Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

venerdì 2 ottobre 2015

Il primo abbraccio (cap 3)


(Pubblicato nell'antologia "Il tango di Cloe" da "Writer Monkey" Maggio 2018)



 - Cosa aspetti, vuoi aiutarmi o resti lì a guardare? -
Così Mary andava incitando l'incredulo John
- Legagli le mani a questo figlio di puttana. Legalo bene, che non si possa facilmente liberare. Usa la tua cinta che del foulard io ho bisogno. Dopo gli togliamo i vestiti. Portiamo via tutto, che i vermi in natura sono nudi. -

John la guardava trasognato, ubbidendo meccanicamente ai suoi ordini, incerto se fosse nel bel mezzo di un sogno o protagonista di un fatto di cronaca.
In quel determinato contesto Mary si muoveva agile, certa del fatto suo.
Ma ciò che più lo aveva colpito era stata la visione di quella sua gran chioma zingaresca, malamente sforbiciata, e del colore vivido del fuoco, che sembrava illuminare la penombra della stanza.
 Mary aveva raccolto gli abiti dell'uomo in un fagotto, muovendosi sicura, senza impaccio apparente.
- Nelle tasche frugheremo poi, con agio, quando saremo lontani da qui -
Così aveva stabilito mentre andava nascondendo, sotto il foulard da hippy, quei suoi capelli di fiamma.

Avevano poi ripreso il cammino, fianco a fianco, nel loro consueto silenzio, alla ricerca di un rifugio dove trascorrere il tempo restante della notte.
Ma ora era lei che tracciava il percorso, con lui che la seguiva adeguando i suoi passi.
Trovarono riparo in quello che doveva essere stato una volta un casolare, scegliendo ognuno il proprio angolo privato dove poter riprendere a sognare i loro miraggi impossibili.
Al centro della stanza, dove Mary lo aveva depositato, troneggiava il fagotto degli abiti dell'uomo.
Una prova di fiducia? Si era ritrovato a domandarsi John.
Quel bottino apparteneva di diritto a Mary poiché era lei ad averlo conquistato, ma lui avrebbe potuto tranquillamente impossessarsene mentre quella dormiva senza contravvenire a nessuna legge del popolo della strada.
La quinta regola, infatti, suggerisce di non separarsi mai dai propri beni, soprattutto di non tenerli troppo in vista per non scatenare eventuali mire di possesso.
Una trappola, il bottino lasciato in bella vista? Andava congetturando, nel suo angolo insonne, John.
Si può fuggire inducendo l'altro alla fuga, motivandolo con argomenti irresistibili.
Un modo sottile per dire: prendi tutto e vattene.

Eppure lui che aveva, in quel periodo di strana convivenza, prospettato tante volte l'abbandono, ora non era più certo di voler proseguire da solo. Cercò d'immaginare se stesso girovagare senza la sua altissima compagna, e vide solo un'ombra confusa, invisibile prima ancora che agli occhi del mondo, ai suoi stessi. In qualche modo la vicinanza di Mary lo rendeva reale: materia, e non ammasso di particelle addensate nello spazio circoscritto del suo polveroso io.
Eppoi c'era stata la rivelazione di quei suoi capelli sfolgoranti come un sole sfarzoso, da sempre celati sotto il fazzoletto che ne occultava lo splendore.
Perché una donna nasconde ciò che, invece, la renderebbe unica?
E la risposta fin troppo facile: per non avere troppa visibilità.
Mary aveva dovuto rinunciare alla vanità femminile di quella sua chioma sontuosa per rendersi il più invisibile possibile, che già in questo la sua altezza non l'aveva favorita, e lo splendore dei suoi  capelli l'avrebbe maggiormente esposta allo sguardo morboso del mondo.
Questo pensava John nel suo angolo insonne, trovando estremamente ingiusto il destino di quei capelli che sarebbero stati il tesoro più prezioso, ostentato da qualsiasi  altra donna, ma non da Mary, nata con una sorte avversa e troppi centimetri d'altezza.
Andava destandosi in lui un irresistibile, sopito, desiderio di bellezza, poter immergere le dita in quella seta rossa e dimenticarsi, per un momento, del grigio del mondo.
Lui che aveva amato il femminino in tutte le sue sfumature si sentì sconsolatamente triste per lei

Anche Mary non riusciva a dormire. La paura era stata tanta, sentiva ancora le mani dell'uomo brancicare su di lei, ed era stato un  miracolo che l'avesse colta nell'atto di tagliarsi i capelli, che il coltellino a portata di mano, non sempre nel momento del bisogno, è così raggiungibile.
Stavolta era stata fortunata, ma la prossima? Avrebbe voluto non pensarci, ma i fotogrammi della lotta, solitaria e silenziosa, che l'aveva vista protagonista, continuavano a materializzarsi nel buio ricchi di particolari come le sequenze di un thriller.
Disgusto, impotenza e solitudine, la pervasero.
Rannicchiata contro la parete finalmente pianse.

Quel singulto sommesso di animale braccato, unica eco nel silenzio desolante della notte, aveva raggiunto John ancora desto nel suo cantuccio, intento ad analizzare quel suo nuovo sentire nei riguardi della sua compagna, D'istinto si alzò per raggiungerla e consolarla ma, dimentico della barriera (o trappola?) del fagotto posto al centro della stanza, vi inciampò, rovinando rumorosamente  a terra.
Con un balzo, Mary, fu sopra di lui, tenendo bene in vista la sua piccola lama.
Ma John fu più desto e gliela fece cadere di mano, eppoi fece qualcosa che lei non si aspettava: la strinse tra le braccia.
Un abbraccio forte, caldo, protettivo.
Un abbraccio silenzioso, che la trovò impreparata, ma che non respinse.

Fu quella una notte di confidenze, d'incontro e non di fuga, dove lei pianse tutte le sue lacrime represse e rise di tutte le cose buffe che lui le andava raccontando per asciugarle il pianto.
Fu quella una notte di rivelazioni in cui lei gli fece il dono della sua bellezza, sciogliendo, solo per lui, i suoi meravigliosi capelli di fiamma.
In quel vivido rosso John immerse gioioso le dita riscoprendo con  stupore in quella loro tana notturna, i colori delle albe e dei tramonti, dei fiori e delle farfalle, della bellezza suprema del mondo che talvolta si è costretti a celare sotto un cencio perché non risplenda troppo a destare inopportuni desideri. E al diavolo tutte le strategie dell'invisibilità, che nella natura dell'uomo è vivere nella luce e non nell'ombra, condannato al destino iniquo di preda o  predatore.
Tutti, infine, hanno diritto al sole, all'aria, alle stagioni, alla bellezza dell'esistenza, e non solo alle sue disperazioni.

- Domani sarà un giorno di sole, te lo prometto. -
Sussurrò John a Mary, stringendola tra le braccia, prima di addormentarsi

4 commenti:

  1. Leggendo mi è venuto da pensare come a volte da un male può nascere un bene, e una situazione difficile può avvicinare 2 persone che prima a malapena sapevano dell'esistenza l'una dell'altra.
    Ti chiedo una cosa, perchè non ci racconti le vite di John e Mary prima che si incontrassero?
    Se ti va.

    Buon fine settimana.

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    1. Verissimo, endi, troppo spesso si cammina insieme senza davvero "vedere" l'altro.
      Chiusi nelle nostre legittime paure, pensiamo ad erigere muri piuttosto che abaatterli.

      Così, solo dopo una situazione a rischio, John scopre Mary, nella sua fragilità e nella sua bellezza, e per la prima volta la inquadra nella sua difficile esistenza di donna costretta alla vita di strada. Capisce che essere in due, non è esser più deboli ma più forti. Scopre di nuovo la bellezza della vita, l'esigenza di vivere allo scoperto, alla luce del sole, e a non aver paura di mostrarsi.

      Terrò conto del tuo suggerimento sul raccontare le vite di Mary e John prima che s'incontrassero.
      Non mancheranno spunti di scrittore.

      Grazie!!!!!!!!!!!!!
      Buon fine settimana anche a te :)


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  2. Ho tirato un respiro di sollievo, anche perchè, un finale del genere, fa intuire che sei in pace con te stessa.
    Psicologia spiccila forse, eppure ne sono convinta.
    Un racconto splendido, anche per la sua originalità.
    Non te l'ho mai chiesto e non mi aspetto che tu mi dica cose prettamente tue, ma hai mai mandato un bel malloppo di racconti ad una casa editrice?
    Bisogna farlo e insistere finchè non trovi qualcuno che veda un po' più in là del suo naso.
    Cri

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  3. Andiamo per ordine, Cri.
    1) John e Mary hanno avuto il lieto fine per merito tuo (lo devono esclusivamente a te, che non mi sono sentita di propinarti un altro dei miei non/finali, visto che hai la pazienza di leggere i miei deliri.
    2) Hai ragione, sto bene con me stessa, e la tua non è affatto psicologia spicciola, ma genuina empatia e profonda attenzione verso le persone.
    3) Non ho troppi racconti (sono tutti qui nel blog e, qualcuno ha subito, nel corso degl tempo, l'onta di ridiventare bozza). Davvero non ho interesse ad entrare in competizione con le gioveani, e più fresche leve della narrativa. Non starei al passo visto che scrivere, per me, non sempre è facile e continuo. Scrivere è una passione, se diventasse un impegno non ce la farei. Vorrei tanto condividere con chi legge il mio blog la gioia che provo anche quando un solo lettore legge un mio scritto. La determinazione e la passione, e l'ostinazione che ci ho impiegato è ampiamente ripagata. Eppoi ci sei tu, la mia lettrice prima, diretta e sincera, e dalla quale ricevo stimoli ed incoraggiamenti. E questo non ha prezzo!

    Un bacio immenso, Cristiana, e grazie dal profondo del cuore <3

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