E' un punto davvero microscopico, sperduto tra i più evidenti cerchi montani e le nitide linee fluviali dei corsi a lunga percorrenza, al confine con i bastioni decadenti del Deserto dei Tartari e le terre nebbiose di Utopia, in quella regione ancora inesplorata di Blogosphere.
E il cui percorso ho momentaneamente smarrito.
Sono nella mia casa di Roma, seduta al computer, totalmente immersa nel mio ruolo di scrittrice: una tazzina di caffè ancora fumante alla mia destra, e la sigaretta che si va lentamente consumando nel piattino alla mia sinistra.
In quest'atmosfera sospesa mi predispongo, con entusiasmo e chiarezza d'intenti, a rivestire questo ruolo almeno per buona parte della giornata.
Peccato, però, che non ci siano spettatori, perché non c'è nulla di più frustrante che recitare davanti ad una platea vuota, quando si è completamente calati nella parte e così sicuri della propria maestria.
The show must go on: lo show deve continuare, e d'altronde io non potrei, pur se volessi, fare altrimenti, perché la recitazione è nel mio dna.
- Interno giorno
Una stanza luminosa dove predomina il colore bianco. Dalle finestre spalancate s'intravede il profilo grigio chiaro di un palazzo e il ciuffo verde di un albero.
- Primo piano su M. che è seduta al computer, indossa una sottoveste rosa, i capelli arruffati e uno sbafo di rimmel sotto gli occhi.
La telecamera scende ad inquadrare il piano ordinato della scrivania, dove gli oggetti sono un foglio color lavanda fittamente scritto, una penna, occhiali, una tazzina di caffè, e un piattino dove va consumandosi la brace di una sigaretta.
Ancora un primo piano su M. che, distolto lo sguardo dal monitor, si guarda intorno con aria smarrita.
Questa è, nella sua integrità, la sequenza scenica appena andata in onda e opportunamente filmata dal mio invisibile regista, il quale avendomi eletta, non so neppure io per quali insondabili ragioni, sua musa, s'è in ultimo perfino rassegnato a non servirsi di alcun copione affinché io possa dar sfogo alle alle mie occulte, quanto discutibili doti di mattatrice.
- Campo lungo ad inquadrare la stanza, dove sullo sfondo si vede M. esibirsi davanti ad un pubblico invisibile, in un impeccabile inchino.
Marilena
E il cui percorso ho momentaneamente smarrito.
Sono nella mia casa di Roma, seduta al computer, totalmente immersa nel mio ruolo di scrittrice: una tazzina di caffè ancora fumante alla mia destra, e la sigaretta che si va lentamente consumando nel piattino alla mia sinistra.
In quest'atmosfera sospesa mi predispongo, con entusiasmo e chiarezza d'intenti, a rivestire questo ruolo almeno per buona parte della giornata.
Peccato, però, che non ci siano spettatori, perché non c'è nulla di più frustrante che recitare davanti ad una platea vuota, quando si è completamente calati nella parte e così sicuri della propria maestria.
- Interno giorno
Una stanza luminosa dove predomina il colore bianco. Dalle finestre spalancate s'intravede il profilo grigio chiaro di un palazzo e il ciuffo verde di un albero.
- Primo piano su M. che è seduta al computer, indossa una sottoveste rosa, i capelli arruffati e uno sbafo di rimmel sotto gli occhi.
La telecamera scende ad inquadrare il piano ordinato della scrivania, dove gli oggetti sono un foglio color lavanda fittamente scritto, una penna, occhiali, una tazzina di caffè, e un piattino dove va consumandosi la brace di una sigaretta.
Ancora un primo piano su M. che, distolto lo sguardo dal monitor, si guarda intorno con aria smarrita.
Questa è, nella sua integrità, la sequenza scenica appena andata in onda e opportunamente filmata dal mio invisibile regista, il quale avendomi eletta, non so neppure io per quali insondabili ragioni, sua musa, s'è in ultimo perfino rassegnato a non servirsi di alcun copione affinché io possa dar sfogo alle alle mie occulte, quanto discutibili doti di mattatrice.
- Campo lungo ad inquadrare la stanza, dove sullo sfondo si vede M. esibirsi davanti ad un pubblico invisibile, in un impeccabile inchino.
Marilena