Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

martedì 28 febbraio 2012

Le interazioni dell'amore (cap.1)


...nei nomi era già scritto il loro destino.

ANGELICA 
Prima del rito del battesimo, la duchessa Francisca Adriana de Moura y Melo, aveva omaggiato La Virgen de la Esperanza con un diadema di 1500 pietre preziose e 3000 diamanti, ed uno più piccolo, di 800 pietre preziose, per quel Gesù Bambino custodito all'interno del suo vergine grembo.
La duchessa era una fervente fedele de La Virgen de la Esperanza perché sempre l'aveva protetta nel corso travagliato delle sue difficili gravidanze, in particolare nell'ultimo parto quando aveva corso il rischio di morire insieme alla neonata, venuta al mondo prematura ed in gravissimo stato di sofferenza.
Ma la Madonna, la madre di tutte le madri, aveva steso le sue mani pietose sul capo della duchessa ed operato il miracolo, sia pure in extremis.
Francisca Adriana aveva guardato in faccia la morte e ne era rimasta terrorizzata, per questo, come atto di gratitudine, aveva fatto dono pubblico dei due meravigliosi diademi e, nel privato, a suprema testimonianza della solidità della sua fede, la promessa che quella figlia strappata alla morte sarebbe stata consacrata alla vita claustrale.

Che nome date a questa bambina?
Angelica

 Nell' aerea vastità della cattedrale risuonò la dolcezza raffaellita di quel nome che, abbigliato della candida veste battesimale e munito di un minuscolo paio d'ali, s'involò verso le sontuose volte michelangiolesche per essere accolto, ed acclamato, dal festoso tripudio, azzurro e porpora, delle coorti osannanti degli angeli bambini.

 CRISTOBAL
Nello stesso momento, molto più a sud, in una chiesa marina, in una regione impraticabile, in un punto remoto del planisfero, riecheggiò la stessa domanda.

Che nome date a questo bambino?
Cristobal.

 Nella chiesetta nuda il nome facilmente si perse tra il rumore della risacca e gli stridii alati dei gabbiani per arenarsi, alla stregua di un legno naufrago, sulla rena asciutta, ma non al sicuro, in balia dell'irascibilità del vento e delle onde bastarde, in agguato per inghiottire quel fragile guscio di legno.
E su questo neonato, figlio oscuro di gente oscura, non c'è molto altro, per ora, da raccontare, che le vite dei poveri si somigliano tutte, che a loro spetta un mondo di seconda mano dove ampiamente è smentita la parabola cristiana che recita "beati gli ultimi che saranno i primi" che la solerzia dei preti, e dei predicatori, si prodiga a dispensare come pane per saziare gli stomaci affamati. Eppoi è risaputo che la fame  ha la capacità sperimentata di prostrare lo spirito anziché fortificarlo, perché è ampiamente comprovato che il digiuno quotidiano porta alla disperazione, quasi mai alla beatitudine.

DESTINI
Ma, Angelica e Cristobal, ancora ignari delle rispettive esistenze, ed inconsapevoli delle minacce del cielo e di quelle del mare, che pure già  incombono sui loro destini, dormono placidi il sonno implume dei neonati.
 Lei, nella sua culla di seta.
 Lui, nel suo guscio di legno.

sabato 25 febbraio 2012

Inganni. E simulazioni.

INGANNI
Tutte, ma proprio tutte le donne, almeno una volta nella vita hanno simulato un orgasmo, ed i motivi per cui si ricorre a quest' inganno sono essenzialmente tre:
1 -  Per rassicurare il proprio compagno sulle sue capaci d'amante.
2 -  Perché lui la mena troppo per le lunghe, stantuffa attardandosi su se stesso, dimenticando che il gioco sessuale si esplica in due.
3 - Perché siamo inibite.
In tutti i casi, la finzione dell'orgasmo, è un modo indolore di porre termine ad una performance noiosa o insoddisfacente.

 Un breve inciso è doveroso per quel che riguarda le inibizioni femminili circa i piaceri del sesso, derivanti dalla concezione ancestrale, e repressiva, che in una relazione felice il sesso non debba costituire un problema, non abbia grande importanza, così ci è stato  insegnato e noi, rassegnate, abbiamo imparato a prendere ciò che ci viene dato, abbellirlo con qualche stratagemma, fingere il massimo del godimento.
Questo, nel corso dei secoli, è diventata una condizione permanente, cardine societario e morale, a cui le donne sono state costrette o si sono sentite obbligate a soggiacere.
Una finzione allestita per salvare il menage e preservare l'orgoglio del maschio perché, per secoli, ci hanno inculcato che anche questo rientra nel novero dei nostri doveri.
Capita così che meno si è soddisfatte più potente è la simulazione, perché più forti sono i nostri sensi di colpa: il fallimento a letto lo attribuiamo a noi, perché non siamo troppo brave o perché non siamo all'altezza.

Ma l'ORGASMO, nel mondo femminile, non è da solo garanzia di buon sesso, che spesso, al primo posto nelle nostre hit appare ,invece, l'APPAGAMENTO, che non contempla forzatamente il raggiungimento del climax, ma la complicità col partner e la libertà del nostro io sessuale.
Sentirsi libere è un passo importante verso la disinibizione, quella disinvoltura che aiuta ad aprirsi, a cercare nuovi linguaggi, e nuove intese, nella comunicazione sessuale.
Per questo la simulazione è una trappola a doppio taglio perché, mentre lui si convince che va tutto bene, noi, invece, sappiamo che niente va bene.
Ed è comunque sbagliato, e limitante, pensare che per essere brave a letto significa riuscire ad avere uno o più orgasmi.

SIMULAZIONI 
Ed ora qualche consiglio pratico per quelle che, a dispetto di questa introduzione, per scelta o per dovere, si trovino nella posizione di dover simulare un orgasmo.
Cosa non assolutamente difficile a livello fisico, poiché nessun uomo, in quel momento, verrà a controllare la sintomatologia di base che preannuncia il raggiungimento del climax: sapore di rame sulla lingua, rossore sul collo e sul torace, dita dei piedi tese, ispessimento dei capezzoli, inturgidimento del clitoride e delle piccole labbra, contrazioni dello sfintere, indurimento dei glutei, secrezione vaginale.
No, di sicuro lui non passerà al vaglio, nella sua interezza, questo sconvolgimento fisico, ma piuttosto saranno sufficienti a convincerlo della genuinità del vostro orgasmo i particolari che voi vorrete esibire, quelli sui quali è scontato riuscire ad imbrogliare: ansimate in crescendo con respiri sempre più profondi e veloci, dimenate le anche, conficcategli  le unghie nella schiena, invocate Dio e, nell'enfasi del parossismo, gemete forte il suo nome.
Le più esperte, ma per questo ci vuole un pò di pratica, sono in grado anche di contrarre i muscoletti pubococcigei e quelli rettali.
E le lacrime agli occhi... un raffinato tocco di verismo del quale, consiglio, impratichirsi.
Dimenatevi e stringetevi a lui mentre, sfrontatamente, nel vostro delirio dei sensi, gridate: vengo, oh si, si, è meraviglioso, si, si, si, si, dai, dai, non fermarti, o mio Dio, mio Dio, si, si, ancora, ancora, oh si, si, si!

Ma sfatiamo, comunque, il campo dall'idea cinica, ed assolutamente non vera, che tutti gli uomini sono stupidi, insensibili, poco attenti, se è così facile propinargli un falso orgasmo, perché la verità unica, ed incontrovertibile, è che siamo noi donne maestre dell'inganno.

giovedì 23 febbraio 2012

Quello che le donne non chiedono ma che gli uomini dovrebbero sapere

Il sesso è sporco solo se fatto bene
(W. Allen)

QUELLO CHE LE DONNE NON CHIEDONO E GLI UOMINI DOVREBBERO SAPERE
Sono abbastanza forte da diventare debole?
E' questo che bisogna chiedere a noi stesse quando, in un dato momento della nostra esistenza sessuale, scatta la libido del desiderio del gioco erotico della sottomissione.
Un gioco, appunto, che non va di certo contro i teoremi dell'emancipazione delle donne, degli insegnamenti del femminismo e, tanto meno, della morale.
Non una sottomissione al maschio, ma al proprio desiderio.
Credetemi, la maggior parte delle donne, almeno una volta nella propria vita sessuale, ha sognato di essere presa con la forza, sopraffatta e, suo malgrado, costretta a soggiacere al piacere del proibito.
Un piacere ancora più intenso perché non sollecitato, ma inflitto.
Nulla di masochistico, niente di amorale o perverso, ma solo la realizzazione di una fantasia.

Una fantasia che molte donne covano in segreto perché giocano, a nostro svantaggio, tabù culturali e la paura di perdere quella dignità del nostro sesso, così faticosamente acquisita, con le conquiste del femminismo.

E lui come recepirà una richiesta del genere?
Così mansueto e servizievole, saprà trasformarsi in un macho prepotente?
E come mi vedrà dopo?
Avrà ancora rispetto per me?

Già difficile confessare questo desiderio a se stesse, ancor di più confidarlo al partner a cui chiediamo di contravvenire, sia pur per gioco, a tutte quelle regole che abbiamo, da sempre, cercato d'inculcargli, soprattutto il rispetto e la dolcezza.
Ed ora, ecco, gli chiediamo, con aria innocente: fammi un po' di male.
Una richiesta difficile per noi e sicuramente destabilizzante per lui.
Che pur, nel suo intimo, avrà accarezzato segrete fantasie di giochi proibiti.

Ma è questo il punto, che gli uomini sono coscienti delle proprie fantasie erotiche, ma ignorano quelle delle donne.
Trovare il coraggio di confessare al partner la voglia di un gioco di sottomissione dovrebbe esser letta come un'attestazione di fiducia sconfinata; il regalo di una complicità ulteriore; lo stupore di una sorpresa; la possibilità di sperimentare e di osare, e non quella di mettere in scena un copione hard.

Quello che viene proposto è solo un gioco, non è sesso estremo né modello di vita.
Non si rischiano i valori della morale, è solo una espansione ulteriore del piacere fisico nella realizzazione di una delle tante fantasie dell'eros, la cui condivisione, di sicuro, potrebbe contribuire a cementare le complicità, attivarne di nuove, e recare nuova linfa al rapporto.

...così, signori, se eravate convinti di aver sposato Julie Andrews nel rassicurante ruolo di Mary Poppins, dovrete comunque ricredervi quando, dalla sua capace borsa, lei, col più angelico dei sorrisi, tirerà  fuori un paio di manette.




lunedì 20 febbraio 2012

Tutto questo amore

In questa sontuosa notte color indaco, l'antro è solo un punto sfocato, non rilevabile da nessun satellite.
Sconosciuto a tutte le mappe.
Irraggiungibile.
E pervaso dall'amore.

Tutto questo amore, questa energia positiva e sessuale ci penetra, epidermide e cuore, cervello e sensi, con l'improcrastinabile consapevolezza di non mandarne sprecato neppure un atomo
 Questa lussuriosa notte segreta che ci nasconde al mondo ma ci sorprende nudi nelle nostre private solitudini, nelle nostre inconfessate fragilità, nei nostri clandestini bisogni di esuli.
Testimoni di una sopravvivenza.

Tutto questo amore si espande intorno e ci avvolge nel profumo stordente del desiderio, perchè le febbri dell'anima sconvolgono il corpo prima ancora che il cuore.
E' la carne che esige il primo riscatto.
E' lei che detta i ritmi e stabilisce le geometrie.
E' lei che va acquietata, accarezzata, esaltata.
Ed ecco, allora, sei gambe, sei braccia, sei mani, che si cercano e si trovano, sciolgono nodi e ne avviluppano nuovi, nell'urgenza del piacere e nella voglia di saziarlo.

La donna rossa.
La donna nera.
L'uomo indaco.
Finalmente in pace.
Finalmente al sicuro.

Tutto questo amore non ci obbliga a niente altro che ad essere noi stessi.
Se il Paradiso è un luogo fisico, allora è qui, in questa stanza, un punto sfocato nella notte.
Non rilevabile da nessun satellite.
Sconosciuto a tutte le mappe.
Irraggiungibile.

Solo domani, quando l'occhio del satellite, come quello di Dio, riprenderà il suo severo giro d'ispezione per sincerarsi dell'impeccabilità del complesso funzionamento della meccanica celeste, (orbite ellittiche, fuochi di Keplero, moto di rotazione e la sua costante) riemergeremo dalle profondità marine dell'amore e del sesso, affiorando alla superficie, tra fontane d'acqua ed infrangimenti di onde, purificati, e già pronti di nuovo a peccare.

sabato 18 febbraio 2012

La casa dell'amore

Cristiano Diogo De Santos, conosciuto alle cronache come il Portoghese, ha portato per la prima volta nell'antro il profumo sublime dell'eros, sconvolgendo la variegata flora e fauna femminile che lo abita, rendendola preda di un peccaminoso deliquio ormonale.
Quando lui vi ha fatto il suo ingresso, l'antro si è colmato di benigni effluvi sessuali, come un' armonia botticelliana, una tenera primavera dei sensi, un fulgore di pelle e di occhi, il prodigio di rinate sensibilità primitive ed animalesche, del tatto, della vista e dell'olfatto.
Il suo odore di maschio ha risvegliato i sensi di tutte le creature femminili, dentro e fuori il perimetro abitativo, trasformando questa buia caverna nella luminosa casa dell'amore.
Così, tremule margherite sono sbocciate premature dalle zolle nevose, freddolose ed impudiche, si sono aperte per fargli dono della loro vergine primizia.
Per lui, una minuscola cinciarella ha sfidato lo spazio aperto, per posizionarsi su un ramo strategico, ed il suo canto articolato ha continuato a vibrare, ininterrotto, come un accorato richiamo d'amore mentre, dallo stagno prospiciente, una goffa anatra moretta si esibiva nella commovente metamorfosi di un cigno.
Lizard/Monna Lisa, l'enigmatica lucertolina bionda, è sgusciata dal suo rifugio sotto il focolare per fargli dono del lembo della sua coda. L'estremità recisa ha continuato a contorcersi, ai piedi di Cristiano, come una muta semicroma, sinuosa e palpitante d'amore. Attraverso quella innocente mutilazione, simile allo strappo dell'imene nell'atto dello sverginamento, Lizard gli si offriva rilucendo d'amore come un'odalisca.
Poi, dai murales di Kilroy, sono sbocciate ninfee e fiori di loto, germogliando copiosi nell'umido spazio abitativo di Iggy.
Perfino le travi, dove i Freaks abitualmente dimorano, hanno subito la vigorosa invasione delle bouganville, gravide di fiori e cespi gemellari, una esplosione prenatale di colori e profumi di giardino.
Sopra la culla di BLOG, le api della giostrina hanno iniziato a flirtare con le farfalle del copriletto: c'è da scommetterci che popoleranno il mondo di una nuova specie.

Ma tutto questo amore ha scatenato la virulenta gelosia degli altri maschi dell'antro, che hanno così dichiarato guerra al Portoghese, decretandolo indesiderato ospite.
E' una strana alleanza quella che sta nascendo tra il folle Iggy, l'innocente Kilroy e l'agguerrito, crudele, manipolo dei Freaks.
BLOG, il mio figlio obeso e nichilista, invece, si è  negato a questa bislacca coalizione, ritagliandosi il ruolo neutrale di storico e biografo, osservatore e voce narrante, di questa nuova epopea esistenzialista.

giovedì 16 febbraio 2012

Il martire dell'amore

Mari - Non voglio entrare in competizione con te quindi mettiamo subito in chiaro le cose e, visto che sono io quella in carne ed ossa, ti conviene farti da parte senza troppe obiezioni!
Amaranta - E chi lo dice che sei proprio tu quella vera?
Mari - La realtà dello specchio. Tu non hai ombra, non hai contorni, esisti solo nel mio sguardo. Soprattutto nella mia testa
Amaranta - Ti sbagli, lui mi vede eccome. C'è quell'enorme mazzo di rose ad attestarlo!

Nell'antro troneggiano due bouquet  imperiali di rose: rosse per lei, screziate per me, accompagnate da un unico biglietto, a firma di Cristiano Diogo De Santos, martire dell'amore.

E' ciò che reca scritto il biglietto: Cristiano Diogo De Santos, martire dell'amore.
 Nel rigo sottostante c'è il suo invito a cena.

Amaranta -  Di sicuro un uomo non banale
Mari -  Io lo conosco.
Amaranta - Davvero?
Mari - L'ultima volta l'ho visto a Parigi, poi, di lui, ho perso le tracce. Cristiano Diogo De Santos altri non è che il Portoghese. Di sicuro ne avrai sentito parlare.
Amaranta - Ma certo, il matematico ed avventuriero, protagonista di uno scandalo epocale, quando una sua amante, incinta di lui ed infuriata per il suo tradimento, ha tenuto in ostaggio, per una notte intera, gli avventori del bistrot dove erano soliti incontrarsi.

 Stupefacente come Amaranta riesca, col pragmatismo evirante della sintesi, a far sembrare ordinaria quella storia di follia e di perdizione.

Mari - Cristiano è un'anima persa, un irrecuperabile. Un martire dell'amore.
Amaranta - Un uomo da conoscere, allora.
Mari - E' un incantatore che ha subito una malia. Irrimediabilmente perso per il mondo, e per i sentimenti. Un Ulisse che conserva un solo, palpitante ricordo: quello del suo naufragio. Un vero peccato, perchè l'uomo è davvero magnifico.
Amaranta- E' un tuo amico, non possiamo certo rifiutare il suo invito.
Mari - No, non possiamo.

E così, all'ora convenuta, ci poniamo entrambe in attesa di Cristiano.
Amaranta, vestita di lussurioso rosso rinascimentale ( lei potrebbe benissimo, per amore o per odio, tenere in ostaggio non solo un bistrot ma l'intero mondo e senza lo scrupolo del gran casino che scatenerebbe) ed io, nel sempiterno tubino nero, che ha pur visto altri splendori.
Altri inviti a cena.
Altri batticuori.
La donna nera.
La donna rossa.
E, nel destino del Portoghese, ancora una volta, due donne al suo seguito.
Ma forse, questa provocazione, è contemplata nei suoi calcoli, nel mettersi alla prova, per riemergere dal pallore di un  ricordo, ritornare a rivivere ciò che egli un giorno è stato e, forse, potrebbe ancora essere: uno sperimentatore, un pioniere, un erudito della filosofia della matematica e di quella del sesso, prima di essere traslato, dal teoretico limbo del calcolo delle probabilità direttamente allo Stige del martirio.
Un apostolo errante.
Un fuggitivo.
Consapevolmente, Amaranta ed io, sappiamo di prender parte ad un'esperimento, assistenti al processo di trasmutazione della sua anima metallica in anima aurea.
Testimoni della riuscita, o del fallimento, dell'opus alchemicum, di Cristiano Diogo De Santos, conclamato martire dell'amore.

Il Portoghese, questa notte, deve aver cavalcato una stella, o un frammento di meteorite, perchè il cielo di Blogosphere si è magicamente tinto d'indaco, quando è giunto avvolto, come nella seta di una donna gelosa, nelle strette pieghe della tagelmust che gli corona il capo, e gli vela il volto, dove brillano febbrili i suoi occhi di martire.
E nessun altro, stanotte, sulla faccia della terra, è più affascinante di quest'uomo tormentato che erra, affannato, con i suoi stupefacenti peccati, ed i suoi inestricati incubi, nascosti nelle pieghe turchine della sua tagelmust.



martedì 14 febbraio 2012

Sull'amore. Sul sesso

"L'amore è la risposta, ma mentre aspettate la risposta, il sesso può suggerire delle ottime domande."
Woody Allen

Il sesso è sporco solo se fatto bene.
(sempre lui, Woody)

Adoro quest'uomo!
Buon San Valentino.

domenica 12 febbraio 2012

Details

Sono i dettagli a costituire la summa degli insieme.
Ogni dettaglio contiene, nel proprio nucleo, la sua storia originale.
Una verità in nuce.

A Gabriele                         

DETAILS
Portare il nome di un arcangelo pare averti fornito di diritto, fin dalla nascita, di un paio d'ali ingombranti e per di più, fuori moda.
Ma il nome è solo un dettaglio fortuito.
Quasi mai una scelta, piuttosto una imposizione.
Ed ecco che, ad un certo punto della tua esistenza, ti sei reso conto che quel nome ricevuto non ti rispecchia.
 Non ti somiglia affatto.
Lo analizzi lettera per lettera, cercando nelle vocali e nelle consonanti una nota armonica, un'assonanza virtuosa che s'identifichi, sia pur di striscio, in un dettaglio anche minimo, secondario, ma combaciante con la tua essenza.
Quel particolare non visibile ad occhio nudo, o ad un'analisi solo superficiale, ma che pur col suo fattore minimo ha contribuito all'espansione dell'insieme.
E, magari, è proprio quello il dettaglio che ne ha decretato il colore, l'essenza, la musicalità.
L'appartenenza.
Un particolare niente affatto insignificante e che nel suo nucleo contiene quella verità in nuce già scritta innumerevoli volte, e per altri destini, nei registri battesimali e in quelli anagrafici, perfino nella Bibbia, così come nelle cronache e nell'immaginifico narrativo.
Ed ecco che questo tuo nome arcangelico s'impone nella tua esistenza e, a dispetto delle tue aspettative, col  maestoso ingombro di un paio d'ali difficili da indossare nella quotidianità metropolitana, d'intralcio soprattutto in caso di neve o di pioggia.
Queste ali, spettacolari ed arcaiche, che adornano il tuo nome, sono un dettaglio da cui, convengo, si fatica a prescindere, quasi che tua madre, per un suo amoroso, avanguardistico disegno, te le abbia volute scientemente fornire affinché tu  possa involarti, ogni volta che lo desideri, sopra le tristezze del mondo ed essere più vicino al sole.
Perché quelle ali insite nel tuo nome, Gabriele, non sono affatto un dettaglio accidentale, ma il suo meraviglioso, consapevole, dono d'amore.

sabato 11 febbraio 2012

La Roulette Russa (capitolo 2)


(Pubblicato nell'antologia "Ti racconto la donna" da "Writer Monkey.it Dicembre 2018)


MARGARETHA
Tra le nuove reclute, quelle che avrebbero sostituito le cadute sul campo, arrivò  Margaretha, la più bella, la più orgogliosa.
L'inaccessibile.
Il suo corpo nero, perfetto, senza sfumature, come una scultura d'ebano, così attraente che il Capo l'aveva da subito gratificata del suo letto, evitandole il rito crudele della roulette russa e scatenando la rabbia impotente dell'Immortale che, in quella nuova passione, presagiva la sua condanna a morte.
Dall'entrata in scena di Margaretha, la slava, dietro la mascherina azzurra, calcata come un gesso inamovibile sul suo volto deturpato, iniziò a consumare la sua solitaria agonia.
Ma nei confronti di colei che l'aveva spodestata, l'Immortale, provava anche un senso infinito di pena perché  ben sapeva cosa significava essere la favorita del Capo, le umiliazioni che avrebbe subito, la solitudine senza conforto, l'odio delle altre ragazze.
Anche per la nuova eletta, forse, così come era stato per lei, avrebbero coniato un nomignolo da operetta per costruirci intorno una leggenda di terrore.
Ma di sicuro, il tamburo della S&W dell'Italiano, non avrebbe più girato a vuoto per lei.

Margaretha apparteneva alla stirpe delle indomabili, quelle donne non assoggettabili, altere nei sentimenti e nella cognizione della loro specie: una Regina.
Una Regina nuda, ma pur sempre una Regina che, seppur prigioniera e costretta a spalancare le gambe, non sarebbe mai appartenuta a nessun'altro che a se stessa.
Una donna inviolabile.
Ed era quest'appartenenza indiscutibile che spingeva il Capo a sottrarla al rito della roulette russa:  l'avrebbe forzata a consegnarsi a lui prima ancora che alla paura.

LA REGINA NUDA
Da questa camera nemmeno una Regina può scappare. Qui dentro si respira la paura.
Quella personale e quella di tutte le altre che l'hanno preceduta.
La paura è la più ermetica delle serrature.
Ma una Regina non può arrendersi ad essa e, per quanto il Capo tenti di deturparla con le umiliazioni indicibili degli stupri quotidiani, lei gli oppone una resistenza strenua, consapevole.
Mai disperata.
In virtù di questo, paradossalmente, è la Regina Nuda a condurre il gioco, consapevole che fino a che riuscirà a controllare la sua paura, la belva non sferrerà l'attacco mortale.
Lei è la domatrice e lui la bestia furente, in agguato all'estremo opposto del cerchio di fuoco.

Da quella camera da letto non si scappa.
Dalla paura sì.
Dove la teneva nascosta la pistola se quando è entrata era più nuda di un fiore?
Celata tra i capelli, in quella sua chioma amazzonica, fitta e nera, come una notte d'eclissi totale.
Nera, come la S&W rubata all'Italiano, che tra un pò sparerà il suo unico proiettile e non dovrà fallire, e non fallirà, perché il bersaglio è così vicino e la tempia a portata di mano.
Non ha un vero piano, Margaretha, sa solo che la pistola è invisibile nel rifugio impenetrabile dei suoi capelli e che la donna con la mascherina azzurra, quando gliel'ha porta, forse sorrideva.
Ma non può esserne sicura.
La sola cosa che conta davvero è la S&W che tra un pò, nella stanza della paura, partorirà il suo unico figlio, e produrrà un vagito di morte.
La sola cosa che conta davvero è non fallire il bersaglio.
Attendere paziente che lui s'accanisca alla ricerca di quell'orgasmo che lei, abiurando la paura, gli ha tutte le volte negato ma che oggi, invece, nel giorno del riscatto, è disposta, sia pur nella finzione, a concedergli.
Non deve sbagliare nemmeno una mossa.
La parte più difficile sarà inscenare la paura: le goccioline del terrore ruscellanti dalla riga dei seni.
 Ma è certa che lo stupore, prodotto da quella sua inaspettata resa, sarà sufficiente a darle il tempo di premere il grilletto nel momento preciso in cui un uomo, seppur armato, è assolutamente indifeso.
L'attimo unico che intercorre tra il tempo di vedere e quello di capire.

Come una illusionista, Margaretha ha materializzato dalla foresta inestricabile dei suoi capelli, la pistola, e gliel'ha cacciata in bocca nel momento stesso in cui lui sta emettendo il primo rantolo di piacere.

Succhialo tu, adesso, il mio gingillo.
Game over, bastardo!

Chissà se lui  ha udito, di sicuro ha capito, perché l'attimo prima dello sparo si  è pisciato addosso.
Il copioso ruscellare della paura.

venerdì 10 febbraio 2012

La Roulette Russa (capitolo 1)


(Pubblicato nell'antologia "Ti racconto la donna" da "Writer Monkey.it Dicembre 2018)


LA STANZA DEI GIOCHI
Nella  stanza dei giochi avveniva il rito della roulette russa, col Capo che subito dopo consumava il sesso con la sopravvissuta.
Tanti specchi per riflettere lo spettacolo della paura.
Le ragazze non avevano scelta, dovevano sottomettersi al capriccio del proiettile o, altrimenti, non avrebbero avuto nemmeno quella chance.
Entravano nude nella stanza.
Al Capo piaceva vedere le goccioline della paura che inumidivano la riga tra i seni, ed infilare le sue dita tra le cosce della ragazza che si puntava la pistola alla tempia.
Il tocco della sua mano sarebbe stato l'ultimo contatto col mondo prima che la testa esplodesse in un lugubre carnevale di capelli e occhi e denti.
La vincitrice aveva poi l'obbligo di divertire il capo, e doveva farlo con convinzione ed arte, se non voleva tornare subito a sfidare il destino.

L'IMMORTALE
Una giovane slava, dalla faccia  butterata, sempre coperta da una mascherina azzurra, e il corpo perfetto di Venere, era la preferita del Capo.
Era lei che sempre vinceva.
L'Immortale, questo il soprannome che le era stato dato.
Le ragazze, e i gregari, sospettavano che le partite con lei fossero truccate per rendere più spietato il gioco, alimentare una leggenda, acuire la paura delle sfidanti allo scopo di eccitare il Capo.
Quando la giocatrice di turno si trovava davanti la donna con la mascherina azzurra sapeva di non aver scampo, ed era allora che il piccolo fiume della paura iniziava a scorrere, inarrestabile, tra gli argini dei seni, mentre le dita del Capo scavavano, eccitate, nell'alveo asciutto della vagina.
L'ultima umiliazione prima dell'esplosione.

L'ULTIMA VOLTA DI CRISTINE
Quando Cristine vide la donna con la mascherina azzurra fu colta da svenimento.
Subito, l'Italiano, il braccio destro del capo, si adoperò per farla rinvenire.
Le fece inspirare sali aromatici, e la slava fu condotta via.
Quando lei riaprì gli occhi nella stanza c'era solo l'Italiano che le parlava a voce bassa, cantilenante, come si fa con i bambini quando si vuole convincerli a prendere una medicina amara.
Cristine, scossa da brividi, batteva i denti e pronunciava frasi sconnesse mentre, con uno sguardo folle,  frugava la stanza, senza davvero vederla, alla ricerca di una impossibile via di fuga.
L'Italiano le carezzava le mani e i capelli, cercando di tranquillizzarla, di convincerla che non doveva aver paura, che erano loro due soli, che la donna con la mascherina azzurra non c'era, anzi, a dirla tutta, non c'era mai stata, che era stata solo la sua tremenda ansia a palesarla.
E di cosa aveva così paura?
Tutte storie, leggende, quelle che circondavano l'Immortale, lo sapeva ben lui che era preposto a caricare la pistola. Il destino non si cura della nazionalità. Certo, dalla sua, quella donna aveva una fortuna sfacciata che aveva contribuito alla costruzione del suo mito ma, appunto, solo di questo si trattava: fortuna, che prima o poi, anche a lei sarebbe venuta meno. E' quell'unico proiettile che decide la sorte, non la mano che preme il grilletto. E, adesso, Cristine, doveva riscattarsi ai suoi stessi occhi prim'ancora che a quelli del Capo, fare appello al suo orgoglio ed accettare la sfida, proprio con lei, l'Immortale.
Non c'era alternativa possibile.
Meglio una chance che nessuna. Concluse soavemente l'Italiano.

E la porta si aprì ed entrò la donna statuaria che sedette, in silenzio, di fronte a lei.
Cristine, con gli occhi chiusi, ne respirava il profumo esotico, azzurro e velenoso, inebriandosene al punto di soffocare, perdere di nuovo i sensi per acquistare illusori attimi di vita.
Ma nessuna possibilità vera.
Forse l'Italiano aveva ragione.
Forse stavolta la fortuna avrebbe voltato le spalle all'Immortale.
Raccogliendo tutte le sue forze volle sparare lei per prima ed il colpo, fasullo, andò a vuoto.
L'Immortale si puntò la pistola alla tempia, sorridendo, mentre premeva il grilletto.
Lo scatto illusorio non produsse nulla.
Fu allora che Cristine avvertì la paura ruscellarle tra i seni, piccole gocce fredde che s'allungavano sul ventre e le bruciavano la pelle.
E, mentre con gli occhi chiusi, si puntava di nuovo la pistola alla tempia, sentì le dita del Capo farsi strada, strisciando, fra le sue cosce.
Pigiò il grilletto: il tempo di visualizzare il rosso dello scoppio di un palloncino ubriaco.
Poi, entrò nel buio.



mercoledì 8 febbraio 2012

Lunga vita alle mie cattive signore

Lunga vita alle mie cattive signore, che la loro permanenza in Blogosphere non termini con la mia uscita di scena ma, piuttosto, l'eternità le esalti e le gratifichi di quel che ognuno di noi si vanta, spesso a torto, di possedere: un'anima.
Le mie donne inquiete, dominatrici, irruente, nevrotiche, vendicative, mai martiri né vittime sacrificali, piuttosto eroine predestinate all'annientamento in un mondo cannibale che ne fagocita l'anima prima ancora che il corpo, e così quello che rimane delle mie cattive signore sono brandelli di sogni, disperazione esistenziale, smarrimento, e atti di forza consumati in quel limbo segreto in cui ogni donna, al momento della nascita, pare essere destinata.
Le più ostinate, le prevaricatrici, sono le meno sconfitte ma non per questo quelle che patiscono, con minor sofferenza, l'impatto esistenziale in un mondo assolutamente maschilista che stenta a cambiare, ad evolversi, anzi sempre più appare chiaramente radicato a proliferare con una sua genia sempre più meschina, affamata ed analfabeta, dominante nella demenza oscurantista di una filosofia strisciante i cui adepti rinnegano, coscientemente o meno, ogni altro indirizzo.
Ogni altra ipotesi d'umanità.

Le mie cattive signore abitano storie senza finali, disperate quanto lo stesso mondo che le ospita, e destinate ad esser riconosciute, nonostante la bellezza, la tristezza e la poesia, che da loro sottilmente emana, come anime bastarde, arpie, erinni, streghe.
 Donne senza futuro, dunque, e con un destino già scritto nel rogo.

Mi piacerebbe che fosse una donna, infine, a salvarle.
Una di noi.

giovedì 2 febbraio 2012

Tradimento

- Lui è arrivato, cercava te ma ha trovato lei. -
Lui è il Portoghese, lei è Amaranta.
La voce fuori campo, invece, è quella dell'Imperatrice Camilla.
- Quindi? - obietto io
- Quindi...niente, te l'ho solo fatto presente - Ribatte la mia biografa, con tono rassegnato. -
- Mari, se ce la fai a scendere nell'antro sarebbe  meglio per tutti - Aggiunge persuasiva
- Perchè? - Chiedo io, allarmata da questa sua inusuale dolcezza
- Perchè Iggy è fuori controllo ed Amaranta pare non preoccuparsene affatto: ha occhi solo per lui.- Sottolinea ironica
- Dovevi esserci tu. Doveva essere la tua occasione. Era già tuo ma ora lei te lo porterà via - E' sulla soglia, immobile, senza decidersi a varcarne il confine
- Ma di cosa parli...il Portoghese non esiste e nemmeno questa stanza e neppure tu. Non esiste nulla. E' tutto, e solo,  nella mia testa - Lancio un cuscino contro la porta laddove immagino lei dovrebbe essere
- Vattene. - Le ingiungo.

Mi trascino a fatica verso l'armadio dei vestiti.
Lo spalanco: m'assale l'odore di confetto delle stoffe ed il tintinnio d'ossa delle stampelle
A tentoni cerco la scala che scende nel cuore dell'antro.
C'è buio e silenzio.
Incespico nel tappeto.
Le solide braccia dell'Imperatrice mi sostengono prima che io ruzzoli a terra.


- Come fai a vedermi? - Le chiedo stupita
- Ma che domande fai, Mari. Perché non dovrei vederti? Mi stai facendo spavento. -
-  Ti dico che nessuno di noi esiste. - Insisto, ostinata.
- E' colpa della febbre, torniamo di sopra, e per aiutarti a dormire ti racconto una storia e rimango con te, te lo prometto. Non ti lascio. Ma non dire che non esistiamo, per piacere, non dirlo più -
- Tu non conosci altre storie se non quelle che invento io. Mi stai prendendo in giro? -
- No, te lo giuro, ti racconterò una storia che nessuno ha mai narrato e che tu non hai mai scritto. E' un racconto bislacco, di quelli che piacciono a te, che non hanno un finale e rimangono sospesi come palloncini sul filo della biancheria, affidati all'imprevedibilità del destino: quel palloncino giallo, ad esempio, richiama una cornacchia curiosa che lo becchetta, quasi fosse un enorme grano di mais, facendolo allegramente scoppiare; eccone, invece, un altro rosa che, planando placido sulle inferriate di un cancello, ne rimane  infilzato, ed ora giace come una pelle morta, senza speranza di resurrezione; e quest'altro, rosso, si è posato sul davanzale della finestra dove ondeggia languido, simile ad un grosso fiore, accarezzato dal vento.

- Voglio la storia del tradimento che va perpetrandosi alle mie spalle tra Amaranta, la mia bellissima alter ego, ed il Portoghese, il filibustiere che io ho ammantato d'onore e di sentimenti. Non voglio sapere altro. Non cercare d'irretirmi, Camilla, con storie di palloncini e finali illusori,  che io delle parole son maestra e, se volessi, potrei distruggere questo mondo di cartapesta, che pur ho amato e vivificato coi miei istinti ed il mio fervore immaginativo. Raccontami di questa storia affinché io, nei fumi della febbre, possa avvampare come una torcia consunta, con l'unica funzione di fiamma e non più di calore. Voglio quella verità che tu mi hai fatto intravedere spronandomi all'azione quando io, invece, giaccio preda della febbre e del tradimento. Questa è la sola storia che a me interessa. -

STORIA DI UN TRADIMENTO
Il Portoghese è giunto nell'antro, preannunciato dalle festose campane del mezzogiorno, seppur il suo arrivo non fosse atteso proprio per questo giorno nè un altro meglio definito, ma come tutto quello che lo riguarda, accade in base alle sue caotiche prerogative personali, dove tutto è precariamente affidato al capriccio della casualità e dell'umore.
E così quel giorno, mancando di ogni tempestività, il magnifico uomo è venuto da te non sapendo che tu, invece, eri ancora a Roma, prostrata dalla recidiva del morbo influenzale.
Cercava te ma ha trovato lei, e ne è rimasto stregato.
Iggy, reso folle dalla baraonda delle loro vibrazioni sessuali, provocato nella sua paranoica gelosia, è andato completamente fuori controllo.
Eccolo che armato della sua pistola giocattolo ha iniziato la recita delle sue patetiche litanie, mentre Lizard ha tentato, nella sua maniera suadente, di riportarlo alla ragione, ma non c'è stato verso, e l'unica che potrebbe riuscirci è Amaranta, se non fosse così coinvolta nella recita del suo idillio shakespiriano, da non avvedersi della minaccia fatale che pende sul capo del Portoghese.
Ora, se ce la fai, Mari, se le tue dita non ardono troppo per la febbre e, se vuoi salvare la storia, dovresti impugnare la penna e condurre tu, la vicenda, verso un finale possibilmente indolore.
Potresti addirittura cassare questo capitolo e riscriverlo nuovo, a te più favorevole e, generosamente fornirmi, persino, di materiale aggiuntivo alla tua scarna biografia.
Potresti...ma immagino che non lo farai.