Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

giovedì 29 settembre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 3)


DOLORE E CONFORTO: LE VOLUTTA' DEL PIACERE
Stabilita la tregua pre-bellica, trovare il Portoghese fu, per le due provvisorie alleate, un gioco di magia elementare, e già bussavano al suo uscio.
Il Portoghese, stupito, le accolse senza porsi neppure la domanda di come fossero riuscite a scovarlo in quello squallido alberghetto periferico.
La sorpresa e l'incanto di averle innanzi lo avevano reso imprudente, ma egli era convinto di doversi proteggere da ben altri nemici che non da queste due signore che, ammaliate dal suo fascino, spudoratamente gli si offrivano.
Una conquista facile, che il Portoghese quasi un pò se ne dispiacque, che così non avrebbe potuto ulteriormente incantarle con quei suoi deliziosi preliminari che estasiavano le sue amanti, e rendevano il gioco più eccitante
 Elvira e Costanza erano le donne più belle che avesse mai incontrato (eh si che di donne magnifiche ne aveva avute), buia l'una quanto chiara l'altra, così diverse e complementari, cosicchè nella frazione di un secondo decise che i preliminari potevano anche andare al diavolo.
La donna nera e la donna turchina, disinibite complici, letteralmente lo stordirono in una festa di capelli, di mani e di bocche, dove  l'uomo, cavia felice ed inconsapevole, si lasciò travolgere dalle vertigini dell'eros di cui mai con quella intensità aveva goduto.
Baci inusuali, carezze ardite e desideri assecondati, quasi che quelle due gli leggessero la mente mentre s'abbandonava al languore dei sensi, eccitato dalla bocca tumida della strega e dal ventre biondo della fata.
Il Portoghese era in uno stato di eccitazione costante, una follia dei sensi che mai prima aveva goduto così intensa e prolungata.
Ma erano loro, in realtà a possederlo, con le labbra, le dita e la vagina.
Preda di quelle magnifiche ed insaziabili amanti, il Portoghese, estasiato, soggiaceva languidamente passivo, consenziente all'aggressività delle unghie ferine di Elvira, che lo marchiavano con geroglifici di sangue, e alla lingua di scoiattolo di Costanza, che lo nettava con umide carezze.
Dolore e conforto: le voluttà del piacere.
Il Portoghese, sfinito dagli innumerevoli orgasmi e dalle appassionate battaglie di letto, senza più opporre resistenza lasciò che le due donne gli penetrassero i sensi e la mente.

DONNE DIABOLICHE
Questo poneva fine agli accordi dell'alleanza prebellica e sanciva l'inizio delle ostilità sul campo.
Lo abbiamo già detto che la posta in gioco non era l'uomo ma la supremazia della più brava, di quella che fosse riuscita a farlo follemente innamorare di lei.
Così l'avventuriero avrebbe conosciuto, oltre le gioie sfrenate del sesso che quella notte aveva avuto a profusione, anche le inconsolabili sofferenze dell'amore impossibile.
La fata e la strega, al pari della loro tremenda progenitrice, la maga Circe, miravano a trasformare il loro amante in un animale sottomesso, e in suo aiuto non sarebbe intervenuto il dio Ermes a renderlo immune dalla loro magia.

lunedì 26 settembre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza, e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 2)


IL PORTOGHESE
E fu amore a prima vista tra la strega e la fata e l'affascinante uomo seduto al tavolino del bistrot che, da questo momento, chiamerò il Portoghese, perché nato in Portogallo, la cui indole d'avventuriero lo aveva trasformato in un eterno fuggitivo, senza mete preordinate e con le soste stabilite dal caso, dalla fortuna o dalla necessità.
Così era giunto a Parigi dopo un lungo viaggio notturno piuttosto travagliato, condotto su strade secondarie e con  mezzi di fortuna e, senza entrare troppo nel dettaglio di questa sua odissea, che pur meriterebbe di esser narrata, datiamo la sua conoscenza da quando, attraverso gli occhi di Elvira e di Costanza, lo abbiamo visto in quel bistrot intento a scrivere su un tovagliolo e sorseggiare vino bianco.
Della sua vita altrove, seppur meritevole di un romanzo, non racconterò nulla dal momento che quello che ci riguarda è accaduto qui, a Parigi, città degli incanti e dell'amore.

LA POSTA IN GIOCO
Il Portoghese le aveva soppesate entrambe con lo stesso sguardo d'interesse.
Uno sguardo che non lasciava fraintendimenti: signore siete bellissime e vi desidero tutte e due, non ponetemi davanti ad una scelta che non saprei farla, tanto meravigliosamente siete diverse, tanto meravigliosamente siete sensuali.
Lo strale distratto del puttino inesperto aveva colpito il cuore della strega e quello della fata, ma non tolto loro la capacità  di leggere il pensiero, e fu così che penetrando la mente dell'uomo finalmente l'una s'avvide della presenza dell'altra.
Bastò, alle due signore, una frazione di secondo per valutarsi nella loro interezza, capire che si era al cospetto di una pari e che nessuna delle due sarebbe stata disposta a farsi da parte.
Fu chiaro, fin da subito, che non sarebbe stato l'uomo la posta in gioco ma la supremazia personale.
Una storia di donne, quindi, mentre all'affascinante avventuriero verrà riservato solo il ruolo della preda.
Ma questo, ovviamente, il Portoghese non poteva saperlo e così, muovendosi sulla ipotesi di quella sua eccitante fantasticheria di un ménage à trois, già s'avviava verso la porta deciso a sedurre entrambe le signore, quando s'avvide di aver dimenticato il tovagliolo su cui aveva scritto i suoi appunti.
Tornò indietro per recuperarlo, ma quando varcò la soglia loro non c'erano più.

LE GUERRE NEI MONDI PARALLELI
Sarebbe stata una guerra non di conquista ma di potere.
Ciò comportava strategie sottilissime ed inedite, come la cinica alleanza iniziale pattuita tra le due rivali, tramite la quale avrebbero avuto la possibilità di esplorare il territorio da espugnare: un brevissimo trattato di tregua prima d'iniziare la guerra.
Questa modalità avrebbe permesso ad entrambe di partire dallo stesso livello, nessun vantaggio iniziale per l'una o per l'altra, cosicché la vittoria sarebbe stata solo merito esclusivo del coraggio e dell'intelligenza delle strategie personali.
Le guerre combattute nei mondi paralleli, in particolare quelle che come arma utilizzano la magia, per quanto paradossale potrà sembrare, mai s'avvalgono di squallidi trucchi da baraccone o quelli subdoli della realpolitik, gli stessi a cui noi siamo avvezzi, ma piuttosto obbligano alla severa osservanza di un codice d'onore a cui i contendenti sempre s'attengono, e la cui trasgressione comporta l'ostracismo ed il disonore.

Attenendosi a tali regole, la strega Elvira e la fata Costanza prima ancora d'iniziare le ostilità stilarono un trattato di tregua che permettesse ad entrambe di esplorare con gli stessi mezzi, il territorio da conquistare, stabilendo di comune accordo che avrebbero accettato il mènage a tre.

sabato 24 settembre 2011

La strega Elvira, la fata Costanza, e i capricci dell'innamoramento non convenzionale (capitolo 1)


BREVISSIMA INTRODUZIONE
Accadde, qualche tempo fa, che la strega Elvira e la fata Costanza s'innamorassero dello stesso uomo, ed in nome di quest'amore si dichiararono guerra all'ultimo sangue.
Ma non fu comunque una guerra drammatica, quell'ultimo sangue non deve fuorviarvi perchè piuttosto si trattò di una guerra fredda, molto strategica, d'inganni e d'astuzie, senza spari e da gran signore.
E con un finale davvero inaspettato.

LA STREGA ELVIRA. LA FATA COSTANZA. L'UOMO DEL BISTROT.
Vestita di crespi neri, la pelle diafana di chi abita la penombra, i lunghi capelli corvini racchiusi in una treccia ondeggiante al ritmo dei suoi movimenti, gli occhi di lupa, la strega Elvira avanzava, come un ombra sul sole, preceduta dalla scia amara del suo profumo.
Sulla stessa strada, ma in senso inverso, procedeva la fata Costanza, a passo di danza, leggera come una nube turchina, i capelli chiarissimi raccolti sulla nuca da fili di ametista, le labbra dischiuse in un provocante sorriso di monella.
La donna nera, e la donna turchina, videro entrambe, nello stesso istante, l'uomo seduto al tavolino del bistrot intento a scrivere su un tovagliolo.
L'uomo, seppur non più giovanissimo, era davvero fascinoso.
Davanti a lui un flute di vino dorato, bevuto a metà, ed una sigaretta che andava consumandosi in un piattino.
Aveva smesso di scrivere forse perchè disturbato dalle voci degli avventori o forse perchè aveva esaurito lo spazio sul tovagliolo, guardava fisso davanti a sè, estraniato nelle sue meditazioni.
In contrasto con le rughe, la barba, ancora intatta nel suo colore bruno, incorniciava un broncio d'adolescente con gli angoli della bocca sollevati in una mimica di arrogante superiorità. 
I suoi occhi verdi analizzavano, senza troppa empatia, la fauna umana che gremiva il bistrot, per lo più sartine, commessi, studenti della prospiciente Académie Des Beaux-Arts, un gruppetto di militari in libera uscita, una coppia adultera.
Nessuno che suscitasse il suo interesse, finché...finché il suo sguardo incontrò gli occhi neri di Elvira e quelli turchini di Costanza, mentre loro, inconsapevoli l'una dell'altra, l'osservavano dall'esterno della vetrata.
Fu amore a prima vista.

 LA TEORIA DELLE PROBABILITA'
L'amore è folle, ma quest'affermazione, fino ad ora, pensavamo riguardasse solo coloro che per disgrazia sono stati colpiti dagli strali balzani di puttini inesperti o solo sbadati.
Eravamo convinti, prima di questo preludio, che una minoranza molto ristretta, a cui appartengono appunto anche le streghe e le fate, quanto meno fosse immune dal capriccio dell'innamoramento non convenzionale, predisposte, per loro natura, alla preveggenza ed alla lungimiranza.
Ma la storia che narro è davvero accaduta, e così il saggio insegnamento che ne deriva è quello di  dover tenere nella più giusta considerazione "la teoria delle probabilità" nei concetti delle variabili casuali e delle distribuzioni possibilistiche, soprattutto per quei fenomeni che noi siamo sconsideratamente avvezzi nel catalogarli come "quasi impossibili " (quel "quasi"  permane per scaramanzia) e che quando si realizzano abbiamo la brutta attitudine di rigettare la colpa sul destino, come se le varianti fossero solo astrazioni aleatorie, elaborate dalle diaboliche menti dei matematici che bramano tenere in scacco l'umanità intera sotto la minaccia di quelle loro teorie calamitose, simili ad una spada di Damocle, pendente, fin dalla notte dei tempi, sul capo di noi tutti.

Elvira e Costanza si prodigarono, da par loro, con impegno e puntiglio ad essere, in alternanza, variabile casuale e distribuzione possibilista, rendendo giustizia, una volta tanto, alla solitaria ed incompresa stirpe dei matematici.

mercoledì 21 settembre 2011

Stregosità

STREGOSITA'
Streghe si nasce, e tale privilegio lo si eredita dalla madre, strega anche lei.
Solo una strega può generarne un'altra, quindi nulla di più falso, ad esempio, quando viene detto sei diventata una strega, mentre sono solo paragoni fasulli, denigratori ed offensivi, nei riguardi delle vere streghe, ciarpame linguistico quel dire incanti come una strega, cattiva come una strega, brutta come una strega, vecchia strega, metafore pregiudizievoli nei confronti della suddetta categoria.
Le streghe hanno carattere ombroso, ma sono figlie della luna e, al contrario di quello che si pensa, sensibilissime ed empatiche, e molto meno crudeli delle consorelle umane.
Figlie della luna e, dunque, donne per eccellenza, sono creature bellissime, seducenti. Elusive.
Insomma nulla a che vedere con l'iconografia grottesca della donna brutta che cavalca una scopa, una fandonia, questa, bella e buona, perché le streghe possiedono per natura il dono dell'ubiquità.
La leggenda della vecchia maligna che percorre i cieli su un manico di saggina è nata dall'invidia femminile e dalla misoginia maschile.
Dunque, le streghe, sono belle dentro e bellissime fuori.
Nessuna bacchetta magica, nessun pentolone fumigante, ma la magia di una femminilità seducente ed innata, quel profumo avvolgente di donna, e così intimamente penetrante che, una volta inspirato, crea assuefazione.
Creature sensuali e fantasiose, affabulatrici, maliziose, istrioniche.
Chi ha la fortuna di entrare nel letto di una strega avrà la iattura, per tutta la vita, di trovare insipide tutte le altre donne, e sarà condannato a trascorrere, nella sua disperata ricerca, gli anni restanti della vita

INCANTESIMO
......iniziò ad aprire tutti i miei cassetti e gli armadi, inspirava profondamente l'odore delle stoffe dei miei abiti, non riusciva a distaccarsi dalla mia stanza da letto, non volle che aprissi neppure la finestra per non far disperdere l'aulenza che la permeava, e l'eco dei sussurri notturni che ancora vi aleggiava. Chiese di poter portar via qualcosa di mio, da tenere con sé durante il viaggio, che troppo penoso era il distacco. Nuda, indossai un solo lungo guanto di raso verde e, con quello, presi ad accarezzarmi ogni angolo di pelle, inumidendolo del mio latte vaginale, e glielo porsi come un dono regale. Tornò sempre da me perché il profumo del guanto era inesauribile e nessun'altra mai sarebbe riuscita a cancellare quell'odore.
O, almeno, così ero riuscita a fargli credere.

lunedì 19 settembre 2011

Auguri mamma


"Io ho nelle mie mani un piccolo papavero rosso raccolto domenica al palazzo dei Cesari. E' un fiore intensamente semplice, intensamente floreale. Tutto seta e fuoco, un calice scarlatto tagliato perfettamente tutt'intorno, si vede da lontano in mezzo alle erbe selvatiche come un carbone ardente caduto dagli altari del cielo. Non è possibile immaginare un tipo di fiore più completo, più genuino e assolutamente puro; dentro e fuori tutto fiore. Nessuna limitazione di colore, nessuna esteriore volgarità, nessun segreto interiore; aperto al sole che l'ha creato, finemente rifinito sopra e sotto, fin giù al più estremo punto di innesto"
John Ruskin


PER MIA MADRE
Per il tuo compleanno, mamma, ti vorrei portare in un campo di papaveri, farti ritrovare il profumo dell'aria e della terra che tu, ormai da anni confinata in una stanza da dove ti è imposssibile fuggire, avrai forse dimenticato.
Nella tua quotidianeità fatta di pareti bianche e di luci al neon, non ricordi neppure che esistono i fiori e le coccinelle e le farfalle e le rondini e che il sole, ad una certa ora, s'oscura, e diventa luna.
Nella lunga  prigionia della malattia hai dimenticato l'alternanza delle stagioni,  mentre i tuoi nipoti sono diventati adulti ed i tuoi figli stanno invecchiando, che le realtà della nostra vita, come tu le conoscevi, sono da anni, ormai, stravolte.
Chi è andato via per non tornare più.
Chi ha sostato più a lungo, chi solo a breve.
Chi è giunto per restare.
Ma di tutto questo tu non ne hai più consapevolezza.
Quell'universo, di nomi e di persone, che ti era noto, è finito da tanto tempo e, forse, in questo recente, non ti ritroveresti neppure.
Ottant'anni, di cui gli ultimi dieci trascorsi in un lungo estenuante braccio di ferro con la malattia, con la nostra non sempre giustificata impazienza, non sempre giustificata impotenza: è la malattia, non è colpa di nessuno, avremmo potuto capirlo prima, forse avremmo potuto far meglio, forse......
Non mi sarei dovuta arrabbiare con te come mi accadeva spesso, irritata e nevrotica io stessa, presa dai miei problemi che erano davvero piccoli in confronto a quello che ti stava accadendo.
Ora comprendo che nessuna solitudine è stata simile alla tua.
Perdonami, mamma, di non riuscire sempre ad' imbrigliare le mie intemperanze, la mia fretta, la mia ansia di lasciare la tua stanza appena mi è possibile, per fuggir via e ritrovare l'odore della vita.

Il paradiso io lo immagimo come uno sterminato campo di papaveri rossi, i miei fiori preferiti, quando papà, nei pochi momenti famigliari mi cantava "Papapveri e Papere", ed io ero così piccola, e pensavo, al colmo della gioia, che la felicità la si potesse raccogliere in un fiore e in quella mano adulta che teneva la mia.

Ma so che il paradiso, mamma, è così lontano in questa tua lunga, dolorosa agonia, che forse ne avresti perfino paura, che allo scoperto, senza la protezione delle pareti della tua stanza e lo splendore delle luci al neon, ti sentiresti perduta ed istintivamente mi cercheresti la mano ed io, canterei a te, madre divenuta mia figlia, quella canzone di una epoca ormai remota.
Un ritrovarci, che forse a te non serve più, che hai di sicuro dimenticato le nostre passate incomprensioni ma che io, invece, ricordo e ne porto rimorso, ne sento il peso di cui  nessuna parola, o giustificazione, può sgravarmi.
Chissà se il rosso fastoso di questo fiore di seta e di fuoco, questo carbone ardente caduto dagli altari del cielo, possa solo per un attimo penetrare il tuo buio.
Così, per farti questi auguri, mamma, ho scelto immagini allegre, colorate, perchè un compleanno è sempre una data importante, una festa, ed il tuo più di tutti, perchè è un giorno, questo, ancora strappato alla morte
 Ti voglio bene
Marilena

lunedì 12 settembre 2011

Nel ruolo di me stessa

Mi sono svegliata, stamani, con le intenzioni più positive del mondo, decidendo che nulla m'abbatterà, nemmeno questo caldo malato, nè la prospettiva di andare in banca a pagare 1200 euro per un 730 sbagliato.
Su queste due catastrofi, il caldo/umido ed i soldi al fisco, non posso far altro che adottare le tecniche di Gandhi sulla non violenza, per tutte le altre iatture, invece, posso mettere in campo più efficaci sistemi difensivi
E' da un pò di giorni che sono in vena di cambiamenti, seppur dovrei ormai sapere che i cambiamenti farei meglio ad evitarli perchè sono, alla fine, come quelle novità che difficilmente recano qualcosa di buono.
Sono armata di buona volontà e consapevolezza perchè devo sopperire alla diminuzione dell'Efexor, il farmaco che stabilizza l'umore, e così è già da un paio di giorni che sono in balia di un insonnia aggressiva che s'oppone perfino ai sonniferi.
Nel mio stato emotivo attuale oscillo tra la megalomania di essere e la disperazione di non voler essere.
Vie di mezzo non ce ne sono.
Stamani, quindi, eviterò la lettura del "Manuale Per Non Suicidarsi", la mia Bibbia, un libricino di stampa alternativa,  sarcastico e cinico, e la convinzione, ovvio tutta personale, che anche il grande Andrè Breton lo avrebbe voluto sopra il comodino insieme alla sua "Antologia Dell'Humor Nero"
Questo pensiero di comunanza con Breton mi fa sentire un pò meglio, almeno  in buona compagnia.
No, stamane è decisamente un giorno da vivere, anche se sabato scorso, spinta da un impulso di cambiamento, ho tagliato i capelli ed ancora mi chiedo perchè.
Per complicarmi la vita o avere un motivo definitivo per farla finita?
Scherzo!
I capelli ricresceranno, anche se ora posso annodarli solo in un codino striminzito e la frangia, invece, tutta calata sugli occhi, ciò che doveva esser lungo dietro è lungo davanti, e viceversa,.....insomma, la storia della mia vita.
Ma non di questa giornata, mi riprometto.
Nella monotonia della mia esistenza la novità più rilevante è quella che il mio ex marito si risposa.
Me l'ha comunicato personalmente, timido il tono, un pò impacciato.
I miei auguri sono stati sinceri.
Le vite si distruggono e si ricostruiscono, quando si fanno le scelte giuste, può accadere anche questo.
E' fuori dalla mia vita da così tanto tempo, ma ancora mi aiuta economicamente, per dirla tutta: Peter Pan è cresciuto, non ha mai scansato, in tutti questi anni, le sue responsabilità economiche per quel che riguarda me, ed inoltre, con questo matrimonio, se ne ha assunto delle nuove.
Un brindisi, da parte mia, per augurargli una lunga, serena, vita di coppia.
Ammetto, però, che la notizia m'ha fatto un pò d'effetto, e non poteva esser altrimenti, cinque anni di fidanzamento e diciotto di matrimonio, una lunga parte di vita dove insieme abbiamo realizzato progetti e fatto un figlio.
Ed ancora, a tutt' oggi, le uniche, solide, certezze materiali sono i residui della mia vita matrimoniale.
Sopravvivo con quello che mi rimane di quel passato.
Al mio ex marito non ho mai smesso di voler bene, neppure quando pensavo di odiarlo, e gliene vorrò sempre, anche se le cose, tra noi, ad un certo punto hanno smesso di funzionare ma, oggi, il mio auguro sincerissimo è che sia finalmente felice.
Ok, m'accendo una sigaretta e passo d'altro.
Fumo in camera da letto, seppur m'ero ripromessa di non farlo.
Ma a chi frega?
Ci abito sola in questa casa.
'Fanculo.
Sto ancora ad imparanoiarmi con ste balle del "fallo per te stessa".
Io, invece, ho l'esigenza di condividerle le mie cose, nel bene e nel male, uno dei motivi di questo diario on line.
Sono condannata ad abitare questo spazio del passato che, per me, si è tramutato in un eterno presente e, chissà perchè, ho voluto illudermi che un giorno si sarebbe trasformato in futuro.
E' questione di fortuna e di acume nelle scelte.
Io non ne azzecco una.
Così come, in un momento di debolezza, mi sono lasciata convincere dalla parrucchiera dopo anni di strenua resistenza, da parte mia, a metter mano ai miei capelli: un cambiamento, uno sforbiciamento leggero che non noterai nemmeno.
L'ho vista nello specchio, alle mie spalle, agitare in aria le forbici, mi sono sentita prima fuori moda e poi sotto minaccia, così le ho dato il consenso.
Mi è andata comunque bene, avrebbe potuto farmi lo scalpo.
Marilena

sabato 10 settembre 2011

Una pagina dedicata a Claudia

 I versi di questa poesia, e la foto (Raggio) che la corredano, sono di Claudia Grotti
A lei, con entusiasmo ed affetto, dedico questa pagina del mio diario.


 Inverno

 Per noi
che riempiamo i nostri giorni
di stoppie affioranti,
piccoli, immobili soldati
in fila,
irrigiditi sulla neve
dei campi,
il tempo si ferma sovente
all'abbacinante riflesso sgranato
del sole invernale.
E' ogni luogo
un deserto illusorio
di gesso e solitudine.

Così indugiamo
sulle immagini apparentemente congelate,
a scoprirne la magia della vita
che lentamente
emerge ad ogni sguardo:
piccole nutrie indaffarate,
impronte soffici,
delicate
di aironi e lepri.
Poiane in attesa,
immobili come statue,
sui rami addormentati e spogli.

Nel silenzio
ci guardiamo
senza parole.

Claudia
Raggio - Foto fi Claudia Grotti

giovedì 8 settembre 2011

L'albero Lucifero

Dedico questo scritto a me stessa, come possibile ipotesi di sopravvivenza, affinché smetta di dannarmi l'anima alla ricerca di una verità e di una giustizia.

L'ALBERO LUCIFERO
Stamani mi è impossibile accedere al mio antro perché un immenso tronco traverso sbarra lo stretto imbocco tramite cui mi calo nei suoi visceri.
Un albero cresciuto in orizzontale.
Come è potuto sviluppare così rapidamente ed assumere proporzioni ciclopiche quel rametto striminzito, senza per altro troppe possibilità di sopravvivenza in questo terreno così arido, che io stessa avevo piantato per più facilmente ritrovare l'accesso alla strettura strategica, naturalmente mimetizzata, del passaggio dentro il mio antro?
Non solo è cresciuto, ma i suoi rami strisciano come i serpenti sulle teste di Idra, dipanandosi verso i quattro punti cardinali, attorcigliati, riccioluti, o puntuti come lance, che non ce n'è uno uguale, benché tutti generati per un unico scopo: impedire l'entrata.
Un albero supino che avrebbe, invece, potuto svettare superbo verso il cielo e sfiorare, con la punta dei rami più arditi, perfino le nuvole.
Sarebbe stato, in un altro destino, l'albero più bello del mondo.
Il castigo capita sovente alla troppa bellezza, così come fu per Lucifero, plagiato, forse, dallo stesso Dio, il quale amava circondarsi di subordinati e non d'intelligenze indipendenti, e da lì la storia dell'angelo caduto, che ha un suo fascino, lo riconosco, ma è palese il monito con la proibizione ad agire di testa propria e accettare i diktat imposti.
Una morale cristiana in una leggenda pagana.
Lucifero non ha negoziato, ha agito di sua iniziativa, ed ha duramente pagato.
D'allora è sempre stato additato come il male.
La crudeltà vera, quella razionale, pianificata a tavolino, la trovo piuttosto in  Dio, il cui scopo, è ora acclarato, sarebbe stato quello di creare automi e non uomini pensanti.
In questa strategia divina deve essersi verificato un errore, una disconnessione, cosicché nella coorte degli angeli schierati sull'attenti è uscito fuori lui, Lucifero, che gli si è avventato contro.
Quest'albero, che chiamerò Lucifero, merita di essere amato come tutti gli alberi del mondo, perché giace qui a terra in punizione ad espiare in vece mia.
Spesso sono gli innocenti a scontare pene per gli altri innocenti.
Perché io, lo giuro, non ho commesso peccati di rilevanza così grave da giustificare il supplizio inflitto a questo povero albero costretto a strisciare a terra quei suoi rami che mai svetteranno verso l'alto.
Avessi la forza di issarlo e sostenerlo, lo farei, novella Ercole, domerei l'Idra e sfiderei Dio.
Lucifero è talmente magnifico che oscurerebbe il sole con le sue fronde nere, compatte come ombrelli, e che d'estate si andrebbero a coprire di foglie sontuose, laccate come unghie di donna.
Ma l'albero Lucifero non sarà un intralcio, così come era predisposto nei piani di Dio.
Né per me, né per le formiche, che già s'avventurano tra gli arzigogoli dei rami, sorprese di ritrovarsi in una geografia nuova, sicché ieri era tutto monotonamente piatto ed oggi, invece, c'è la novità di questo mondo frastagliato, movimentato, un labirinto d'intrecci e di trabocchetti, che alcuni rami sono invitanti, ma insidiosi, come dita di strega.
Eppure gioiscono le formiche per questa nuova attività esplorativa, che richiede tutta l'agilità del loro piccolo corpo e quello della loro grande intelligenza, per evitare l'inganno dei rami protesi, trovare il varco dove poter accedere, pazientemente scavalcare là dove occorre, discendere dove è possibile, e mai perdersi d'animo, perché stamani la caccia è più fantasiosa per quest'attrattiva geroglifica che esalta la fantasia della sopravvivenza.
Esattamente come sarà per me.
Marilena

Sulla partigianeria

Disprezzo profondamente coloro che, nelle loro prese di posizione, non si pongono mai dubbi.
Sono coloro che arrogantemente  non si mettono mai in discussione, convinti di essere i paladini del vero.
(Amaranta)

SULLA PARTIGIANERIA
Il fanatismo della partigianeria è quanto di più stupido ed ingiusto si possa mettere in campo.
Ci si schiera da una parte per convinzione personale, simpatia, tornaconto, arroganza.
Dar ragione a qualcuno solo su quel poco che di lui si conosce significa tacciare di bugia l'altra parte di cui, per'altro, assolutamente nulla si sà, tranne le cose affermate pubblicamente, scampoli di verità mai davvero completamente esplicati nella loro cruda  interezza, perchè, chi pur come me è stato ingannato (per amore, per vigliaccheria, per una impossibilità di scelta, o semplicemente perchè è stato più comodo tenere i piedi in due scarpe, sicuramente una mancanza totale di assunzione di responsabilità) ha ancora un minimo di rispetto per chi ha condiviso, sia pur nella non chiarezza (non uso menzogna, ma forse sarebbe più appropriato) una lunga parte di vita.
Alla lunga, però, le bugie vengono a galla.
La mia storia......ce ne sono tante di storie come la mia,  forse un giorno la racconterò, forse, quando non farà più così male parlarne, perchè è il momento del rancore questo, innanzitutto verso me stessa, per aver coinvolto nella farsa anche le persone a me vicine, sublimando un uomo al quale ho dato tutto, accettato tutto, messo da parte me stessa, anche in questo spazio, per avere in cambio solo bugie.
La partigianeria è gratuita e stupida quando non si conosce tutta la storia, soprattutto in quelle affermazioni perentorie, solenni, altisonanti, e che escludono una replica.
Si può essere il dirigente più bravo del mondo ma anche, ad esempio, il padre più oppressivo.
Il dipendente affermerà, e non a torto, che il tal dei tali è il più grande, onesto, meritevole dirigente del mondo,  ma questo non gli permetterà di dare del bugiardo al figlio del suo capo quando obietterà che è, nel privato, un padre castrante.

Il giudizio favorevole del sottoposto scaturisce in base alla sua conoscenza circoscritta nell'ambito del lavoro per cui i comportamenti, e le azioni del suo capo, saranno sicuramente conformi all'etica richiesta e alla diligenza con cui svolge la sua mansione.
Ma basta questo a renderci certi dell'infondatezza delle accuse del figlio?
Si può benissimo essere un bravo dirigente ed un pessimo padre.
Eppure abbiamo visto intere comunità in preda al fanatismo di parte difendere a spada tratta gli stupratori solo perchè "è risaputo che sono bravi ragazzi, di sicuro è lei che c'è stata, che li ha provocati".

GIANO E LA PULZELLA
Nella vita si cerca sempre di mostrare la parte migliore di noi, quella che ci fa sembrare persone degne della massima stima e fiducia, dando mostra d'intelligenza, coerenza e buon senso.
Traduciamo il tutto in un blog, tanti post affascinanti, coinvolgenti, veri per alcuni aspetti, incoerenti per altri.
Ma ovviamente chi legge non può sapere, o conoscere solo una verità parziale, e l'idea che prevale è quella di un profilo affidabile, solido, razionale.
Leggiamo i post ed applaudiamo.
Magari c'è anche una piccola coorte di spasimanti, gelose che tale fortuna sia toccata a me.
Di sicuro ce n'è una molto motivata perchè spera in un tornaconto, bugiarda ella stessa, di quei tipi che ti salmodiano, ti dicono brava e bella, e poi......scopri che anche lì ci sono state solo bugie e forse qualche intrigo, ed eccola che imperversa nel suo blog con grandi proclami d'amore e profferte, ed in quello di lui, bacchettando, redarguendo, ergendosi a tenace paladina, custode della virtù conclamata dell'autore, detentore di pregi assoluti (ma come fa a conoscerlo così intimamente?) che mai deve essere messo in dubbio, che son sicura che seppur le mostrassi i lividi e le cicatrici (e quelle dell'anima  ahimè, non sono visibili), affermerebbe, con convinzione, che me le sono procurate ad arte.
Mentre fuori dallo spazio pubblico del blog, nel privato, arrivavano invece i veti, le scenate insensate di gelosia, la prevaricazione psicologica, il devastamento della mente, l'annientamento della persona, non in senso fisico, ma mentale.
E' lo stesso autore che scrive post bellissimi sull'amore, sulla libertà di pensiero, sulle donne.
E' una follia imposta e da me accettata in nome di quel sentimento che però diventa sempre più piccolo, sempre più cattivo, mentre scompare il bello che all'inzio mi ha incantato.
Intanto Giano mostra una biografia meravigliosa di se stesso, ed è forse quello che vorrebbe essere, o come crede di essere, e le bugie, le verità nascoste, e la pressione psicologica che m'annienta, a cui soggiaccio per amore di pace, per avere respiro, perchè pretende il massimo dando il minimo, o negandolo del tutto, confondendosi e confondendo il reale con bugie, amnesie, riscontri che non tornano, prigioniero di un mondo virtuale, avvolto nella nebbia, ( i nomi che ci accompagnano contengono spesso una loro verità di fondo) dove di reale, per me, c'è solo un numero di cellulare.
In tutto questo tempo ho assolto tutti i doveri di una moglie senza, però, nessun diritto.

A TU PER TU
In tutti questi anni non ho conosciuto nessuno che faccia parte della tua vita, mentre tu di me conosci tutto, tanto tempo fa sei entrato a casa mia e hai constato con mano che la mia storia era vera, vera la mia solitudine e le mie difficoltà, vera la separazione con mio marito, vero il mio amore e la mia predisposizione a trasformarlo in futuro.
Sei entrato anche nella vita di mio figlio, e della mia famiglia, e degli amici, spalancate tutte le porte, ed io......nessuno del tuo mondo, nessuna faccia, nessuna voce.
Solo un numero di cellulare.
Verità nascoste, o che non si possono mostrare e di cui io devo rimanerne fuori, la donna segreta, quella che si esalta nei post ma si umilia nel privato, che si tiene a bada con false storielle fino a quando emergono nella loro insansetezza, mentre invece, la mia onestà ti ha spalancato da subito le porte della mia casa, dei miei affetti e del mio mondo.
Quello vero, e non virtuale.
Persone reali, con nomi, visi, e storie.
Io l'ho nutrito in tutti i sensi, questo amore, soprattutto con la verità
Per questo me la prendo con i crociati, e le pulzelle, pronte a sfoderare le lame per difendere verità, ed onestà, che non sempre sono così come appaiono.
Chissà, forse, un giorno metterai un pò d'ordine nella confusione dei tuoi mondi e mi racconterai la verità della tua vita, che non riaprirà la storia ma, almeno, darà un senso a questi tempestosi dodici anni.
Io stessa, diventerò allora, la tua prima consapevole partigiana
Marilena

domenica 4 settembre 2011

Il male cattivo dell'Italia: il pressapochismo

Mi sono stati rimproverati i toni duri con cui ho scritto il precedente post "Cronaca di ordinaria follia" nel quale raccontavo la stolidezza che impera nelle nostre strutture ospedaliere.
Invece di togliere i nomi e gli indirizzi, per tema di essere passibile di una qualche denuncia e, per essere fino in fondo coerente con me stessa, avrei dovuto, invece, essere io a denunciare.
Ma seppur mi è stato fatto rilevare, e a ragione, che non tutto è stortura, obbrobio e disonestà, che anche in quel girone dell'inferno persiste un fondo di umanità, e di comprensione, io perduro nel mio drastico giudizio di condanna senza appello, che non è giusto contare sulla buona volontà e sull'umanità di quelli più motivati o quelli non ancora contaminati dalla durezza del mestiere, che subentra, inevitabilmente, nella lunga pratica.
E' vergognoso veder trattare i pazienti come intralci inevitabili, e se possibile da scansare, nella prassi giornaliera.
Voglio mettere tutte le scusanti e le giustificazioni possibili, e quelle pure inammissibili: i turni lunghi, la carenza di strumenti, lo scudo che ci si crea per non soccombere davanti allo spettacolo quotidiano della sofferenza, il dover fronteggiare l'ansia dei parenti e le necessità di chi è ricoverato, i problemi personali che ci perseguitano, l'essersi svegliati di malumore ed avere la luna storta, aver discusso con il partner, aver fatto cilecca mentre si faceva sesso.
Siamo umani e non sempre è facile supportare gli altri quando avremmo noi stessi bisogno di un aiuto ma, questo, non giustifica il pressapochismo, l'insofferenza e l'arroganza, la provocazione di quel continuo sbuffare o il malo modo con cui, rancorosamente, si presta la propria opera.
Una mascherina dell'ossigeno che non eroga ossigeno, è una distrazione inammissibile, ad esempio, nel caso di una gravissima crisi respiratoria
Non pretendo l'empatia o la misericordia, ma la professionalità e l'etica, quella sì, la voglio.
La professionalità dovrebbe essere d'obbligo e non una carineria, un favore, una concessione.
Una prerogativa che ci fa sospirare di sollievo quando è di turno chi
I turni lunghi, la stanchezza che ne deriva, e la carenza cronica di personale e di strumenti non devono essere fatti espiare da chi già deve fare i conti con la malattia.
E' questo il male cattivo dell'Italia: la sopraffazione.
Avrei dovuto denunciare, ma con quale supporto?
Chi avrebbe attestato le mie accuse?
Una porta di sicurezza sbarrata si fa presto a sgombrare, e le testimonianze.......insomma, chi ha necessità di un aiuto, visto come malamente funziona la nostra sanità, non mette a rischio quel minimo che gli viene elargito, tanto meno lo farebbe chi opera dall'interno.
Che schifo!
Marilena
P.S. - Ovviamente  non metto in discussione le capacità e la professionalità dei tantissimi addetti del settore, che pur ci sono, non è sotto accusa l'intera categoria del personale ospedaliero, ma certi cattivi costumi che sono tollerati e non sempre denunciati, e che noi stessi abbiamo contribuito, con il nostro silenzio/assenso, e la paura che spesso deriva dall'impotenza della necessità, a trasformare in barzelletta.
Marilena

venerdì 2 settembre 2011

Cronaca di ordinaria follia

I polli, pigiati nelle stie, di sicuro ricevono più attenzioni e cure dei pazienti ingabbiati nei letti a sbarre della grande struttura ospedaliera, carente di tutto.
Non voglio generalizzare, ci saranno anche reparti in questo grande ospedale che magari funzionano, ma Medicina non è tra questi.
Mia mamma è una pellaccia, è una combattente, una testarda, che non si lascia intimorire da queste quisquiglie, è una che non scende a compromessi e ha deciso che ancora non è il suo momento di esplorare il mondo dell'ignoto:  in un feroce corpo a corpo con la nera signora l'ha spuntata lei, seppur il prezzo che sta pagando è altissimo.
Potremmo veder la questione anche da un altro punto di vista, forse più logico: è la nera signora che  le ha concesso solo un attimo di tempo in più e, dal momento che gli sconti, e le concessioni, non sono mai davvero gratis, l'ha lasciata tramortita nel suo letto di dolore, così simile con quelle sbarre ad una gabbia, sopravvissuta ad una crisi respiratoria iper acuta, ad una crisi cardiaca, e ad una polmonite in corso.
 Mia mamma è affetta dal morbo di alzheimer in stadio avanzato per cui ha perso da tempo tutte le funzioni muscolari, ridotta ad un corpo senza peso e senza voce, solo occhi che ti guardano da una lontananza infinita.
La cosa orrenda è che lei capisce.
L'alzheimer è ancora in fase di studio, molti aspetti di questa malattia devono essere approfonditi,  non è vero, ad esempio, che cancella completamente la memoria, bensì si alternano momenti di astrazione a momenti di comprensione.
L'unica voce che le è rimasta è una lacrima che le si secca nell'angolo dell'occhio.
Quando appare quella lacrima noi sappiamo che lei è di nuovo con noi.
Vede solo ombre, ma sente le nostre voci

Praticamente quando l'ambulanza, chiamata dalla R.S.A. che la ospita, è arrivata lei stava collassando.
Quando siamo giunti noi i medici non ci hanno dato speranza ma ci hanno comunque proposto l'intubazione.
Abbiamo detto no, lasciamola morire in pace.
Quale pace?
Sospese tutte le medicine per l'alzheimer, che la calmano un pò, la fanno dormire, la stordiscono, cos'altro si può fare?
Benedette quelle medicine, che ora, però, per far posto alla terapia ospedaliera, sono fuori gioco.
Attendiamo che arrivi la notizia che la liberi e ci liberi dall'inferno in cui viviamo da oltre dieci anni.
Ventiquattro ore di attesa.
Nel frattempo la TAC ci rivela che la mancanza di ossigeno durante la crisi respiratoria non ha ulteriormente danneggiato il cervello.
Donna ostinata, seppur ha sempre avuto memoria debole anche da giovane.
La febbre della polmonite non le dà tregua: si lamenta con quel pò di fiato che le è rimasto in gola, si agita nel  letto/stia del pronto soccorso.
Finalmente Eli ha il permesso di entrare.
Mia mamma ha le flebo e la mascherina dell'ossigeno che poggia malamente sullla sua bocca
E quando mia sorella fa per sistemargliela s'accorge che la mascherina non eroga ossigeno
Cioè, mia mamma è lì, dopo aver collassato per una crisi respiratoria iper acuta, cazzo gli serve quel boccaglio senza ossigeno?
Oltretutto si rende anche conto che il liquido è bloccato nella cannula della flebo.
Chiama qualcuno per far presente della mancanza di ossigeno e del liquido che non scende nella flebo.
L'ossigeno è semplicemente staccato e, per quel che riguarda i tubicini delle flebo, sono provenienti da uno stock difettoso.
Scopriamo che qui manca tutto, come le sacche dei cateteri che non vengono cambiate ma solo svuotate.
All'inferno non ci sono i diavoli ma le prese per il culo.
E se mia mamma fosse stata sola sarebbe forse morta per dimenticanza, insensatezza, menefreghismo, in un letto del pronto soccorso.
Lei è stata fortunata (ovviamente dipende da ciò che intendiamo per fortuna) aveva una figlia che la controllava...... ma se fosse stata sola?

Ci viene espressamente richiesta la nostra assistenza: atto di pietà per i moribondi ma, in realtà, è per la carenza assurda di personale.
Reparto Medicina, tante persone anziane, tantissime sole.
I parenti e qualche volontario fanno quello che possono.
Tutti sappiamo che dobbiamo star lì ed arrangiarci, non dare troppo fastidio, non usare troppo il campanello, che i nervi sono tesi da una parte e dall'altra, ed è sempre in agguato la scintilla che può innescare la lite.
Fa angolo con la stanza di mia madre un bagno senza luce, nel senso che non si accendono le  lampadine.
L'uscita di sicurezza è bloccata da carrozzine, paraventi, ed un carrellone gigante pieno di tutto.
Faccio presente che in caso d'incendio faremo tutti la morte dei topi.
A' signò e seconno te questi ce la fanno a scappà?
Il riferimento è ai pazienti prigionieri nei letti/gabbia.

Mia madre non ha febbre, mangia regolarmente, ( mangia perchè ci siamo noi, altrimenti, qui dentro si può morire anche di fame e di sete), il dottore parla di una ripresa assolutamente inaspettata visto il suo corpo com'è ridotto e sabato, se non ci saranno ulteriori aggravamenti, verrà riportata nella R.S.A.
Apriamo qui un brevisiimo inciso sulle leggi che regolamentano le R.S.A. (Residenze Sanitarie Assistite) in base alle quali se un loro ospite non rientra dopo dieci giorni, perde il posto nella struttura.
La struttura non è gratis, una quota è a carico della regione, il resto buona parte della pensione di reversibilità e l'accompagno dell'invalidità.
Mia madre deve rientrarci a tutti i costi entro sabato altrimenti nelle condizioni in cui è non sapremmo a chi cristo rivolgerci, dove collocarla.
Ha bisogno di tutto, è prigioniera in quel suo corpo/bara da cui non riesce a staccarsi.
Il dottore ha umanità, capisce il nostro problema e, di certo, non siamo stati i primi a chiedere come fare per non farle perdere il posto.
Verrà fatta rientrare anche con la febbre, basta solo un giorno di permanenza nella R.S.A, poi, se occorre sarà ricoverata di nuovo, ma intanto scatteranno altri dieci giorni di proroga.
Un pacco postale con l'alzheimer, è questo che diventerà mia mamma.
Possiamo ritenerci ancora fortunati.
Ancora, di nuovo, ha aspirato il nulla da un boccaglio che non eroga ossigeno, perchè stavolta manca l'acqua distillata, ce ne siamo accorti mentre l'infermiera è venuta a rimuovere, su nostra sollecitazione, un ago che le stava trapassando il polso.
Ha le braccia massacrate perchè è difficile perfino, per come è ridotta, inserirle un ago.

Un pomeriggio intero con i dolori, si comprime, piange, urla quando le riesce di farlo.
Capiamo che ha male allo stomaco.
Si agita con le poche forze che le rimangono.
E' in un bagno di sudore.
Alla R.S.A lo sanno che ha bisogno di essere aiutata con sciroppi e clisteri.
Ci siamo raccomandati anche con il dottore di prescriverli nella terapia.
L'infermiera del turno di mattina si rifiuta di somministrarlo perchè non lo trova indicato nel registro.
Come è possibile se il dottore lo ha prescritto sotto i nostri occhi?
E' tutto il giorno che si lamenta, un clistere l'allevierebbe di un pò di sofferenza, che male può farle?
Quale contrasto può causare con una terapia di antibiotici e diuretici?
L'infermiera del pomeriggio non va neppure a controllare se c'è o no nella terapia, prende atto della situazione e glielo fa.
Mia mamma  dopo un pò si calma.
Torniamo a casa e stanotte, forse, dormiremo.

Il dottore ci dice che la lastra ai polmoni è compatibile con il quadro della sua malattia e quello del suo passato di grande fumatrice, ulteriori danni non vegono evidenziati.
Ci riconferma la possibiulità  del suo rientro nella R.S.A.
Le viene sospesa la terapia di antibiotici.
Ha di nuovo la febbre alta.

Quanto dolore dovrà ancora sopportare?
Marilena
P.S. - Ho tolto nomi ed indicazioni di luoghi per non rischiare querele, che non avrei soldi per affrontare, ma tutto quello che ho scritto è assolutamente vero.