Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

giovedì 29 giugno 2017

La stanza di Ludwig (cap 3)


La mia aggressiva irruzione di quella notte mi aveva recato un'inaspettata, quanto bislacca,  popolarità, cosicché quando attraversavo il cortile, o m' affacciavo alla finestra, c'era sempre qualcuno che a gran voce mi chiedeva cosa stessi vedendo.
Imbarazzata, affrettavo il passo fingendo di non aver sentito o mi ritraevo dalla finestra, arrabbiata con me stessa al ricordo della  mia sconcertante performance di quella sera, che m'aveva tolto, agli occhi del vicinato, ogni credibilità.
Così decisi che mi sarei affacciata solo di notte, quando il resto del mondo dormiva e la stanza di fronte magicamente, solo per me, s'animava.
...seppur dovetti aspettare molto tempo prima che accadesse di nuovo.

Quella sera un vento di burrasca muoveva le tende e faceva tintinnare le gocce del lampadario barocco; un vento teso a spazzar via le ombre del buio e render nitide quelle dei due uomini avvinghiati in una lotta silenziosa.
Individuai, dal bianco dei capelli, l'uno essere Ludwig, dell'altro, invece, non emergevano particolari identificativi, ma sembrava, tra i due, fosse quello più in difficoltà, quello che subiva la predominanza fisica dell'avversario.
...ed ecco, d'un tratto, nelle sue mani, materializzarsi un coltello che nell'enfasi della lotta gli era però caduto a terra, dove Ludwig fu lesto a raccoglierlo, e poi con quello assediarlo.
 Lo sconosciuto, smarrito e maldestro, incespicò  nella sua stessa ombra e cadde sulla lama  impugnata dall'avversario a stabilire la distanza.
...sgomitando a casaccio nel buio rovinò a terra
Senza più rialzarsi.

Questa volta non agii impulsivamente, non corsi a batter alla porta di Ludwig,  ma piuttosto mi sforzai di far leva sulla razionalità.
Dunque, ciò che accadeva in quella stanza non avveniva in tempo reale ma era una proiezione di atti compiuti nel passato che, non so per quale ragione, me ne era concessa una visione privata.
Ma per dare un senso alla sequenza di quegli eventi che scorrevano a ritroso (così m'era sembrato di capire che la scena, intravista per la prima volta dalla mia finestra, in realtà fosse l'atto finale) avrei dovuto scoprire l'identità della vittima, della quale, però, non avevo alcun indizio da cui partire.
...interrogare il vicinato, in maniera assolutamente discreta, rimaneva l'unica strategia a cui potessi far ricorso, che consultare i giornali sarebbe stato del tutto inutile poiché di quel misterioso delitto neppure i mass media dovevano saperne nulla.

...e alla prima buona occasione realizzai l'approccio proprio con la vicina di casa di Ludwig, intercettata mentre attraversava il cortile appesantita da un paio d'ingombranti sporte e impacciata da un grosso ombrello da uomo in cui, a tratti, rischiava d'incespicare.
Finsi di scendere a raccogliere un tovagliolo cadutomi dalla finestra, eppoi come per caso voltarmi e veder lei col suo pesante fardello, andarle incontro offrendole il mio aiuto, che subito accettò, grata, impartendomi benedizioni e ringraziamenti, fin sulla soglia di casa, dove m'invitò ad entrare per un caffè.
...che io, di buon grado, accettai.

Per un pezzo parlammo del più e del meno, poi, inaspettatamente, fu lei stessa ad imboccare l'argomento Ludwig.
Si vedeva che aveva voglia, ma forse più esatto dire, necessità di parlare, di sgravarsi di un peso che, al pari di quello delle sporte, le urgeva dividere con qualcuno.
...e quale pubblico più attento di me, la ragazza delle visioni, avrebbe ascoltato la sua storia?

Così, io ed Adelina (anche questo un nome di fantasia, ispirato dalla fragilità, fisica ed emotiva, identificativa della vicina di Ludwig, altrimenti una donna senza una storia personale ma con la propensione a vivere quella degli altri, per cui, io stessa, avrei dovuto usare molto cautela per preservarmi da sue probabili invadenze future, come mi aveva fatto presagire quel suo fulmineo passaggio dal "lei" al "tu"), sedute in salotto, con davanti un bricco di caffè fumante e un vassoio di biscotti stantii, avanzo di compleanni mai festeggiati, ci apprestavamo ad officiare al rito della confessione: lei la penitente ed io il confessore.

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