Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

domenica 6 aprile 2014

Approdi

In questi miei luoghi, da un qualche tempo, c'è aria di abbandono, da quando gli orologi del pianeta, da un dato momento, hanno iniziato a girar le lancette all'impazzata, e il tempo s'è messo a rincorrermi, (e non viceversa, che io volentieri avrei ancora indugiato, fino alla fine dei miei giorni, nel rassicurante tepore della mia collaudata, seppur noiosa, routine esistenziale.
Poi è sbucato questo vento, spavaldo ed irruento che, insinuandosi attraverso fessure e crepe, (che l'antro, da quando lo abito, non ha mai beneficiato d'una sostanziale, quanto necessaria, opera di restauro) scaruffa  i miei capelli e le mie sottane, nel maremoto delle coltri i tendaggi si gonfiano come imponenti vele e l'esile zattera del letto s'invola, direttamente dalla finestra spalancata, verso l'esterno, traslucido e silenzioso, del primo mattino.

Letteralmente è un attraversar lo specchio per ritrovarmi in una dimensione anomala e, di primo acchitto, ostile, con  questo vento che non smette di soffiarmi alle spalle, direzionandomi verso una rotta che potrei pur percorrere ad occhi chiusi, naufraga sonnambula in equilibrio sulle onde.

E, giunta al primo approdo, inizio a dipanare le ore della giornata, che si srotolano, indipendenti dalla mia volontà, preventivamente subordinate ad azioni ampiamente collaudate che non contemplano variazioni di rilievo: una routine ossessiva destinata a ripetersi all'approdo successivo.

 E, tra uno scalo e l'altro, c'è un vuoto di quattro ore da dover trascorrere, in qualche modo, per la strada, che non sempre è possibile rientrare all'antro per sostarvi una striminzita ora e dover poi, subito, ripartire di nuovo, percorrendo a ritroso il medesimo tragitto, ma con più stanchezza addosso.

Così, quando è bel tempo, volentieri sosto su una panchinetta all'interno di un pretenzioso giardinetto prospiciente il mio secondo approdo, dove consumo il mio pasto ed osservo le persone che s'alternano sulle panchine.
Donne, zingari, e qualche studente che ha bigiato la scuola: questi i frequentatori abituali. 

Osservo, da dietro gli occhiali scuri, questo avvicendarsi, cadenzato e quieto, che quando s'alza uno subito si siede un'altro, cosicchè le panchine quasi mai rimangono vuote. E si chiede gentilmente permesso per sedersi alla stessa, mantenendo, quando è possibile, libero un piccolo spazio, non per demarcare una linea di confine ma, piuttosto, un atto di rispetto.

Le donne tendono a sedersi vicino alle altre donne o, se le panchine sono occupate, sulla staccionata, in attesa che si liberi un posto, nel frattempo sciorinando in grembo il contenuto della propria borsa: un panino, una bottiglia d'acqua, un cellulare, un libro.
 Oggetti, e gesti comuni, che raccontano però storie diverse.
A volte ci si scambia un sorriso, una parola, una cortesia: ma tutto rigorosamente circoscritto nel perimetro del giardinetto.
Perchè è al suo interno che si consuma la storia comune che, una volta varcata la cancellata, le strade divergono, smarrendosi verso imponderabili destini.



 Vorrei scusarmi, tramite questo post, di non aver più commentato, se non sporadicamente, i blog che fino a qualche tempo fa,  con interesse sincero, seguivo.
Ciò è dovuto a impegni nuovi di lavoro e alla conseguente, cronica, mancanza di tempo.
Marilena

8 commenti:

  1. Il tempo è il più efferato dei complici del lavoro... tutti e due insieme rappresentano la più spietata organizzazione criminale che si conosca. Sono oltre la piovra, saccheggiano persino i sogni. Però la panchina nel parco, secondo me, li spiazza, ne anticipa l'inevitabile sconfitta. Non acconsentire di continuare a correre inseguendo un istante in più è come dire “avete vinto la battaglia, ma non avrete trofei”. Poi so bene che mal comune non è sempre mezzo gaudio, ma il mio “antro” tra poco acquisterà lo status di discarica abusiva!

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    1. Il tempo è il più prezioso dei beni ma ecco che, invece, siamo costretti a svenderlo per ricavare di che vivere: pagare le bollette, fare la spesa, comperare l'indispensabile, ed impiegarlo per cose di cui non ce ne frega assolutamente niente ma a cui siamo costretti: le fila interminabili e le lunghe attese.
      Passare la maggior parte della nostra vita su un autobus o su un treno regionale; ignorare le nostre necessità personali a favore di quelle conto terzi..
      S'arriva a casa, la sera, dopo l'ultima lotta per salire su un tram, stanchi, sfiancati, mentalmente debilitati.
      Quando si è soli, poi, diventa davvero tutto più difficile: devi prepararti qualcosa da mangiare, se ne hai ancora la forza, e poi andartene a dormire sapendo di dover ricominciare tutto da capo il giorno dopo.
      Il fine setttimana (e io qualche sabato pure lo lavoro) è per la spesa, per cucinarsi qualcosa da lasciare in freezer per la nuova settimana lavorativa.
      La domenica la si ipassa a rassettare un pò la casa, far lavatrici e stiraggio: rubacchiando momenti di pausa in cui gettare un'occhiata al computer.
      Stanchezza tanta.
      Fisica e mentale.
      E sconforto: che ti senti scippato di una parte di te e non puoi neppure lamentarti che, se lo fai, di certo ci sarà qualcuno che obietterà di passarsela ancor peggio.
      E la cosa triste è che vero!

      Ho rallentato molto anche nel mio blog, e sto valutando anche di chiudere il boxino dei commenti, che mi crea ansia quel lasciare in sospeso.

      La panchina nel parco.....loro saranno pure sconfitti Giò, ma, in qualche modo, lo sono anch'io, che ho sempre meno energie, meno stimoli e più facilmente, cedo all'apatia.
      Una dura lotta anche solo mantenersi in stato vigile :))))

      Grazie, Giò
      Il tuo "antro"sarà sempre un luogo colmo di attrattive :))).



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  2. Vedo, 'sento' conosco tante persone la cui vita si svolge ai ritmi che descrivi. Un lavoro, una professione, dovrebbero sempre essere motivo di soddisfazione nonostante tutto, ma so che non è così
    Quanto mi piacerebbe sapere di cosa ti occupi, riuscirei anche a capirti meglio .
    Un fatto è certo : i tuoi post tracciano e colorano sempre situazioni interessanti
    Cristiana

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    1. Lavoro in una ditta di pulizie in subappalto in un Ministero qui a Roma. Ho ricominciato a lavorare dopo la separazione, part time, ovviamente, e senza possibilità d'aumento delle ore, così, come tanti altri, mi son trovata nella necessità di un secondo lavoro che, per fortuna ho anche trovato. Mi alzo la mattina alle 5,00 per uscire di casa alle 6,45. Tra i due lavori intercorre un lasso di tempo di circa 4 ore, poco per tornare a casa, molto da trascorrere fuori. Qualche volta il tentativo di tornare a casa per pranzo mi riesce ma non sempre è garantito. Roma, che io immensamente amo, è diventata, riguardo spostamenti e traffico, invivibile. Quello delle pulizie è un lavoro faticoso, la sera, poi, proprio a causa dei problemi dei mezzi pubblici non ho neppure un orario di rientro. Poco tempo, quindi, anche per scrivere .....ho rallentato molto in questi ultimi periodi, un pò per il ritorno di una leggera depressione e poi per la carenza di tempo. Così, quando non torno a casa, mi fermo ai giardinetti, prospicienti il Ministero dove lavoro, consumo il mio pranzo, osservo la vita della strada, e ne traggo spunti di scrittura. Ma star tutto il giorno per la strada è pesante , non è proprio come fare orario d'ufficio, ma fino a che ce la faccio ... Il vil denaro serve :)
      E se raccontassi la mia vita, Cri, così com'è credo che annoierei il mondo intero e pure me stessa: quello che racconto è tutto vero, conta molto l'uso delle parole.
      Nessuna storia è banale se la si sa raccontare
      Bacio e buona giornata :)

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    2. Sei straordinaria , la tua forza mi mette in soggezione perchè io non ho mai fatto un cazzo in vita mia.
      Ti ammiro, per quel che vale.
      Cristiana

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    3. No, Cristiana, tu sei una donna molto intelligente, colta, ironica....credo che la tua parte l'abbia fatta nella vita.Ognuno ha il suo destino che ci siamo costruiti o distrutti. Ma poi si reagisce, è una legge di sopravvivenza. Io è come se avessi vissuto due vite: quella di ieri, colma di un discreto benessere, pochi problemi e molte certezze; quella di oggi. invece, assolutamente precaria.
      E le amo entrambe queste mie due vite.

      Non c'è nulla d'ammirare, Cri, di necessità virtù. Al mio posto avresti fatto lo stesso.
      Assolutamente ti sono grata, invece, per la simpatia che sempre mi dimostri :)))

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  3. in un tempo e in uno spazio finiti si svolge la vita infinita.
    si libera una panchina e subito viene occupata da una storia, da una vita.
    così, incessantemente, dall'alba al tramonto.
    e un paio di occhi dietro dei misteriosi occhiali neri.
    un giorno voglio fare un post di come immagino le persone che seguo...da una panchina di un parco romano.

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    1. È vero, endi, osservare la strada si scoprono molte cose, ed altre se ne approfondiscono. Si entra in contatto diretto, e vero, con gli altri. È una buona palestra di vita e di scrittura.
      Meravigliosa la tua idea di raccontare in un post come immagini le persone che con te interagiscono :)
      In attesa.....buona giornata :))))

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