Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

sabato 31 gennaio 2015

L'intrappolamento seduttivo

Quella dell'intrappolamento seduttivo, o La Dannazione Sulfurea, come è appellato negli antichi tomi, è una tecnica di seduzione che richiede un'abilità applicativa davvero fuori dalla norma.
Essendo una strategia da pianificare minuziosamente nei dettagli.
E dove non è concesso alcun margine d'errore.
E' questo un metodo per esperte generalesse.
E cacciatrici davvero abili.
Quindi, signore, se siete personalità distratte, approssimative, o dotate di poca pazienza, non prendetela assolutamente in considerazione. Poichè, opportunamente, l'ampia letteratura filosofica ed antropologica del pensiero femminile, e la divulgazione della metodica, nei trattati inerenti alla sperimentazione applicata riguardo a questa materia, pur contemplano alternative d'imbastimento meno artificiose.
Più sintetiche. Anche se più fallaci.
L'intrappolamento seduttivo necessita di notevole forza di carattere.
Perseveranza. Indubbia capacità decisionale.
Una incrollabile certezza nelle proprie potenzialità.
Dunque, impresa delicatissima.
Che non prevede sperimentazioni.
Nè, tanto meno, rimedi raffazzonati.
Rattoppi dell'ultima ora.
Le statistiche elencano, nell'aridità indiscutibile dei numeri, ben pochi successi e troppi, davvero troppi, disastrosi fallimenti.
Quindi, prima di accingervi ad intraprendere una impresa di siffatta complessità, assicuratevi che il vostro curriculum contenga tutte le specifiche elencate.
L'intrappolamento seduttivo si prefigge, come scopo finale, l'assoggettamento totale, attraverso l'imposizione coercitiva di uno stato di necessità imprenscindibile da voi.
Una manipolazione premeditata.
Per stabilire una dipendenza.
Fisica. E psicologica.
Un'assuefazione.
Un incantesimo ad personam.
Intrappolare significa precludere ogni via di fuga.
Nello specifico, però, scatta la meccanica della volontarietà e dell'accettazione.
Così come, per paragone, si verifica nel condizionamento della Sindrome di Stoccolma.
Le generalesse più audaci e le cacciatrici più esperte ben sanno, però, che per attuare un simile, audace ingengo, nulla deve essere lasciato al caso.
Per cui è innanzitutto d'obbligo uno studio esaustivo ed appassionato del soggetto: manie, vezzi, idiosincrasie e passioni.
Senza null'altro trascurare.
Conoscenze assolutamente fondamentali, se si mira al successo pieno del progetto.
Perchè questo occorre per organizzare una trappola invisibile.
Ed inviolabile.
Visibilissima, invece, deve essere la soldatessa che a tale opera si appresta.
La ruvidità degli anfibi e la persuasione caratteriale dello Chanel n.5
La punta dello stivale per sospingere il capriolo nella ineluttabilità della trappola.
E la traccia subdola del profumo, a rassicurarlo.
A non disorientarlo.
Badate che la trappola non abbia pareti di muro. O inestricabilità di labirinto.
Meglio un fondo ialino, levigato e compatto, che mostri l'esterno.
Perchè l'illusione dell'aria è fondamentale.
Stivalacci da guerrigliera.
Ed un lembo di pelle nuda.
Non occorre altro.
Nessuna trasparenza allusiva da cortigiana.
O lugubri taffettà da ipnotizzatrice.
Nessun inutile armamentario fetish.
O effimeri lustrini da diva.
L'essenzialità è, in questo contesto, l'inganno massimo della seduzione.
Ricordate anche che l'addomesticamento richiede pazienza ed indulgenza.
Le dita tenaci di Penelope.
E gli occhi veggenti di Morgana.
Non precipitate i tempi se mirate ad una vittoria piena e con resa incondizionata.
Alcune droghe agiscono subito.
Al primo impatto c'è già l'assuefazione.
Ma la dipendenza è data dalla cruda potenza della sostanza.
E non dalla mano che la porge.
Nell'intrappolamento seduttivo nessuna droga avrà più efficacia se non sarete voi ad inientarla.
E' questa la grande differenza.
L'assoggettamento che crea la dipendenza vitale.
Lo stordimento progressivo dello Chanel n. 5
E le lusinghe fameliche suggerite dall'arroganza dei vostri visceri, e dai capricci dei vostri umori, confidati al capriolo intrappolato nell'ardita spregiudicatezza di un gioco impudico, che pur terribilmente lo eccita. E, a cui mai, vorrebbe più sottrarsi.
In un territorio circoscritto. Ostile.
Ad armi impari.
Gioco pericoloso. E non condiviso.
Perchè sarete sempre e solo voi a dettar le regole.
Ma il capriolo, addomesticato, le accetterà in una resa consapevole ed incondizionata.
Felice di subirle.
Ed ecco che la droga persuasiva è somministrata.
Ed il suo destino segnato per sempre dall'amara speranza di riuscire un giorno a possedervi.

giovedì 29 gennaio 2015

La lampada di Aladino




Mi risulta complicato scrivere della mia vita, perché non distinguo tra i ricordi e ciò che è frutto della mia immaginazione; la pura verità può risultare tediosa e per questa ragione, senza rendermene conto, la modifico o la enfatizzo, anche se mi sono proposta di correggere questo difetto e di mentire il meno possibile in futuro"
(Isabel Allende - Il diario di Maya)

Difficile, per chi lo legge, districarsi tra le pagine del mio blog, ne sono consapevole io per prima, perché qui tutto si accumula, la mia vita di superficie e quella sotterranea, ed immaginifica, dell'antro.
Eppure, quest'ultima, nonostante sia popolata di personaggi di pura fantasia, è vera quanto quella reale.
Principio di uno scrittore è non annoiare il lettore, saper rendere emozionante ciò che, visto con la lente della normalità, può risultare banale. Nessuna vita è mediocre se la si interpreta con lo sguardo innocente di un bambino che, rovistando nel fondo di un cassetto, scopre inedite meraviglie negli oggetti che gli adulti, invece, hanno etichettato cianfrusaglie, dopo che usurati dal loro continuo impiego hanno perso smalto e spessore, fino a diventare invisibili, depotenziati di qualsiasi attrattiva quando è venuta a mancare quella della pratica.
 La loro visibilità è strettamente legata all'uso, a quella loro indispensabilità che, una volta decaduta, causa un inceppo o un funzionamento più lento, sbrigativamente, quando non sono gettati subito via vengono accantonati in un cassetto con l'onorevole intento di una loro futura riparazione, che quasi mai avviene, perché fuori, nelle vetrine occhieggiano facsimili più attraenti e più moderni.
Così, quelle cose inutilizzate sono destinate all'abbandono, finché un giorno, un bimbo curioso ed annoiato, apre quel cassetto e li riporta alla luce e, attraverso il suo sguardo, risplendono nuovi, inediti, fantastici.
Una resurrezione.
La possibilità, per quegli oggetti, di una seconda vita più eccitante di quella fino allora vissuta e unicamente finalizzata allo scopo della loro funzionalità, cosicché una vecchia teiera, nell'immaginario del bambino, si trasforma in qualcosa di magico e prezioso: la lampada di Aladino.
Qualcosa a cui affidarsi e non su cui fare affidamento.
Irrazionale, certo, questo mio ultimo ragionamento, se non fosse che la fantasia non conosce limiti né confini, perché la fantasia è quel luogo dove tutto è possibile.
Dove tutto può essere.
Dove tutto può accadere.

E' così che un giorno ho scoperto la botola segreta, ubicata nell'armadio della mia camera da letto, che tramite una scala a chiocciola conduce ai sotterranei del mio antro.
Ho aperto, una sera, l'anta dell'armadio e mi sono accorta che un angolo del suo fondo risultava leggermente sollevato dalla base. Ho pensato al deterioramento del tempo, che anche il legname migliore, dopo tanti anni di uso continuo, può subire cedimenti. Ho provato allora a  spingere, col palmo della mano per vedere se ci fosse un qualche modo per ricompattare la frattura, e con l'aiuto di una torcia, poiché era proprio uno dei due angoli più interni, ho provato a valutare il danno e la possibilità di una sua riparazione, rendendomi conto che la scollatura aveva prodotto una fessura di un certo spessore e dalla quale trapelava un vaghissimo chiarore lunare.
Impossibile, mi sono detta, che la luce della luna, attraverso la mia finestra, rifulga fin dentro l'interno del mio armadio.
Impossibile.
Ho scoperto quella sera che "impossibile" è una parola che dovrebbe essere cancellata dai dizionari, perché guardando più attentamente nella fenditura, ho capito che la luce che intravedevo nel fondo proveniva dalla luna che s'affacciava da un'altra finestra, ubicata in un accesso, fino a quel momento segreto, del mio armadio.
Ho provato allora a sollevare ancor di più l'angolo scollato e ho sentito, sotto le dita, l'impugnatura di una maniglia, una solida manopola che facilmente potevo sollevare e così scendere, tramite una scala a chiocciola, che si snodava proprio sotto i miei piedi, in una stanza segreta, silenziosa, dominata dalla penombra, e che aveva come unico arredo un divano rosso.
E le tende spalancate sulla meraviglia di un paesaggio sconosciuto, illuminato dalla stessa luna che intravedevo dalla finestra della mia camera da letto, nell'eternità delle mie notti insonni.
Impossibile, è una parola inventata dagli uomini per circoscrivere, con la razionalità, la sicurezza dei propri territori mentali, ed erigere barriere di protezione dietro cui trincerarsi per respingere, insieme alle proprie paure, tutto ciò che non rientra nei parametri prestabiliti del sensato, cosicchè tutto ciò che non trova riscontro in tali schemi è visione, allucinazione. Follia
Marilena

domenica 25 gennaio 2015

B/N

Adoro i film e le foto in bianco e nero, ma non la vita quotidiana.
Per questo la coloro con un po di fantasia.
Pennellate tenui sotto cui s'intravede l'originale, che altrimenti trasformerei me stessa in un inganno.
Marilena

venerdì 23 gennaio 2015

Una fioritura precoce nel cuore dell'inverno.

Dopo l'immane fatica d'aver coscienziosamente ripulito ogni anfratto del mio antro, estirpate le erbacce e sfrattato una colonia di formiche guerriere che ne aveva fatto territorio di conquista, ho lasciato per il topolino abusivo, che pur ha espletato le veci di guardiano, un piccolo incavo che s'apre verso l'esterno, da cui liberamente può entrare ed uscire a suo piacimento. Continua a piovere, ma la casa è ormai completamente asciutta seppur permane un forte odore d'umido, che il calore della mia stufetta, perennemente accesa, non riesce ad attenuare. L'uragano d'acqua che deve essersi abbattuto in questo territorio, durante la mia assenza, ha permeato in profondità il terreno cosicchè dalle rade erbette, che il suolo ha partorito, sono germogliati piccoli fiori rotondi e prematuri, dai colori dell'arobaleno. Uno spettacolo per gli occchi e per il cuore, queste piccole chiazze di Eden, simili ai colori sparsi a caso sulla tavolozza di un pittore.
Anche se immagino che, una volta esaurita la pioggia, tutto disseccherà in un tempo bevissimo.
 Ma intanto mi godo lo spettacolo seduta sulla soglia, incurante dell'acqua che, filtrando attraverso le tegole disconnesse del tetto, dolcemente mi bagna.
Finalmente, dopo tanto tempo, mi sento di nuovo viva, colma d'entusiasmo e d'aspettative.
Seduta sullo scalino del mio antro, rimango in attesa del ritorno della mia piccola ciurma, sparigliata nella vastità della Blogosphere.
Torneranno tutti, ne sono certa, perchè questa è la loro casa.
Così spero che continui a cadere, fino al loro ritorno, questa fitta piogerella perchè faccia durare il più a lungo possibile il miracolo di queste piccole aiuole fiorite nel cuore dell'inverno, affinchè anche i miei "mostriciattoli" possano goderne.

martedì 20 gennaio 2015

Danza con me

Danza con me laddove il vuoto si spalanca e il vento soffia forte e gli alberi sono cespugli e le bocche spalancate nell'urlo non hanno denti per ferire.
Danza con me, precipita in caduta libera lungo la traiettoria degli ascensori.
Ignora le porte aperte.
Danza con me e non aver paura perchè non centreremo la grande vela bianca dispiegata, per noi, sul marciapiede.
Ignora le ali.
In caduta libera vomiteremo l'urlo



domenica 18 gennaio 2015

Divieto d'accesso

I lunghi corridoi che attraversano
le allucinazioni roventi del deserto
terminano davanti alla porta sbarrata.
Divieto d'accesso alla polveriera
per chi teme la faccia cattiva dell'angelo


domenica 11 gennaio 2015

Riflessioni d'inizio anno

Raramente mi capita si sentirmi in sintonia col mondo esterno.
Il mio equilibrio precario, subalterno al mio umore mutevole, alle mie nevrosi latenti, legate alle mie paranoie e alla mia insicurezza esistenziale, giocano un ruolo, per lo più drammatico, nel modo di vivere gli eventi negativi.
Questo inizio d'anno, invece, nonostante sia partito davvero malissimo, mi ha reso consapevole di quanta volontà io disponga nel volermi sentire parte integrante di questo nostro mondo, e poterlo fare a modo mio, partendo proprio dal mio equilibrio sbilenco, ed accettandolo io per prima, perchè questo è il mio modo personale di essere armoniosa.
Non voglio essere ciò che non sono, quella che gli altri s'aspettano ciò che io sia, ma continuare ad essere l'imperfettissima, ma vera, me stessa, con dentro un universo insospettabilmente armonico.
Soprattutto brulicante di passioni.
Marilena




domenica 4 gennaio 2015

Trasformazioni


Il nuovo anno non è iniziato sotto una buona stella, ma più o meno, è così da sempre, solo stavolta un pò peggio. Ma forse è colpa delle incoerenze astrali che caratterizzano il mio segno, le cui avvisaglie si sono manifestate  nel sorgere di una luna perfettamente tonda campeggiante nel cielo opalino di mezzogiorno, come un sole irragiungibile, freddo e cieco, che m'ha costretto, mio malgrado, a varcare la porta e ritrovarmi a camminare su un  pavimento ricoperto di muschio, mentre le mie dita, nell'umida penombra, sfioraravano pareti  fittamente tappezzate di licheni.
Nessun rumore, in quel rifugio vellutato, solo il timido squittio, subito represso, a casua della mia entrata in scena, di un topo abusivo, acquattato in qualche angolo remoto della stanza.
Sono stata via, dunque, così tanto tempo, da lasciare che questa natura da sottobosco, penetrando dalle fessure slabbrate dei muri e dalle disconnessioni profonde del pavimento, prolificasse, grassa e famelica, a divorare l'intera  fragile struttura del mio antro?
E da dove sono affiorati tutto quel muschio e quell'abbondanza di licheni, se il mio rifugio ubica da sempre in una landa desolatamente arida ed inospitale, da cui intravedo, dalle basse cupole delle montagnole circostanti, i solitari resti dei bastioni della fortezza del Deserto dei Tartari?
L'unica spiegazione  plausibile, per questo aggressivo quanto imprevedibile mutamento, posso solo addebitarla ad una pioggia, copiosa ed incessante, un uragano di bibliche proporzioni, caduto durante la mia assenza.
In realtà ho perso il conto dei giorni della durata della mia assenza, così potevano essere passate poche settimane come forse degli anni.
Ma la trasformazione è avvenuta, evidente al mio sguardo, e ancora non riesco a capacitarmene!
Affidandomi al mio scarso senso olfattivo, ho annusato angoli ed oggetti, divenuti d'improvviso estranei al ricordo delle fragranze inconfondibili del mio antro.
Tutto, adesso, odora di bosco e filamenti di velluto.
Ho spalancato la finestra e sono stata accecata dal mare di verde che ne pervade l'interno, e che avrebbe sigillato per sempre, ogni cosa, in una sorta d'impenetrabile membrana.
Ho iniziato, allora, a grattar via con la furia delle mie unghie, le spore già mature che tappezzavano le pareti e e che di lì a poco, sarebberogermogliati in licheni.
Incurante dell'umido che terribilmente patisco, e del gelo che implacabile penetrava dagli scuri  spalancati, inginocchiata a terra, e col supporto di un attrezzo di fortuna, ho preso a sradicare le zolle di muschio che, come un tappeto in continua espansione, andavano coprendo le assi del pavimento, insinuandosi anche negli angoli più inaccessibili.
Un muschio morbido al tatto ma diffficle da estirpare, col quale ho dovuto ingaggiare una dura battaglia poichè tanta era la sua ostinazione nel permanere quanto la mia nel volerlo sradicare.

Dopo ave puntigliosamente compiuto questo mio primo, sia pure ancora incompleto lavoro di ripulitura, esausta, mi son lasciata sopraffare da un lungo sonno, profondo e ristoratore, come da tanto non mi accadeva, sognando una me stessa resuscitata nel mio antro finalmente ritrovato.


giovedì 1 gennaio 2015

Progetti

Risale al 19 Ottobre 2014 il mio ultimo scritto sul mio blog. Voglio ricominciare a scrivere dei miei deliri, dei miei fallimenti, delle mie aspettative e delle mie speranze.Voglio ricominciare a scrivere perchè per me la scrittura è quella zattera salvifica con cui approdai in Blogosphere nell'ormai lontano 9 Gennaio 2008, e trovai rifugio, e conforto, in quello che poi è diventato il mio antro, sconosciuto ai meridiani e ai paralleli terrestri, non individuabile, quindi, su alcuna mappa esistente.
Lo scrivere, per me, non è vivere nel virtuale, ma in questo mondo reale, dove non solo ESISTO ma CREO.
E' una sensazione meravigliosa che non m'avvicina a Dio, ma a me stessa.
Marilena