Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

giovedì 28 settembre 2017

Il mestiere di vivere

La vita è una bellissima puttana che esercita fin troppo bene il suo mestiere, e dal cui letto mai vorremmo uscire.



martedì 26 settembre 2017

Il fiore del mio giardino (cap 4)


MAI DIRE MAI
Dopo aver messo alla porta un frastornato Garfield, Veronica s'era presentata al sexy shop e, senza troppi preamboli, aveva intimato a Perez: «Ed ora voglio la tua versione dei fatti!»
L'imperativo lo aveva colto di sorpresa mentre era piegato su un imballo e nel rialzarsi aveva battuto la testa contro la sporgenza di un ripiano, e così la risposta immediata era stata quella di un'intraducibile bestemmia che subito, però, alla vista di Veronica, con un sorriso da simpatica canaglia, aveva tramutato in scuse.

Veronica: «E' lampante che per l'odiosa messinscena che ogni giorni si replica in questo angolo di Browing Street, la regia è di Garfield ma il casting è tuo.»
Perez: « Davvero, Veronica, non so di cosa tu sia parlando, ma vedo con piacere che siamo passati a darci del tu.» Aveva risposto lui, con aria innocente.
Veronica: «Ti sto dando la possibilità di raccontare la tua versione della storia, che se il malanimo di Garfield nei miei confronti ha motivazioni concrete, anche se meschine, quelle tue, invece, proprio mi sfuggono. Non hai mai avuto mire di espansione né condotto guerre di religione, hai accettato perfino le incursioni di Van Gogh all'interno delle tue mura, e credo che della popolarità di cui ha goduto "Il fiore del mio giardino" te ne sia anche tu avvantaggiato. Chiudo e mi trasferisco a Napoli, nella città dove sono nata, voglio ricominciare da capo e dimenticare questa brutta storia, ma non me ne andrò a mani vuote, sono sicura che Garfield sborserà fino all'ultimo centesimo della somma che gli ho chiesto per avere il mio negozio.»
Perez: « Davvero hai intenzione di partire?» Le aveva chiesto serio, mentre continuava ad armeggiare con fili e lucchetti, intorno al grosso imballo.
Veronica: «Van Gogh ha bisogno di ritrovare la fiducia ed io l'ottimismo, e qui a New Eden non è più possibile, ma prima di andarmene vorrei conoscere le ragioni del tuo malanimo nei miei confronti. Quelle di Garfield le ho intuite, ma le tue...ecco, quelle mi sfuggono.» Era arrabbiata ma anche delusa.
Perez: «Non ho partecipato a questa ignobile messinscena, ma non l'ho neppure impedita. Non ho potuto far nulla, perché se avessi tentato una qualsiasi contro partita con l'aiuto di certe mie conoscenze sarebbe scoppiata una guerra tra bande che non avrebbe risolto il problema ma, piuttosto, si sarebbe scatenata  una sanguinosa guerriglia per il possesso di Browing Street. Garfield non sa neppure in che guaio si è cacciato nonostante, fin dal principio, ho cercato di dissuaderlo. Io...»
Veronica: «Tu...cosa? Cos'hai fatto di concreto per impedirgli questa follia? Sei rimasto a guardare, magari divertendoti pure. Sei esattamente come lui!» Nella sua voce, ora, la delusione aveva il sopravvento sulla rabbia.
Perez: «Esattamente come lui!» Perez esclamò infuriato. «Io sono forse peggiore ma non sono come lui. Non devi neppure pensarlo che io sia come lui. Sono colpevole, ai tuoi occhi, di non aver agito come ti saresti aspettata, di non essere corso in tuo soccorso.  Mi hai dato una chance ed io, invece, mi sono comportato esattamente da quel bastardo che tu immaginavi fossi. Ti ho deluso e mi dispiace, ma non avevo alternativa. Ho tentato di dissuadere Garfield provando inutilmente a farlo ragionare, a retrocedere da questa assurdità che purtroppo pagherà a caro prezzo perché il mafioso a cui si è rivolto non s'accontenterà degli spiccioli pattuiti per la messinscena, ma esigerà una compartecipazioni nella gestione dei negozi in attesa di espropriarli del tutto, dopo di che resterà solo il nome di Garfield sull'insegna. Un nome pulito, incensurato, una copertura per la gestione di attività illecite. Lo hanno in pugno, il coglione, con registrazioni ed altro. Dovrà sottostare al loro ricatto se non vuole finire ammazzato Non è gente che scherza, quella!» Disse battendo un pugno sul tavolo.
Veronica: « E tu, invece, non corri rischi? Te non ti toccheranno?»
Non erano sfuggiti a Perez il tono sarcastico della domanda e il sorriso ironico di lei.
Perez: «Non mi toccheranno perché sto tagliando la corda anch'io. E senza nemmeno un'assegno di buona uscita. Ci tengo a salvare pelle e tatuaggi. A proposito, hai già incassato quello di Garfield?»
Veronica: « Non ancora.»
Perez: «Temo che non potrai più averlo.» 
Veronica: «Perché? E cosa diavolo stai armeggiando?»
Perez: «Sto salvando la pelle a quel coglione di Garfield, e puoi scommetterci che non me ne sarà neppure grato. Fammi da palo, controlla che la strada sia deserta, devo trascinare questo scatolone all'angolo dei vostri negozi, e poi farlo esplodere.»
Veronica: «Sei completamente pazzo. Non puoi farlo, e io non sarò tua complice.»
Corse a sbarrargli l'uscita, ma Perez, con delicatezza, la spinse di lato e con un calcio spalancò la porta.
Perez: «Si che posso e lo farò, con o senza il tuo aiuto. Ma se collaborassi te ne sarei grato. Avanti, stiamo facendo un'opera buona, anche se Garfield non merita niente, ma sarà il Signore a giudicare. Ci credi in Dio? Io non ne sono certo, ma se mi chiedi del diavolo ti rispondo di si, soprattutto dopo averlo visto all'opera, e t'assicuro che Garfield sarà davvero fortunato a non passargli tra le mani. Si farà qualche anno di galera quando lo incolperanno di questo disastro, ma sarà comunque vivo. Col mio espediente  nessuno si farà troppo male. Tu comunque volevi andartene ed io pure. Sono costretto a filarmela subito perché sarò il primo ad essere sospettato. A te, invece, conviene rimanere, ci sarà l'Assicurazione a risarcirti, quello che non prendi da Garfield lo prenderai da loro, magari non la stessa fantastica cifra, ma pur sempre qualcosa di sostanzioso per ricominciare.»
Con molta cautela aveva sollevato lo scatolo che aveva poi accostato al muro de "Il fiore del mio giardino" avendo cura di posizionarlo sulla parete contigua al negozio di Garfield: l'esplosione avrebbe danneggiato anche quello, per dare l'idea dell'opera messa in atto da un principiante.»
Veronica: «Perché stai facendo tutto questo per Garfield? Cosa te ne viene in tasca?»
Perez: «E' inutile, non riesci proprio a vedermi come l'eroe buono! Mettiamola così, che senza un avversario non mi diverto e, seppur Garfield non è mai stato alla mia altezza, devo riconoscergli alcune non disprezzabili, perverse, intuizioni. E poi anche tu e Van Gogh siete in procinto di partire: senza la mia madonnina italiana vestita di nero, e il suo pappagallo che mi svolazza intorno, non ho ragioni per rimanere.»
Veronica: «Io?» Domandò sinceramente stupita Veronica.
William Perez confermò con un sorriso, guardandola con tenerezza. 
Perez: «Ti confesso che volevo andarmene già da un pezzo, la vita stanziale non fa per me, ma se non fosse accaduto tutto questo casino sarei rimasto almeno fino al giorno in cui tu avresti smesso il lutto per vederti indossare un altro colore. Credo di essere rimasto solo per questo. Una volta ho sognato che eri vestita di rosso. Il rosso è il mio colore preferito. Magari a te ne neppure piace. Ma nel mio sogno eri vestita di rosso, ed eri bellissima.»
Veronica: «Il rosso... sono anni che non lo indosso, non piaceva al mio defunto marito, lo considerava un colore profano.»
Perez scoppiò in una risata « Un colore profano? Davvero? E tu gli hai creduto?
Veronica: « No, ma gli ho dato retta.»
Perez: «Non sembri di quelle che danno facilmente retta. O eri troppo innamorata e così lo hai accontentato, o non lo eri affatto, una colpa che hai espiato con la rinuncia. Si, deve essere andata proprio così.»
Veronica: «Sei un tipo pieno di certezze.» 
Perez: « In alcuni campi ho acquisto una certa esperienza.» Confermò, col suo disarmante obliquo. «Dobbiamo separarci. Dovrai rimanere ancora un qualche tempo qui a New Eden per raccontare la tua versione dei fatti, che è poi la tua unica verità. Non ti accadrà nulla di male e non potrai essere accusata di niente: d'altronde eri tu il bersaglio. L'Assicurazione dovrà risarcirti, non so in che misura, ma qualcosa ti spetta, e magari sarà sufficiente per realizzare il tuo viaggio a Napoli.»
Veronica: «E tu cosa farai? Dove andrai?» 
Perez: «Taglio la corda prima di essere accusato di essermi rammollito. Ho anch'io una reputazione da difendere. Del negozio se ne occuperà il mio socio, ne farà quello che vuole perché quello che mi spetta l'ho già preso, il resto non mi riguarda. Dove vado è top secret.»
Veronica: « E' un addio, questo. Non ci rivedremo più?» Chiese triste Veronica.
Lui le sollevò il mento e la baciò a lungo, dolcemente. «Mai dire mai.» Le sussurrò all'orecchio prima di sparire nella notte che di li a poco si sarebbe colorata di rosso.

venerdì 8 settembre 2017

Il fiore del mio giardino (cap 3)


LA CATTIVA SORTE
E accadde che, a partire da un imprecisato momento, tutte le iatture della cattiva sorte pareva si fossero date appuntamento davanti la porta verde mela del negozio di Veronica Sorrentino. A dir la verità il tutto era iniziato in maniera blanda e all'apparenza casuale, nulla che facesse sospettare qualcosa di preordinato da una volontà di dolo ma piuttosto d'attribuirsi a deprecabili, stupidi atti di vandalismo spiccio, bravate adolescenziali oppure causate da qualche bicchiere di troppo. Era questa la spiegazione che aveva dato Veronica per il fiorire delle scritte oscene sui muri del negozio e per l'insegna divelta a sassate. Ma quando una mattina trovò la porta scassinata e Van Gogh legato al trespolo, ubriaco fradicio e in preda alla febbre del disorientamento, e tutta la  produzione di piante e fiori decapitata a colpi di roncola, allora fu costretta a prendere in considerazione l'ipotesi del dolo. Sporse denuncia contro ignoti, rimise in ordine tutto, e per una settimana si predispose a dormire nel suo negozio. Non accadde null'altro di spiacevole in quelle notti  di veglia e neppure nelle seguenti, e così rassicurata riprese la vita di sempre con l'eccezione di portarsi a casa il pappagallo,(che dopo quell'esperienza traumatica avrebbe sofferto di depressione e perdita dell'orientamento) perché troppo spavento s'era presa di vederlo sbandato e delirante, indifeso, e non riusciva a perdonarsi di non averlo protetto a sufficienza. Di non aver vigilato, nel modo giusto, su di lui. Veronica rimosse ogni traccia degli atti dei vandali, ripulì il negozio dalle scritte oscene e dalle spoglie dei fiori recisi, e si prodigò a far ritrovare a Van Gogh la fiducia e il senso dell'orientamento. Per un certo periodo non accadde più nulla. Tutto rimesso a nuovo "Il fiore del mio giardino" risplendeva in quella sua rinascita, che molte erano state le dimostrazioni d'affetto ricevute dai clienti locali e da quelli esteri, espresse anche con generose donazioni in denaro che Veronica, però, con infiniti ringraziamenti aveva restituito, perché a risarcire i danni aveva provveduto l'assicurazione.
Non c'è nulla di più rassicurante delle certezze della routine, anche se a lungo andare possono generare noia o fastidio, infinitamente si rimpiangono nel momento degli sbandamenti e delle catastrofi, quando la terra frana sotto i piedi e tu non sai se stai cadendo in una buca o in un precipizio. O in una realtà parallela. Che anche questa ipotesi s'era affacciata alla mente di Veronica, quando i vandali erano tornati a colpire, con tecniche nuove e in orari diversi. Non più di notte ma in pieno giorno. In maniera subdola e all'apparenza casuale. Accadeva così che un ubriaco facesse irruzione nel suo negozio a creare scompiglio tra i clienti, o un gruppo di nullafacenti ostruisse il marciapiede impedendo l'accesso  al negozio, e se qualcuno osava far rimostranze, veniva accerchiato ed insultato. Brutti ceffi stazionavano davanti al negozio, facendo desistere i clienti i clienti dall'entrare. Van Gogh, estraniato e impaurito, non lasciava più il suo trespolo, lasciandosi perfino piluccare le penne dai più arditi degli ormai sempre più sporadici, visitatori de "Il fiore del mio giardino".

UN'ILLUMINANTE CONVERSAZIONE
Garfield: « La vostra attività, signora Sorrentino, come voi stessa avrete avuto modo di valutare, è diventata il bersaglio prediletto di tutti i balordi di New Eden, che con l'intenzione palese di danneggiare voi danneggiano però anche me. Non voglio indagare i motivi per cui siete fatta oggetto di tanto accanimento, non sono affari miei, ma voglio proporvi una soluzione per liberarvi da questo impaccio e poter io ritornare alla serenità dei miei affari che in quest'ultimo periodo, per colpa vostra, non godono certo di buona salute.»

Quando Max Garfield aveva fatto  il suo ingresso, il negozio era vuoto, così come sarebbe rimasto fino all'ora di chiusura, disertato dai clienti intimoriti dalle minacce dei balordi.
Un'atmosfera desolata permeava il negozio, con Van Gogh appisolato sul trespolo e le poche piante superstiti genuflesse in segno di resa. Veronica stessa, vestita di nero e seduta nella penombra con le mani in grembo, di quella resa pareva l'emblema.
L'irruzione improvvisa di Max Garfield aveva però avuto il beneficio di ridestarla dall'incantesimo a cui lei pareva soggiacere, ristabilendo un contatto con la realtà.
Le ci vollero però alcuni minuti per capire appieno il senso delle sue parole, che già lui aveva tirato fuori il carnet degli assegni, sicuro che Veronica, stavolta, avrebbe accettato la sua offerta. 

Garfield: «Signora Sorrentino, offro la stessa rilevante cifra che a suo tempo avevo proposto al vecchio proprietario di questa baracca, ma che, invece, per un'antipatia immotivata nei miei confronti ha preferito svendere a lei. Sono perfettamente al corrente, signora, della somma ridicola con la quale avete rilevato questa attività, perché il vecchio ci ha tenuto a farmelo sapere. Accettando questa mia generosissima offerta ci avrete così doppiamente guadagnato, perché allo stato attuale, e con la pessima pubblicità di cui ultimamente godete, non credo troverete altri acquirenti. Voi vi togliete dall'impaccio, e io integro il vostro esercizio nella mia impresa; addobbi floreali per cerimonie. Ci guadagniamo entrambi.»
Veronica: « L'ipotesi che io non voglia vendere non vi ha sfiorato neppure per un attimo?»
Garfield: « A qual fine mantenere in vita un'impresa in perdita? Soprattutto, con quali finanziamenti? L'assicurazione non pagherà una seconda volta, non sono enti di beneficenza quelli, non risarciscono le vittime del malanimo, che è questa, a quanto pare, la causa della vostra disgrazia.»
Il tono, canzonatorio ed insieme malevolo, di quell'affermazione, l'aveva così sgradevolmente colpita che le balenò alla mente l'ipotesi che poteva essere lui il capo di quella congiura, ordita per espandere la sua attività.
Veronica: «Ma venendo a cadere il muro divisorio del mio negozio, il vostro esercizio andrà direttamente a confinare con il sexy shop di Perez. Non lo trovate più così sconveniente? Mi sembrava che fosse questo il vostro assillo, la vostra missione: evitare la contaminazione del sacro col profano. Dio e il Diavolo a così stretto contatto! Siete certo di volervene assumere la responsabilità?» Chiese maliziosa.
Punto sul vivo Garfield, replicò con un freddo: «Questo è un problema che non vi riguarda.»
Veronica: « Mi riguarda, invece, perché sospetto che di quello che mi sta accadendo ne sappiate molto più di quello che date ad intendere, e così, nel dubbio, potrei vendere a Perez, anzi svendere, solo per farvi un dispetto. Ecco un'ipotesi che non avete preso in considerazione e per la quale dovrete rivedere la cifra del vostro assegno, se volete evitare a voi stesso il trauma di uno spiacevole dejavù.»
Senza dargli il tempo di una risposta, lo prese sotto braccio e lo accompagnò alla porta con l'esortazione di valutare la sua proposta, ma in tempi brevissimi, o altrimenti avrebbe interpellato Perez.
Veronica:  Perché, signor Garfield, dopo questa illuminante conversazione sono certa che voi  comprenderete la mia fretta d'interporre quanti più chilometri possibili tra me e la cattiva sorte.»
             

lunedì 4 settembre 2017

Il fiore del mio giardino (cap 2)



UNA VITA DA RISCRIVERE
E così, Veronica, ancora vestita coi crespi vedovili, conscia di dover ricominciare da capo, s'era gettata con entusiasmo  nel commercio dei fiori, una rivalsa sull'allergia congenita ai pollini di cui il marito soffriva e per la quale s'era dovuta privare, negli anni del matrimonio, di quel piacere così femminile.
Una compensazione, dunque, ed un'affermazione di se stessa.
Per questo s'era decisa a rilevare lo stentato negozietto in Browing Street, che il proprietario, un bellicoso ottuagenario che pur di fare un dispetto ai figli e ai nipoti che in anticipo gli stavano scavando la fossa, s'era intestardito a non voler cedere neppure alla generosissima offerta dell'altezzoso Garfield, ma l'aveva invece, e di buon grado, svenduta per un tozzo di pane alla giovane signora in lutto che aveva speso una cifra folle per il più lussuoso e profumato cuscino funebre che a memoria d'uomo si ricordasse a New Eden.
 Era entrata nel negozio vestita di nero e n'era uscita guarnita come una Primavera del Botticelli, con fiori sparsi nei capelli e sul decolletè, e un contratto che la ufficializzava proprietaria dell'attività.

VAN GOGH
Tutte le mattine, puntuale alle otto, Veronica, spalancava la porta verde mela del suo negozio e vi  sistemava accanto il traballante trespolo dove allocava Van Gogh, un pappagallo dai colori tropicali, libero di svolazzare a suo piacimento dentro e fuori il negozio. Pappagallo poliglotta, quando era dell'umore giusto, garriva il ritornello di "O sole mio", ma era la "Cucaracha" il pezzo forte del suo repertorio, con spontanee, imprevedibili variazioni al testo: maliziose, per lo più, ma anche ciniche, divertenti, e quasi sempre con doppi sensi. 
 Così c'era sempre qualcuno a scattare foto e girare video, a conversare con Van Gogh o a fare la corte alla giovane signora vestita di nero. Nessuno usciva mai a mani vuote dal negozio: chi con una piantina o un piccolo bouquet, chi con un sorriso ritrovato o una speranza colta in quel minuscolo, coloratissimo, giardino dell' Eden. Sta di fatto che "Il fiore del mio giardino" era diventato luogo di culto per gli artisti, che ne apprezzavano la suggestiva scenografia; per gli innamorati, che facevano incetta delle profumate promesse aleggianti fra le sue mura. Ma anche per i solitari, che per l'occasione uscivano dal loro isolamento per chiacchierare con Van Gogh e Veronica, e per i malinconici e i disillusi, che qui riscoprivano i motivi  di una nuova  "joie de vivre".
 Perfino un poeta di fama internazionale s'era preso il disturbo di una capatina a New Eden per scoprire il segreto delle attrattive e delle illusioni, di cui Veronica Sorrentino pareva aver decifrato gli enigmi.
Ma aveva poi scritto, al riguardo, un pamphlet velenoso, declassando la poetica del luogo a semplice, e ben riuscita, operazione di marketing.
"Quale poesia? Un pappagallo chiassoso ed invadente, la proprietaria belloccia ma con un' evidente tendenza alla pinguedine, che pure il noioso, snellente nero di cui sempre si veste, non riesce a nascondere, e i fiori del tipo a buon mercato. "Il fiore del mio giardino" è una messinscena, una  favola programmata, una trappola per i gonzi."
Questo, in sintesi, il suo articolo che aveva convinto Garfield, l'acqua santa, a tentare una coalizione con Perez, il diavolo, contro la giovane vedova colpevole di troppa fantasia.

UN TENTATIVO DI ALLEANZA
A dire il vero, per l'ossuto e arrogante Garfield, non era stato facile convincere il riottoso Perez sulla necessità di quell'alleanza, sollecitata da un dettagliato elenco di ragioni, tra cui il vistoso calo della loro clientela e la visibilità eccessiva acquisita, invece, dal negozio dell'italiana.

Garfield: «I clienti disertano il mio negozio perché disturbati della marmaglia che affolla, invece, quello di fiori. Quella donna, Perez, ha trasformato questa via in un mercato, declassando le nostre attività a bazar. Non possiamo più permetterglielo!» Proruppe, uscendo dal buio e sbarrandogli la strada.
Perez: « Hai definito bazar anche il mio esercizio. Ero io, a tuo dire, a degradare la" tua" strada con la "mia" ciurmaglia da bassifondi. Memoria corta, Garfield?» Lo canzonò divertito.
Garfield: «Ironizza quanto ti pare, ma quella donna non ci metterà molto a fagocitare anche la tua clientela.»
Perez; « Probabile, dal momento che molti dei miei acquirenti sono gli stessi del tuo negozio.» 
Garfield: «E non intendi fare niente? La cosa non ti preoccupa? Io ho provato a far ricorso alle vie legali con una dura lettera di rimostranze all'Assessore al Commercio, ma la moglie è un' aficionados della fiorista, e delle più devote. La risposta è stata che, al contrario di quello che io denuncio, la signora Sorrentino, con il suo ingegno, ha dato visibilità e fulgore non solo a Browing Street ma a tutta New Eden, rendendola appetibile ai tour operator e alle frotte di turisti che grazie a lei l'hanno scoperta, con un forte incremento dell'economia locale e a costo zero per il Comune. La signora Sorrentino meriterebbe una targa con il titolo di filantropa, e la gratitudine di tutta la cittadinanza piuttosto che gli insulti ingiustificati contenuti nella mia raccomandata. Come vedi, Perez, le vie legali ci sono precluse!» Enfatizzò la sua impotenza abbassando la voce e alzando le mani in segno di resa.
Perez - Cosa proponi di fare, allora? L'Italiana sta al suo posto e non commette alcun illecito, tranne forse per il suo pappagallo che ogni tanto svolazza nel mio negozio, facendo divertire i clienti. Vuoi che denunci Van Gogh per violazione dello spazio aereo?» Chiese, con tono di burla. Poi cambiando registro, disse: «Lei.. Veronica...ma l'hai vista? Che tocco di femmina...immaginala vestita di rosso... così  me la sono sognata una notte, vestita di rosso: uno schianto. Appena smette il lutto mi faccio avanti.» Ammiccò, dandogli di gomito.
Garfield: « Quando smetterà il lutto tu starai di nuovo spacciar droga, perché quella, nel frattempo, avrà già provveduto a mandarci sul lastrico. A meno che...»
Perez: « A meno che... cosa?» Chiese, sulla difensiva.
 Garfield: «A meno che giocando d'anticipo saremo noi a gettarla sul lastrico, legalmente, avvalendoci dei suoi stessi metodi.» Minacciò, con un sorriso sibillino.

domenica 3 settembre 2017

Il fiore del mio giardino (cap 1)




IL FIORE DEL MIO GIARDINO
Erano l'intonaco color mandarino e la porta verde mela, ancor prima dell’insegna, 
un chiassoso tazebau con la scritta in italiano “Il fiore del mio giardino” a lettere irregolari
e colori psichedelici, a reclamizzare l'attività di fiorista di Veronica Sorrentino,
vedova Thompson, in quel di Browing Street, nella cittadina di New Eden,
nello Stato del Maryland.
Un negozio storico, questo, rilevato nel corso del tempo da un numero imprecisato di
gestori costretti ad abbandonare l’impresa per via degli affari poco fiorenti e della guerra 
in corso tra il proprietario del negozio di abiti da sposa e articoli da cerimonia, Max 
Garfield, ubicato alla sua sinistra, e quello del sexy shop, William Perez, alla sua destra.
Il negozio di Veronica Sorrentino, strettamente incassato fra i due, sarebbe risultato
invisibile ai passanti se non ci fosse stato il richiamo dei colori al neon dell’insegna, e quello
dell’intonaco che lo evidenziava con la sua tonalità luminosa di ocra incandescente,
sull'anonimo sfondo color sabbia del muro.
Una strategia, questa della tinta di un tono diverso, ideata da Veronica per uscire dal cono
d’ombra dove s’era ritrovata relegata dopo aver comprato quel negozio in stato di
perenne fallimento, che il proprietario per un'antipatia personale verso Garfield, che pur
di rilevarlo aveva offerto una cifra ragguardevole, aveva preferito svenderlo a lei
ad un prezzo irrisorio.

Dunque, il negozio di fiori progettato da Veronica in un eccentrico stile vintage/italiano,
 (anche se lei dell’Italia, della città di Napoli dov'era nata, non conservava alcun ricordo 
perché dopo pochi mesi dalla sua venuta al mondo i suoi si erano trasferiti a New Eden 
per ricongiungersi con quella parte di parentado che già qui s’era stabilita, e così
 se n'era costruito uno suo sulla romantica immagine di una cartolina d’epoca, che mostrava 
l’affaccio di un balconcino fiorito sullo sfondo di un  paesaggio marino, e la mamma 
che la schermava dal sole con un cappellino di paglia), aveva costituito il naturale divisorio tra il
diavolo e l’acqua santa, metafora forse scontata, ma calzante, per designare le due attività
rivali allocate ai suoi fianchi: il sexy shop di Perez e il negozio di abiti da sposa di Garfield.

A onor del vero c’è da dire che la fiorista  s'era a lungo spesa nella vana opera di 
pacificazione tra i due, ma fallendo nel suo intento era riuscita, però, a coalizzare
i due rivali contro di lei, rea di aver acquisito la proprietà del negozio, di averlo reso
visibile e con una clientela in continuo aumento, ma soprattutto di essersi fatta beffe
di quella loro ridicola guerra basata essenzialmente sullo sbandieramento della reciproca
delegittimazione.

LE RAGIONI DELL'UNO. LE RAGIONI DELL'ALTRO
Veronica: «Signor Garfield, vorrei capire la causa di così tanto malanimo nei confronti di Perez.»
 Garfield: « Cosa c'è di così difficile da capire, la sua attività è controproducente alla mia. Basta 
guardare gli articoli esposti nella sua vetrina: un insulto alla morale. Un oltraggio alle
 persone perbene ed al mio onesto commercio, che operando nel settore del matrimonio fa
diretto riferimento ai valori di nostro Signore.»
Veronica: «Perez ha una regolare licenza, e gli articoli in vendita non sono illeciti. Inusuali, ma 
 non illeciti. Ha diritto quanto lei di esercitare il suo commercio. Non ci vedo alcun dolo nei suoi
confronti »
Garfield: « E l’immagine? Parliamo dell’immagine…certo lei non sa neppure cosa sia, con quel 
  suo 
negozio  pacchiano.»
Veronica: «Non esageri ora, se il mio stile non è conforme ai suoi gusti non posso farci niente, 
siamo in un paese libero.» 
Garfield: «Libero di permettere tutto e il suo contrario: esattamente come accade in questo
 angolo di strada.»

Veronica: «Perez, cosa la disturba dell’attività di Garfield?»
Perez:  «Della sua attività niente, anzi gli auguro che prolifichi a dismisura e acquisti sempre più 
clienti,  perché quelli dopo esser passati da lui vengono a comprare da me. La sua attività non mi
disturba affatto, è la sua arroganza che mi disturba. E' un vero stronzo.»


VERONICA SORRENTINO VEDOVA THOMPSON
Tra i due antagonisti le simpatie di Veronica andavano a William Perez, perché in lui ancora
percepiva una genuinità autentica e un po' infantile che addolciva il suo gergo da pirata e l'aspetto
da mangia fuoco: qualche chilo e qualche tatuaggio di troppo, e un sigaro puzzolente incollato alla
bocca.

Anche se non era il suo tipo, Veronica se ne sentiva diabolicamente attratta, forse perché Perez era
l'esatto contrario del suo defunto marito: ligio alle regole, attento e scrupoloso, ordinato nell'anima e
nei sensi, che far sesso con lui era come andare a un battesimo, con l'anima ripulita
dal peccato.
Un uomo probo, Danny Thompson, che lei non s'era sentita di sporcarlo con i suoi audaci
desideri sessuali. Quelle sue sfrontate fantasie di cui il solo racconto lo avrebbe fatto arrossire.
A dire il vero un qualche blando tentativo, per capire fin dove su quel terreno potesse osare,
lo aveva fatto, ma lui fingendo di non avvedersene aveva, con tatto, respinto l'invito a mordere la
 mela del peccato che lei, con mano tremante, gli aveva porto.
Veronica sapeva che lui l'amava profondamente e teneramente, con discrezione e ammirazione,
 e seppure a letto non s'era rivelato un' amante focoso, era stato un compagno gentile ed
affidabile, e così quando un infarto se lo era prematuramente portato via (una beffa quella morte,
perché morigerato com'era non aveva coltivato in vita  alcun vizio) aveva vestito il lutto per un
anno seppure la modernità non lo annoverasse più tra gli obblighi vedovili, se lo era imposto,
immaginando che a lui avrebbe fatto piacere quel tributo alla sua memoria.