Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

venerdì 14 marzo 2014

L'inizio del viaggio

Viaggiatrice entusiasta, di viaggi però brevi e circoscritti, che il mio senso d'orientamento è inesistente, cosicché, pur avvalendomi dell'ausilio della bussola, facilmente confondo i punti cardinali, che nella mia fantasia il nord si configura ialino e boreale; il sud acceso da un immenso sole mandarancio; l'ovest, crepuscolare; l'est pervaso da bagliori dorati di minareto.
E se davvero così visivamente fosse, non avrei bisogno della mia bisaccia colma di sassolini fosforescenti coi quali tracciare la strada a ritroso.
Stratagemma collaudato con successo già dai tempi di Pollicino, cosicché affrancandomi dall'angosciante assillo mnemonico del percorso, mi concedo ardite esplorazioni su sentieri secondari e spericolate escursioni nelle retrovie più recondite, a privilegio dell'avventura, intesa come scoperta, entusiasmante e sorprendente, di luoghi e di genti.
Emancipata dalla mia dislessia verso le carte geografiche, pienamente godo dei paesaggi così come degli incontri con altri viaggiatori, quando talvolta accade, per empatia ed affinità, di proseguire insieme un tratto di strada.
Compagni occasionali con i quali è naturale dividere una sigaretta, un margarita o un bicchiere d'orzata, un ombrello sotto cui riparare da un temporale improvviso, la stessa coperta a mitigare il gelo della notte
Compagni di strada coi quali ci si racconta secondo l'estro e il bisogno, senza dover esibire alcuna credenziale.
Ci si accetta sulla fiducia, consapevoli che talvolta le biografie sono menzognere ma, alla summa dei fatti,  irrilevante, che altrimenti, se non c'è la predisposizione all'accettazione della storia dell'altro, la scelta più opportuna è il proseguir da soli.
Lungo la strada ci si racconta, volentieri si ride, spesso s'impreca, talvolta ci s'innamora.
Mai, però, si piange.
Le lacrime son faccende private.
E' la prima cosa che s'impara all'inizio del viaggio.
E alla fine si scopre essere un vantaggio, che è pur giusto che qualcosa rimanga di solo nostro, perché il dolore, quasi sempre, risulta essere la parte più intima e privata del luogo che abbiamo lasciato e a cui forse, un giorno, faremo ritorno.
Perché le lacrime sono paragrafi di storie più articolate che non è possibile riassumere in poche parole, rischiando, con gli accenti dell'amarezza, di trasformare la complessità della storia in un racconto triste.
Meglio, quindi, saltare il capitolo e condividere con l'occasionale compagno di viaggio l'umido del cielo, il conforto del  bivacco improvvisato, la tazza di caffè che sa di orzo, e quell'unica notte d'amore, perché allo spuntar del sole, al primo bivio, le strade si divideranno e ancora da soli si proseguirà il cammino.

14 commenti:

  1. mi piace questo tuo post così tremendamente reale.

    bon voyage!

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    1. Ciao endi, ho vagabondato in altri paralleli e questo è il sintetico resoconto del viaggio.
      L'inizio del viaggio coincide con la fine del viaggio: son tornata a casa, non troppo cambiata, non troppo guarita, ma abbastanza rigenerata: quel tanto che basta per esserci ancora.
      Di un viaggio amo soprattutto il ritorno :))))
      A presto, endi
      Buon week end

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  2. La bussola d'un nord inchiodato a piffero da lemmi, con tre sole parole — se tu ascolti — racconto: io mi racconto

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    1. Andres, se non mi fossi così tanto raccontata, forse mi sarei davvero persa.
      .....adoro questo passo del tuo commento: se tu ascolti - racconto: io mi racconto.
      Ci trovo poesia.
      Andres, è ufficiale: tu sei un poeta!

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    2. Forrest Gump
      Quel giorno, non so proprio perché decisi di andare a correre un po’, perciò corsi fino alla fine della strada, e una volta li pensai di correre fino la fine della città, pensai di correre attraverso la contea di Greenbow, poi mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale correre attraverso il bellissimo stato dell' Alabama, e cosi feci. Corsi fino all' oceano e, una volta lì mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui tanto vale girarmi e continuare a correre, quando arrivai a un altro oceano, mi dissi, visto che sono arrivato fino a qui, tanto vale girare di nuovo e continuare a correre; quando ero stanco dormivo, quando avevo fame mangiavo, quando dovevo fare ..., insomma, la facevo !

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    3. Forrest Gump, viaggiatore per caso che s'appassiona al viaggio durante il quale acquista una sorta di "innocente consapevolezza".
      Quanto è solo istintivo il suo viaggio?
      Quanto davvero consapevole?

      "Corri, Forrest, corri"



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    4. Andres, allora tu hai le risposte a quelle mie domande che ora, alla luce di quest'affermazione, risultano fredde e pretenziose.
      Io, quell'innocente consapevolezza l'ho conservata fino a che ho potuto. Ma per quel che mi riguarda, Andres, è stato solo un autoinganno. Un tirar nel tempo per allungare un percorso che non m'avrebbe portato in nessun posto. E così è stato.
      Poi quel posto me lo sono scavato, come le talpe, al buio e in solitudine: il mio non luogo. E' qui che sempre ritorno, qui nello schermo di un computer, a pigiar sui tasti le mie sensazioni, le mie emozioni, sperando che una traccia di quella che io sono nel tempo rimanga. Ho paura di smarrire, io per prima la memoria di me stesssa, e il raccontare a questo MI serve, a lasciare un ricordo. O, almeno, crearMI l'illusione. Se non ci fosse neppure questa ipotesi sarebbe vano continuare a pigiare sui tasti, come fossero piedi a consumare chilometri di strada: perchè è IL RACCONTO il mio viaggio.
      Ognuno ha il suo viaggio, Andres, e viaggia anche chi crede di star fermo:)

      Se tu ascolti - racconto: io mi racconto.

      Sarebbe meraviglioso, Andres.
      Io sono qui.

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    5. Vita un colmo di scena
      Già accaduto
      Mai saputo, imparato, artificiale
      Il finale banale


      Io sono un colmo fatto di domande, amica mica; anzi, d'una sola
      E cerco, mentr'essa mi trascina, adesso stanco
      Una domanda sola, quando nuoto sommerso da tsunami di risposte inventate dai coloro che non cercano, che si voglion trovati, che già sanno

      Forse il capire che un nulla smisurato è da capire tiene a galla
      E la certezza vaga, cercata e a me la sacra, dell'oblio

      Un saluto

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  3. Preferisco non raccontarmi e preferisco la solitudine. Forse sono un po' stronza, forse ci vorrebbe un coraggio che io non ho.
    Cristiana

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    1. Il raccontarsi è un esigenza.
      Il non farlo è una scelta.
      E' più libero, di certo, chi può scegliere.
      Non è questione di coraggio ma di disperazione.

      Un bacio, Cri
      Buon fine settimana :)))

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  4. Raccontarsi è un fatto straordinario. e un atto creativo come scrivere consente di guardare quello che ancora non c'è, e, dunque, mettere le due cose insieme come minimo ci consente di capire dove vogliamo andare a parare. :-)

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  5. Sono contento di essere riuscito a lasciare un commento, ed anche di ritornare a leggerti! :-)

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    1. ......e per me ha quasi sempre funzionato, GIò. Il raccontarmi attraverso la scrittura, mi ha alleggerita in qualche modo del peso di me stessa e mi ha visualizzata ai miei stessi occhi: mi ha messo a fuoco. Chi sono, dunque, infine l'ho intuito. Rimane quel dove voglio andare che, ancora, non mi è chiaro.
      Ed ecco, allora, che questa confusione genera altra confusione, altra incertezza, un'ansia frenetica, che io, romanticamente chiamo "irrequietezza esistenziale" di raggiungere quella meta, non ancora però individuata, perchè forse non c'è.
      Ed io non l'ho ancora accettato.

      Infinitamente grazie, Giò, per questa condivisione
      (recuperare l'uso delle parole equivale a recuperare l'uso della ragione)

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