Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

sabato 11 febbraio 2012

La Roulette Russa (capitolo 2)


(Pubblicato nell'antologia "Ti racconto la donna" da "Writer Monkey.it Dicembre 2018)


MARGARETHA
Tra le nuove reclute, quelle che avrebbero sostituito le cadute sul campo, arrivò  Margaretha, la più bella, la più orgogliosa.
L'inaccessibile.
Il suo corpo nero, perfetto, senza sfumature, come una scultura d'ebano, così attraente che il Capo l'aveva da subito gratificata del suo letto, evitandole il rito crudele della roulette russa e scatenando la rabbia impotente dell'Immortale che, in quella nuova passione, presagiva la sua condanna a morte.
Dall'entrata in scena di Margaretha, la slava, dietro la mascherina azzurra, calcata come un gesso inamovibile sul suo volto deturpato, iniziò a consumare la sua solitaria agonia.
Ma nei confronti di colei che l'aveva spodestata, l'Immortale, provava anche un senso infinito di pena perché  ben sapeva cosa significava essere la favorita del Capo, le umiliazioni che avrebbe subito, la solitudine senza conforto, l'odio delle altre ragazze.
Anche per la nuova eletta, forse, così come era stato per lei, avrebbero coniato un nomignolo da operetta per costruirci intorno una leggenda di terrore.
Ma di sicuro, il tamburo della S&W dell'Italiano, non avrebbe più girato a vuoto per lei.

Margaretha apparteneva alla stirpe delle indomabili, quelle donne non assoggettabili, altere nei sentimenti e nella cognizione della loro specie: una Regina.
Una Regina nuda, ma pur sempre una Regina che, seppur prigioniera e costretta a spalancare le gambe, non sarebbe mai appartenuta a nessun'altro che a se stessa.
Una donna inviolabile.
Ed era quest'appartenenza indiscutibile che spingeva il Capo a sottrarla al rito della roulette russa:  l'avrebbe forzata a consegnarsi a lui prima ancora che alla paura.

LA REGINA NUDA
Da questa camera nemmeno una Regina può scappare. Qui dentro si respira la paura.
Quella personale e quella di tutte le altre che l'hanno preceduta.
La paura è la più ermetica delle serrature.
Ma una Regina non può arrendersi ad essa e, per quanto il Capo tenti di deturparla con le umiliazioni indicibili degli stupri quotidiani, lei gli oppone una resistenza strenua, consapevole.
Mai disperata.
In virtù di questo, paradossalmente, è la Regina Nuda a condurre il gioco, consapevole che fino a che riuscirà a controllare la sua paura, la belva non sferrerà l'attacco mortale.
Lei è la domatrice e lui la bestia furente, in agguato all'estremo opposto del cerchio di fuoco.

Da quella camera da letto non si scappa.
Dalla paura sì.
Dove la teneva nascosta la pistola se quando è entrata era più nuda di un fiore?
Celata tra i capelli, in quella sua chioma amazzonica, fitta e nera, come una notte d'eclissi totale.
Nera, come la S&W rubata all'Italiano, che tra un pò sparerà il suo unico proiettile e non dovrà fallire, e non fallirà, perché il bersaglio è così vicino e la tempia a portata di mano.
Non ha un vero piano, Margaretha, sa solo che la pistola è invisibile nel rifugio impenetrabile dei suoi capelli e che la donna con la mascherina azzurra, quando gliel'ha porta, forse sorrideva.
Ma non può esserne sicura.
La sola cosa che conta davvero è la S&W che tra un pò, nella stanza della paura, partorirà il suo unico figlio, e produrrà un vagito di morte.
La sola cosa che conta davvero è non fallire il bersaglio.
Attendere paziente che lui s'accanisca alla ricerca di quell'orgasmo che lei, abiurando la paura, gli ha tutte le volte negato ma che oggi, invece, nel giorno del riscatto, è disposta, sia pur nella finzione, a concedergli.
Non deve sbagliare nemmeno una mossa.
La parte più difficile sarà inscenare la paura: le goccioline del terrore ruscellanti dalla riga dei seni.
 Ma è certa che lo stupore, prodotto da quella sua inaspettata resa, sarà sufficiente a darle il tempo di premere il grilletto nel momento preciso in cui un uomo, seppur armato, è assolutamente indifeso.
L'attimo unico che intercorre tra il tempo di vedere e quello di capire.

Come una illusionista, Margaretha ha materializzato dalla foresta inestricabile dei suoi capelli, la pistola, e gliel'ha cacciata in bocca nel momento stesso in cui lui sta emettendo il primo rantolo di piacere.

Succhialo tu, adesso, il mio gingillo.
Game over, bastardo!

Chissà se lui  ha udito, di sicuro ha capito, perché l'attimo prima dello sparo si  è pisciato addosso.
Il copioso ruscellare della paura.

3 commenti:

  1. Ad un racconto non si chiede di esser vero ma convincente, seppur qualcuno, lecitamente, si domanderà: come è possibile nascondere un revolver tra i capelli?
    Premesso che tutto ciò di cui noi raccontiamo abbiamo il compito di renderlo più vero del reale......in una chioma siffatta è possibile nasconderci, non una sola pistola, ma a parer mio, una intera Santa Barbara!

    RispondiElimina
  2. Amaranta un racconto terribile : l'umiliazione più profonda è narrata qui e il riscatto più atroce. Quante volte con molto meno ci siamo sentite così .......
    La bravura di uno scrittore, è rendere veritiera la fantasia, e far provare sensazioni al lettore. Tu sei brava.
    Leggendo paura e orrore mi hanno invasa.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ma questo racconto è strano, Lucy, soprattutto la prima parte, io mi sono sentita di scriverlo ma, non mi piaceva farlo. Il fatto è che non amo lasciare le cose a metà e, così, l'ho continuato e, la seconda parte, invece, quella si mi è piaciuta. Ho respirato insieme alla protagonista: proprio così.
      E' stata questa la sensazione finale.
      A volte, come capita qui nel finale, non si ha alcuna alternativa.

      Grazie, Lucy :)

      Elimina