Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

lunedì 18 dicembre 2017

Maria Verena Valduga. La storia. La leggenda (cap 4)


VERITA' E REALTA' NON SEMPRE SONO PRESENTI ALLO STESSO MOMENTO
Ma non è detto quello che a noi pare reale sia poi vero, perché non sempre realtà e verità sono presenti allo stesso momento.

La donna al balcone aveva una frezza bianca sul lato destro della fronte: un particolare che tutti avevano notato, ma quanto bastante a confermare la sua identità?
...perché nessuno l'aveva mai vista a viso scoperto, ma sempre schermata da una veletta.

Quell'apparizione un fatto, però, l'aveva prodotto: la fuga del prete.
Cosa l'aveva fatto scappare: il ritorno di un fantasma o un ritrovato senso di colpa?

Di certo questi interrogativi eccitavano la curiosità popolare verso una storia che, all'epoca dei fatti, non ne avevano scatenata alcuna.
Una vicenda circoscritta in un ambito famigliare davvero impenetrabile, che i Valduga, arroccati in quel loro palazzo, con le loro pretese di nobiltà, mai avevano tentato un'integrazione nel tessuto sociale, neppure di facciata.

Ma pure in quel palazzo così appartato s'erano tessute trame, e stretto relazioni, che avrebbero poi influito, allo scoppio della guerra, sul destino di molti
...allo stesso modo che la morte prematura del giovane principe Giovanni Cuza Sigmaringen, era andata tragicamente ad impattare quello di Maria Verena

LA VERSIONE DI ORSO
«Maria Verena Valduga, "la monaca" è morta sulle montagne dove s'era unita al nostro gruppo di partigiani.?
«E allora chi è la donna che abita il palazzo padronale?»
«Cosa volete ne sappia? forse il suo fantasma.» Risponde Orso, beffardo.

«Ne hai di fantasia, Orso.» Gli fa eco una voce alle sue spalle
«Si chiama memoria, dottore, e se mi paghi da bere, ti racconto come sono andati i fatti, ma versa tu, per favore, che la mia mano trema così forte che pare abbia il parkinson.»

«Eravamo in perlustrazione all'alba, io e Lupo, quando ci siamo imbattuti in due fuggiaschi, un uomo e una donna, lei zoppicava e lui la sosteneva, erano esausti e infreddoliti, non avevano cognizione del luogo e ancor meno della situazione in cui s'erano venuti a trovare, con me e Lupo che li fronteggiavamo armati. Li abbiamo portati al campo, non c'è stato neppure bisogno di legarli, erano talmente stremati che ci hanno seguito quasi con riconoscenza. Lei, la ragazza, è stata subito identificata, per via  di quella ciocca bianca, essere la figlia dei Valduga. Lui, invece, uno degli zingari sinti che s'erano accampati con le loro giostre all'entrata del paese. Non era una fuga d'amore, quella loro, ma più semplicemente lei non voleva entrare in convento e lui non voleva finire in un campo di concentramento. Avevano così concertato, per sfuggire ai rispettivi destini, di unirsi a noi partigiani. All'inizio non volevamo saperne di una donna nelle nostre fila, soprattutto di una come lei abituata agli agi e di famiglia fascista, ma poi si è rivelata essere all'altezza, così tanto che alla fine è stata arruolata nel gruppo di azione, avendo dimostrato di possedere un carattere determinato ed una mira infallibile. Doti che però non le hanno impedito di essere ironicamente ribattezzata con il nome di battaglia "la monaca", per via di quella balla, messa in giro dalla sua famiglia, di essere entrata in convento. In realtà era Django ad entrare tutte le notti nella sua tenda. Se quei due se la intendessero anche prima non saprei dirtelo, per noi non ha mai avuto importanza. Il loro stare in coppia  ha evitato che la presenza di Maria Verena creasse scompiglio nel nostro gruppo di soli maschi. Django era un carattere solitario, un tipo irrequieto, portato all'azione, sempre in prima linea, di coraggio ne aveva da vendere, non ha parlato sotto tortura, e con lui si sono divertiti, non gli hanno risparmiato nulla, mai visto così tanto accanimento contro un essere umano.»
Orso interrompe il suo racconto per attingere una lunga sorsata dal suo bicchiere e porgerlo poi, con un gesto significativo, all'altro perché lo riempia di nuovo: «Versa ancora, dottore, che tutto questo parlare mi ha asciugato la gola.»
Solo dopo che la richiesta è esaudita, riprende la sua narrazione: «Maria Verena è morta sul campo in un tranello. E' stato un massacro. Un tradimento da confessionale. Chiedetelo al prete quando torna...se torna.» Dice guardando il dottore con un sorriso enigmatico, e dopo un breve silenzio aggiunge: « Morire non è stata la cosa peggiore, perché la sorte più atroce è toccata a chi, come Django, è stato catturato. Da quella retata siamo scampati solo io e Lupo, in missione di approvvigionamento. Abbiamo seppellito i morti e poi le nostre strade si sono divise.»

«Questa è la tua versione, ma non c'è nessun altro, oltre te, a confermarla.» Il dottore ribadisce perplesso.
 «Ed io sono un alcolizzato: dilla tutta dottore.» Orso lo guarda e scoppia in una risata: «Mi hanno mutilato di una mano ma non della memoria.» Obietta sarcastico, mostrandogli il moncherino: «La mano me l'hanno strappata via un pezzo per volta... una cosa difficile da dimenticare.»
«Se Maria Verena è morta, allora chi è la donna che abita il palazzo dei Valduga?»
« A me non importa sapere chi sia. La mia storia te l'ho raccontata, ora versa da bere!»

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