Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

venerdì 6 novembre 2015

Tattiche di sopravvivenza


Stamani proprio non gira per il verso giusto.
Un senso di gelo opprimente, di distacco e di solitudine mi pervade, quasi fosse subentrato, al mio interno, un precoce inverno siberiano.
Ho acceso la stufetta nonostante fuori ci sia un solicello tiepido e l'aria tersa.
Sono quasi certa che davanti al fuoco di un caminetto sarei scoppiata in lacrime.
Odio questi miei improvvisi sbalzi di umore, queste mie repentine ascese verso vette inaccessibili e le subitanee rovinose cadute verso il suolo.
Uno sfracellamento metaforico ma altrettanto doloroso quanto uno reale.
Non ce la faccio proprio a rimanere in alto per un tempo abbastanza lungo per far sì che le mie ali, irrobustendosi nell'esercizio del volo, non cedano alle subdole lusinghe della forza di gravità.
  Devo rialzarmi al più presto, e per farlo ho bisogno di una motivazione valida.

I miei occhi cadono sull'elenco delle cose da fare: tante e tutte noiose, mentre ho bisogno, in questo momento, di qualcosa che mi stimoli e che mi appassioni.
Ma nessuna ispirazione giunge in mio soccorso, così come altre volte dovrò far ricorso alla mia immaginazione.

Per sfuggire all'oppressione non esistono formule magiche, si deve far ricorso unicamente alla propria riserva personale di tattiche di sopravvivenza (che siano virtuali, metafisiche o  reali, o un assemblaggio di tutte le risorse disponibili, non ha alcuna importanza, quello che conta è il risultato).

Un buon caffè, caldo e profumato, da sorseggiare nel chiarore della finestra, godendo della luce e dei colori del mattino, è un preliminare necessario ad una più positiva predisposizione verso me stessa ed il mondo.
E se al di là della finestra non c'è un paesaggio all'altezza, allora lo invento, concentrandomi su un particolare che ha attratto il mio sguardo (niente, in questo frangente, avviene per caso) ed isolandolo dal contesto generale posso, attraverso la fantasia, rigenerarlo in qualcosa di più vasto.
La chioma dell'albero che si staglia oltre la mia finestra, ad esempio, può costituire, secondo il caso, la veduta aerea su un continente come l'area disordinata di un paesaggio boschivo piuttosto che l'intrigo di una foresta amazzonica.
Gli elementi indispensabili sono tutti alla mia portata: il cielo, i rami e le foglie.
E le varianti date dagli agenti atmosferici, quali vento, luce, pioggia, nebbia, neve, contribuiscono a far si che il paesaggio, e quindi anche il viaggio, sia sempre diverso, ricco di sorprese e scoperte.
I rami di quell'albero meraviglioso mi hanno trasportato, con le loro traiettorie inedite, in luoghi fantastici ed inesplorati.

Così, partendo dallo sfondo di un cielo di seta celeste, complice la scenografia del palazzo che s'intravede parziale dietro il fogliame, ed emergente solo di un tono di colore più scuro di quello del cielo, ho  inquadrato il dettaglio architettonico del balconcino dell'ultimo piano, la cui veranda incastonata dietro una grata elaborata come una preziosa filigrana, occhieggiante del rosso vivido e del fucsia smagliante di piccoli fiori tardivi affioranti dall'intrigo dei rampicanti, mi ritrovo davanti alla porta, misteriosa e tragica, del Palazzo del Principe Shahriyar, nel  regno di Tartaria, dove ebbe inizio la saga delle "Mille e una notte" ad opera di Shahrazad, immaginifica quanto scaltra affabulatrice, che con la sua fervida immaginazione ammaliò il Principe sanguinario, riuscendo a sfuggire al suo già programmato destino di morte.
L'ho intravista nella penombra dei tendaggi, assisa ai piedi del Sultano che l'ascoltava estasiato, innamorandosi, prima ancora che della sua bellezza, della sua voce e della sua fantasia.
Shahrazad, intuendo la mia presenza al di là del vetro del balconcino, si è voltata, sorridendomi complice

Nessun'altra strada avrebbe potuto condurmi in quel luogo incantato se non i rami di quest' albero magico che si staglia nel riquadro della mia finestra, ma che pure è reale, con le radici ben piantate nell'asfalto e contro il quale mi capita sovente d'inveire, soprattutto in questa stagione quando le sue foglie si cospargono, come un tappeto scricchiolante sul mio terrazzo, ostruendo lo scolo dal quale defluisce l'acqua piovana
Ma quest'albero ha un cuore molto più grande del mio: è un albero saggio e non mi serba rancore per l'ingratitudine dei miei ingiusti improperi.
E' un albero che non ha rami, ma braccia.
Marilena

6 commenti:

  1. Non hai bisogno di nessuno, Mari,: tu sai risorgere sempre, grazie al dono che hai : la grande capacità di rendere reali e utili le tue fantasticherie, pescate nel profondo della tua anima,
    Altro che uno psicanalista che ti fa sdraiare sul letino!
    Besos su besos.
    Cri

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  2. Ti sarò sempre grata, Cristiana, per l'empatia e il calore che sempre trapelano dai tuoi commenti.
    Un abbraccio ed un bacio immenso <3

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  3. è vero non esistono formule magiche, forse c'è solo la speranza di riuscire a superare il momento.
    però intanto si rimane con la sensazione incompiuta di non aver nulla nelle mani.

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    1. E' vero, endi...ma anche gli appigli sono importanti.
      Un abbraccio
      A presto :)

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  4. E se al di là della finestra non c'è un paesaggio all'altezza, allora lo s'inventa.

    Grazie di aver scritto questa frase sublime.
    Stavolta sarò io a rubartela.

    Un abbraccio

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