Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

mercoledì 30 gennaio 2013

La storia di Andres Rubio, cerusico, sprimentatore ed ipnotista (cap 7)


Maria Engracia Naveros: questo miracolo, Andres, è opera vostra, ma sarà opportuno non farne parola.
Andres Rubio: non importa il nome dell'artefice, ciò che conta è che si sia realizzato.

 LA STORIA DI ANDRES RUBIO, CERUSICO, SPERIMENTATORE ED IPNOTISTA
 Galeno ha quasi guadagnato l'uscita quando avverte improvvisa l'urgenza di tornare indietro ed entrare nella stanzetta gremita, dove egli è il solo ad ignorare il miracoloso evento.
 Avanza in stato di trance col fagiano che lo guida fendendo la folla a colpi di becco.
Sta di fatto che questa perfomance, pagliaccesca e fuori tema, accolta all'inizio con malcelata meraviglia e molti improperi, subito espiati sul posto con un Ave Maria o un Pater Nostro, ha stemperato con note da baraccone quell'atmosfera già ultraterrena, con la luce che irradia remota a trasformare in altare da cattedrale il lettuccio che accoglie le spoglie mortali di Catilina.
Apertamente si ride quando il fagiano si pone al capezzale della santa, quasi fosse un arcangelo,
seppur nessuno interpreta quello spettacolino da fiera come un sacrilegio, ma piuttosto un divertimento escogitato dallo Spirito Santo per far volare Catilina in paradiso ridendo.
E' un miracolo all'insegna dell'allegria, diverso da tutti gli altri accaduti nel passato raccontati nei libri della Chiesa, più solenni ma meno partecipati, perché in nessuno si fa menzione di una rappresentazione come quella che sta andando in scena ai lati del capezzale di Catilina: alla sua destra l'uccellaccio arruffato e con una buffa aria mistica, e alla sua sinistra Galeno, in piedi su una seggiola con il sacabuche in mano e lo sguardo incantato su una nicchia nel muro.
Talmente concentrato che non sente le risate della folla e neppure gli sfottò, perché sta veendo qualcosa che nessun altro vede.
Una visione solo a lui concessa

 Insorge la folla contro quella discriminazione: davanti a Dio non si è tutti uguali?
S'alzano le voci e i toni. Non accettano che tra loro ci sia un privilegiato.

- Quando gli ultimi saranno i primi? - Chiede una voce sarcastica
- Di questo passo mai, se la precedenza l'hanno perfino i nani - Ribatte uno in tono amaro.
- Facciamolo sloggiare, e a turno saliamo sulla sedia. -  Propone uno tra gli applausi.

Ma pure c'è qualcuno che prende le sue difese

- Non sta facendo nulla di male, lasciatelo stare. -  Interviene una donna
- Magari è tocco e sorride al nulla. -  Le dà man forte un'altra
- Io lo conosco, gira per i mercati con quell'uccellaccio - dice un uomo indicando il fagiano -  è innocuo, tranne quando fruga nelle scarselle. -
Qualcuno ride alla battuta. Molti s'indignano.


 Andres sa che quel loro malumore non germoglia dalla rabbia ma dalla delusione del sentirsi ancora una volta esclusi. Una beffa. L'ennesima. E di sicuro non l'ultima.
Valuta che deve perfezionare il suo miracolo, confezionare una visione condivisa di fruscio d'ali e voci di vento. Corre a spalancare porte e finestre affinché il mormorio degli alberi e l'eco del vento propaghino fra le pareti con il loro sussurro ultraterreno. Non può suggestionare le menti di tutti ma se riesce a stimolare le più sensibili, le più fantasiose, allora ci sono buone possibilità di contagiare gli altri.
Ed è questo che accade quando la malia del giardino s'insinua nella stanza disadorna con le sue ombre di filigrana bisbiglianti di vento: fuggevoli contorni che si materializzano solo per un attimo alla mente prima ancora che alla vista. Ma tanto basta per compiere l'incantesimo, che una donna, cadendo in ginocchio, dice che un angelo le è passato accanto sfiorandola con le ali.

Dove? Chiedono tutti
Proprio qui, risponde indicando lo spazio fra il suo braccio e quello del suo vicino.
L'ho sentito anch'io passarmi vicino, ribadisce un giovane, e dai fruscii nella stanza credo che debbano essercene altri. Non li sentite?
E' vero, conferma un uomo, ho sentito odore d'incenso quando mi sono passati vicino.
Sono gli angeli che scortano le anime in paradiso. Sono venuti a prendere la santa, spiega un'anziana facendosi il segno della croce.

Galeno, sul suo piedistallo di fortuna, è sempre immobile concentrato nella sua visione, che differisce da quella della folla.
Un'apparizione ad personam, dove la nicchia nel muro è diventata il "golfo mistico"  (e mai termine fu più appropriato) dove gli angeli musicanti stanno accordando gli strumenti o si dilettano nell'improvvisazione. Galeno, in piedi sulla seggiola, è pronto, quando attaccheranno i fiati, a dar man forte col suo sacabuche.

Nel frattempo, gli angeli addetti alla traslazione dell'anima di Catilina si sono posizionati ai lati del suo letto, seguendo un cerimoniale invariato dall'inizio dei secoli, talmente ben collaudato che anche gli angeli minori, all'occorrenza, sarebbero in grado di eseguire. Poi solleveranno i lembi del lenzuolo su cui lei giace, e sulle dolci sinfonie della celeste orchestra s'involeranno in cielo esibendosi in spericolate volute acrobatiche. Ma è alla scena finale, quella dell'assunzione di Catilina in paradiso, che sono riservati gli effetti speciali più sofisticati, enfatizzati da un portentoso assolo di tromba che squarcerà la buia nube da cui eromperà la luce di Dio, e verso cui s'involerà
Ma qualcosa in quel meccanismo, nei secoli lungamente testato, s'inceppa, che l'angelo trombettista  invano soffia nell'ancia da cui non esce alcun suono. Ritenta ancora, e ancora, ma lo strumento rimane muto, impedendo alla schiera degli angeli di prendere il volo
Tutti guardano verso l'alto, col fiato sospeso, sorpresi da quell'imprevedibile fallimento divino quando da basso giunge in soccorso Galeno col suo sacabuche, esibendosi in un assolo fenomenale, e così potente da infrangere la barriera del suono, irrompere nel silenzio del purgatorio e coprire il clangore dell'inferno, spianando, al corteo degli angeli, la strada verso il paradiso.
Il miracolo è compiuto e la folla è in delirio.
Galeno, che in quell'assolo ci ha messo l'anima, s'accascia sfinito sulla sedia, ma è sollevato di peso e portato in trionfo dalla folla osannante che vede in lui il suo santo laico, insieme a Dio coartefice di quel miracolo

Nel suo angolo invisibile, Andres Rubio, stremato da quella regia oltremodo impegnativa, può finalmente abbandonarsi al sonno.

sabato 26 gennaio 2013

La storia di Andres Rubio, cerusico, sperimentatore ed ipnotista (cap 6)

Ed ecco che l'anima di Catilina Naveros s'è involata da sotto le ciglia: una fuga per sfuggire a qualsiasi tentativo di resurrezione.
Maria Engracia tira via il pesante drappeggio e con quello il buio che sigillava la stanza, e la luce che irrompe con chiarore di deserto mostra la giovane morta nella sua mistica bellezza di Madonna.
Andres Rubio s'è appartato in un angolo predisponendosi alla regia di un'allucinazione collettiva.
Il letto, dove giace la martire, è l'altare davanti cui si genuflettono i presenti, abbagliati dalla fosforescenza di quel riverbero da deserto che cancella contorni e particolari, non vedono i segni delle torture e le bende intrise di sangue, e ai loro sguardi Catilina appare miracolosamente integra.
Smarriti, s'accalcano nella stanzetta come pastori nel presepe, increduli che la grazia divina abbia scelto proprio loro come testimoni di quel miracolo.
Gli spettatori a cui Dio si è rivelato sono i reietti e i diseredati, gente che non possiede nulla, nemmeno le idee, riflette Andres dal suo angolo invisibile, attento che lo stupore della folla non sfoci in caos. E' consapevole che per questa regia dovrà tener conto dalla sua pratica dei bassifondi dove stomaci e cervelli sono allo stesso livello denutriti, e così dovrà dosare in piccole, e più digeribili porzioni, la fragilità delle menti, caratterizzando quel miracolo con un tocco di umano, da tramandare, per chi v'assiste, come un' eredità non di moneta ma di prestigio.

Io c'ero, potrà affermare chi è al momento presente.
Mio padre ne è stato testimone, racconterà un figlio
Mio nonno era lì quando il miracolo è avvenuto, affermerà commosso un nipote
Il mio bisnonno ha visto brillare l'aureola sul capo della martire, qualcuno continuerà  a dichiarare negli anni a venire.

Tutti avranno visto senza davvero vedere: è questo il miracolo orchestrato dall'ipnotista.


Andres era riuscito ad intercettare nella piccola folla il suo assistente, con al seguito l'inseparabile fagiano, mentre tentava di fendere la calca in senso inverso, per guadagnare l'uscita e darsi alla fuga.
Galeno, ignorando i motivi veri del rapimento, aveva presunto un qualche oscuro machiavellismo ordito ai loro danni, parimenti escogitato dalle autorità governative o da quelle ecclesiastiche, che in quel periodo avevano sensibilmente rincrudito le pene, (i primi con la minaccia della galera e i secondi con quella dell'inferno), verso i giocatori d'azzardo, i borseggiatori, i giullari, i taumaturghi ed i bestemmiatori.
Sfruttando le sue oramai esauste energie mentali, Andres si predisponeva, con la partecipazione inconsapevole di Galeno, a perfezionare, con un tocco geniale, quel suo piccolo miracolo, affinché potesse differenziarsi da tutti gli altri, precedenti e futuri.


mercoledì 23 gennaio 2013

La storia di Andres Rubio, cerusico, sperimentatore ed ipnotista (cap 5)


LA STORIA DI ANDRES RUBIO, CERUSICO, SPERIMENTATORE ED IPNOTISTA
- Non temete che l'inquisitore possa giungere fin qui e portare a termine la sua opera?-
- All'interno di questo luogo godiamo di protezioni tanto discrete quanto potenti. Qui Catilina è al sicuro. -
- Eppure, nonostante queste autorevoli protezioni, vostra sorella è stata brutalmente oltraggiata. -
- La protezione dei nostri mecenati non si estende a così largo raggio ma è circoscritta al perimetro delle mura ospitaliere e, Catilina, era in missione quando è stata arrestata.-
- Dite di esser medichesse, ma a quale ordine appartengono i simboli della croce e del pugnale che così vistosamente sfoggiate?-
- La nostra consorteria non è ascritta ad alcun ordine, perché segreta: in pratica noi non esistiamo e non esiste neppure questo luogo, anche se è materialmente visibile ed è stato possibile, per voi, varcarne il cancello. La protezione di cui godiamo, all'interno di queste mura, ci rende invisibili, e ciò che non esiste, Andres, non si può nè corrompere né perseguitare. Siamo medichesse, levatrici, farmaciste e volontarie, laiche consacrate a Dio, come testimonia il simbolo della croce, ma ricusiamo il Christus Medicus e pratichiamo la dissezione in nome di una scienza accreditata dalla conferma sperimentale. Il pugnale... è la nostra ultima difesa per non cadere vive nelle mani dell'inquisitore e Catilina non deve averne avuto il tempo necessario. -
- Ma Dio non ammette il suicidio. Sfuggite alle fiamme del rogo per precipitare in quelle dell'inferno. Una ben strana salvezza la vostra -
- Dio è molto più clemente di quello che vogliono farci credere, e se ci ha creati con un corpo vulnerabile di carne non è per permettere ad altri di farne scempio. Conta il fine per cui si muore, ed il nostro fine è la salvaguardia della vita. E di questo Dio ne è al corrente. Ma non vi abbiamo fatto giungere fin qui per convertirvi alla nostra causa quanto piuttosto per avvalerci del vostro talento. -
-  Il mio talento è impotente verso le anime transfughe. Fallirò. -
- Il fallimento è contemplato in ogni nostro atto quotidiano, Andres, ma questo non c'impedisce di tentare.-

 Andres Rubio, affatto convinto della riuscita del suo esperimento, s'apprestava a tentare l'ipnosi su Catilina Naveros, barbaramente torturata e in agonia.
Chino sul lettuccio in penombra avrebbe provato a suggestionarne il corpo e la mente, cancellando il dolore fisico e addolcendo i ricordi. Ma Catilina rimaneva cieca davanti alle mani dell'ipnotista e sorda al richiamo della sua voce quando, emergendo per un attimo dalle insondabili regioni in cui aveva trovato rifugio la sua coscienza alienata dagli orrori della camera di tortura, aveva percepito l'ombra dell'uomo che la sovrastava e, credendo di essere ancora prigioniera dell'inquisitore, aveva emesso un flebile lamento, s'era coperta il volto con le mani e reso a Dio la sua anima stremata.

Digital Art Berlino

domenica 20 gennaio 2013

Degli abbagli, delle beatitudini, delle consapevolezze e delle disillusioni sul tema, personalissimo, dell'amore.


Urgeva, questo post, che lo scrivessi già da molto tempo, ma  aspettavo di uscire dagli intrappolamenti del mio ultimo racconto per non spezzarne il filo, che sulla strada di Siguenza, laddove Andres Rubio  ha perso il suo assistente, il nano Galeno, ed incontrato Maria Engracia Naveros, medichessa e sperimentatrice, è ancora per me tutto da esplorare, un tragitto non so quanto ancora lungo, così mi sono presa una piccola pausa ed ho attuato una interruzione e, dopo aver guardato a lungo attraverso i vetri bagnati di pioggia, come dentro una sfera di cristallo, impregnandomi di tutta la malinconia e di tutta la dolcezza indispensabili per poter scrivere "degli abbagli, delle beatitudini, delle consapevolezze e delle disillusioni sul tema, personalissimo, dell'amore".

A conti fatti, nel campo dei sentimenti penso di aver dato e ricevuto molto.
Come sempre accade, però, per fare una valutazione onesta riguardo questo dato bisogna lasciare che il tempo sia trascorso e che i venti, di levante e di ponente, abbiano soffiato via la polvere del rancore e dell'incongruenza e restituito nitore alle regioni del cuore e della mente, là dove germogliano i ricordi.

Ho avuto la fortuna d'innamorarmi due volte, a venti e a quarant'anni, uomini diversi per carattere e per stile, ma entrambi dotati di una memoria prodigiosa e una spiccata propensione per le scienze matematiche e dell'orientamento, capacità di cui io assolutamente sono sprovvista.
Entrambe le volte, a venti come a quarant'anni, mi sono innamorata con lo stesso slancio e lo stesso ardore, ma con la consapevolezza maturata, nell'età adulta, che nulla davvero è quasi mai come appare, perché la visione origina sempre da un'ottica molto intima e molto personale; che tutto ciò che è umano è soggetto a modifica; che l'eternità si riduce a brevi istanti e forse, proprio per questo, la memoria li fissa nella pietra, anche se la pietra stessa soggiace all'usura dei secoli.

 L'amore vero è eterno. Ed esclusivo.
Non solo questo assunto è arrogante ma assolutamente privo di ogni razionalità, perché implica il diritto di possesso, fisico, mentale ed emozionale, del nostro partner.
Se ci pensiamo non solo è folle ma, ironizzandoci sopra, anche anticostituzionale: una vera coercizione.
Si possiedono gli oggetti ma non le persone, e tanto meno i loro sentimenti. 
E, riguardo l'eternità, è assolutamente vero il concetto che "l'amore è eterno finché dura", perché in questa piccola irridente, e solo apparentemente scontata frase, c'è racchiuso il significato di eternità così come io personalmente lo interpreto, condizionata probabilmente dal mio viscerale ateismo: la mia eternità si protrae ad ogni nuovo risveglio e, quando questo non avverrà più, allora sarò morta in maniera definitiva ed inoppugnabile perché, dopo la morte, non c'è più nulla. L'eternità è subordinata alla durata della mia vita.
Posso quindi, secondo il mio punto di vista, raccontare l'eternità non sulla scia dei secoli ma dei giorni o, qualora accadesse, delle ore, perché tutto ciò che è relativo è comunque anche definitivamente compiuto.

Relativista convinta anche per quel che riguarda il sentimento dell'amore
Oggi lucidamente ne scrivo, ma questo pensiero è sempre stato dentro di me, solo che nel passato erroneamente concepivo la fine, non solo dell'amore ma dell'insieme di quell'universo programmato stabile sulle fondamenta del matrimonio, come una una sciagurata ipotesi piuttosto che una possibilità fra le tante .
Ci convinciamo dell'infallibilità dell'amore. Anzi, la pretendiamo.
 Badiamo più alle formule che ai fatti. 
Crediamo più al racconto del nostro film mentale che a quello della vita reale.
 Così sulla fine di quel mio film ho sparso fiumi di  lacrime, logorato testa e nervi, lanciato anatemi, covato rancore e rabbia, fino a distruggermi e voler distruggere.
 Ma dopo tutti questi anni, quando il vento di levante e quello di ponente hanno soffiato via la polvere del rancore e dell'incongruenza, ho ritrovato intatti i germogli di quell'amore primaverile, privato dell' allure dell'eternità, finalmente restituito alla memoria, ingenuo e pretenzioso, immaturo ed arrogante, sullo sfondo  meraviglioso di quello che un tempo è stato: un caos stellare.

Fin da ragazza ho sempre rifiutato il sentimentalismo sdolcinato da romanzo d'appendice, è sempre  prevalso, per quel che riguarda il rapporto con un uomo, l'ardore dei sensi e quello della immaginazione, anche se, in altri tempi, mitigato dal pudore dell'età e dalla timidezza del metterlo in atto.
Sessualmente sono sbocciata a quarant'anni, età meravigliosa e piena, e oggi che ne ho molti di più, se covo una nostalgia è proprio per quell'età, quando pienamente consapevole di me stessa, ho liberamente preso possesso della mia femminilità avvalendomi delle meravigliose risorse contenute in quel mio bagaglio: una fervida immaginazione ed un'adeguata conoscenza del mio corpo.
Ed un uomo all'altezza.

Un affabulatore, colto, ironico, intellettualmente raffinato.
Un complice.
 Io e lui, giocatori di pari valore che, se spesso e cavallerescamente mi lasciava vincere, altre volte ero io ad arrendermi pur avendo già in pugno la vittoria.
 In ogni sfida c'era sempre il guanto e poi la spada. Eppoi la rosa.
Una rosa, due rose, tre rose...sontuosi bouquet che poi si trasformavano in giardini e foreste e regioni, ed infine nell'intero mondo, sedotto da quella lussuriosa, trasbordante baraonda di vittoria e di resa, di guerra e di pace, di sollecitazione e di attesa.
Tempesta ed arcobaleno, col sole che sempre tornava a brillare, vivido e spavaldo, su quel nostro devastato, meraviglioso campo di rose.
 Rose che ancora continueranno a fiorire finchè avrò memoria per ricordarne il profumo.
Marilena

lunedì 14 gennaio 2013

La storia di Andres Rubio, cerusico, sperimentatore ed ipnotista (cap 4)

LA STORIA DI ANDRES RUBIO, CERUSICO, SPERIMENTATORE ED IPNOTISTA
Tra le lacrime asciutte dell'impotenza la giovane donna rivela di chiamarsi Maria Engracia Naveros e la giovane in agonia è Catilina, sua sorella, entrambe medichesse formatesi alla prestigiosa Scuola di Salerno, allieve della leggendaria Trotula di Ruggiero, e fondatrici di quella struttura ospitaliera.
Quel luogo, dunque, è un ospedale, e la donna che gli sta di fronte una medichessa, come ella stessa si è definita nell'accurata scelta del termine.
Non guaritrice e neppure ostetrica, ma dottoressa in medicina, un ordine superiore al suo, che egli non è che un oscuro segaossa come ce ne sono centinaia di altri in tutta la Spagna, seppur lui è il solo, fra tutti, dotato del particolare talento di saper piegare la mente alle esigenze del corpo: una corrispondenza, però, che solo un cervello vivo può rendere possibile, mentre quello di Catilina è già oscurato dal buio del coma.
Un  prodigio che lui non può compiere.
Come avesse letto questo suo pensiero, Maria Engracia Naveros dice, non è un miracolo quello che vi chiedo, Andres, ma un compassionevole oblio in cui lei, affrancata dai tormenti di quel suo corpo così martirizzato, possa sostare nell'attesa della morte o della resurrezione.


Andres Rubio aveva visto così  tante volte piangere che col tempo il dolore si era fatto nebbia ai suoi occhi.
Una frequentazione crudele, questa, che lo avrebbe alla fine ridotto all'insensibilità, se non si fosse imbattuto in Galeno, un nano mendicante, suonatore di sacabuche, che conduceva legato ad una corda un enorme fagiano, suo compare nell'arte del controcanto e del borseggio.
La bizzarra coppia, godeva di una discreta notorietà nelle piazze di Madrid, soprattutto in virtù di quest'ultima prerogativa, motivo per cui era stato loro precluso l'accesso nelle botteghe sempre molto affollate nei giorni di fiera, divieto che non includeva, però, i luoghi all'aperto, come portici e logge, dove si praticavano i giochi d'azzardo e dove più facile era porre mano nelle tasche altrui, quando gli sguardi erano tutti concentrati sui dadi e sulle pedine.
Galeno, con paziente maestria, aveva addestrato il suo fagiano a sciogliere, col suo becco ad uncino, nodi e legacci di scarselle e tascapani che lui poi alleggeriva delle monete. Per il nano era un gioco facile, favorito dalla piccola statura e dall'esercizio del saltimbanco, riusciva ad insinuarsi nella folla, portare a termine la ribalderia sgusciando poi via tra le gambe, come un gatto.
Ma quel giorno qualcosa nel così ben collaudato marchingegno non aveva funzionato, che un brutto ceffo, armato di daga, accortosi delle manovre ladresche lo stava ora inseguendo e, di sicuro lo avrebbe acciuffato, che il nano correva sbilanciato col fagiano che gli starnazzava tra le braccia, se non fosse stato per il provvidenziale attraversamento del carretto di Andres Rubio che per schivarlo s'era andato a ribaltare. Galeno, approfittando dello scompiglio, s'era eclissato e così  il brutto ceffo se l'era rifatta sul cerusico, esigendo da lui il risarcimento per il furto subito. Ma fu sulla via del ritorno che Andres incrociò di nuovo il fuggitivo, che col fagiano al seguito, arrancava zoppicando sulla strada disagevole. Quando Galeno vide Andres era ormai tardi per nascondersi e la gamba gli doleva troppo per tentare la fuga, così aveva continuato a camminare fingendo indifferenza: lui davanti e il carretto dietro. Al crocevia s'erano entrambi fermati, e allora il nano, senza scomporsi, aveva proposto, compare se voi prendete a destra volentieri accetterei un passaggio. 
Divertito da quella sfacciataggine fuori dal comune, Andres era scoppiato a ridere, e lo aveva accolto a bordo.
Fu quello l'inizio di una grande amicizia e di un fortunato sodalizio.

venerdì 11 gennaio 2013

La storia di Andres Rubio, cerusico, sperimentatore ed ipnotista (cap 3)

LAS TORIA DI ANDRES RUBIO, CERUSICO, SPERIMENTATORE ED IPNOTISTA
 Il sorriso mite della giovane donna, un lungo corridoio, torce accese alle pareti, e l'odore acre di aceto. Insieme attraversano in silenzio un dedalo di corridoi intersecanti per fermarsi, in ultimo, davanti ad una porta dove, su un basso sgabello, siede una donna di mezz'età vestita allo stesso modo della sua guida. Dopo un breve consulto la più giovane apre la porta e lo invita ad entrare.


Entrate, disse precedendolo in una piccola stanza disadorna con il letto posto nell'angolo più buio.
Avvicinandosi, Andres v'intravide una figura rannicchiata, delirante.

 - Dovete fare qualcosa per lei, noi abbiamo tentato tutto ciò che era nella nostra conoscenza ed abbiamo fallito. Forse voi potrete far meglio, o almeno tentare -
- Chi è questa giovane donna? -
- Chi è non vi riguarda, piuttosto, cosa potete fare per aiutarla?
- Quali rimedi avete adottato? -
- Decotti d'agrifoglio per lenire la febbre, misture d'arancio e tiglio per il sonno, sciroppo di papavero per sedare i nervi, e poi cataplasmi di cotogno e tinture di iperico per cicatrizzare le innumerevoli piaghe causate da nerbate e strumenti di tortura -
- Una strega. O una pazza. -
-  Una strega. O una pazza. Ragionate, dunque, anche voi coi principi intransigenti dei Dottori della Chiesa? E' solo una donna sfuggita a chissà quale inferno! Se fosse stata una strega, supposto esistano, nessun demonio avrebbe potuto ridurla in questo stato. In quanto alla follia, chi non impazzirebbe dopo aver subito un tale scempio? -
E così detto tirò via i lini che avvolgevano un corpo ancora acerbo, interamente ricoperto di  ferite.
- L'hanno torturata per estorcerle chissà quale empia confessione, avendo però cura di non farla morire subito. Forse  non sopravviverà alle febbri violente dell'infezione, ma voi, con la vostra scienza, potreste precipitarla nell'oblio, cosicché recuperando le forze possa tornare a vivere -
- Mi state chiedendo l'impossibile. La sua anima è fuggita via, nessun flusso magnetico sarebbe in grado di operare tale miracolo: è già nella buia regione dell'acquiescenza. Questa parvenza di vita non è opera dello spirito ma degli ultimi spasmi del corpo. Atto di misericordia sarebbe quello di aiutarla a morire anziché infliggerle il prolungamento di questa atroce agonia. Per accettare questa tortura la sua determinazione dovrebbe essere di gran lunga superiore alla vostra, poiché è lei, e non voi, a giacere in quel dolorosissimo letto. Datele la misericordiosa morte e ve ne sarà grata. -
- Non posso, Andres...non posso darle la morte...lei è mia sorella -

mercoledì 9 gennaio 2013

BLOG compie 5 anni!



  BLOG, il mio figlio obeso e nichilista, compie oggi 5 anni ......ed è sempre più scettico!

lunedì 7 gennaio 2013

Andres Rubio, cerusico, sperimentatore ed ipnotista (cap 2)


LA STORIA DI ANDRES RUBIO, CERUSICO, SPERIMENTATORE ED IPNOTISTA.
 Una piccola folla di donne e bambini, sollecitata dalle note del sacabuche e dalle grida del fagiano, s'è quindi adunata intorno al carretto dal quale, con sorprendente agilità, il nano gibboso, che si chiama Galeno, spicca un salto acrobatico atterrando su una delle sue gobbe e scatenando l'allegria fanciullesca del pubblico. Tra qualche attimo ancora, Galeno, su ordine di Andres, salirà in cima alla piramide di casse per tirarne via quella richiesta, quella stessa sulla quale il fagiano si è placidamente accovacciato, e tra i due scoppierà una comica rissa con il pennuto che avrà la meglio, e che dopo aver maldestramente sfrattato il suo avversario, con beccate e colpi d'ala, s'impossesserà del suo sacabuche, e con la pretesa di poterlo suonare, darà vita ad una sconclusionata, quanto esilarante esibizione.
 Coreografia minuziosamente studiata nei dettagli e mandata a memoria, cosicché tutto quel trambusto, all'apparenza casuale, è in realtà frutto di un lungo paziente lavoro d'addestramento, una sorta di tattica di marketing ante tempore per predisporre il pubblico al sorriso.

La vecchia donna aveva atteso che la folla diradasse e poi s'era parata, mani sui fianchi, davanti ad Andres intimandogli un secco, per favore seguitemi.
- Chi siete? E perché dovrei seguirvi? -
- Chi sono non ha importanza ed il perché lo scoprirete presto -
- Mi spiace nonna ma non sono previste soste aggiuntive, sono diretto alla fiera di Siguenza e mi aspetta un lungo tragitto -
- Dovrete andarci da solo, allora, perché il vostro assistente rimarrà qui e non è detto che lo ritroviate al vostro ritorno -

Solo allora, seguendo lo sguardo della donna, Andres s'avvide del posto vuoto in cima alle casse e del sacabuche caduto a terra. E Galeno non si separava mai dal suo strumento.

- Se collaborerete non gli accadrà nulla di male -
- Non ho scelta, a quanto pare -
- C'è sempre una scelta e voi state facendo quella giusta -


La donna s'era seduta al suo fianco, anche lei a cassetta, limitando però la conversazione alle  indicazioni attinenti al percorso.
- Proseguite dritto ancora per un piccolo tratto di strada, poi voltate a destra:vedrete un muro alto ed un cancello. Entrate, ci sarà qualcuno ad aspettarvi. Il mio compito termina qui -

Andres vide le mura, alte ed invalicabili, ma faticò a trovare il cancello, nascosto da una rigogliosa quanto selvaggia vegetazione, in stridente contrasto con le aiuole ordinate, e i cespugli  intagliati, del giardino visibile all'interno.
Ad attenderlo c'era una giovane donna vestita severamente di scuro.
Un corto lenzuolino, a mo di velo, le nascondeva i capelli.
Splendevano sul suo petto, legati allo stesso cordone, una croce ed un pugnale.

domenica 6 gennaio 2013

La storia di Andres Rubio, cerusico, sperimentatore ed ipnotista (cap 1)

 Questo racconto è dedicato a tutti gli uomini che amano le donne di amore vero.

LA STORIA DI ANDRES RUBIO, CERUSICO, SPERIMENTATORE ED IPNOTISTA
Tutto inizia il mattino che Andres Rubio, di professione cerusico, sperimentatore ed ipnotista, varca le mura del piccolo borgo di Caceres, preannunciato dal richiamo acuto di un sacabuche, soffiato dal suo assistente, un nano gibboso in equilibrio precario sul predellino traballante dello scalcinato carretto contadinesco sul quale, in cima alle casse imballate e alle cianfrusaglie più disparate, troneggia, legato ad una corda, un enorme fagiano.
 Ogni volta che le ruote del malmesso carretto incontrano la disconnessione di un ciottolo, il sacabuche penosamente stona in un semitono bellicoso ed incoerente, mentre il piccolo suonatore pericolosamente sbilancia verso il suolo e Andres Rubio rallenta l'asino, che già di suo arranca affannato, badando che le ruote non fuoriescono dagli assi, e il fagiano, presagendo il pericolo ma impossibilitato dal legaccio a spiccare il volo, allerta i compagni di viaggio col suo grido acuto, intervallato e costante.
Richiamate dal trambusto s'affacciano le donne ai portoni, con la figliolanza attaccata alle gonne, tra loro finanche una col corsetto slacciato da cui fuoriesce una mammella, enorme e turgida, a cui il poppante adibito, incurante dello scandalo e del gran chiasso, continua ad abbeverarsi avido, con le labbra serrate sul capezzolo.

L'assembramento era composto in prevalenza da donne: il pubblico ideale di Andres Rubio.
Il cerusico astutamente sempre programmava la sua entrata in scena quando gli uomini adulti erano al lavoro, che di gran lunga preferiva rapportarsi con le donne, al sicuro dalle scazzottate e dalle canzonature che, in particolare durante i primi anni della sua attività, lo avevano più volte portato sul punto di chiuder bottega, perché a quei bovari e contadini, da sempre vessati dai poteri superiori, non sembrava vero di potersi prendere, almeno una volta nella vita, una rivincita.
E senza guardare troppo per il sottile.

Conveniva, Andres Rubio, che il suo allestimento scenico fosse la causa principale delle canzonature mentre le risse, invece, generavano soprattutto dall'ignoranza e dalla gelosia maschile, a cui invano aveva cercato di opporsi con modi cortesi e  prezzi modici.
Questo suo stile che indisponeva gli uomini piaceva, invece, enormemente alle donne che non si sottraevano all'acquisto, sia pur minimo, di una boccettina di un elisir miracoloso o di una pomata toccasana, fino ad indurre le più ardite a sottoporsi ad una seduta d'ipnosi, per ristabilire un equilibrio o recuperare un ricordo.
O ritrovare un sogno.

sabato 5 gennaio 2013

Tutto questo non sarebbe mai esistito se io fossi stata diversa da quella che sono

La mia esistenza, così come è stata, così come è, ha determinato quella di questo blog.
E dei personaggi di fantasia che animano i miei racconti.
E delle persone reali che hanno, con commenti ed e-mail, con me interagito.
Tutto questo non sarebbe mai esistito se io fossi stata diversa da quella che sono.
Marilena

 5 Gennaio 2013
L'anno è iniziato male quindi non può che migliorare.
Almeno spero.
Che me ne sarei fatta di un inzio coi fiocchi?
Non ci sono abituata, è la regola e la tradizione, così come il fatto che non cambierà sostanzialmente nulla ma che si ripeterà lo stesso identico canovaccio, un noioso deja vù, dove solo la scrittura riesce a dare un senso ed un valore alla ripetizione monotona dei miei giorni.
Mi verrebbe da dire che la vita fa schifo ma, ecco dovrei specificare che è la mia vita a far schifo, se non ci fossero la fantasia e questo blog, alla fine non rimarrebbe molto da salvare, nè per cui vivere.
La cruda verità è questa: vivo per i miei scritti.
Un domani che non sarò più in grado di scrivere sarà la mia morte vera anche se poi, vista la pellaccia di cui le streghe e, in particolare le donne della mia famiglia, sono dotate, vivrò ancora molto a lungo.
Lontano dal computer e dal mio blog sarebbe come essere relegata in una stanza senza aria e senza luce, con le tapparelle abbassate, senza più vedere i colori.
I colori sono una delle cose cosa che più amo della vita.
I suoni o gli odori, ad esempio, non rivestono la stessa importanza.

La morte la vedo soprattutto come un luogo buio nella totale assenza dei colori.
E' questo che più mi spaventa: l'oscurità definitiva.
E la possibilità, a detta dei credenti, di un'altra vita.
Spero di no...un'altra vita come questa non la voglio, solo se ci fosse una possibilità di scelta o di poterla vivere con l'acquisizione di ciò che è stata e, quindi, con la  possibilità illimitata di modifiche.

Non mi sposerei, questo è certissimo, nè per amore (come ho fatto), nè per nessun altro motivo.
Studierei, anche se è pur vero che la cultura non è quella che della scuola, ma di sicuro ti dà le basi.
La cultura personalmente acquisita, da autodidatta, è nozionistica e pratica, anche se l'insegnamento solido delle scuole elementari e medie dei miei tempi si è rivelato di qualità superiore a quello di oggi.
O, forse, perchè studiare mi piaceva e, per il breve periodo della durata della mia carriera di studentessa, l'ho fatto con impegno e con passione.
Avrei voluto fare la giornalista anche se, forse, non sarei stata una buona penna del settore perchè amo enormemente personalizzare i fatti, giocare con le parole ed il linguaggio e, soprattutto, non chiudere mai definititvamente le storie.
Un buon giornalista, invece, dovrebbe scrupolosamente attenersi alla pura concretezza degli eventi, non lasciare spiragli per congetture o fantasticherie che esulino dalla "realtà incontestabile dei fatti".
 Io, invece, amo troppo i finali aperti o, addirittura i non/finali, cosicchè i miei personaggi liberamente vagano da un post all'altro, ogni tanto riemergono dalle ombre del passato e s'insinuano nelle storie più recenti, interagisono con i nuovi, modificano e condizionano le loro sorti.
Un pò come accadeva con gli dei nell'Olimpo, la stessa inquietudine che li portava a mischiarsi nei destini umani concupendoli in modi strani e fantasiosi, fino a stravolgere, per un capriccio o una ripicca, la storia intera dell'umanità.

Non mi sposerei però un figlio lo vorrei, ovviamente, in tutto e per tutto uguale a quello splendido che ho.
Lui è il mio punto di partenza, e d'arrivo, nella storia della mia vita.
E' l'unico punto, in questo mio monologo, dove anche le virgole sono quasi inesistenti.
E' la mia pausa sorriso.
Ultimamente non ne ho avuti molti di motivi di sorridere, ma questo rimane sempre.
Una certezza corroborante.

Sarebbe quindi  tutto molto diverso in questa mia ipotesi di vita.
Ma non sarei più la stessa persona anche se nessuno cercherebbe spiegazioni dal momento che la me stessa di oggi non sarebbe mai esistita.
E così non avrebbero mai visto la luce questo blog, nè la mia piccola ciurma, mai esistita la botola che dal mio armadio, nella mia camera da letto, immette direttamente in quest'antro e, ancora, la landa desolata in Blogosphere dove questo è ubicato, e non ci sarebbe mai stata neppure l'idea di Blogosphere così come l'ho immaginata io, e tutte le parole da me scritte e quelle dei commenti e delle e-mail, le voci dei blogger e dei lettori, testimoni dal 2008 ad oggi di una storia che nessun'altri che io, in questa unica mia vita, così come è stata, così come è, avrebbe potuto in questo modo raccontare.
Marilena


mercoledì 2 gennaio 2013

Figli di un dio minore

Sono uscito stamattina
non credevo ai miei occhi
Cento miliardi di bottiglie
trascinate sulla spiaggia
Sembra che non sia solo nella mia solitudine
Cento miliardi di naufraghi
cercano casa 

(Message in a bottle - Police)

FIGLI DI UN DIO MINORE
La costa si materializza, solida e scura, sgombra d'alberi e d'artifici umani.
Deserta, nel lungo tratto che il mio sguardo abbraccia.
Mare e terra divise da una scriminatura di bianche conchiglie marine.
 Una riga netta, tracciata senza tentennamenti, a stabilire i confini.

Ma il mio approdo da subito si rivela una curva geodetica, una superficie iperbolica affatto inconsistente, collocata in uno spazio/tempo quadrimensionale, così come appare ai miei occhi: curvo, astratto ed arbitrario.
Una realtà inesplorata che, anziché sgomentarmi mi attrae come un luogo di rivelazioni di cui solo io, per un caso emblematico del destino, sono stata chiamata in qualità di testimone oculare a redigerne l'esistenza.

C'è in questo morbido mondo a sella un silenzio filtrato, prestabilito per l'occasione, seppur io sono consapevole delle  felpate presenze, al di là dello spazio geodetico, che premono per pacificamente invaderlo con i loro messaggi rivelatori da incidere  sulle pietre ancora vergini nell'utero delle caverne, a testimonianza del loro passaggio.
 E del loro genio.

Una folla di naufraghi, esploratori, pionieri della macchina del tempo, sono gli scrittori di blog che dai frastagliati lidi del globo terracqueo noto sono approdati in questo nuovo mondo per conquistarsi quella zolla di terra su cui piantare la propria bandiera,  e forse, nel tempo, erigervi il monolite che li consegnerà alla gloria.

Gli scrittori di blog, figli di un dio minore, parolai naif, fabbricanti di storie, mestieranti del dramma e della commedia,  stralunati venditori di sogni, spericolati illusionisti talora preda dei loro stessi inganni.
Ed è a quest'ultima categoria a cui io pure m'ascrivo.