
Blanca lo aveva colto di sorpresa, meglio ancora in flagranza di reato, ed ora sarebbe stato impossibile liberarsi di lei. Come una mosca sarcofaga, richiamata dall'odore della morte, lei s'apprestava a deporre le sue uova nella carne in putrefazione. Doveva solo scegliere il cadavere.

- Ne sapevi qualcosa? -
Ferrer aveva cercato di dare alla sua voce un tono neutro che il pallore del volto, però, smentiva.
- Ho tentato di dirtelo quando sei tornato da Hollywood, la sera che hai dormito da me, ma tu non me ne hai dato il modo. Non ho mai disatteso al nostro patto. E alla nostra amicizia. -
La risposta sferzante di Blanca gli aveva fatto intendere che lei, invece, aveva capito che lui le stava nascondendo qualcosa.-
- Il buon Serrano, novello Giuda ha rivelato la sua anima criminale, mentre la tua, Francisco, sta rammollendo nel sentimentalismo. Ed eccoti in balia della tua stessa ombra e di quelle dei tuoi amici malvagi. -
La risata di lei era risuonata fredda e cattiva come una scudisciata e lui, d'istinto, s'era ritratto per schivarla. Odiava Blanca con lo stesso fervore con cui odiava Serrano.

- Me ne vado, ma tu rimani pure a goderti lo spettacolo. -
Non c'era ironia nella frase di Ferrer quanto piuttosto una sottile canzonatura, consapevole che lei l'avrebbe colta e non l'avrebbe perdonato, decretando così la fine del loro patto.


LA STRATEGIA DEL RAGNO
Ferrer rifletteva che in  ultimo le persone a lui più care, e nelle quali aveva posto la sua fiducia aprendo perfino il suo cuore, lo avevano tradito. Tramando alle sue spalle, con modi e fini diversi, lo avevano usato per raggiungere i propri obiettivi. Serrano, Blanca e Josette, s'erano serviti di lui per il loro miserabile tornaconto. Forse perfino complici in quell'odiosa congiura.
Era stato cieco e stupido a non aver capito. A non aver visto.
Alla summa dei fatti, però, ad una loro più attenta analisi, la logica degli eventi balzava istantanea agli occhi, senza neppure doversi troppo arrovellare in congetture astratte o ipotesi possibilistiche.
Il ragno quando tende la sua ragnatela lo fa alla luce del sole, non la nasconde ma strategicamente la tesse con fili sottilissimi degli stessi colori dell'aria e della luce. Inganno artistico e psicologico in cui la mosca, inconsapevolmente, e a passo di danza, va ad intrappolarsi.
Tutti loro erano stati molto abili a tessere le geometrie di quella loro ragnatela, e con una tempistica perfetta, approfittando del suo stato di smarrimento lo avevano spinto fra le sue maglie, con gentilezza e senza sforzo alcuno, cosicché benissimo si sarebbe potuto dire che nella trappola ci si era cacciato da solo. E a passo di danza. Coercizione d'incapace, avrebbe stabilito un'ipotetica giuria di un ipotetico tribunale, chiamata ad emanare un verdetto con cui, se si ridimensionava l'eccellenza criminale dei suoi amici malvagi, di contro si attestava la sua menomazione mentale. Inaccettabile per lui.
Si sarebbe allora fatto giustizia da solo.

Ma prima di ogni cosa avrebbe dovuto parlare con Fleur, confessarle il suo amore, facendo attenzione, però, a non spaventarla col subbuglio delle parole, appassionate e struggenti, che nella foga della dichiarazione sarebbero potute implodere incoerenti e folli, che per troppo tempo erano state tenute alla catena, dentro al suo cuore. Una trappola anche quella.

Le parole, soprattutto se pronunciate in uno stato di intensa emotività, di esaltazione, facilmente possono ingarbugliarsi tra di loro, inseguirsi e moltiplicarsi, straripare e insensatamente prendere il sopravvento sui silenzi. E sugli sguardi. Così lui si sarebbe limitato alle sole essenziali: ti amo, Fleur.
E poi le avrebbe messo in mano il suo cuore.

IL COLORE DEGLI OCCHI DI FLEUR
- E' un lavoro non di semplice esecuzione, signor Ferrer, in particolare per l'incastonatura della mezza luna all'interno dell'acquamarina. Un lavoro delicato e che richiede tempo. Impossibile per domani. -
Aveva detto l'orafo in tono dispiaciuto, nell'atto di restituire la mezza luna d'oro bianco, l'orecchino da corsaro che Ferrer s'era sfilato dal lobo dell'orecchio sinistro.
- E' un favore per il quale sono disposto a pagare qualunque prezzo. -
Aveva rilanciato lui ,senza dar modo all'altro di replicare, aveva aggiunto: vi pagherò l'acquamarina allo stesso prezzo di un diamante.
All'refice non era rimasto che alzare le mani in segno di resa, e poi l'inevitabile domanda: toglietemi una curiosità, signor Ferrer, perché l'acquamarina e non un diamante?
- Perché acquamarina è il colore degli occhi di Fleur -

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