Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

martedì 15 marzo 2016

Dipendenze

Eterna risorge sempre  la speranza come un fungo velenoso
(Charles Bukowski)



Con la stessa intensità con cui amavo un tempo l'ora del crepuscolo preannunciante la notte, così oggi amo il sorgere dell'alba. La luce piuttosto che il buio, forse perché sto invecchiando e la prospettiva futura di un niente sommerso dall'oscurità più fitta, mi atterrisce. Non riesco ad immaginarlo, il niente, dove tutto è stato cancellato, colori suoni sensazioni, vista udito gusto odorato e tatto, paesaggi  persone  luoghi, stupore eccitazione ansia paura: niente altro fuorché il buio impenetrabile.

Nonostante questo, però, il mio rapporto conflittuale con la luce non è affatto migliorato, anzi, col passare degli  anni, e proprio a causa di questi, si è andato ancor di più inasprendo, proprio perché ne sto diventando dipendente.
E' una dipendenza per sconfiggere una paura.


...e ogni giorno che passa, sempre un pochino di più me ne assoggetto.

Cosa fare, allora?
Attendere?
Rassegnarsi?
Sperare?

La speranza... credo sia questo il vero oppio dei popoli.
Ai  piedi di questa dea, menzognera e sterile, ci prostriamo invocando un miglioramento di prospettiva; una nota che volga, finalmente, al positivo; il superamento di una situazione critica; l'avverarsi di un miracolo.
E lei, da sotto il suo velo verde, ci persuade. divertita e cinica, che materialmente realizzi la sua menzognera proiezione di quel miraggio a cui noi, sfiniti, tendiamo le nostre ultime forze, per non precipitare definitivamente in quel buio che così tanto somiglia alla morte.

 Reagire!

E' questa la risposta giusta al mio interrogativo precedente.
Reagire.
Il che significa, strisciare sulle proprie ferite, rialzarsi, ricadere, ricreare un equilibrio mentre si continua ad avanzare, passo dopo passo, per guadagnare il tempo minimo di riprender fiato, e poter proseguire la propria penosa avventura, talvolta solo finalizzata alla mera sopravvivenza.

...ma ne vale comunque la pena dal momento che solo una volta ci è dato vivere.
Fanno eco voci remote nel cui tono percepisco un velato disprezzo a questa mia lamentazione che sa di insulto nei confronti di chi, versando in condizioni davvero sconfortanti, pur non getta la spugna e s'oppone, con ogni mezzo, a contrastare l'ineluttabilità del destino, lottando e sperando.

Hanno ragione, le voci remote, a disprezzare questa mia pessimistica analisi?
No. E lo credo con fermezza,
Ogni vita è diversa dalle altre, seppur molte paiono somigliarsi, ma sono le nostre esperienze, la nostra sensibilità, e soprattutto la concezione di qualità, a definirne le differenze, cosicché nei confronti del medesimo argomento si hanno migliaia di punti di vista discordanti e, altrettanti, di reazione.
E non sempre è vero che chi dalla vita sia stato più provato sia, alla fine, il più disperato.
Marilena

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