Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

domenica 16 settembre 2018

Il viaggio di Vincent



VINCENT, IL RAGAZZO CHE SEGUIVA I FUNERALI
All'inizio era nato come un racconto dark questo di  Vincent "il ragazzo che seguiva i funerali": un adolescente che ama la fotografia e la musica di Kurt Cobain, con la peculiarità di essere un frequentatore di cimiteri e un imbucato ai funerali di gente sconosciuta.
Questa sua passione, che non sottende alcuna ossessione, (dei cimiteri ama la scenografia, l'atmosfera di quiete che vi permea e che lo calma da quelle sue inquietudini adolescenziali che coincidono con la visione esistenziale di Kurt Cobain, il suo idolo, mentre i cortei funebri costituiscono per lui un modo di conoscere l'animo umano, che la sofferenza maggiormente predispone all'empatia, alla condivisione) viene però intercettata dal gruppo dei bulli della scuola e Vincent, da questi soprannominato "Il barone del cimitero"diventa oggetto di dileggio. Un dileggio che propaga quando questa sua inclinazione, diventata pubblica, all'inizio suscita  la curiosità delle persone e dei media,  (molti sono quelli che partecipano ai cortei funebri solo per vedere lui "il ragazzo che segue i funerali) e trasformando il tutto in un fenomeno di moda, e lui un animale da baraccone. Ma quando Vincent rifiuta questa trasposizione s'avvia un processo mediatico che coinvolge anche la sua famiglia che pure ha difficoltà a capire, ad accettare Vincent in quella sua innocua peculiarità da cui, con minacce e lusinghe, lo si vuole costringere a guarire.
Quasi quella sua inclinazione fosse una malattia. Una perversione.
Vincent è davvero solo, ha tutti contro: i media, la famiglia, la scuola, dove neppure i professori prendono apertamente le sue parti, lasciandolo in balia del gruppo dei bulli. E' cosciente di non potercela fare in questa immane sfida in cui rischia di smarrire perfino se stesso, di trasformarsi ai suoi stessi occhi in quello che la società ha deciso lui debba essere: un'anomalia.
Da qui matura l'idea del viaggio, prefiggendosi come meta "l'ultima frontiera", che lui la prefigura non come luogo fisico ma piuttosto come un'emozione. Una rivelazione. Un fotogramma anomalo proiettato in un contesto ordinario. Un bagliore da cogliere al volo.
Un viaggio verso cui s'avvia con le cuffiette e la musica di Cobain a fargli da colonna sonora, e la macchina fotografica, per catturare il riflesso di quel bagliore.

Un viaggio esistenziale, questo di Vincent, un'esplorazione del mondo e una verifica di se stesso, espletata dalla conoscenza diretta, non manipolata e né deformata dai media e dalla società.
Un viaggio rivelatore delle contraddizioni e delle mistificazioni attuate dall'uomo a perseguire i suoi scopi, ma anche la scoperta dei sentimenti più alti quali l'amore (Emily) l'amicizia (Adonais) e l'accoglienza (i guardiani dei cimiteri che attrezzano con brande le cappelle e permettono ai profughi di tendere un filo, tra le croci e gli alberi, per stendere il bucato).

Un viaggio verso quell'ultima frontiera che Emily afferma non esistere, o almeno non aver trovato Del viaggio di Emily non sappiamo nulla: lei non racconta e Vincent non domanda. Ma lei vive in una realtà liberal, dove le diverse visioni s'incontrano e non si scontrano. Un confronto democratico, dove vige l'accettazione della diversità e della pluralità (riguardo la morte, ad esempio, i componenti della famiglia di Emily hanno visioni diverse, ma che nessuno tenta d'imporre come le uniche vere, ma legittimandole nel confronto, diventano materia di dibattito, di riflessione. Di scambio di esperienza. Immaginiamo quindi che il viaggio di Emily sia un viaggio interiore, e che lei, vivendo in un mondo ideale improntato sul rispetto, il riconoscimento e l'accettazione delle pluralità
Il nonno di Emily ospita nelle cappelle adibite a dormitori un gruppo di profughi. Non li nasconde. Li rende visibili al vicinato permettendo loro di sciorinare i panni al sole su un filo teso tra le croci, e suonare musica la sera. La pratica dell'accoglienza, e il riconoscimento al diritto d'asilo da parte del nonno di Emily, favorisce l'accettazione e l'integrazione. Una comunità aperta, e in espansione. Si fa musica, si balla, e nascono nuovi amori.

Anche del viaggio di Adonis, il profugo siriano che Vincent incontra nel suo ultimo tratto di strada, sappiamo solo l'essenziale. Lui la sua ultima frontiera l'ha invece trovata in una camera di tortura e da sopravvissuto porterà inciso nel corpo e nell'anima gli orrori che solo la crudeltà umana è in grado di elaborare: una stimmata che mai rimarginerà, mai smetterà di sanguinare, e che permette a Vincent di fotografare in un simbolico passaggio di testimone. In una camera di tortura s'invoca la morte e si maledice la vita. S'implora la pietà della morte e non quella dell'aguzzino. Quella morte che annulla il dolore, lo strazio, il sanguinamento. La morte come via di salvezza: un varco da cui fuggire dalla camera di tortura. Per Adonis, è la tortura e non la morte l'ultima frontiera. Ma è la sua ultima frontiera, sua e di nessun altro. E lo ribadisce più volte affinché Vincent ne penetri il significato. Quell'ultima frontiera che non si prospetta uguale per tutti. E neppure l'imbattervi è nel destino di ognuno. Nella sintesi di Adonis si ripropone la frase iniziale di Cobain, l'incipit di questo racconto:
"Nella nostra vita nulla è programmato al contrario di quello che speriamo, ogni evento può essere portato al suo estremo opposto in una piccola frazione di secondo, cosa condiziona ciò? Il nostro umore, quindi è assolutamente evidente che la nostra vita dipende dalle persone"

Simbolismi e premonizioni nell'ultima notte di Vincent trascorsa con Adonis all'addiaccio in un cimitero violato, tra croci divelte e tombe profanate, quando nel silenzio innaturale percepisce l'odore di urina e di confetti della morte. E quello della solitudine. Il giorno dopo il profugo siriano s'imbarcherà verso la Francia e lui tornerà a casa, facendo sosta da Emily.
Il suo viaggio lo ha comunque compiuto e seppur non ha trovato l'ultima frontiera ha ritrovato se stesso. E forse la sua ultima frontiera è lo smarrimento la sua identità. L'annullamento di Vincent.
 Quel viaggio allora è stato il suo varco verso la salvezza.

... l'ultima frontiera non si prospetta uguale per tutti. E neppure l'imbattervi è nel destino di ognuno. Così smetto di cercare. Torno a casa.
p.s -  Io e Cobain ritardiamo di un giorno la partenza perché siamo capitati in un luogo magnifico dove pare vada in scena il tramonto più bello del mondo. Imperdibile, a quanto mi è stato raccontato. Sarà la nostra ultima sosta"
Questo scrive Vincent nella sua ultima lettera ad Emily.

Quel tramonto imperdibile, il più bello del mondo, rappresenta per lui la bellezza, la poesia, la speranza, e non l'evento non programmato, portato all'estremo opposto in una piccola fazione di secondo a condizionare il suo destino
Ma è quello che accade
Dissolvenza

UNA CASUALITA' MERAVIGLIOSA
ADONIS
Per la figura di Adonis, l'intellettuale rifugiato siriano, compagno nell'ultimo tratto di strada di Vincent, ho fatto riferimento al poeta arabo siriano, Ali Ahmad Sa'id ad Al Qassabin, il cui pseudonimo è Adonis. Esiste davvero. Un incontro fortuito questo mio, che mentre facevo ricerche sul nome mi è apparso lui. A dirla tutta, causa il poco tempo e la necessità di terminare il racconto, non mi ero soffermata sulla sua biografia. Non ho approfondito come di solito faccio. M'interessava il nome e niente altro. Mai però avrei immaginato d'imbattermi in un intellettuale dissidente di nome Adonis, un rivoluzionario che come il mio personaggio trova rifugio in Francia (ma questo l'ho scoperto solo dopo) e che mi ha permesso di creare un collegamento con l'Adonais di Shelley.
E invece è accaduto
Una casualità meravigliosa.
La quadratura del cerchio.
Un bagliore catturato al volo.

TRIBUTO A KURT COBAIN
Questo racconto è anche il mio tributo a Kurt Cobain, leader dei Nirvana e compagno di viaggio di Vincent.
Il suo idolo.
Il suo punto di riferimento.
Lo è stato anche per me, per un lunghissimo tempo.
Ancora oggi amo la sua musica. La sua poesia.
E quella sua voce che graffia a sangue il silenzio.

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