Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

mercoledì 18 luglio 2018

Fleur (cap 4)


JOSETTE
- Te la fai con le bambine ora? -
Josette, palesemente ubriaca, si era materializzata da un qualche sfondo (che ora che Fleur se ne era andata quella festa per lui aveva perso ogni significato) con quell'obiezione irriverente ma che comunque avrebbe posto anche se fosse stata sobria. Negli ultimi tempi tra loro c'erano stato scintille e la gelosia di lei aveva preso il sopravvento, così Ferrer, venutagli a noia, aveva deciso di rompere, ed attendeva solo l'occasione giusta perché a differenza di tutte le altre sue amanti, la bionda Josette (bionda come tutte le altre ma molto meno bionda di Fleur) aveva cominciato ad accampare stupide pretese di possesso su di lui.

Ferrer aveva sempre ritenuto la gelosia un sentimento meschino, ignobile, ma sopratutto inutile. Aveva disgusto delle persone gelose così come di quelle afflitte dal morbo della vecchiaia. Per la prima categoria trovava intollerabili le ossessioni sentimentali e le inevitabili  persecuzioni generate delle ubbie e dei sospetti, sia pure fondati, all'interno di una relazione. La gelosia era per lui unicamente circoscritta ad un ruolo cinematografico, che pure, essendone immune, aveva sempre avuto difficoltà ad interpretare, risultando in quella parte freddo ed impersonale, estraneo al personaggio, come aveva rivelato più di un critico. Per la seconda categoria, invece, si trattava di una vera e propria repulsione fisica. Nutriva genuino disgusto per le carni appassite dei vecchi; per le  pupille nebbiose; per il tremito delle mani ma soprattutto per quelle loro bocche impudiche, intente a succhiar l'aria, in un disgustoso coito orale con la morte.

L'aveva allora presa per un braccio e trascinata dietro un separé dove, senza mettermi termini, le aveva intimato di togliersi dai piedi e senza dare altro spettacolo, che pure s'era dimostrata pessima attrice nella vita così come davanti la macchina da presa, e se ancora qualche piccola parte le veniva proposta era solo dietro sua intercessione. Josette, furiosa, gli si era letteralmente avventata contro graffiandolo in volto e sfregiandolo con la mezzaluna delle sue unghie laccate di rosso. Un'unghia le si era spezzata e un frammento, affilato come una punta di vetro, s'era conficcato nella ferita prodotta.
Ferrer, accecato dal dolore, l'aveva spinta via mandandola a sbattere contro la parete. Josette s'era accasciata a terra, pallida e con gli occhi sbarrati. Impaurito s'era chinato su di lei per prestarle soccorso ma ecco che la sua amante, d'improvviso rediviva, lo aveva attirato a sé sussurrandogli nell'orecchio: non sono poi una così cattiva attrice. S'era poi sfacciatamente aperta in croce offrendoglisi impudica per sancire la resa, ma lui s'era tirato via e scostandola con la punta del piede aveva detto disgustato: sei solo una puttana. Lei, allora gli si era avvinghiata ad una gamba ma lui l'aveva scalciata con disgusto. Josette, per nascondere l'umiliazione, aveva preso scompostamente a ridere, una risata isterica, ma poi quando Ferrer era uscito quel parossismo era tramutato in pianto.

Qualcosa di drammaticamente irreversibile s'era delineato quella sera ma che nessuno dei protagonisti, in preda alle passioni o alle disillusioni, aveva percepito.
Arturo Serrano, su richiesta di Ferrer, aveva riaccompagnato a casa Josette, scarmigliata e febbricitante, in balia del delirio etilico e di quello sentimentale, e nei cui biascicamenti da ubriaca trapelavano lucidissime minacce di vendetta nei confronti dell'ormai ex amante.
Ferrer li aveva visti lasciare la sala provando un sollievo, sia pur momentaneo, per quella faccenda di cui ora paventava la pubblicità che di certo avrebbe compromesso i suoi ipotetici, futuri rapporti con Fleur.
In altri tempi, lo scandalo minacciato da Josette, l'avrebbe trasposto in capitoli di sciropposa letteratura erotico/sentimentale che tanto piaceva al suo pubblico, soprattutto femminile, che pure, nonostante lo stile mediocre e la ripetitività delle trame, decretava il tutto esaurito al cinema come in libreria.
Francisco Ferrer, incarnazione caraibica di un dio azteco, le fans lo assolvevano di tutti quei peccati che al proprio uomo mai avrebbero perdonato: l'incoerenza, l'incostanza, la spregiudicatezza e l'immoralità. Privilegi in un sex simbol ma abiezioni in un comune mortale. Tanto era grande la popolarità che la sua icona era entrata di diritto in una sorta di santeria parallela, dove la sua divinità pagana godeva del patrocinio di Santa Maria Maddalena Penitente, la peccatrice che aveva irretito decine di uomini e in ultimo perfino Gesù, che pure l'aveva perdonata, e stando a taluni scritti apocrifi, fatta sua sposa. Nell'immaginario femminile i colori di questo misterio, protettore della bellezza e della sensualità, erano il rosso vivo (colore della passione), il blu cobalto (quello della virilità), e il bianco, a testimoniare la purezza dell'anima nonostante le intemperanze dei sensi.

Quando Arturo Serrano era tornato alla villa la festa era già terminata, in anticipo e senza lo spettacolo dei fuochi d'artificio.
Ferrer era seduto a terra dove aveva predisposto  un gran numero di calici colmi dai quali beveva a turno, e in ordine casuale.
Serrano s'era seduto anche lui sul pavimento e aveva preso un calice che però l'altro, prontamente, gli aveva tolto di mano
- Uno di noi due, compadre, deve rimanere sobrio. E quello sei tu! -
Aveva affermato perentorio puntandogli l'indice contro

- Cosa è accaduto con Josette? Era fuori di sé, non mi riusciva di calmarla, farneticava frasi senza senso e minacce nei tuoi confronti, così in ultimo le ho somministrato un paio di sonniferi, messa a letto e lasciato la cameriera a vegliarla -
- Ah, Josette... Josette... un'attrice mediocre, l'unica parte in cui mostra un qualche talento è quella della puttana: un ruolo di poche battute -
E su questa sua considerazione, Ferrer, era scoppiato a ridere.
- Se non la vuoi più lasciala! -
Aveva esclamato in tono esasperato Serrano
- Davvero... non ti capisco -
Aveva poi aggiunto, dubbioso, scuotendo la testa
- Josette non vuole abdicare, amico mio, e mi sta dichiarando guerra. Ed io non sono pronto. Non ho nessuna strategia. Sono indifeso come un neonato. Guarda cosa mi ha fatto! -
S'era girato verso la luce per mostrare all'amico la guancia deturpata dallo sfregio che lei gli aveva inferto.
- E sai cosa pretendeva, la troia, dopo avermi fatto questo? Che la scopassi! -
Di nuovo quella sua risata remota, senza allegria.
- Questa scioccante rivelazione, compadre, merita che mi scoli anch'io un paio dei tuoi calici -
Aveva concluso con solennità Serrano, servendosi da uno dei tanti disseminati sul pavimento.

BLANCA E FRANCISCO
E come un mastino, Ferrer, aveva iniziato a pattugliare i luoghi presupposti dove si sarebbe potuta materializzare Fleur: la scuola, il palazzetto del ghiaccio dove si andava a pattinare, perfino il luna park, periferico e malavitoso, che di certo a lei non era permesso frequentare. E ancora, in ultimo, e con una certa assiduità, la pasticceria Bocados dove l'aveva casualmente incontrata. Quella in particolare, senza però trascurare tutte le altre della città. Ma inutilmente, che dalla sera della festa di lei aveva perso le tracce. Le tracce... ma non l'odore, che pure insidiosamente gli aveva invaso le narici e la gola sostituendosi all'ossigeno.
E così, Ferrer, necessitava di lei anche solo per respirare, soprattutto ora che le sue notti erano diventate solitarie seppur non caste, che per sfuggire al gorgo delle apnee, sintomi di quella nostalgia olfattiva, trovava momentaneo sollievo negli orgasmi autoindotti.
Solo allora, nel parossismo dell'acme, invocando il suo nome, ritrovava il respiro e i battiti del suo cuore esausto.
Consumato da quel desiderio che sempre più lo possedeva, dimagriva a vista d'occhio, e questo suo languore non era passato inosservato allo sguardo invasivo di Blanca Gil, giornalista e sua amica di vecchia data, che senza troppi preamboli gli aveva chiesto quale fosse la causa di quel suo visibile deperimento.
- Sono le donne che mi consumano, amica mia -
Aveva risposto Ferrer in tono confidenziale, schermandosi col suo ventaglio.
- Non m'inganni, Francisco, conosco la tua resistenza fisica e la tua tenacia psicologica, quindi deve trattarsi di una sola e di genere alfa, per cui sinceramente ti suggerirei di starne alla larga -
Aveva detto Blanca ridendo. E poi lo aveva baciato sulla bocca.

Blanca e Francisco non erano mai stati amanti né mai lo sarebbero diventati, non solo per il fatto che lei era bruna di pelle e di capelli, ma anche perché le piacevano le donne. Quest'affinità li aveva resi complici prima ancora che amici, al punto da condividere, per un certo periodo, la stessa ragazza.
Nessuno dei due era geloso dell'altro, e questo aveva generato una stima asettica, immune dai contorsionismi di quel sentimentalismo passionale che, al minimo subbuglio, esaspera e si distorce. Seppur non è esatto dire che tra loro non ci fosse alcuna attrazione, perché pure c'era e della più oscura, quella incestuosa dei gemelli monovulari, esercitata dal richiamo attrattivo di quel doppio che, pure se fisicamente scisso, è percepito come unico.
Incesto a freddo, il desiderio mirato a un ricongiungimento spirituale piuttosto che all'esplicazione di quell'atto sessuale che, se compiuto, si sarebbe rivelato distruttivo per entrambi.
Non era quindi una questione morale ma mero istinto di preservazione.
In una muta intesa avevano evitato di esplorare quel gorgo, limitandosi a passeggiare sottobraccio sulla sponda più asciutta: lui con il ventaglio tra le mani, lei con una sigaretta tra le labbra, e amabilmente conversando andavano facendo a pezzi l'onorabilità delle rispettive amanti.

Di Fleur, però, con Blanca non ne aveva parlato. Né mai lo avrebbe fatto, consapevole di come lei, di quelle confidenze, se ne sarebbe poi servita. Così, se fino a quel momento la discrezione era stata bandita da quel loro gioco, Ferrer era intenzionato, all'insaputa della sua complice, a ripristinarla, perché gli riusciva insopportabile perfino l'idea che quella potesse, con un qualche diritto, pronunciare il nome di Fleur. Sarebbe stata una profanazione, una violenza. Uno stupro da cui lui l'avrebbe, perfino a costo della sua vita, protetta. Avvolta nello spesso strato di coperte del suo amore, l'avrebbe tenuta segreta, al riparo dalla morbosità di Blanca e da quel loro patto scellerato.
E così avrebbe dovuto trovare un diversivo con cui stornare l'attenzione della giornalista, se non fosse che quel diversivo era stata proprio Blanca a fornirglielo quando gli aveva chiesto se puntava ad avere come amante la bellissima bionda intravista alla sua festa, scortata da un'attempata matrona e dalla deliziosa sorella minore.
 Il riferimento era a Celeste e non a Fleur.
Ferrer respirò sollevato.

- Ti riferisci alla figlia maggiore del console Petit? -
La domanda di Ferrer era per avere conferma che era proprio di Celeste che Blanca stesse parlando
- Una bellezza mozzafiato. Perfino il freddo, impenetrabile Arturo Serrano, ne è rimasto affascinato. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. E neppure io! -
Blanca aveva sottolineato l'ultima frase con un sorriso esplicito, e subito dopo aveva precisato
- Ovviamente hai tu la precedenza. Saprò aspettare -

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