Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

venerdì 6 luglio 2018

Fleur (cap 2)


FLEUR: STORDENTE, DELIZIOSA PERDIZIONE
Tenere tra le braccia, sia pur solo nella coreografia del ballo, Petit Fleur, aveva suscitato in Francisco Ferrer desideri inediti, un misto di lussuria e fratellanza, il desiderio di essere per lei il fango e l'arcobaleno, la perdizione e la salvezza, l'oltraggio e il perdono, Satana e l'arcangelo Michele.
Nessun'altra donna, come questa piccina, era stata in grado di scaraventarlo nell'abisso primordiale dei sensi, dove sentimenti e pulsioni erano un tutt'uno, strettamente, convulsamente annodati. Inestricabili. Indivisibili.
La sottile, stordente, inconsapevole fragranza adolescenziale di Fleur gli aveva permeato i sensi, dannandolo e rinvigorendolo al contempo, facendolo impazzire di quel desiderio di cui neppure lui conosceva la vastità e solo vagamente ne poteva presagire il potere distruttivo, che già si manifestava coi sintomi dell'insonnia, dell'indolenza, della vacuità del pensiero e dello sguardo, e invano tentando di capire quello che gli stava accadendo, di trovare un nome, o un significato, a definire quelle sensazioni frastornanti ed equivoche di cui era in balia.
Ma un nome c'era, ed era quello di Fleur.
Era il nome di lei che invocava nelle sue notti insonni, evocandola, implorandola, maledicendola. Non si dava pace in quel suo letto, avrebbe voluto averla vicino solo per respirare il profumo di primavera che emanava dalla sua pelle e dai suoi capelli di pallido sole ed inebriarsi dell'odore giallo e dolce del miele di tarassaco, quello stesso che immaginava permeasse il suo sesso di vergine.
Era quel profumo, associato all'immagine di Fleur nuda, che maggiormente lo eccitava come il più potente degli afrodisiaci, nel piacere solitario della masturbazione. 
Fleur. Fleur. Fleur
Fleur: stordente, deliziosa perdizione.

DESTINI
Ferrer aveva discretamente indagato per sapere qualcosa di più sulla piccola dea che gli aveva scippato il sentimento, poche informazioni, però, che la vita di Fleur era davvero all'inizio e su di lei non c'era molto da raccontare, se non che era la figlia minore del console francese Armand Petit, lui si, invece, con un corposo curriculum vitae da cui benissimo si sarebbe potuta trarre la sceneggiatura di un film d'avventura. Armand Petit che aveva dovuto rinunciare al più prestigioso incarico di ambasciatore a Mosca per via del clima non confacente alla salute precaria del suo unico figlio maschio, un diciottenne gracile dallo sguardo malinconico, prostrato da una rara malattia del sangue che lo andava consumando nella diarrea e nel vomito, relegandolo spossato in un fondo di letto, con le mani e i piedi colorati dal blu di un gelo endemico, impenetrabile ad ogni forma di calore.
 Philippe Marie Hippolyte, così si chiamava il giovane, un nome lungo per compensare la brevità plebea del cognome, ma che di certo non avrebbe pareggiato quella della sua vita.
Ed ecco che Armand Petit, politico brillante ed eminenza nel campo della diplomazia, s'era dovuto accontentare della mansione minore di console da espletare, grazie al posto vacante e su sua richiesta, a Santo Domingo, nei Caraibi, la città dove non fa mai freddo. Un ripiego per altro inutile, essendo consapevole che non era da ricercare nel clima la causa e il rimedio alla malattia che inesorabilmente andava sempre più debilitando Philippe.
Ma pure s'era piegato per amore alle istanze di Coralie, sua moglie, che incapace di abdicare alla speranza di una guarigione aveva trasformato la casa in una stazione di posta dove trovavano ospitalità professoroni e cialtroni di ogni specie, tra cui un ipnotista, che aveva tentato di far regredire Philippe allo stato di feto al fine di reimpostarlo verso una nuova nascita.
A questo continuo, caotico viavai di estranei su cui Coralie non esercitava alcun controllo, Armand Petit allora aveva chiamato sia la madre che la suocera a vigilare sulla sicurezza delle figlie, Celeste e Fleur. Compito che le due nonne espletavano con enfasi materna e incorruttibile severità.


E nel mentre Ferrer tentava d'imbastire un piano per poter rivedere Fleur, l'incontro avvenne del tutto casuale nella pasticceria Bocados, dove lei e Celeste avevano cercato in una caraffina di limonata ristoro dal caldo assassino che infiammava senza tregua quel pomeriggio.
Ferrer, frastornato e felice, prontamente scegliendo dal vasto repertorio dei suoi sorrisi quello suo più scanzonato, sorseggiando un "santo libre" abbordò le due ragazze chiedendo il permesso di sedersi con loro. Fleur che quel giorno indossava un etereo vestito a fiori sui toni dell'azzurro, e i biondissimi capelli serrati in una treccia, gli apparve ancora più incantevole di come la ricordava nel loro primo incontro, lo accolse entusiasta presentandolo alla sorella e aggiungendo poi: è di lui che ti raccontavo della sera del ballo. Questa piccola frase disvelava a Francisco due cose importanti: la complicità fra le due sorelle ma soprattutto che lei non lo aveva dimenticato. Questa constatazione lo aveva reso leggero e incautamente euforico, e già la sua mente andava febbrilmente elaborando un piano per poterla rivedere, non un appuntamento, no, certo, quello lo aveva scartato a priori, ma un invito esteso anche alla sorella o, se necessitava, a qualche altro adulto della famiglia, e l'occasione poteva essere quella informale di una festa.
E mentre nella sua testa prendeva sempre più consistenza la validità di questo escamotage, Ferrer andava attingendo dal vasto repertorio delle sue arti seduttive facendo attenzione, però, a non palesare un interesse esclusivo  per Fleur, ma equamente distribuendo le sue galanterie ad entrambe.
Un compito davvero difficile e per il quale abbisognava di tutto il suo autocontrollo, che la vicinanza di lei gli incendiava i sensi e gli ottundeva la mente, consapevole che non poteva permettersi errori né cadere in premature tentazioni, che Celeste, pur avendo pochi più anni della sorella, lo andava vagliando con un giudizio d'adulta. Bellissima ed algida, aveva gli stessi capelli pallidi e gli stessi occhi verde chiaro di Fleur, ma le similitudini si fermavano a quello, che Ferrer chiaramente aveva avvertito nella distanza dietro la cortesia la barriera invalicabile di un carattere superiore.
In altri tempi si sarebbe invaghito di lei.
In altri tempi, e se non ci fosse stata Fleur.
Fleur, che aveva riso alle sue facezie, che aveva giocherellato col suo ventaglio nero da dandy (quel ventaglio, ora per lui oggetto magico e da cui mai più si sarebbe separato, che le dita di lei vi avevano impresso l'impronta di una promessa seppur inconsapevole) che aveva preteso, con capricci di bimba, l'assaggio di un "santo libre" che la sorella gli aveva concesso nella quantità minima per un uccellino.
Fleur, che gli aveva poi detto in tono confidenziale: Francisco, voglio fare l'attrice, insegnatemi per favore.
E Ferrer aveva risposto ridendo: siete troppo giovane Fleur, dovete avere la pazienza di crescere, ma nel frattempo se vi contentate dell'insegnamento di qualche passo di danza, sarei felice d'invitare entrambe alla mia prossima festa.
E poi colto da un'illuminazione aveva aggiunto: invito esteso anche alla signora Ermelina Hortega, alla quale ebbi il piacere di autografare una pagina del vostro "program du bal"

E il consenso a partecipare alla festa venne loro concesso da Armand Petit, ma solo dopo un duro scontro con la propria madre, la nonna caffelatte, decisamente contraria a questa possibilità nonostante fosse stata garantita la presenza di Ermelina Hortega, la consuocera della nonna materna, che pure s'era impegnata ad accompagnare le due ragazze al ballo e vegliare su di loro.

- E chi sorveglierà l'evanescente, leziosa,  Ermelina? -
Aveva chiesto sarcastica l'irriducibile ottuagenaria al colmo della disapprovazione, spingendo in un angolo Armand, così come era solita fare quando era bambino e voleva cavargli di bocca la confessione di una marachella.

- Ermelina Hortega, per l'amor di Dio, a lei non affiderei neppure il gatto, figuriamoci le mie nipoti! -
Aveva concluso spossata da quell'accesso di collera, insensibile all'arringa difensiva del figlio che tentava, se non di convincerla, almeno di piegarla all'indulgenza.

- Celeste e Fleur hanno così poche occasioni di svago che non me la sento di privarle di questa opportunità. Confido nell'istinto materno di Ermelina e, soprattutto, nel buon senso di Celeste -
Aveva ribattuto con dolcezza e decisione Armand Petit, baciando la mano dell'anziana madre e  ponendo in questo modo fine alla discussione.

Ma la nonna caffelatte aveva preteso che Fleur, come la volta precedente, non indossasse un abito da sera ma la sua divisa da studentessa, un escamotage per evidenziarla nella sua ancora giovanissima età e renderla manifestamente inaccessibile.
Non immaginando che sarebbe stata proprio quella diversificazione a tracciare il destino di Fleur.
E di tutti loro.