Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

lunedì 23 dicembre 2013

Le apparenze ingannano: Auguri, Blogosphere!



Babbo Natale indossa un abito rosso, deve essere un comunista. 
E una barba e capelli lunghi, deve essere un pacifista. 
Chissà cosa c’è in quella pipa che sta fumando?
(Arlo Guthrie) 

mercoledì 18 dicembre 2013

Ali


 Le ali, quando spuntano, fanno davvero male.
Due piccole ferite nette dietro le spalle, fra le scapole, i solchi in cui s'inseriranno i ventagli alari.
All'inizio ti sembrerà di portare un peso enorme sulle spalle.
Un fardello che ti piega la schiena.
La leggerezza non sempre è come te la immagini.
Ti daranno perfino impaccio muovendosi, talvolta, al ritmo delle tue braccia.
Non sono ali per il volo, ma per l'equilibrio.
E' questa la cosa fondamentale.
Sono ali per aiutarti a non cadere.
A rimanere stabile sulla superficie.

Sentivo sotto i vestiti il solletico delle piume sulla mia pelle.
Una sensazione che mi faceva star bene.
Sorridevo.
E la gente mi guardava con simpatia.
Sorridevo.
E mi trovavano carina.
Accettavo la luce e il buio con naturalezza, senza pormi problemi perchè le mie ali mi davano il giusto equilibrio.
Fino a quando......

Non mostrare mai le tue ali a nessuno, per gli altri sono solo estensioni, immaginarie ed irrazionali, sintomo evidente della tua conclamata farneticazione.
Allora sbarreranno tutte le finestre per paura che tu possa spiccare quel tuo volo, illusorio e mortale.
Così, per preservarti, ti toglieranno il cielo.
E tornerai di nuovo a fissare un muro.

sabato 14 dicembre 2013

Costanza

Finito di correggere il racconto "La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale" concludo il mio rewind con questo breve dialogo, omaggio a Costanza, che pur s'è rivelata, all'interno della storia, irresistibile stratega: seducente, sensibile e scaltra.

images by Katarina Sokolova


 Ti amo, ma la cosa non ti riguarda
( (Friedrich Holderlin)

CONFIDENZE E DICHIARAZIONI 
Portoghese - Mi trovate ridicolo? -
Costanza - Certo che no -
Portoghese - Lei mi ha in pugno -
Costanza - Talvolta è il destino di chi è innamorato -
Portoghese - Ma lei non mi ama -
Costanza - Non serve essere in due per aver diritto all'amore -
Portoghese - E voi? -
Costanza - Io sono innamorata di voi -
Portoghese - Ma io non vi amo nello stesso modo in cui voi amate me -
Costanza - In qualunque modo mi amate a me sta bene -
Portoghese - Meritereste di più -
Costanza - Forse -
Portoghese - E di questo foglio, di questo suo scritto, cosa ne pensate? -
Costanza - Ha bisogno di voi -
Portoghese - Ma non specifica come, né quando e né perché -
Costanza - Ha bisogno di voi, dovrebbe bastarvi. A me sarebbe sufficiente
Portoghese - Siete incredibile, ed io sono pazzo-
Costanza - Pazzo, ma non noioso. Per questo siete ancora il suo favorito -
Portoghese - Non ambisco ad essere il favorito, ma l'unico -
Costanza - E' questo l'errore in cui s'incappa nelle questioni d'amore: essere il numero uno, il numero unico. Io sò di non esserlo per voi, eppure son qui, cheto la vostra disperazione, vi consolo, v'induco al positivismo.  E' il mio modo d'amarvi, scevro dall'amarezza  di un numero primo -
Portoghese - Vi state facendo beffe di me -
Costanza - Sono assolutamente sincera -
Portoghese - Io non potrò mai amarvi come amo lei -
Costanza - Io non ve l'ho chiesto, nè lo vorrei. Io non sono lei, sono altro ancora. Almeno questo riconoscetemelo -
Portoghese - Siete bellissima e state sprecando tempo con me, potreste avere legioni di spasimanti pronti per voi a qualunque follia -
Costanza - Avete ragione quando dite che ho schiere d'innamorati pronti a far follie, ma torto quando affermate che sto sprecando il mio tempo -
Portoghese - Quindi anche voi inseguite la follia?-
Costanza - La mia follia siete voi -
Portoghese - E i vostri amanti?-
Costanza - Ognuno di loro ambisce ad essere per me il numero uno, il numero unico, allo stesso modo in cui voi aspirate ad esserlo per lei. Nulla di nuovo sotto il sole, amico mio. Come vedete siete in buona compagnia!-
Portoghese - Di nuovo vi burlate di me -
Costanza - Attento, monsieur, quando vi compiangete diventate noioso e lei, come sappiamo, non sopporta la noia e, a dire il vero, neppure io. Ma io vi amo e sono disposta a fare un'eccezione...purché non diventi la regola. Monsieur, avete il  mio permesso di amarmi anche senza amore -

mercoledì 11 dicembre 2013

Numero uno. Numero unico.

Ancora nel campo della matematica, un altro brano estrapolato dal racconto "La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale". 

images by August Bradley

IL FATTORE X
Il Portoghese non era un novellino da iniziare alle pratiche del sesso che, nella sua burrascosa carriera di dongiovanni ne aveva viste e fatte ed escogitate, anche d'inedite.
Ma puntando arrogantemente solo su stesso, estimandosi numero uno, anzi numero unico, non aveva tenuto in alcun conto che nel calcolo delle probabilità ci potessero essere altri, seppur remoti, numeri uno e numeri  unici.
In barba a tutti i suoi diabolici calcoli matematici, riguardanti la teoria delle possibilità, erano saltati tutti gli algoritmi, cosicchè la casualità si era tramutata in necessità (Elvira) e la necessità aveva generato una nuova casualità (Costanza) che aspirava ad evolversi, in necessità.
Lui rappresentava il fattore X, quello di collegamento, l'innesco della miccia che, senza le dovute accortezze (ed è evidente che egli le ha abbondantemente eluse per via di quella sua eccessiva sicumera) ora rischiava di esplodergli in mano.

NUMERO UNO. NUMERO UNICO
Madame gli aveva rubato l'anima e lo aveva reso assolutamente vulnerabile, follemente innamorato e completamente dipendente da lei.
In questa fase esistenziale, e per lui  nuova, alla stregua di un adolescente inesperto sulla sintomatologia del male che lo stava divorando, si era barricato nella solitaria trappola delle introspezioni, laddove gemmano i sofismi filosofici e dilaga l'ermetismo poetico (materia, quest'ultima, a lui del tutto sconosciuta).
Non era la sua una gelosia di tipo convenzionale, (la disperazione d'immaginare Madame nuda tra le braccia di un altro) ma, piuttosto, la certezza dell'impossibilità di poterla davvero possedere.
Avrebbe accettato, senza alcuna amarezza, l'ipotesi di Madame amante di un altro uomo, o di tutti i maschi del pianeta, a patto che a lui fosse riconosciuto il ruolo di referente prescelto per una correità quasi consanguinea.
Quasi incestuosa.
Ma lui, numero uno, anzi, numero unico, era invece parimenti trattato alla stessa stregua di tutti gli zero, adoratori di Madame.

martedì 10 dicembre 2013

Elvira, Costanza e il Portoghese

Ho estrapolato questo brano da un vecchio racconto che sto ricorreggendo "La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale" perchè ho trovato divertenti le connessioni tra "La teoria delle probabilità" e le casuali dell'innamoramento, anticonvenzionale o classico, non fa differenza, che quando c'è in gioco il sentimento dell'amore è possibile stravolgere perfino le inconfutabili regole della matematica.



TEORIA DELLE PROBABILITA' - PROBABILISMO ONTICO
Il probabilismo ontico è una teoria ontologica in base alla quale ciò che è necessario rappresenta il massimo delle probabilità e ciò che è casuale il minimo delle probabilità. L'alternanza dialettica necessità/caso si dà quindi in una scala astratta, ma matematicamente controllabile per approssimazione caso per caso con adeguati algoritmi, dove la casualità è l'estrema improbabilità e la necessità l'estrema probabilità.
(da Wikipedia)

LIAISON D'AMOUR
Nel capitolo precedente abbiamo appurato che l'affascinante Portoghese, avventuriero in perenne fuga, è in realtà un matematico, mentre negli abiti seducenti della sensualissima Madame si cela la strega Elvira.
Nessuno è ciò che appare.
Converrebbe, al nostro matematico, prima di un suo maggior coinvolgimento, fornirsi di un buon testo filosofico e ristabilire la differenza tra ontico ed ontologico e, su questa rilettura analizzare, al lume di quella logica matematica che pur non dovrebbe difettargli, la sequenza degli eventi fin qui accaduti, partendo dalla teoria delle probabilità dove, in sunto, si chiosa che ai due estremi della scala matematica troviamo la casualità come fattore dell'improbabilità e la necessità, invece, quale fattore della probabilità.
Ma la divina visione di Madame in guepiere di pizzo nero e l'attimo dopo vestita solo di aggressivi sospiri, gli impedì qualsiasi salvifica valutazione:  l'indifeso ontico, armato solo della spada del suo pene, si stava consegnando, nudo e consenziente, alla meravigliosa creatura ontologica.
Che deliziosa tortura può essere l'amore: più Madame esigeva più lui era disposto a dare.
Lei aveva stravolto ogni regola ed ora lui non voleva più fuggire.
L'avrebbe rincorsa, se fosse stato necessario, in capo al mondo, ululando in ginocchio il suo nome, semmai l'avesse conosciuto, che neppure quel privilegio lei gli aveva concesso.
Madame e le sue voglie, stravaganti, lussuriose, eccitanti.
Nessuna, come lei, aveva saputo ingolosirlo.
Nessuna, come lei, aveva saputo nutrirlo negandogli il cibo.
Arrivava dopo giorni di assenza, e di dannazione per lui, preannunciata dalla scia amara del suo profumo.
Monsieur, j'ai besoin de vous.
Null'altro.
Ma questo gli bastava per tornare a vivere.

L'INCOGNITA
Eppure la meravigliosa creatura ontologica sarebbe riuscita a travolgere, con la potenza seducente del suo buio allure, tutti gli algoritmi sui quali fino ad allora il Portoghese aveva basato la sua teoria delle probabilità, se non fosse cinicamente accorsa in aiuto della ormai traballante ragione dell'umiliato, disperato ontico, quell'incognita che tutte le tesi possibiliste contemplano come futile ma destabilizzante, matematicamente non controllabile perchè finalizzata solo all'ipotesi di se stessa: Costanza.

martedì 3 dicembre 2013

Squisitamente femminile

 Squisitamente femminili.
Tutte le donne che aveva avuto lo erano state, ma per tutta la vita ne aveva desiderata una sola, l'unica che mai avrebbe potuto avere, la più innocente, la più sensuale, la più squisitamente femminile: sua madre.
Lei, seduta davanti alla specchiera, i capelli scuri sparsi sulle spalle, una bretellina della sottana scivolata lungo il braccio.
Ancora la sua immagine gli sorrideva dallo specchio, in quel modo speciale riservato a lui solo.
Presto si sarebbero stesi, l'uno accanto all'altra, nel lettone, dove lui sarebbe stato avvolto da quel calore buio, dirompente come una febbre.
Allora iniziava a rigirarsi inquieto nel letto, allontanandosi sempre più da quella calamita che pericolosamente lo attirava, alla ricerca di un angolo neutro che gli conciliasse la pace e il sonno.
Inutilmente.
Lei sentiva la sua inquietudine e, con la tenerezza di un gesto noto, tendeva una mano ad accarezzargli la fronte come faceva per farlo addormentare come quando era piccino.
Ora, lui, però,sfuggiva a quella carezza e a quelle dita.
Si allontanava da lei scivolando piano verso la sponda opposta del letto per tracciare quanta più distanza poteva tra loro.
Ma la sensazione di febbre non scompariva, e allora usciva silenziosamente fuori dalle coltri e si chiudeva in bagno.
Il pigiama, leggerissimo, gli premeva addosso come un saio, pesante e ruvido, che gli bruciava la pelle. Impaziente se ne liberava, e così nudo si coricava a terra premendo il ventre contro il freddo del pavimento, cercando di smorzare quel delirio che lo pervadeva.
Sdraiato in terra, la mano serrata sul pene, ancora evocava il calore avvolgente della donna inconsapevole, addormentata col braccio allungato verso il suo cuscino.
Perversamente femminile.
Nessun'altra donna, nel corso della sua vita, aveva saputo esercitare un'attrattiva così potente. E pericolosa.
Aveva dormito in tanti altri letti, avvolto nel morbido calore di nubi bionde, corvine, castane ed anche poi grigie, ma nessuna era stata mai capace di trasmettergli quella insana, terribilmente eccitante, sensazione di gioco dannato.
Nessuna donna, nemmeno la più desiderabile o la più difficile da conquistare, lo aveva messo nella condizione di trovarsi a rotolare nudo sul pavimento per spegnere il fuoco del ventre.
Il buio calore che da sua madre emanava lo aveva, fin da piccino, condizionato ad un futuro di estenuante ricerca di quella perversa, sublime sensazione di malessere, perché come spesso amava ripetere, le sensazioni del paradiso passano tutte attraverso l'inferno.

lunedì 2 dicembre 2013

Realtà estranianti



Giornata razionale e pessimistica, questa verso cui m'avvio, già prospettata nella certezza del deja vu, nonostante, ed invano, abbia cercato fin dalle prime luci dell'alba di renderla appetibile e misteriosa, come un pacchetto regalo ben confezionato e di cui s'ignora il contenuto.
Dal buio ho così materializzato il metafisico pacchetto e l'ho strategicamente collocato sul tavolino del salotto, in bella vista tra gli oggetti usuali, dove però risalta come un ordigno minaccioso.

Ho perso il gusto della sorpresa: capita quando non t'aspetti più niente dalla vita.
Quando smarrirò anche il gusto del gioco sarà davvero la fine.

Detesto il freddo che estrania il corpo sotto innumerevoli strati di lana, che non scalda neppure, che niente può sostituire il calore delle mani e delle labbra.
Giornata no, seppure c'è un tiepido sole, e come avvenuto  in altri tempi, forse di minor disincanto, avrei tentato di riscrivere il tutto con uno di quei giochi illusionistici di cui mi picco esser maestra.
Ma è questo uno di quei giorni in cui la consapevolezza esistenziale è talmente nitida e prevaricante che tutto ciò che è nelle mie possibilità mettere in atto non sortirà alcun risultato anzi, piuttosto, devo sforzarmi di non cedere alla tentazione della messinscena che sortirebbe effetto contrario e disastroso.

Detesto il freddo che mi rallenta e mi ravvoltola su me stessa, alla ricerca di un tepore improbabile, tutto interno, metafisico anche quello, come il pacchetto regalo che campeggia, simile ad un ordigno esplosivo, sul tavolo del salotto, tra le porcellane ed i fiori autunnali.
Marilena

martedì 26 novembre 2013

Chi l'ha vista?


Dal 21 ottobre 2013, non ho più notizie di Rebecca.
Stanca della lunga attesa ha preferito andare incontro da sola al suo destino.
Mi sento terribilmente in colpa d'averla trascurata.
Soprattutto d'averla delusa.
In realtà, Rebecca, non mi ha mai chiesto provvidenziali interventi miracolistici per indirizzare la sua storia verso un destino più a lei congeniale, s'è rivolta a me credendo di trovare un appoggio solidale e, d'altro canto, i miei discorsi l'avevano convinta della mia sincerità d'intenti e della promessa del mio conforto di adulta, offerto e poi disatteso.
Una generosità, la mia, molto aleatoria e corruttibile, se mi son fatta così facilmente distogliere da questo mio proposito, dall'arrivo inatteso di Mr Nativity e della mia biografa, l'Imperatrice Camilla.
E' trascorso un tempo infinito dall'ultimo capitolo della sua storia ( il 17esimo per la precisione) che qui, in Blogosphere, il tempo ha parametri diversi da quelli nostri terrestri, e quello che a noi pare svolgersi in un periodo ancora indefinito, ma nell'altro parallelo già concluso.
L'ho persa e me ne dispero.
Ragazza in gamba, Rebecca, sono sicura che non incorrerà in nessuno di quei pericoli che siamo soliti temere per gli adolescenti e, dal canto mio, sono ansiosa di sapere come si è evoluta la storia, se il padre, calcolatore ed egoista, l'ha avuta vinta sulle figle, costringendo Gemma a far da infermiera alla madre e Rebecca ad andar in sposa al promettente, ma introverso maestro ebanista, Giandomenico Messinese.

Se qualcuno di voi l'ha vista, datemene avviso, che di certo non passa inosservata con quei suoi capelli di fiamma e gli occhi splendidi di giaietto, il passo deciso e quel tenere alto il capo, non per stolida arroganza ma per retaggio di nobiltà di razza.
E quel suo profumo che inebria i sensi con la  fragranza delle mandorle e scalda il sangue con l'entusiasmo della cannella, potrebbe benissimo un giorno, se non corrisposto, spingere un uomo al suicidio.
Come ebbe a constatare Concetto Scalavino la sera che aveva visto il cane di casa masturbarsi con lo stesso veemente entusiasmo di un uomo, davanti la porta socchiusa della stanza da letto della sua figlia minore.

sabato 23 novembre 2013

Considerazioni di una scrittrice autodidatta

Da dove comincio?
Dal mio contenzioso con le virgole, disseminate con abbondanza e generosità, durante l'arco di questi cinque anni in Blogosphere, o dall'uso improprio delle doppie, che tolgo e aggiungo, in ottemperanza al mio dialetto romanesco?
Potrei parlare della mia passione per le lingue, in primis il francese e lo spagnolo, ma anche l'inglese, lingua indispensabile e di servizio, e degli strafalcioni che imbastisco a tal proposito: sono convinta che nessun altro, come un romano, sia capace di modificare, in senso dialettale, le lingue straniere, sia nello scrivere che nel parlare.
Eppure, ad onta di questo deficit, molti dei miei racconti sono ambientati in Spagna o in Francia, con l'arroganza di qualche inciso, sia pur abbastanza elementare (ne "La Marquise Baroque", mi sono spinta, con qualche audacia, ad imbastire periodi più articolati), nelle lingue d'origine, e solo dopo innumerevoli verifiche sui traduttori online, inadeguati, però, alla coerenza delle traduzioni in senso logico.
La Francia degli esistenzialisti, me l'hanno fatta amare Sarte e la De Beauvoir.
Hemingway,  m'ha fatto scoprire la Spagna, quella della generazione perduta.
Tutto questo prima della conoscenza di Garcya Marquez e, in tempi più recenti, di Saramago.
Nei romanzi di Marquez, come in quelli di Isabel Allende, ho ritrovato le atmosfere della mia infanzia, il racconto di una società del sud contadina e stregonesca: la casa dei nonni materni, con i pavimenti di terra battuta e i soffitti altissimi; la grande cucina col camino affumicato e le pentole di rame; le immagini dei santi e i ritratti dei morti, affissi alle pareti e in altarini improvvisati; le persiane socchiuse sui pomeriggi torridi; le processioni, con la statua del patrono portata in spalla, ed io, bambina, nella fila degli angeli, coordinata dalla vecchia maestra del paese, con sulle spalle ali di seta e nelle mani un cestino di petali di fiori; le bancarelle e le giostrine ambulanti, i fuochi d'artificio dirompenti, come lava, dalla bocca di un vulcano.
Il palazzo dei signori del paese, dove mia mamma era andata a servizio; il cimitero, immerso nel verde, con le sue storie di fantasmi; l'eremo di San Michele, dove con lo zio andavamo in visita al frate che lo abitava, per dividere con lui la freschezza di una fetta d'anguria; le chiese barocche e le donne col capo velato di pizzo; il bosco, dove la nonna andava a cogliere fascine di legna che trasportava, poi, in bilico sulla testa; il cortile dei vicini dove il latte ci veniva munto direttamente dalla mucca, che veniva bollito, e poi fatto raffredare sul davanzale della finestra; l'odore fragrante dell'orto che il nonno coltivava, e quello intenso dei fiori, che s'insinuavano clandestini dai vetri spalancati; il profumo del caffè corretto all'anice e il colore d'ametista del rosolio; le irruzioni notturne dei pipistrelli, con noi bambini che cacciavamo, ridendo e gridando, la testa sotto le lenzuola, per non farci succhiare il sangue da quei vampiri in miniatura.
Ho avuto da bambina la fortuna di abitare, come nel racconto dell'Allende, "la casa degli spiriti".
Colombia, Portogallo, Perù e Campania: le stesse genti, gli stessi riti e le stesse leggende.
Adoro il sud del mondo.

Non ho voluto studiare, (la giustificazione è che non reggevo lo stress degli esami) mi sono fermata alla terza media, confesso quindi una cultura nozionistica e molto personale, consapevole che la sensibilità, la passione e la buona volontà, non possono sostituirsi alla conoscenza della materia, che si acquisisce solo attraverso lo studio approfondito.
E'  soprattutto la mia consapevolezza di  lettrice, vorace ed appassionata, a rendermi cosciente dei limiti e delle contraddizioni della mia scrittura, e questo di certo mi pone al riparo da irriguardosi sogni di "grandeur" a vantaggio di una mia più veritiera biografia.
La consapevolezza della mia dimensione mi aiuta ad essere davvero me stessa, quel bello e quel brutto che all'interno covo, qui trova la sua sintesi in tempo reale e senza l'ausilio di un canovaccio.
Direi senza rete.
E già questo la dice lunga sul mio modus operandi, naif e anarchico, entusiastico e dilettantesco,  assolutamente coerente con quel mio aspirare alla perfezione senza avere, però, la pazienza di perseguirla.
Così lo spazio del mio blog riesce a soddisfare il mio innato bisogno di scrivere, avendo anche la conferma di un qualche visitatore che si sofferma a leggere.
E questo m'appaga e mi ripaga del tempo passato a cercare l'aggettivo perfetto e il verbo giusto, a  falcidiare virgole e apporre punti, ricompattare, o scompagnare, le doppie abusive, comporre e scomporre all'infinito una frase, invertendo i fattori grammaticali per verificare la correttezza di una traduzione.

giovedì 21 novembre 2013

Idealizzazioni e astruserie su un mondo che in realtà non esiste


 Stamani mi son svegliata male (mi capita spesso, ultimamente)
Male non significa di umore cattivo, ma instabile, che è peggio.
Mi sono destata in bilico su due mondi, col piede destro poggiato sulla Terra e il sinistro su Blogosphere.
Al centro c'è il cratere di un vulcano colmo d'acqua, dove ci nuotano le sirene e qualche pesce fuori rotta.
Un grande catino a cielo aperto.
Se mi sbilancio, anche solo di un passo, ci potrei cadere dentro, e non so nuotare.
Affogherei di sicuro perché le sirene sono di quella specie che non praticano salvataggi, e i pesci... questi  pesci qui  hanno troppo da fare a ritrovare  la rotta e salvare se stessi.
Eppoi, si è mai sentito di un pesce che abbia mai salvato qualcuno?
Forse una balena o un delfino, i tonni li escluderei a priori perchè di natura predatori, anche se noi, erroneamente, siamo propensi a crederli innocui e già inscatolati alla nascita, e così mai ci verrebbe d'immaginarli vagabondi e famelici.
 Però qui la faccenda riguarda pesci piccoli e comuni, tanto stupidi da smarrire l'orientamento e finire in questo grosso catino che si spalanca a dividere (o congiungere?) la Terra e Blogosphere
Bè, fino a ieri ad una storia del genere sarei stata ben disposta a crederci.
Raccontarla perfino.
Fino a poche ore fa tutto era ancora possibile.
Poi c'è stato questo risveglio instabile, che non preclude a nulla di buono, e oltretutto non migliora la situazione il trovarmi in questa posizione scomoda, con le gambe divaricate sui due pianeti, in balia di un vento malandrino che mi solleva la gonna in una malriuscita imitazione di Marilyn Monroe, nella mitica scena del film "Quando la moglie è in vacanza".
Io e lei, in comune, abbiamo solo un'assonanza nei nomi, per il resto siamo storie diverse.
Non avrei mai potuto essere lei seppur mi sarebbe piaciuto, eccome, ma non avrei retto il successo.
Ho perseguito altri obiettivi, per questo Marilyn abita il firmamento di Hollywood ed io, invece, un antro sotterraneo.
Il destino non è mai casualità.

Non ho voglia e nè energie per intraprendere nulla, neppure continuare nella ricostruzione di me stessa, opera incompleta e destinata a rimanere tale, come tutto ciò che mi riguarda.
Straparlo, ma quando sono davvero instabile anche la mia fantasia diventa deleteria, pessimisticamente trasbordante e mai completamente innocua.

Scendo le scale che, dall'armadio della camera da letto, conducono al mio antro.
Mi accoglie il silenzio del primo mattino e l'odore buono del caffè.
Vedo Amaranta, seduta davanti la finestra, fumare un sigaretto Moods ed osservare pensosa lo scialbo panorama, che si disegna desolatamente nitido, nel riquadro dei vetri e nella luce giallina del giorno.

M - Non sono i cigarilli di Mr Nativity?-
A - Li ha dimenticati qui, forse di proposito, per ricordarci che l'odore del diavolo è quello della  liquirizia e non dello zolfo. Vuoi una tazza di caffè? Hai davvero un brutto aspetto -
M -  Forse l'avresti anche tu dopo una lunga serie di notti insonni -
A - No che non l'avrei. E lo sai anche tu! -
M - Dormono ancora tutti? -
A - Tutti chi, Mari? -
M - Lizard, Kilroy, Iggy e BLOG -
A - Ah, ti riferisci a quelli? -
M - Certo che mi riferisco a quelli. Chi altri abita questo posto? -
A - Bah...se ti piace crederlo -
M - Come sarebbe a dire, se mi piace crederlo? -
A - Dico che forse dovresti smetterla con questa storia dell'antro e lasciarmi finalmente libera. M'annoio perchè qui non accade mai niente di eccitante -
M - E dove vorresti andare? -
A - Nella mente di qualcun altro -
M - Davvero lo vorresti? -
A - Eddai non prendertela a male, un cambiamento a volte s'impone. Sarebbe positivo anche per te. -
M - Non aggiungere altro se non vuoi essere cancellata all'istante -
A - T'informo che starò via qualche giorno, e non farne, come al solito, un dramma -
M - E dov'è che andresti? -
A - Los Angeles, baby, a formalizzare la conoscenza con un tipo niente male conosciuto su FB -
M - Su FB? Ma tu sei la mia alter ego, materialmente non esisti e quindi non puoi disporre di un account -
A -  Ma non hai affermato, qualche istante fa, che l'antro è reale? Allora anch'io lo sono, e non vedo perchè non potrei, al pari di te, accedere a FB e con maggiore diritto, in virtù della mia doppia cittadinanza, in Blogosphere e sulla Terra. -

domenica 17 novembre 2013

La strega aurea


....nsomma, ammettiamolo: Blogosphere è permeata da un'atmosfera mielosa e buonista fino al voltastomaco, quindi  per un bilanciamento meglio proporzionato mi sono asssunta l'onere di ristabilire un equilibrio più vero, seppur più drammatico, tempestando il suo cielo, eternamente rosa, di nubi nere e tempestose.
Bè, a dire il vero, l'avamposto abitato, quello più vicino, dista così tanto dal mio antro che forse gl'invocati  nuvoloni  neppure v' incomberanno ma, tant'è, ciò che è detto deve esser fatto.

E così  ho sondato, tra le mie diverse identità, la più disponibile a compier l'opera ma, con mia grande sorpresa, è stato tutto un ritrarsi indietro, un apporre motivazioni, per altro bislacche, a giustificare il rifiuto.
Perfino Camilla (Cam o Camille) la mia doppelganger, la mia gemella mutaforma, si è defilata, adducendo il pretesto d'aver del lavoro arretrato da sbrigare, se ne è partita che era ancora notte.
Ho visto, nella trasparenza lunare, il mio alchemico spettro cavalcare uno sfilacciamento di nubi ed involarsi oltre le creste ghiacciate di questa landa, abbandonandomi alla nevrosi crescente dell'impasse.

Eppoi ecco che, inaspettata, si è fatta avanti Alice, l'adolescente abitatrice degli specchi, timida ed illusoria, nella sua vesticciola di cotonina azzurra, eppur quanto rabbiosamente determinata a scatenare l'apocalisse nel cielo rosa di Blogosphere!
- Me ne occupo io, Mari -  Si è proposta, fissandomi seria con quei suoi occhi grandi e verdi sotto la frangia ancora da bambina, ed un sorriso inedito, insidioso, che non le conoscevo.
Alice, l'adolescente intrappolata nei sofismi ingannatori di una fiaba e, per questo alla ricerca di un riscatto, è di sicuro lei la più adatta all'incarico: la strega aurea che ristabilirà in Blogosphere un equilibrio ed una giustizia.

E così su questa scenografia rosa s'è abbattutto un diluvio epocale, lampi e tuoni, fulmini e saette, mentre nella luce purpurea di una luna vampiresca annegava l'intero universo metafisico su cui, aleatoria, poggia.
Magnifico il nubifragio delle stelle: nella colata incandescente le comete graffiavano come dita unghiolate, dilanianti  l'impenetrabile, buia, cortina d'acqua, per piombare poi a terra con fragore di valanga, prima d'inabissarsi per sempre.
Dal suolo sventrato s'è innalzato il lugubre ululato dei lupi mannari e lo squittio demente del vampiro, con le voci, empie ed osannanti, dei revenant, e le grida isteriche della folla inferocita che pur si spintonava,  spietatamente calpestandosi per abbrancare un ramo striminzito a cui potersi invano aggrappare.

Notte di follia!
Sotto la pioggia inarrestabile sono marciti i fondali rosa di Blogosphere e tutto il Web è precipitato negli inesplorati crateri sotterranei, nei regni inviolati di Poe e di Lovercraft, circoscritti dagli abissi d'ardesia oltre i quali si spalanca l'ultimo girone dell'Inferno di Dante, quello mai svelato nella Divina Commedia e di cui, Alice ed io, continueremo consapevolmente a perpetrare il segreto.

venerdì 15 novembre 2013

Una donna di classe

Il suo sguardo era stato attratto dalle due donne sedute al tavolino del bar.
Una donna matura ed una ragazza molto giovane.
Si somigliavano.
La donna più grande aveva i capelli di un tono più chiaro ed una gestualità più posata.
Probabilmente erano madre e figlia.
Sedute a quel tavolino a discutere di qualcosa che doveva, confidenzialmente, coinvolgerle.
La ragazza giovane era molto carina.
Sedeva disinvolta, conscia della sua bellezza, gettando occhiate distratte alla strada e continuando a rimestare, con la cannuccia, la bevanda colorata che aveva davanti.
Ma, ad attrarlo, era la donna più grande.
Sedeva in maniera composta sorseggiando, ogni tanto, dal suo bicchiere.
Un raggio obliquo di luce la evidenziava nel chiarore dei capelli e dell'abito, come la materializzazione di un ologramma.
Dalla piccola scollatura del vestito emergeva un collo da Modigliani.
O quello di una giraffa in miniatura.
I capelli, raccolti sulla nuca, ne accentuavano la flessuosità.
In quel lungo collo, color avorio, c'era qualcosa di estremamente sensuale che lo irretiva.
Da cui non riusciva a distogliere lo sguardo.
La posa composta.
I gesti misurati.
La sobrietà dell'abito.
E la severità della pettinatura.
Tutto questo smentiva apparenti intenzioni seduttive.
Ma quel collo flessuoso che emergeva, disadorno e nudo, era la provocazione sessuale più discreta, ed eccitante, che solo una donna di classe avrebbe saputo, ad arte, ingegnare.

domenica 10 novembre 2013

Mr Nativity (nona parte)

- Questa tua decisione significa la fine della nostra amicizia -
La voce di Camilla è ferma mentre pronuncia questa condanna, crudelmente coerente con quella sua ferrea intransigenza tramite la quale ha costruito la perfezione di se stessa, e del mondo che la circonda.
Un mondo che non ammette ripensamenti.
- Questa mia decisione significa un'ulteriore possibilità di salvezza per tutti noi -
Controbatto, cercando d'impostare il tono della mia voce su quello stesso suo.
- Non vedo nessuna salvezza ma solo uno spreco assoluto di risorse e di possibilità, finalizzate, con questa tua decisione sventata, al niente e, puoi crederci Mari, non ce ne saranno altre di simili nel tuo futuro. Per quel che mi concerne getto la spugna: fa quello che vuoi ma d'ora in poi non contare più su di me -
Conclude categorica.
 Riesco solo a sussurrare mi dispiace, ma lei s'è già allontanata diretta alla volta di Leonard, del quale non riesco a vedere che la sua breve ombra, baluginante ed incerta, sullo sfondo redivivo dell'antro dove, dal sottosuolo, riecheggiano di nuovo  i passi di sentinella di Iggy, lo psicotico killer salamandra, mentre dai bagliori delle ultime braci che vanno spegnendosi nel camino, emerge nitida la sagoma di Lizard, la lucertolina bionda, raggomitolata ad esse, a bearsi stupita di quel tepore aggiuntivo e fuori stagione. Sulla parete dove Kilroy, il freak graffiti writer, s'è mimetizzato, ora campeggia, cubitale e fluorescente, la sua tag, KLR666, sotto il disegno di due dita divaricate nel segno della vittoria, e un raggio di sole illumina la meravigliosa tela della maternità apocrifa del Caravaggio, dove una Madonna dagli occhi impudici, (quelli di Amaranta, la mia alter ego) ninna uno scettico Bambinello dallo sguardo disincantato (BLOG, il mio figlio obeso e nichilista)

- Stupid crazy woman -
Mi sorride Mr Nativity, porgendomi la mano, e sembra non avercela con me.
- Stupida pazza donna -
Traduce, a mio beneficio e in un italiano perfetto, sorridendomi con simpatia e commiserazione.

- Stupida pazza donna  ...davvero credi d'aver vinto tu? In realtà non è mai stata contemplata nessuna possibilità di una tua vittoria, qualunque scelta tu avessi fatto. Mi sarei dunque gratuitamente preso tanto disturbo per una persona insignificante come te? Bada bene che pur nutro nei tuoi confronti, in virtù del tuo odierno rifiuto, una qualche remota ammirazione, che pochi avrebbero resistito alle mie appetibili lusinghe e, ancor meno, si sarebbero battuti per preservare una realtà drammaticamente modesta, come la tua, a scapito di una più gloriosa e scintillante. Ma non è stato il tuo rifiuto a decretare la sorte di Camilla, la meravigliosa creatura dal cuore irremovibile, l'arcangelo dei perdenti e degli imperfetti, lei così gloriosa e fulgida che non meritava questo tuo, seppur amorevole, ko, perché alla fine è stata lei stessa a stabilire il suo destino scegliendo di credere a me e non a te. Ora è definitivamente mia. Ma non crucciarti lo è sempre stata e, se avessi voluto, fin da subito, che per me questo del possesso delle anime è un gioco da ragazzi, se non fosse che mi annoiano le conquiste facili, seppur con lei avrei voluto fare sul serio, mi è sempre piaciuta più di ogni altra, sarebbe stata una magnifica Mrs Nativity,  la mia compagna ideale, la cui natura, altera ed incorruttibile, avrebbe controbilanciato la mia, irrimediabilmente predisposta all'inganno. Si è data tanto da fare per te, una generosità commovente alla quale tu hai anteposto, invece, come priorità, la sopravvivenza di quei tuoi mostriciattoli parassiti. Rassegnati, che avrei vinto comunque, e non lo dico per consolarti, lei sarebbe stata mia in ogni caso, sia che tu avessi optato per la strada del successo, che avrei reso grandioso al di sopra delle sue stesse aspettative (le tue non le prendo neppure in considerazione, che pare tu non ne abbia), sia in previsione di un tuo rifiuto, (esattamente com'è avvenuto) cosicché lei ora svilupperà tali e tanti sensi di colpa nei miei confronti (ricordati che per mettermi in cattiva luce hai usato termini molto forti  e poco ragguardevoli) che vorrà fare ammenda e risarcirmi in tua vece -
- Avrei dovuto accettare passivamente la distruzione del mio mondo? Quello, almeno, l'ho salvato! -
- Ma dai, stai scherzando vero? E secondo te sarei stato io l'artefice della minacciosa visione dell'apocalisse in cui sarebbero periti i tuoi mostriciattoli? Hai fatto tutto tu, sono proiezioni della tua fantasia ansiogena tendente al paranoico, io non ho mosso un dito, e se non fosse stato per il freddo polare del tuo salotto, mi sarei anche divertito contribuendo a render più reale il tutto. Adrenalina alle stelle, baby, come non hai mai provato in vita tua. Ma avevo fretta di concludere e tornare al mio ranch di Fournace Creek con la mia incantevole preda tra le braccia, proprio come tu hai predetto. Ora devo andare, Camilla mi sta aspettando, credo che non la vedrai per un bel po, forse mai più, è davvero troppo arrabbiata con te, l'hai presa a pugni quando lei ti offriva il mondo. No, non ti perdonerà mai, piuttosto, però, se tu dovessi cambiare idea e avvalerti della mia consulenza, in forma assolutamente anonima, batti un colpo ed io mi farò vivo: a te la garanzia del successo e a me il 70% degli utili - 

venerdì 8 novembre 2013

Mr Nativity (ottava parte)

Chi sono io?
Una donna che si diletta della finzione, una scrittrice e di modeste pretese, ma se accettassi, in nome del successo e della popolarità, i benefici derivanti dalla messinscena, diventerei io stessa una finzione, una marionetta che per agire ha bisogno del suo burattinaio. Parlerei con la sua voce di ventriloquo e, senza la guida dei suoi fili ad organizzare i miei movimenti, come una cieca mi agrapperei all'aria.
Non avrei più nemmeno diritto alla mia quota di errori, condannata per l'eternità ad evitare quei passi falsi che svelerebbero l'imbroglio. Ma io quel mio tutto lo sto già perdendo: il mio universo metafisico popolato di creature fantastiche, paranoiche, assurde e sensuali, in cambio della mia integrazione in un mondo altrettanto fittizio, ma estraneo.
Se non accetto il baratto forse salvo, oltre me stessa anche Leonard, offrendogli, con la sua prima sconfitta, il passaporto per quel mondo reale a cui, infondo, aspira appartenere.

- Non se ne fa più nulla -
Affermo a voce alta dal mio angolo di stanza.
- Non se ne fa più nulla -
Ribadisco.
Camilla alza la testa dal computer, mi fissa incredula.
- Non se ne fa più nulla -
Ripeto.

Lei ora mi è vicina, pallida, incapace di parlare, mi afferra per le braccia, senza un vero intento aggressivo m'inchioda alla sedia per evitare una mia uscita di scena. Ma io non ho nessuna intenzione di fuggir via, voglio spiegare le ragioni del mio rifiuto, soprattutto a lei, anche se già so che sarà impossibile l'intesa, come già altre volte è accaduto, che scontrarsi con la sua anima intransigente è finire ko prima ancora d'aver indossato i guantoni.
Ma io non voglio boxare, soprattutto non voglio che questa volta, la prima nella storia della nostra amicizia, sia lei a finire al tappeto. Un' umiliazione che non merita.

La prima sconfitta per l'Imperatrice Camilla, la mia biografa, rappresenterebbe per lei una fine.
La prima sconfitta per Leonard Nativity, il creativo più grande del pianeta, rappresenterebbe per lui un inizio.
Per me stessa, invece, una questione di sopravvivenza.

- Mettiamola così: non sarò il predellino che farà guadagnare al tuo amico centimetri in altezza e in stima, per elevarsi fino a te. Non gli permetterò di far nulla per me così non potrà esigere nulla da te. -
- Stai delirando, Mari. Sei la persona più instabile, e paranoica, che io conosca. Soprattutto non ti concedo lo strampalato alibi del rifiuto con intento salvifico. Conosco Leonard da moltissimi anni, abbiamo collaborato altre volte e non mi ha mai chiesto niente in cambio. E' un abile costruttore di verità apparenti, ma tutto quello che produce ha il consenso finale di chi a lui si rivolge, certificato nero su bianco. E nessuno s'è mai lamentato -
- Ovvio, se vendi l'anima al diavolo sai già che non puoi riaverla indietro -
- Leonard, dunque, sarebbe Mefistofele? Hai letto troppi libri e passi troppo tempo da sola in questo caravanserraglio popolato di "presenze", come tu le chiami, una più malata dell'altra. Hai sempre avuto l'attitudine di mutare in fantastico anche le cose più banali, hai trasformato perfino me in un personaggio. Ma io ti voglio bene e mi sono prestata al gioco intuendo in te potenzialità che avrebbero prodotto nel tempo qualcosa di grandioso, se solo la tua abnegazione fosse stata pari alla tua immaginazione. Non conosco nessun altro con una vita così vuota e una mente così affollata -
- Lui ha cominciato a costruire questa storia nel momento stesso in cui ti ha vista. Quelle collaborazioni, che tu vanti, e per le quali non t'ha chiesto nulla in cambio, erano già scritte nel suo copione. Ha materializzato per te questa sua realtà parallela: il ranch pieno di trappole di Furnace Creek, la sua incurabile anemia, la sua relazione con un lottatore di sumo. Non è vero niente. Non esiste niente. Lo ha realizzato perché tu lo credessi vero, stravagante ed unico, e t'innamorassi di lui, perchè l'unica cosa vera di tutta questa storia, Camilla, è il suo amore per te. Io sono solo un mezzo di cui lui si sta servendo per giungere a te, e non importa se questo comporterà la distruzione del mio mondo, un cataclisma in cui io stessa, esaurita la mia funzione, sarò condannata, al pari delle mie creature, a morire. Non una morte fisica, certo, ma quella forse più crudele dell'amnesia irreversibile. Insieme a me moriresti anche tu, definitivamente cancellata dalla mia memoria e da quella del mondo, senonché, puoi scommetterci, l'attimo prima della fine si materializzerà, tra le nebbie della tua incoscienza, Mr Nativity, che cavallerescamente ti prenderà  tra le sue braccia per portarti in salvo nel suo ranch -

lunedì 4 novembre 2013

Mr Nativity (settima parte)

La mia consapevolezza in cambio del successo: la cancellazione del mio mondo a favore di un fuorviante fondale scenico che, seppur temporaneo, stà già sbiadendo la realtà del mio antro.
Questo il diabolico baratto che io dovrei accettare.
Ora, alla luce della verità appena emersa, la scoperta dell'amore folle di Mr Nativity per la mia biografa, la sublime Camilla, sono costretta a rivedere, e in fretta, la mia posizione e la mia disponibilità al riguardo di quest'affare.
 Sulle mie spalle grava la responsabilità delle creature dell'antro da cui, esclusivamente da me, dipende la loro sorte, come ora anche quella della mia biografa che non ha visto, o sconsideratamente sottovalutato, ciò a cui mira Mr Nativity: l'accesso alla sua anima.
E' quello il rifugio ultimo a cui lui aspira.
Null'altro gl'interessa.
Null'altro vale la pena.

Da quando è arrivato non s'è mai tolto il cappotto nè quel suo ridicolo cappello.
Non credo che sia solo per via del freddo patologico di cui soffre ma, piuttosto, per acquisire accanto alla statuaria Camilla, volume, peso ed altezza, cosicché gli strati di pesante panno servono a nascondere un corpo inconsistente e l'anacronistica tuba a ripristinare un'equità d'altezza, che l'essenza di Mr Nativity è volatile, simile a quella di un gas la cui temperatura d'ebollizione è molto al di sotto della temperatura ambiente, e che se non fosse per l'odore acre, neppure ci si accorgerebbe della sua presenza.

Dalla mia postazione strategica, al centro della stanza, osservo Leonard e Camilla chini sul portatile di lei, le lunghe, pallide dita dell'Imperatrice e quelle inanellate d'argento di Leonard, sfiorarsi come per caso, ritrarsi e poi cercarsi di nuovo, complici sulla tastiera condivisa del computer.
E' iniziata la caccia.

Dal dipinto del Caravaggio il colore sta diluendo in rigagnoli filamentosi e sottili che traboccano, dalla sontuosa cornice barocca, come acqua di piena da un dirupo, dove galleggiano, trasportati dai marosi, i corpi senza vita di Amaranta, la mia alter ego, e di BLOG, il mio figlio obeso e nichilista.
Di Kilroy, il freak graffiti writer, è sparita ogni traccia, inghiottito dal muro.
Lizard, la lucertolina bionda, intontita dal calore cerca ristoro nelle fiamme del camino, come fossero onde di un mare in tempesta, mentre dal sottosuolo non giunge più l'eco minacciosa dei passi di Iggy, il killer salamandra.

Come in un racconto dell'orrore, quando non c'è più scampo ed il destino è ormai segnato, la verità, nella sua interezza, s'affaccia limpida alla mia mente.
L'ultima verità del condannato a morte, quella che si vorrebbe gridare se la voce non fosse stata inghiottita della paura, e allora non rimane altro che rimettersi nelle mani del boia, sperando che concluda in fretta il suo triste lavoro così da evitarci un supplemento d'agonia, e l'umiliazione di pisciarci addosso.

...Dunque tu chi sei?
Una parte di quella forza che vuole sempre il male e crea sempre il bene...Io sono una parte della Tenebra che generò la luce.
(Citazione dal "Faust" di Goethe  
Incipit de "il Maestro e Margherita" di Bulgakov)

Però io ho pena per quest'uomo solitario, preda del delirio dell'amore, una febbre di cui non sa nulla ma che pur vorrebbe sperimentare nella sua interezza, lacrime comprese, seppur egli non ha pianto mai in vita sua ma piuttosto ha fatto piangere, spesso senza neppure averne consapevolezza, con la cattiveria innocente di un bambino.
Ma nonostante tutto il male che egli possa aver prodotto sarà sempre il mondo ad essere in debito con lui, il costruttore di sogni,  quella parte di tenebra che genera la luce, anche se questa verità non verrà mai riconosciuta perché l'arroganza impenitente degli uomini è pari, se non superiore, a quella di quel Dio che, dopo avergli concesso il dono di una mente prodigiosa, gli ha inflitto lo sberleffo di un corpo inadeguato, condannandolo per sempre alla solitudine.
Il martirio della croce è durato una sola notte, il suo, invece, tutta la vita.
Ne avrebbe, dunque, di motivi validi per odiare Dio e la razza degli uomini, ma non odia nessuno e lo dimostra svolgendo in maniera impeccabile il suo lavoro (a differenza di Dio che troppo spesso si diletta dell'incompiuto) sfruttando al meglio il suo genio per materializzare sogni per conto terzi, un proficuo divertissement in attesa di vivere il suo proprio sogno che mai, però, vorrebbe illusorio, costruito ad arte: il prodotto di una combine.
Rifiuterebbe tutte le scorciatoie, ben disposto a pagare il suo tributo in patimenti, sconfitte e delusioni, pur di svegliarsi un mattino e non essere più lui.
Felicemente anonimo.
Felicemente non più Leonard.

- Who are you?-


venerdì 1 novembre 2013

Mr Nativity (sesta parte)

- We're a couple!-
Afferma Leonard sorridendomi e sollevando, nel gesto del brindisi, la tazza di latte bollente.
Siamo scopertamente a vis a vis e, da quando Mr Nativity ha fatto la sua comparsa nell'antro, ho finalmente agio di studiarne la fisionomia nei dettagli. Solo ora noto la minuscola punta di diamante incastonata tra gli incisivi; l'occhio destro azzurro scuro e il sinistro azzurro cielo; le orecchie piccole, da gorilla, ai lati della testa che, per via del cappello a cilindro, appare sproporzionata al resto del corpo; le mani sono belle, seppur piccole, con le dita inanellate d'argento come quelle di un principe medievale. La voce è suadente, leggermente roca e nella pronuncia trascina la erre: un vezzo e non un difetto.

 - Strange but true -
Rispondo io nel mio  inglese analfabeta. 
Forse sono anche arrossita, e non solo per via della mia inadeguatezza linguistica.
- I'm sorry, Leonard, I do not speak English -
Mi sento in dovere di confessare, come se lui non se ne fosse accorto.
  
-I do not even  speak Italian, but it is not so important to talk. We need to stage a play silent but convincing. Words are not necessary, the public will write the script -
E' incoraggiante e, presumo, anche paziente. Quante doti vado scoprendo!

- Abbiamo bisogno di mettere in scena una recita muta ma convincente. Le parole non sono necessarie, sarà il pubblico a scrivere la sceneggiatura - 
La traduzione solerte dell'Imperatrice: una conferma del progetto e una rassicurazione aggiuntiva, nel tono delle loro voci, che tutto andrà per il verso giusto.

Devo fidarmi...in realtà io mi sto già fidando, sarà veloce ed indolore, come all'inizio promesso, un gioco facile  dove neppure occorre parlare, evitando così il rischio di una battuta sbagliata. Sarà il pubblico a scrivere la sceneggiatura, ammesse tutte le varianti sul tema purché si fantastichi su questa incredibile, inesistente love story, che pur decreterà il debutto in società di Mr Nativity: questo l'asso nascosto nelle impenetrabili maniche del  suo pesante cappotto, che ha la duplice funzione di proteggerlo dal freddo e nasconderlo alla curiosità del mondo.
Ma io nutro il sospetto che, invece, a saperla davvero raccontare è tutta un'altra storia, che sia lui a necessitare dell'attenzione del mondo per mitigare il freddo patologico e la solitudine endemica, sospetto che in quel suo ranch di Furnace Creek non ci sia nessun lottatore di sumo ad attenderlo, ma macchinari fantascientifici, computer, monitor, sale di regia. Immagino perfino un potentissimo telescopio puntato, come una bocca minacciosa di cannone, verso il cielo, perché soltanto Dio gli è rimasto come degno antagonista col quale egli possa, con una qualche soddisfazione, misurarsi, perché per i suoi simili non nutre più, ormai da tanto tempo, né velleità e né curiosità, avendo, per esigenze esistenziali, ridotto il mondo al perimetro di una scacchiera, dove mai nessun giocatore, per quanto abile, è mai riuscito a dargli scacco matto.
Non è distogliere, dunque, da se stesso l'attenzione del mondo ma piuttosto sollecitarla, fare in modo che i riflettori, inconsapevolmente, rimangano sempre accesi su di lui: un abile mossa quel suo nascondersi nell'ombra per rifulgere, all'esterno, di fragorosa luce accecante.
Perché quella è la sola luce che riesce a riscaldarlo e mantenerlo in vita.
E' lui, quindi, ad aver bisogno di me.

Mi guardo intorno, nella fornace che è diventata questa stanza, dove oltre al fuoco del camino arde ora anche la fiammella aggiuntiva di una stufa, Camilla e Leonard, seduti sul divano, amabilmente conversano e fumano. Lei si è tolta la giacca ed è emersa nella seducente trasparenza di un top bianco, ed ecco che tutta la luce pare convergere sul suo busto, candido e tornito, come quello di una statua di Giunone. Mr Nativity, vestito di  nero ed imbacuccato fino alla cima della sua teatrale tuba, è in composta adorazione di ogni gesto, di ogni parola dell'Imperatrice. Di sghembo, un raggio di luce, rivelatore, s'è posato su di lui.

... sul muro dove prima c'era l'ombra di Kilroy, il freak gaffiti writer, è rimasta impressa solo un'umida striatura verticale.
 Lizard, la lucertolina bionda, affascinata dalle fiammelle danzanti, sta concertando l'auto immolazione sulla pira.
Nella tela del Caravaggio, gli occhi verdi di Amaranta, la mia alter ego, e quelli bui di BLOG, il mio figlio obeso e nichilista, scolorano, appannati dall'ombra prematura della morte.

Solo i passi di Iggy, lo psicotico killer salamandra, riecheggiano ancora, furiosi e vitali, sul piancito del sotterraneo dove è stato preventivamente rinchiuso.
L'unico, tra noi, rimasto al riparo dalla voracità  predatoria di quest' uomo diabolico, affamato d'un amore impossibile.

mercoledì 30 ottobre 2013

Mr Nativity (quinta parte)

Camilla - Il progetto è semplice, Mari: dovete mostrarvi insieme ad un evento importante, alla luce del sole e non come clandestini. Il clamore sarà immediato, poiché Leonard, seppur sconosciuto alla massa è assolutamente noto agli addetti ai lavori, quelli che davvero contano, quelli che manovrano da dietro le quinte il mondo dell'editoria e i destini di un autore: editori, manager, pubblic relations, agenti letterari, direttori e consulenti, grafici e correttori di bozze.
Il mondo dell'editoria si divide in due settori: quelli che hanno lavorato con o per lui, e quelli che aspirano lavorarci, anche gratis. Nota è la sua ritrosia a mostrarsi in pubblico e, le pochissime volte che è accaduto, lo si è visto sempre solo. E' gay, il suo compagno è un giapponese, lottatore di sumo. Questa è la verità condivisa con gli amici più  intimi. Forse è vero, forse no, D'altronde questo suo Rikishi nessuno di noi  lo ha mai conosciuto di persona. Magari non esiste, ma Leonard lo si ama anche per questo. Ed è proprio in virtù di questa sua  riservatezza esacerbata che possiamo giocare sulla credibilità dei ruoli.
 Mr Nativity che si mostra per la prima volta in pubblico, in veste privata e in compagnia di una donna misteriosa, sarà una vera notizia bomba. La sua vita reale, comunque, sarà al sicuro, perché nessuno oserà entrare in quel suo ranch super riscaldato e, a quanto si mormora, pieno di pericolosi trabocchetti, e con forse in agguato un lottatore di sumo. Tu, al contrario, dovrai far emergere il tuo antro, renderlo rintracciabile e penetrabile, non troppo facilmente, ovvio, che altrimenti la trama di questa love story fasulla verrebbe scoperta. Non sono così stupidi, né così  ingenui, neppure dall'altra parte e, di certo, come prima cosa si domanderebbero come mai un uomo inaccessibile come Mr Nativity non abbia messo in atto tutte le precauzioni possibili a protezione della privacy della sua donna. E' già una storia questa, Mari, pronta per essere trasformata in mito: l'uomo potente che abita un ranch/fornace in California e la donna sconosciuta che vive nell'antro/frigo in Blogosphere, due mondi assolutamente opposti e, a prima vista, inconciliabili. Così partiranno alla caccia dei vostri punti d'incontro, fiumi di parole, articoli ed illazioni, soprattutto si parlerà di te, ci si ricorderà della tua liaison con Cristiano Diogo De Santos, verranno resuscitati i fatti di Parigi, tu stessa assurgerai a nuovo splendore, sarai la donna di cuori, quella che ha sbaragliato le due splendidi amanti nel cuore de Il Portoghese, e l'unica che ha penetrato quello inviolabile di Mr Nativity. Il fine è quello di sguinzagliare i cacciatori sulle tracce di una ipotetica preda, che non ha nulla di predestinato ma tutto di progettato, e il trucco è che nessuno s'avvede del paradosso sconcertante di quella lepre che mal si nasconde, maldestramente palesandosi con improvvidi capolini per poi rituffarsi nel folto della vegetazione e pochi passi dopo riaffiorare di nuovo alla vista, che basterebbe allungare una mano e acciuffarla per la coda. La magia è che nessuno dei predatori potrà vedere, attraverso i cespugli ad arte disseminati, lo sberleffo, il maramao, l'inchino irridente del gatto con gli stivali nel ruolo della lepre, e anche se il trucco venisse scoperto, saranno loro stessi a non smentire il gioco per non passare alla storia nella veste dei turlupinati. I primi fruitori di notizie sono quelli che le scrivono, sia pure fosse un articoletto di gossip, un fondo pagina, una notiziola di categoria B, purché sia materiale da dilatare, trasformare, evolvere, manipolare, gestire. Perciò preparati, Mari, a contemplare, senza batter ciglio, la menzogna sbandierata come verità, consapevole dello scopo del gioco e del ruolo dei giocatori, perché noi qui li stiamo fornendo del materiale più pregiato alla stesura di una leggenda, concedendo campo illimitato alle stravaganze e all'assurdo, che questo è ciò che accade quando ying e yang si fondono, il ghiaccio e il fuoco, il maschile e il femminile, la mente e il cuore, la fredda logica e la passione istintiva: la creazione ultima di una personalità androgina, ermetica, insondabile, che non scioglie dubbi ma ne alimenta  (il divino Bowie è una creatura di Mr Nativity). Così rasperanno la terra con unghie di mastino e annuseranno rapaci  il tuo odore, convinti di poterti ghermire, e quando alla fine crederanno di aver violato l'impenetrabilità del tuo antro, Mr Nativity, dal suo ranch in California, semplicemente schioccherà le dita, e loro, gli inseguitori, si ritroveranno scaraventati nella realtà parallela di una camera oscura.

lunedì 28 ottobre 2013

Mr Nativity (quarta parte)

M'imbarcherò in quest'avventura e lo farò per Camilla, perchè lei è stata l'unica a credere in me, a  mantenere vivo un sogno che io coltivo ormai solo per disperata inerzia esistenziale.
Ecco perchè non posso tirarmi indietro, lei ci ha investito così tanto in questo progetto, molto più di me che già da qualche tempo, guardandomi prima dentro e poi attorno, ho deciso che non vale la pena scalare le Ande con le mani nude per arrivare agli Appennini, perchè nonostante google maps e gli aerei veloci, per quelli come me continueranno ad essere irraggiungibili.
Ma accetterò il gioco: che almeno una di noi due possa ancora continuare a credere alla possibilità di un traguardo.

- Va bene. Cosa vuoi che faccia? -
La mia voce ha il tono della resa mentre un sorriso luminoso illumina il volto dell'Imperatrice.
- Non te ne pentirai, Mari, te lo giuro. Sei in buone mani. Lui è assolutamente un genio: alla fine lo adorerai.
Lascia che lo informi della tua decisione e... sai, neppure per lui è così semplice, venir fin qui è stato un gesto grande di amicizia nei miei confronti, la stessa immensa amicizia che mi lega a te. Per questo sono così convinta che questa nostra sinergia produrrà ottimi risultati, perché ha come fondamento il perseguimento del bene comune -
Detto questo Camilla s'appresta a tradurre al suo amico, in uno scorrevolissimo inglese, l'epilogo del nostro dialogo mentre, dal dipinto della Maternità Blasfema del Caravaggio, gli occhi verdi della Vergine (in realtà quelli di Amaranta, che guardano attraverso la tela) irridono scintillando, redivivi e maliziosi, la scena casalinga con Camilla e Mr Nativity seduti sul divano a conversare e fumare cigarilli Moods, mentre io sono intenta ad alimentare le fiamme nel camino affinché il mio prezioso ospite non senta troppo freddo anche se, a onor del vero, la stanza ha ormai raggiunto, per i nostri standard umani, temperature da forno crematorio e, sul muro, l'ombra scenica di Kilroy, il piccolo freak graffiti writer, s'è del tutto liquefatta in una striatura d'umido simile alla lacrima scura di un clown.
L'unica a godere di questo caldo infernale è Lizard Monna/Lisa, la lucertolina bionda che, perdendo ogni ritegno, si è fatta lascivamente irretire dalle lusinghe del fuoco ed ora, come ipnotizzata, si protende tutta verso le fiamme nella fanatica offerta di un'ancella sacrificale.

Devo proprio esser folle o, peggio ancora, sentirmi nella situazione in cui non ho più nulla da perdere, per accettare questo intrigo mediatico: una biografia inventata di sana pianta con lo scopo di costruire una leggenda atta a creare aspettative alla vigilia della pubblicazione di questo mio ipotetico libro, con una strategia di marketing già ampiamente collaudata e quasi sempre con successo.
La novità, però, è che questa volta Leonard Nativity, l'uomo più immaginifico del pianeta, non si limiterà ad una regia occulta ma, addirittura, interpreterà il ruolo principale.

Veloce ed indolore: così, l'Imperatrice, ha prospettato questa operazione.
Veloce ed indolore: ma per chi?

Per il rifiuto della mia biografa ad accettare quello che lei definisce "il suo unico  fallimento", quello che deturperebbe il suo sfavillante, perfetto, curriculum professionale.
Per la mia propensione, invece, ad accumularli i fallimenti, e che forse anche un successo improvviso lo vivrei con la stessa identica, caotica drammaticità: quindi ha ragione lei nel volerlo programmare, per rendermene consapevole ed evitare che io ne rimanga schiacciata, trasformandolo in un danno.

Chiari i vantaggi che da questa operazione ne ricaveremmo l'Imperatrice ed io, ma non ne vedo alcuno per Mr Nativity, in questo progetto che prevede la sua partecipazione attiva a scapito della sua leggendaria invisibilità.

sabato 26 ottobre 2013

Mr Nativity (terza parte)

- Dobbiamo metterci al lavoro, Mari, costruire una storia, la tua, fantastica ma credibile al tempo stesso -
L'Imperatrice mi parla con voce suadente e scandendo le parole, come se non  fossi del tutto in grado di capire il senso del discorso.
- Ma guarda...pensavo che la scrittrice fossi io, ma ora scopro che, essendo a tuo parere inadeguata al ruolo, per riabilitarmi sarai tu a scrivere su di me: incredibile!-
- Fantastic -
Traduco acida, rivolta a Mr Nativity che mi ricambia con uno sguardo interrogativo.
- Preferisci rimanere senza contratto? Quello che ti sto proponendo è solo un piccolo restyling, una innocua operazione di facciata, veloce ed indolore, ma necessaria per risollevare le tue quotazioni ormai a livello di suolo, creare attesa per l'uscita del tuo libro (prima o poi lo terminerai, vero?) far circolare il tuo nome nel settore dell'editoria, tra gli addetti ai lavori ma, soprattutto, tra i possibili lettori. Le mie indagini di mercato hanno rivelato un vero disastro per quel che ti riguarda: assolutamente sconosciuta alla platea, qualcuno si ricorda di te solo perché hai clandestinamente ospitato, dopo i fatti di Parigi, il filosofo e matematico Cristiano Diogo De Santos, conosciuto alle cronache come Il Portoghese. Un'occasione mancata, quella, avremmo potuto lavorarci sopra, trarne fuori addirittura il soggetto di un film perché avresti avuto materiale in abbondanza per un best seller e, invece...vai sempre ad infatuarti degli uomini sbagliati, e di conseguenza ci abbiamo rimesso tutti. Che fine ha fatto lui? Perso le tracce? Credo che ci sia una lunga fila di donne che lo stanno rincorrendo. Sei almeno in pole position? -
Evito di rispondere alle sue domande cattive che, in realtà, non hanno intento di ferirmi ma di riportarmi alla realtà: Camilla è la mia migliore amica e ha sempre fatto il tifo per me. C'era lei a consolarmi quando Il Portoghese s'è eclissato lasciando sul mio cuscino una rosa screziata ed un frettoloso foglietto con scritto:
Eu te amo
até breve.
Cristiano.
 - Mr Nativity, che ruolo avrebbe in questo...restyling?-
Sottolineando con ironia sferzante, di cui l'Imperatrice però non s'avvede, il termine restyling.
- Quello del tuo boy friend -
La sua risposta, Camilla, la spara a freddo, senza nessun preambolo: è tipico suo di quando vuol ottenere qualcosa senza stare a discutere troppo. La polpa è questa, il resto lo possiamo anche decidere insieme, ma la polpa è questa e non si cambia: è ciò che imperativamente sottintende.
- Stai scherzando vero?-
- No, e non farlo nemmeno tu, perché è un favore immenso quello che Mr Nativity ci sta facendo. Tu non hai idea dell'uomo che hai davanti e, d'altronde, come potresti? Leonard, proprio perché è una personalità davvero potente, rifugge i riflettori e conduce una vita invisibile. Nessuna telecamera, nessun giornalista, hanno mai varcato la soglia del suo ranch; nessuna indiscrezione trapela circa la sua vita privata, assolutamente inaccessibile ai media. Il suo raggio d'azione spazia da Hollywood al Web, cinema, editoria, major, internet: deus ex machina del mondo reale e di quello virtuale. Perfino la politica s'avvale della sua straordinaria capacità di costruire eventi: il Nobel per la pace a Barack Obama, chi credi lo abbia reso possibile? Non è straordinariamente fuori da ogni logica quel Nobel per la pace ad un presidente che ha impunemente permesso continuassero le missioni di guerra in Iraq e in Afghanistan e poi in Siria? Lo stesso Leonard, dopo aver realizzato questa inaudita impresa, lo ha definito un "Nobel bizzarro e post moderno". E' un uomo magnifico, fuori dal comune, l'unico in grado di rendere accettabili anche le stravaganze più madornali. Attenta, però, a non innamorartene: è gay-

venerdì 25 ottobre 2013

Mr Nativity (seconda parte)

Mr Nativity, che se ne sta seduto rigido sul bordo del divano, ha ingollato d'un sorso il mio caffè, nero e bollente, ed un po di colore è finalmente apparso sul suo viso.
- Tank you -
Mi sorride, restituendo la tazzina
Devo riconoscere che il mio salotto non è tra i luoghi più caldi del mondo ma nemmeno una cella frigorifera, e il tepore del primo mattino promette una giornata quasi estiva.

- Accendilo, Mari, per favore -
Interviene Camilla indicandomi il camino.
- Mr Nativity non sopporta il freddo poichè soffre di una rarissima forma di anemia, per cui vive e lavora a Furnace Creek, nella Death Valley in California, una delle regioni più calde del mondo, e se stamani è qui è solo per via della grande amicizia che ci lega. T'assicuro che a nessun'altro sarebbe riuscita l'impresa di trascinarlo oltre confine ed io stessa, in virtù dell'affetto che gli  porto, mai lo avrei fatto se non fossi stata così disperata. -
- Mi spiace davvero...-
- E fai bene a dispiacerti, che la causa della mia disperazione sei proprio tu. E' colpa tua se Mr Nativity sta gelando ora nel tuo salotto -
- Mia?  E perchè? -
- Perchè le tue quotazioni nel borsino dell'editoria sono al ribasso, il tuo nome non vende nè fa notizia, hai già riscosso dall'editore fiducia ed accrediti per un libro che forse non scriverai mai. Vogliono rescindere il  tuo contratto per inadempienza e la restituzione dei compensi erogati. Non posso dargli torto, e t'assicuro che volentieri ti mollerei anch'io, ma non riesco d'accettare questo macroscopico fallimento: il mio primo capitombolo in campo professionale.-
- La faccenda riguarda me, Camilla, e tu, invece, come al solito ne stai facendo un affare personale, così tanto da strappare il tuo amico dalla sua calda incubatrice nel deserto per scaraventarlo dentro uno scomparto del ghiaccio -
- E' anche un mio affare, Mari, e se non ho nulla da rivelare in questa tua biografia, la colpa è esclusivamente tua -
- E lui cosa c'entra? -
Chiedo io ormai fuori di me
- Lui sistemerà tutto! -
La risposta laconica di Camilla.

- Non posso crederci che tu stia dicendo sul serio! -
- Fai uno sforzo e credici -
Controbatte mentre è intenta ad estrarre una cartellina dall'elegante borsa da viaggio Vuitton.
- Non siamo arrivati fin qui per discutere con te ma per avere la tua collaborazione -

Dal divano, Mr Nativity, s'è intanto spostato nei pressi del camino verso il quale  tende le mani avido, con una espressione se non beata almeno più distesa (che immagino quella fiammella sia solo una patetica imitazione dei più confortevoli gettiti di calore a cui deve esser abituato il più grande creativo del pianeta)
Dal bordo della pietra, dove s'è perfettamente mimetizzata, gli occhi smeraldini di Lizard, la lucertolina bionda, non lo perdono di vista un istante, mentre, per via del calore, l'ombra sul muro di Kilroy, il freak graffiti writer, inizia a liquefarsi in una languida scia.

mercoledì 23 ottobre 2013

Mr. Nativity (prima parte)

 Preannunciata dalla scia profumata dello Chanel n° 5, l'Imperatrice Camilla, la mia biografa, l'unica autorizzata a trattare i miei dati sensibili, sfolgorante in un sofisticato tailleur pantaloni bianco, varca la soglia dell' antro al braccio di un uomo che a mala pena le arriva alle spalle, completamente intabarrato, nonostante la temperatura ancora estiva, in un cappottone nero dal quale a stento emerge la cima di un teatrale cappello a cilindro, anch'esso nero.
Camilla lo guida a passo sicuro: di certo sa che li stiamo osservando, da dietro le tende e dagli spiragli, e così è già predisposta al sorriso mentre graziosamente saluta con la mano le invisibili presenze.
Avanza, trascinandosi dietro quello che sembra un grosso gnomo, facendo attenzione a misurare il suo passo col suo che, altrimenti, se fosse troppo veloce rischierebbe di sollevarlo da terra, che s'intuisce, sotto il voluminoso cappotto, esser di peso leggero.
Così mi decido ad andar loro incontro, seppure confesso che dopo la notte completamente insonne avrei preferito non ricever visite, ancor meno da Camilla accompagnata da uno sconosciuto.
Mi affaccio sulla soglia: baci ed abbracci e il muto rimprovero negli occhi di lei per i miei capelli in disordine e gli abiti provvisori.
Fingo di non cogliere e porgo, cordiale, la mano all'uomo che l'accompagna e che lei, raggiante, mi presenta come Mr. Nativity.
- Mari, ho l'immenso piacere di presentarti  Mr. Nativity, il più grande creativo del pianeta -
Mr Nativity mi stringe la mano e dice: spellbound.

Spellbound, colgo il lampo negli occhi di Camilla, e così mi verrebbe di protestare che non s'irrompe nelle case al primo risveglio e in compagnia di uno sconosciuto, fosse anche il più grande creativo del pianeta e pretendere di trovare tutto in ordine, tutto perfetto, e... dove diavolo l'avrà pescato questo Mr. Nativity?
E' l'interrogativo che soprassiede tutti gli altri che, in sequenza logica, s'affacciano alla mia mente.

Al loro ingresso le creature dell'antro si sono apparentemente eclissate, ma non al mio sguardo: Lizard Monna/Lisa, la lucertolina bionda, s'è acquattata sotto il bordo del camino; Iggy, il killer salamandra, è in agguato sotto la botola da cui s'accede al passaggio segreto, nascosta dal presuntuoso tappeto del salotto, armato del suo fucile giocattolo; Kilroy, il freak graffiti writer, mimetizzato sul muro, completamente immobile, nella riuscitissima imitazione di un'ombra; dal dipinto apocrifo del Caravaggio, (una meravigliosa maternità definita blasfema perché troppo realistica, raffigurante  una Madonna in preda alla depressione post partum, per questo ripudiata dalla Chiesa e perfino dai moderni  fans club del grande pittore)  campeggiante sulla parete di fronte al divano, con gli occhi vivi di Amaranta, la mia alter ego, e di BLOG, il mio figlio obeso e nichilista, infissi in quelli della Vergine e del Bambinello, a seguire ogni nostro movimento.

sabato 19 ottobre 2013

Il collare

 

Vestiva un abito nuziale.
O meglio, quel che ne restava.
Le balze di trina pencolavano come festoni male appesi, e lo squarcio netto nell' ampia gonna mostrava una gamba illividita dalle ecchimosi, maldestramente fasciata con uno scampolo di velo.
La novella sposa stringeva tra le mani una carabina.
Nonostante lo stato penoso della gamba procedeva di buon passo. Determinata.
La prima ad avvistarla fu la moglie del farmacista.
Che corse a dare la notizia al marito.
Il quale si fece sull'uscio della sua botteguccia, incuriosito, giacchè in quel posto di frontiera, dimenticato da Dio e dagli uomini, erano ben pochi i forestieri che vi si avventuravano.
Così la coppia, ferma sull'uscio, si godeva l'anteprima di quella novità inattesa che, di lì a breve, avrebbe di sicuro calamitato l'attenzione dell'intero paese.
Intanto, la figura ancora lontana all'orizzonte, acquistava contorni sempre più nitidi in fase di avvicinamento.
E' una donna! Esclamò la moglie del farmacista, notando lo svolazzamento disordinato della gonna
Una donna! Le fece eco, attonito, il marito.
Una novità assoluta.
Anche la sposa, dall'altra parte, aveva scorto la coppia che, schermando gli occhi con le mani seguiva, immobile ed attentissima, il suo avanzare.
Lei proseguiva ora un pò più lentamente. Circospetta. Con la pistola bene in vista.
Fermandosi a debita distanza quando i due entrarono nitidamente nel suo campo visivo.
- Non ne avete bisogno - disse il farmacista, indicando la carabina.
- Siamo gente pacifica - puntualizzò la moglie.
- Siete ferita? Cosa vi è successo? - domandarono quasi all'unisono, andandole incontro.
- Fermi dove siete. O sparo! - intimò la sposina con accento straniero, ma con tono deciso.
- Cara, vogliamo solo aiutarvi. Siete ferita. Cosa vi è accaduto? - piagnucolò suadente la donna
- Niente che possa riguardarvi. Ma accetto l'aiuto. Alcool per disinfettare e qualche benda. Una borraccia d'acqua ed un pò di cibo. Non mi occorre altro -
- Siete capitata nel posto giusto. Mio marito è farmacista. Vi aiuterà molto volentieri. E se volete ristorarvi la nostra casa è a vostra disposizione - disse ossequiosa la donna, quasi flettendosi in un inchino.
- Sapete qui non viene mai nessuno. E saremmo davvero lieti di esservi di un qualche conforto. E, a quanto appare, ne avete davvero bisogno - s'intromise il farmacista, con la gradevolezza della sua voce.
La sposina era davvero esausta. La gamba le pulsava dolorosamente. E non mangiava da un paio di giorni. Avrebbe tenuto sempre con sé la pistola. Sarebbe stata in guardia. Ma aveva davvero bisogno di un pò di ristoro per proseguire il suo viaggio.
Nella frescura del retrobottega il farmacista provvide a lavare, disinfettare e bendare le ferite. E cospargere abbondantemente d'unguento le piaghe inferte dal sole.
Sul collo, però, era la ferita peggiore.
Un segno di cicatrice, doppia e simmetrica, nettamente incisa nella carne.
Il disegno di un collare.
- Chi vi ha fatto questo, bambina? - le chiese con dolcezza, indicando la cicatrice.
- Non è affar vostro - rispose aggressiva, spianandogli in faccia la pistola.
Poi, in tono più mite - Non fatemi domande, per favore -
La moglie del farmacista, nel frattempo, era ritornata con una bottiglia di sidro, del pane ed un pasticcio di carne. E frutta fresca.
Mai banchetto nuziale ebbe sposa più affamata ed entusiasta.
Il colore le era tornato sulle gote, e gli occhi sfavillavano di verde luminoso.
Un piccolo rutto, infine, per sancire il gradimento. Prima di essere travolta dall'urgenza del sonno.
- Latte di papavero, una giusta dose, mescolato al pasticcio di carne. Insomma, la poverina aveva assoluto bisogno di dormire - bisbigliò la moglie del farmacista - Così, forse, riusciremo a sapere qualcosa di lei. Intanto le prendo la pistola -
- E come pensi di sapere qualcosa di lei se non ha nulla con sè che possa chiarirci la sua identità, né la sua provenienza? - obiettà il marito.
- Intanto potresti farle un esame fisico. Una visita medica, insomma - suggerì la donna
- Ma non sono un dottore - replicò lui
- Allora gliela faccio io. Non ci vuole una laurea in medicina per verificare certe cose - rispose sarcastica la donna, sollevando la gonna della sposa.
- A cosa ti porterebbe una verifica del genere? -
- E' vestita con un abito nuziale ma non era diretta di certo all' altare. Magari è una sgualdrina. Un'impostora. Una fuggitiva. Ne ha tutta l'aria. Forse sulla sua testa c'è una taglia. Dovresti andare in città e controllare all'ufficio dello sceriffo -
- E se invece fosse successo qualcos'altro? Magari è stata rapita - suggerì l'uomo
- La visita medica a questo serve. Se è vergine, vale la tua ipotesi. Se non lo è, allora ho ragione io. E tu andrai a verificare in città - concluse drastica
- E' un idea strampalata la tua. Priva di qualsiasi logica - disse il farmacista, scuotendo il capo
- Ha la logica del buon senso - rispose acida la moglie - E d'altra parte non c'è altro modo -
- Potremmo chiedere a lei. Ascoltare la sua storia - ipotizzò lui.
- E tu saresti disposto a dar credito ad una donna che attraversa a piedi questo deserto, vestita con un abito da sposa a brandelli ed armata di pistola? - sogghignò la donna
- Tu nutri dei pregiudizi. Non sei obiettiva. E' già colpevole seppur non sappiamo di cosa - rispose il marito, rassegnato ormai da tanto tempo a subire quel carattere apodittico.
- Quale obiettività? - sentenziò ancora più aspra - C'è il bene e c'è il male. Ci sono le donne oneste e le sgualdrine. Quelle che vanno all'altare e quelle che, invece, si danno alla fuga. E' questa per me l'obiettività. Non mi sembra che ci sia molto da congetturare. L'esame vaginale darà il responso - fu la sintetica, inopinabile, arringa conclusiva
- Ha un'orrenda cicatrice sul collo. Come quella lasciata da un collare stringente che, tenuto per troppo tempo, ha inciso profondamente le carni. Forse ha subito torture. Forse era prigioniera - azzardò come estrema tesi difensiva il buon farmacista
- Ha una pistola. E ce la puntava contro. Non mi sembra così timida. Né indifesa. E tu stai perdendo pretestuosamente del tempo prezioso. Spicciati a visitarla, prima che l'oppio perda la sua efficacia e lo sceriffo chiuda il suo ufficio - concluse, categorica, la donna.
Il farmacista, rassegnato, adagiò la sposa sul tavolo di marmo dove preparava le sue misture, e si accinse ad espletare l'incarico impostogli dalla consorte.
Sentendosi un pirata che s'appresta a profanare uno scrigno devotamente sigillato.
Ma lo scrigno, ahimè, non era affatto sigillato.
Altri pirati avevano già abbondantemente attinto a quel tesoro.
La sposina non era vergine.
Avvilito il farmacista le riassestò pudicamente la gonna sulle gambe.
Con dita tremanti frugò nel corsetto.
Alla ricerca di una chiave. Di una lettera.
Di un monile.
Insomma di un indizio qualsiasi che portasse alla sua identificazione.
Ma il corsetto, strettamente allacciato, non conteneva null'altro che i seni.
Stiamo cercando verità nascoste quando forse la verità è alla luce del sole, visibilissima nello squarcio urlante di quella ferita. Pensò, addolorato, il farmacista.
- Allora? Cosa hai appurato? - la voce stridula della moglie lo fece sobbalzare
- E' vergine - rispose lui, sorprendendosi della fermezza del proprio tono.
E dell'affermazione, decisa e senza tentennamenti, di quella bugia sancita come verità inoppugnabile.
- Brucerai all'inferno. Insieme alla sgualdrina che stai proteggendo. E' entrata armata nella nostra proprietà, ci ha tenuto sotto tiro con la sua carabina. E, alla fine, ti ha anche sedotto - proruppe furiosa la donna - Ma sono sicura che ci penserà lo sceriffo a ristabilire la verità. E fare giustizia -

mercoledì 16 ottobre 2013

Sex Confidential

Chiamatemi Eva.
Eva è una identificazione che mi calza alla perfezione.
Pronunciando la prima vocale di questo nome le labbra si schiudono per sfiorarsi poi in un bacio, e riaprirsi di nuovo.
Perchè io sono, al pari del mio nome, una donna che si schiude, si sfiora, e si riapre di nuovo.
E questa intervista null'altro è che il racconto della mia scelta, consapevole ed adulta, di vivere il sesso nella sua mera essenza di carne e piacere, senz'altro contorno né implicazione.
Sono Eva, una donna giovane, indipendente.
Ho un lavoro che mi appaga, buone relazioni sociali e solide amicizie.
I miei genitori mi hanno educato ai principi della famiglia e della religione.
Loro, di certo, non approverebbero.
Sono single per indole e per scelta.
Sono di sicuro diversa dalle mie amiche alla ricerca costante del partner ideale, o di un solido rapporto di coppia.
Non escludo dalla mia vita l'amore.
Forse un giorno arriverà.
Quello che sò è che il sentimento si consuma in fretta.
Il sesso, invece, sempre si rinnova tutte le volte che lo faccio con un uomo diverso.
E, soprattutto, non serve essere innamorati per avere un orgasmo.
Nessun inganno.
Divertirsi è il fine.
Ma non sono una sprovveduta.
Non ho mai avuto incidenti di percorso.
Delusioni, bè quelle sono nel conto.
Ma nessuna violenza.
E sesso sicuro.
I preservativi li offro io.
Se lui non mi convince lascio perdere.
Questa è la mia regola.
Deve piacermi molto fisicamente.
Il sesso per me è completo appagamento, per questo i criteri di scelta sono molto importanti.
Non mi piacciono gli uomini irsuti e le dimensioni del pene hanno molta rilevanza.
E non ho remore ad accertarmene.
Carezze mirate, sfrontate, per capire se lui ha i requisiti necessari prima di andarci a letto.
Non cerco l' amore ma solo il piacere e valuto, quindi, sulle mie esigenze.
Non sempre il risultato è all'altezza delle promesse.
Ma questo lo posso scoprire solo dopo.
Non m'interessa una relazione e lo dico da subito.
Inutile perder tempo, e la chiarezza serve a non ingannare nessuno.
Voglio solo divertirmi e provare piacere.
Alcuni degli uomini che vengono a letto con me pensano che sia una puttana.
La mia sessualità libera, di donna senza inibizioni che sa quello che vuole, li spaventa.
Una donna con la sessualità di un maschio.
Mi giudicano allo stesso modo con cui le altre donne giudicano loro.
Io non do giudizi di questo tipo.
Se lui mi piace, e penso che sia a posto, facciamo sesso.