Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

sabato 3 settembre 2016

Una storia Big Babol



Unite le lingue, come gemelle siamesi, da una Big Babol.
Cementificate alle punte.
Condannati gli occhi a doversi fissare.
E le anime a toccarsi.
Quella situazione assurda, però, le avrebbe rivelato quanto di autentico c'era nel sentimento dichiarato da lui, se è vero che gli occhi svelano ciò che la lingua sottace.
Quest'ultima constatazione, grottesca nella realtà del momento, la fece mentalmente sorridere.
Un storia Big Babol.
Una storia infantile e surreale al contempo, da cui Chuck Palahniuk, il suo scrittore preferito, avrebbe saputo ricavarci la trama per un romanzo.
Ma lui non era Chuck Palahniuk, lui si stava innervosendo senza neppure darsi la pena di nasconderlo, dimenticando che in quella ridicola situazione ce l'aveva messa lui, motivo per cui avrebbe dovuto mostrarsi meno codardo e più pragmatico.
Perché quello stupidissimo gioco era stato lui ad idearlo, e lei, curiosa sempre di tutto, lo aveva accettato con entusiasmo.
Gli imprevisti fanno parte della vita, e quasi sempre si trova una soluzione.
"Keep calm and carry on" ("Mantieni la calma e vai avanti"), questo avrebbe voluto dirgli per tranquillizzarlo, se solo ne avesse avuto la facoltà.
Non potendo parlare cercava di comunicare con gli occhi: uno sguardo a cui lui, invece, pareva sottrarsi.
Strappi nervosi e goccioline di sudore sulla fronte.
E  occhi sfuggenti.
Cosi andavano rivelandosi sgradite verità, mentre lui grugniva dal naso tutta la sua impotenza, nervoso ed esausto, sollecitando una collaborazione che lei, alla luce dei nuovi fatti, era sempre meno propensa a concedergli.
Lui cercava una via di fuga mentre lei avrebbe potuto, senza troppi stravolgimenti, rimanergli così attaccata per sempre.
Proprio come una Big Babol.
Ma lui, sempre più infuriato e senza più alcun riguardo, andava strattonando le loro povere lingue, gettando occhiate disperate all'orologio.
Respingeva i suoi abbracci, quasi che lei fosse l'ostacolo materiale ad una possibile via di fuga.
Cercava un varco attraverso la distanza.

«eo ndae.» Perso ogni residuo di pudore, andava ripetendo, allo sfinimento, quel ridicolo mantra, mentre il bolo appiccicaticcio andava sempre più solidificando.
 «eo ndae.» Sillabava esausto, ormai in preda al pianto.

"Keep calm and carry on": toccava a lei trovare una soluzione.
Era lei l'adulta.

Dolcemente iniziò ad indietreggiare verso la credenza, trascinandoselo dietro, dapprima recalcitrante ma poi sempre più ubbidiente, fiducioso che lei avesse escogitato un espediente per uscire da quella situazione.
Brevemente frugò nel cassettino delle posate trovando ciò che cercava: un coltellino da frutta che, divertita, gli fece balenare davanti agli occhi, godendosi la sorpresa e poi la paura, l'attimo prima di tranciargli di netto la punta della lingua.
«Sei libero. Ora puoi andare.» Disse sputando quel pezzetto di carne.

"Keep calm and carry on": un finale degno di un racconto di Chuck Palahniuk.