Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

domenica 31 ottobre 2010

Principessa di Avalon

Quando mi sono svegliata, stamani, pioveva e fuori era ancora buio.
Il buio autunnale non è mai completamente scuro, ha trasparenza di bruma e la magia di Avalon che, in queste albe, si materializza.
Pioggia tiepida nell'aria fredda.
Ho dimenticato di rimettere gli orologi e, fino a quando non ne ho avuto la consapevolezza, mi sono ritrovata ad esistere, io sola, in un tempo sfuggito alle regole prestabilite dai fusi orari, fuori dagli inganni umani che tentano trucchi perfino col buio e la luce.
Gocce fuggiasche, refrattarie al loro destino di nebbia, si sono annidate tra gli interstizi dei muri e le crepe dei vasi, strettamente coese al coccio e al cemento, come unico indizio sarebbe rimasto, alla fine, solo un blando lucore di colla, invisibile, poi, nella luce chiara del mattino.
Ho aperto un ombrello dai mille colori come spicchi di arcobaleno, richiamo per gli gnomi, ciechi di natura ma sensibilissimi alle vibrazioni dei colori.
Li ho sentiti fuoriuscire silenziosi dalla grata dello scolo dell'acqua.
Allo scoperto cercavano un riparo, di funghi e di felci, che il mio terrazzo non poteva offrire.
Seppur il mio balcone è spoglio di piante, ma non di vita.
Oasi ben nota nel pellegrinaggio di lucertole raminghe e di gechi illusionisti.
Sosta provvisoria per gli uccelli acrobati, per quelli troppo vecchi o troppo stanchi, attratti dalla consistenza solida del pavimento che spicca,  nell'assoluto vuoto vegetale, a garantire, invitante, un istante di riposo.
Ma stamani, in quel lasso di tempo alieno favorito dall'amnesia dei miei orologi, il mio terrazzo si affacciava su Avalon e gli gnomi hanno accettato il richiamo multicolore dell'ombrello aperto a garantir loro un rifugio.
Biascicavano, al riparo dall'acqua, litanie ed enigmi, con voci sottili, confuse nel  fruscio della pioggia.
Io non li ascoltavo perché smarrita nell'incantesimo dell'indecifrabile geografia di quel paesaggio sconosciuto che s'andava spalancando dalla visuale del mio terrazzo, miniatura di un mondo fantastico la cui vetta più alta era la punta del mio ombrello, svettante come una cima inviolata, nell'universo pigmeo degli gnomi.
Io non li ascoltavo, troppo presa a godere di quello sconvolgimento temporale in cui mi sono risvegliata Principessa di Avalon, immemore del tempo preordinato dalle esigenze degli uomini, in una dimensione di urgenza psicologica, circondata da polle d'acqua ognuna delle quali recava, chiarissima, la premonizione del mio irreversibile destino di solitudine.
Perché le bambine concepite, e svezzate nella solitudine, quasi mai sfuggono alle stimmate di quel fato già tracciato alla nascita.
Neppure quando un mattino ci si risveglia Principessa di Avalon.
Era questo che gli gnomi andavano bisbigliando.
Marilena

martedì 26 ottobre 2010

La donna segreta


Strettamente pressati sotto la camicia da smoking, i seni, finalmente liberi, s'offrirono nella loro virtù tutta femminile.
Le labbra, pallide, s'andarono colorando di un sorriso monellesco, provocatorio, quando capì che lui l'avrebbe voluta in ogni modo ma, ancora di più, ora che lei gli si rivelava nell'incognita sessuale di un paio di boxer maschili.

mercoledì 20 ottobre 2010

Zen e l'arte del commento

Considero il boxino dei commenti un prezioso strumento di comunicazione spesso dagli stessi blogger poco valorizzato, usato in maniera approssimativa o solo per pubblicizzare il proprio link sui blog altrui :(
Io, personalmente, adoro quel boxino che è una scatola delle sorprese, degli scambi, degli aggiornamenti, delle presenze tangibili e, per me, anche degli spunti di scrittura.
Il boxino è la scatola dei doni.
D'altronde mi piaceva anche quando era vuoto, quando non c'era nessuno a scrivermi e non avevo nemmeno un counter che mi rassicurasse che qualcuno mi leggesse, ma sussisteva sempre la possibilità di trovarci, prima o poi, un commento, e questo mi già appagava: le passioni ci rendono entusiastici come bambini, restituendoci all'innocenza della sorpresa.
Il mio spazio commenti non è più vuoto da tanto tempo ormai e, di questo sono riconoscente a tutti coloro che spendono un po del loro tempo, e della loro attenzione, per la lettura dei miei post.
E, posso asserire, non per piaggeria, perché la veridicità di questa mia affermazione è ben visibile nei commenti pubblicati in calce ai miei  post, che i miei commentatori non sono sbrigativi né superficiali, e questo enormemente mi gratifica.
Riflessioni, giudizi, esperienze, poesie, divertenti fuori tema, divagazioni e tanto altro ancora, un meraviglioso vortice di parole e di pensieri che, spessissimo, sono state salutari spinte per i miei momenti topici, e stimoli per la mia fantasia.
Considerazioni ironiche, profonde, drammatiche, paradossali, surreali, fantastiche, a volte così ben strutturate che, benissimo potrebbero figurare come post.
Materiale variegato che ogni scrittore vorrebbe avere nel proprio archivio.
Ed è proprio questo, un prezioso archivio, che io considero il boxino dei commenti.
E sono anch'io a mia volta una commentatrice, sia pur di natura prolissa e macchinosa.
E di questo mi scuso con chi ha a che vedersela con i miei passaggi :)
Sono una grafomane inveterata, una parolaia mai pentita, una sfacciata invadente degli altrui boxini e, prima o poi, mi aspetto un time-out di massa, un deciso alto là che limiti le mie entrate sempre a passo di carica.
Quella dei commenti è però un arte a tutti gli effetti, che presto sarà riconosciuta come tale perchè strettamente connessa ai nuovi mezzi di comunicazione, di cui i blog, ne sono un esempio.
Grazie al boxino è caduto il muro divisorio tra scrittore e lettore e conquistata la democrazia dell'interazione (quasi conquistata, perchè pur dobbiamo tener conto dell'intramezzo del moderacommenti che è attivato anche nel mio blog, strumento di cui farei volentieri a meno se non fosse per l'intemperanza, rozza e gratuita, di cui qui, in Blogosphere, spesso si è vittime, ma che agli occhi di qualcuno potrebbe apparire, giustamente, come un mezzo di censura e di selezione).
Dunque commento anch'io, con enfasi ed entusiasmo, e con lo stesso piacere con cui scrivo i miei post.
Ho imparato, per quel che riguarda l'arte del commento, molto dagli altri, evolvendo poi un mio stile o, almeno, provandoci.
Dal principe achab-aleister-achab ho appreso l'arte di commentare attraverso  mini racconti.
Massimo, commentando i post di Felinità, postava deliziose storie con protagonisti gatti vagabondi e marinai erranti, piccoli racconti degni di essere raccolti in un libro di fiabe per bambini.
Storie carinissime, piene di humor, collegate direttamente, o per vie traverse, ai post di Lucy, che aumentavano il piacere della lettura cosicchè, spesso, mi ritrovavo a cercare la zampata creativa di Massimo nel cine-blog di Lucy per consumare, da lettrice famelica quale sono, un pasto doppio.
Non tutti i blog, comunque, per via delle tematiche trattate si prestano a questo tipo d'interazione e, forse, neppure tutti i blogger concederebbero volentieri spazi del proprio territorio all'invasione entusiastica e cameratesca di altri che potrebbero rubare audience :(
Bisogna essere intelligenti, generosi, aperti, lungimiranti... avanguardie, insomma, per accettare questo tipo di rapporto.
In tal senso Lucy lo è stata nei confronti creativi di Massimo che, a sua volta, ha sempre concesso ampio spazio  alle mie allucinazioni letterarie che sono, in ultimo, trasbordate nell'ospitale blog di zen-zero, con relativa invasione di spazio e imbrattamento da cancellazione errori.
Se lo Zen del Web, mio socio virtuale, mi volesse dare uno sfratto a vita, avrebbe tutte le ragioni per farlo ;)
Altri commenti, e sono quelli che preferisco, sono impostati alla stregua di carteggio, una sorta di corrispondenza pubblica.
Ed è questo il modo di dialogare che più m'appassiona, essendo io un'amante degli scambi epistolari.
Questo modo di commentare ha reso, ad esempio, ancora più forte il rapporto con Eli, mia sorella, la strega rossa, riscoprendo quella meravigliosa complicità che da ragazze ci univa.
E, in questo mio esternare sull'arte del commento, è quantomeno doveroso un distinguo fra due categorie di commentatori : i lettori semplici, ed i blogger.
Il lettore semplice è di norma un appassionato, un curioso, uno che non ha nessuna proprietà in Blogosphere ed è fuori dai circuiti che si creano tra i vari blog, libero da legami di amicizia e di simpatia e da calcoli paraculi, tipo apporre un commento (spesso sbrigativo e disattento) per ampliare la propria audience e pubblicizzare il proprio link.
I commenti dei lettori, gli aficionados o quelli di passaggio, sono i più veri perché stimolati dall'interesse insito nell'argomento.
Un lettore non sente l'obbligo di postare un commento solo perché è stato, a sua volta, commentato, ma lo fa perché spinto da un genuino coinvolgimento.
Cosa che non sempre accade con chi, invece, un blog ce l'ha.
Con questo ultimo stralcio del mio post, di sicuro, mi attirerò molte antipatie ma, come ho già scritto, il buonismo non gira dalle mie parti.
Commenti approssimativi, unicamente basati sul titolo e sull'immagine e non sulla lettura dello scritto, con due parole neutre oppure pomposamente altisonanti, e con bene in vista il proprio avatar ed il proprio link.
Commenti così superficiali di chi non si prende la briga di leggere e, a volte, nemmeno s'accorge che quel post era lo scritto di un altro :)
Collezionisti di audience sempre presenti, come sostenitori, nella colonnina followers, che s'inseriscono con commenti predefiniti, squallidamente neutri o eccessivamente solenni, come già ho scritto, per lo più esplicitati in poche parole adattabili ad ogni tipo di  argomento, ma che nulla esprimono nello specifico.
Commenti fotocopia degli stessi autori, facilmente si ritovano anche su altri blog.
Il prendere in considerazione questo tipo d'intervento, sciatto ed egocentrico, che denota, oltretutto, una mancanza di rispetto verso il blog ospite, è solo una perdita di tempo.
Ovviamente la mia critica è circoscritta ad una determinata tipologia di blogger, escludendo la maggioranza che, invece, è spinta da una passione vera per la comunicazione e lo scambio intellettuale.

Avrei voluto citare in questo post anche Lorenzo, Logos nella nebbia, un blogger davvero speciale che molto ha dato negli scritti e, soprattutto, nei commenti (più belli, forse, dei post stessi, come qualcuno una volta ha sottolineato)
Io che lo conosco personalmente, so che persona meravigliosa è nella vita e qui, in Blogosphere.
E' riusito a trasformare, con i suoi post, la difficile lettura della Filosofia, in un affasciante racconto delle contraddizioni e contapposizioni del  pensiero umano, alla costante ricerca della verità e della ragione.
L'ho ha fatto, spesso, in maniera ironica, mai conformista, avvalendosi di un linguaggio moderno e con la passione vera ed instancabile di un Maestro che ama la sua disciplina riuscendo a coinvolgere, con il suo entusiasmo, anche chi a questa materia è refrattario.
Ieri ha chiuso il suo blog, e di questo sinceramente mi dispiace.
Marilena

domenica 17 ottobre 2010

Storie scritte nel silenzio

L'analisi mi ha dato una più giusta consapevolezza di me.
Blogosphere me ne ha dato il riscontro.
E questo è un dono incommensurabile.
Oggi mi sento forte e sicura ed indipendente come mai lo sono stata prima d'intraprendere quest'avventura.
Ho dovuto toccare il fondo per emergere di nuovo.
Ma ne è valsa la pena.
Seppur me ne fosse data la possibilità non  tornerei alla mia remota vita, fatta di agi e di certezze e, neppure, alla vecchia me stessa, così insicura, inaccettata, opaca, al riparo da quelle fittizie protezioni che io chiamavo sicurezze, cosciente  però che, senza quel lungo, devastante periodo di transito, forse non sarei quella che nel presente sono.
E' in questi ultimi tre anni che ho realizzato appieno la cognizione delle mie potenzialità e quella dei miei limiti, che mi porta, oggi, a poter dire di essere una donna soddisfatta di ciò che da sola sono riuscita a costruire: me stessa.
Qualcuno sorriderà a questa mia affermazione trovandola magari eccessiva, pensando che mi stia eccessivamente esaltando e che, forse, una virgola di modestia non guasterebbe perché il parlare di se stessi nei termini di una imponente creazione non induce né alla solidarietà, né alla simpatia.
Eppure è proprio questo che ho fatto: un'angosciosa opera di distruzione per intraprendere, poi, quella difficilissima ed incerta, della ricostruzione.
Non considero, però, sprecato quel tempo passato quando mi proponevo in assurde simbiosi esistenziali, una mosca volontariamente impantanata in una visibilissima ragnatela ed impegnata in una sussidiaria coesistenza col ragno che neppure l'aveva reclamata come preda, solo che lei volontariamente gli si era offerta come riserva a cui attingere, un pezzetto per volta, in tempo di carestia, nutrendo la segreta speranza che lui, alla fine, abituandosi alla sua presenza mai più avrebbe reclamato l'adempimento alle clausole di quel masochistico accordo.
Per tanti anni sono rimasta attaccata in quell'angolo di ragnatela, sospesa tra il cielo e la terra.
Perfino il ragno, per lunghi periodi, si dimenticava della mia presenza, ignorandomi.
Solo quando mi fissava cattivo provavo una vitale scossa di sopravvivenza però mai così forte da indurmi ad abbandonare quella sua tela, che la paura di trovarmi da sola, e fuori delle sue solide maglie, era ancora più grande di quella di esser divorata.
Sono rimasta così in disparte, per un tempo infinito, a guardare scorrere la vita, timorosa di farne parte metttendomi in gioco.
La mia insicurezza, la poca stima verso me stessa, il mio non piacermi, il mio non volermi bene, sono stati un impedimento alla mia realizzazione come persona.
Quelli come me vivono in un tombino sotterraneo agognando l'invisibilità, trovando detestabile non solo il loro modo di essere ma anche la loro voce ed il loro odore.
Forse è per questo che il mio olfatto non ha mai acquisito una vera sensibilità perchè rigidamente allenato ad ignorare il mio stesso odore, per potermi più facilmente dimenticare di me stessa.
La superficie, all'apparenza, sembra normale perchè il caos è tutto nascosto all'interno del tombino dove ci ho vissuto fino a tre anni fa quando il ragno, annoiato della mia inutile presenza, con uno scatto fulmineo mi ha scaraventato nel vuoto.
Ho dovuto rimparare a volare, a fronteggiare le correnti d'aria e i vortici del vento, a dipanarmi nelle nebbie e a non restar travolta dalle tormente di acqua e di neve.
Eppoi, in un freddo Gennaio, sono approdata in Blogosphere, con tutta la rabbia e la disperazione necessari, accumulati nell'angoscia dell'abbandono, per urlare, stravolgere, scarnificare e, alla fine, ricostruire, cercando nel profondo di me stessa la motivazione vera a giustificare quel  terremoto in atto.
E  la scrittura è stata lo strumento che mi ha salvato dall'autodistruzione.
Nel tombino sotterraneo ho imparato a scrivere nella memoria.
Storie scritte nel silenzio.
Quel silenzio che qui, in Blogosphere, è diventato la voce del mio io narrante.
Marilena

martedì 12 ottobre 2010

Le imponderabili conseguenze delle nefaste radiazioni di una eclissi di sole


 
ECLISSI TOTALE DI SOLE
Intorno a mezzogiorno il sole provinciale di San Isidro s'era esibito nello spettacolo fantascientifico di una eclissi totale che aveva, per tutto il tempo della sua durata, sconvolto gli umori del cielo e della terra e quelli degli uomini e degli animali che davanti a quel sovvertimento, sia pure temporale, si ritrovarono ad incolpare chi Dio e chi Satana, secondo il proprio convincimento ed il proprio opportunismo, ma alla fine accettando tutti  la metamorfosi astrologica in atto con la stessa solerzia con cui il sole s'era convertito ad esser luna, e senza menarla troppo per le lunghe.
Si è quello che il momento esige si debba essere, senza troppe astruserie mentali e con la concezione pragmatica che certe follie vanno accettate senza porsi inutili interrogativi filosofici che non cambierebbero comunque di una virgola il corso degli eventi.
Altrettanto repentine di come s'erano avventate le ombre notturne diradarono di nuovo in chiarore e tutto continuò come se nulla fosse accaduto dal momento che quello sconvolgimento spettacolare somigliava più ad un allucinazione collettiva che ad un rarissimo fenomeno astronomico destinato, nel racconto di chi vi aveva assistito, ad arricchirsi nel corso del tempo di particolari inediti assolutamente fantasiosi, privi di qualsiasi fondamento scientifico, per divenir leggenda.
Così come di leggenda si sarebbero ammantati tutti gli avvenimenti che nell'immediato corso di quelle ore sarebbero accaduti.

LA FOLLIA DI GUAPO
I più fantasiosi avrebbero raccontato che Guapo, il toro campione da monta dell'allevamento Belgrano doveva essere stato preda di un raptus onirico, forse generato dalle infauste radiazioni dell'eclissi del mezzogiorno che lo avevano indotto a sfondare a cornate, e con incontrastabile irruenza, le barriere del suo recinto e ad irrompere, in balia di un incontenibile follia ormonale, nelle stalle confinanti della fattoria Delgado, dove aveva montato tutte le giovenche che gli si erano parate a tiro e cercato, in ultimo, d'irretire anche Lady Godiva, la  morella andalusa di Milagros Delgado.
Il mugghiare furibondo di Guapo, amatore mercenario incapace di accettare un rifiuto, ed i nitriti isterici di Lady Godiva terrorizzata dalla minaccia di quello stupro contro natura, dilagarono nella notte surreale di San Isidro destando l'intero borgo.
La prima ad accorrere fu Milagros Delgado, sommariamente vestita ed armata di fucile, giusto in tempo per veder stramazzare al suolo, colpita da infarto, la sua cavallina.
Milagros, furente di rabbia, mirò alla grossa testa di Guapo uccidendolo sul colpo.

LA COLONNELLA
L'attimo successivo, però, si ritrovò a terra, colpita alle spalle dal bastone da passeggio di Caterina Belgrano, la Colonnella, proprietaria di Guapo e dell'allevamento esclusivo di tori da riproduzione.
Tra l'italiana Belgrano e la spagnola Delgado c'era stato un lungo e difficile contenzioso mai risolto, nonostante una sentenza di tribunale, riguardo l'appartenenza di un cortiletto che originava dall'area di proprietà della Colonnella e terminava in quella di Milagros.
Contenzioso che aveva generato rancori e vendette che, nel corso dei decenni, avevano alimentato le cronache giornalistiche, e quelle salottiere, di San Isidro e dintorni.
La decisione salomonica del giudice di dividere esattamente a metà il cortile e chiuderne gli accessi confinanti nelle proprietà in causa, non aveva soddisfatto nessuna delle due, convinte com'erano che una delibera giusta avrebbe, invece, stabilito il pagamento di un pedaggio per la concessione di passaggio.
Ovviamente, entrambe, si decretavano legittime affittuarie.
La Colonnella  l'aveva colpita pesantemente col suo bastone da passeggio, una vera arma d'offesa che l'italiana impunemente sfoggiava dopo che una caduta da cavallo, in età adolescenziale, l'aveva resa leggermente claudicante.
Caterina Belgrano, donna di gran temperamento, si era meritata l'appellativo di Colonnella per via della sua spiccata tendenza al comando, e al piglio soldatesco col quale gestiva la sua famiglia e la sua azienda.
E, soprattutto, in virtù di quel suo bastone dal quale mai si separava ,e che i più maligni insinuavano si portasse finanche a letto: l'unico amante che riuscisse davvero a soddisfarla.

L'ARENA
Milagros, nella polvere, riuscì a stento a mettere a fuoco la figura dell'italiana appoggiata al bastone che la guardava dall'alto verso il basso, in attesa che lei si riprendesse per assestarle il colpo decisivo.
Acquattata immobile nella polvere, stoicamente ricacciando in gola i lamenti del dolore, Milagros sferrò un calcio improvviso alla gamba zoppa della Colonnella, facendola rovinare a terra.
La meraviglia per quel tranello ebbe solo la durata di un attimo e già l'italiana era pronta a reagire.
Milagros fu lesta a scalciare lontano il suo bastone da passeggio: la resa dei conti sarebbe avvenuta ad armi pari.
Le due rivali s'avvoltolarono nella veemenza cieca di un arruffamento di vestiti e di capelli.
E d'insulti.
Difficile distinguerle.
Impossibile decretare chi delle due avesse il sopravvento.

LE IMPONDERABILI CONSEGUENZE DELLE NEFASTE RADIAZIONI DI UNA ECLISSI DI SOLE
Gli abitanti di San Isidro, che di svaghi ne avevano davvero pochi, si erano entusiasticamente radunati per assistere a quell'inusuale combattimento notturno, di gonne e di chiome.
Due spettacoli nell'arco di poche ore, ed entrambi di una certa levatura, non capitavano così di sovente e, se l'eclissi di sole aveva sollevato interrogativi spirituali, quella lotta nella polvere, con il denudamento involontario di gambe e di seni andava, invece, colmando festosamente i sensi da quelle anatomie privatissime, accidentalmente in mostra, ignare di provocare così tanta eccitazione.
Questo spettacolo, così impudico e così sensuale, al limite di qualsiasi etica, era d'addebitarsi alle radiazioni maligne dell'eclissi solare, di sicuro le stesse che avevano provocato lo sconvolgimento ormonale di Guapo.

EL PICADOR
Aluino Gutierrez non credeva assolutamente alla teoria delle radiazioni malefiche, scettico di pensiero e goliardo di vocazione, di tutto quel trambusto si stava oltremodo deliziando e cercando un pretesto per inserirsi in quella sensualissima corrida dove, a turno, l'italiana e la spagnola, andavano ricoprendo il ruolo del toro e quello del matador.
Decise, quindi, che in tale contesto lui si sarebbe assunto il compito di supporto del picador, esaltandole e sfiancandole, così come accade in una corrida, per indurre il toro ad una resa incondizionata.
Il pretesto glielo avrebbero fornito proprio "le imponderabili conseguenze delle nefaste radiazioni dell'eclissi".
Quelle stesse che avevano causato lo sconvolgimento ormonale di Guapo.
Aluino Gutierrez si scaraventò, con lo spirito partecipativo di uno scolaretto, tra quelle due formidabili donne che se le suonavano di santa ragione e senza esclusione di colpi e, con entusiasmo gagliardo, cominciò a palpare le anatomie più a portata di mano, frugare sotto le gonne e distribuire, in modo assolutamente imparziale, carezze ardite e pizzicotti insolenti.

EPILOGO
La performance di Aluino Gutierrez scatenò nel pubblico un entusiasmo incontenibile con applausi fragorosi,  richieste di replica e lancio di rose.
E fu il bagliore fosforescente di un petalo rosso l'ultima cosa che el picador vide prima che la Colonnella lo tramortisse col suo pesante bastone da passeggio.

domenica 3 ottobre 2010

La donna del ritratto (monologo di un ganglio psicotico)



Ora c'è questa eccentrica signora che a ben guardare non mi somiglia affatto, ma pur va spacciandosi per me. La signora in questione, oltretutto, è davvero molto bella. Sfacciatamente bella. Di quelle che non passano inosservate e sono più simili ad apparizioni angeliche che a presenze umane. Ma non ha davvero nulla a che spartire con me, e per questo m'inquieta assai la sua ostinazione nell'avermi eletta sua icona. Stamani, però, ho visto un mio ritratto nella sua galleria di famiglia, tra i suoi avi che annoverano una badessa in odore di santità ed un vescovo che per poco non è diventato Papa.  La tela che mi ritrae è appesa ad un  lungo cordone dorato e sostenuta da robusti ganci perché la cornice che deve sostenere ha un peso rilevante, assai di più di quello della somma di tutti i giorni della mia vita. Se ragionassi con una mente diversa dalla mia, una mente pratica, mi sentirei lusingata da tanta venerazione e forse progetterei anche di trarne qualche vantaggio. Se lei afferma di essere me, io, parimenti, posso sostenere di essere lei.Ora non nascondo di essere stata tentata da questa opportunità, e dai guadagni che forse potrei ricavarne, ma qualcosa in me strenuamente si oppone a questo baratto. Il vaglio è nel rifiuto sul perché io non voglio essere lei: la salvaguardia della mia unicità. Il mio convincimento è che devo possedere qualcosa di veramente rilevante di cui io stessa non mi sono resa ancor conto ma che lei ha intuito, e di cui vuole appropriarsi. Forse quella sua perfezione è solo apparente e parziale e necessita del mio compendio per il suo completamento. Non è dunque ad essere me che mira, ma alla rifinitura della sua identità. Io rappresenterei solo un passaggio obbligato. La donna del ritratto, a ben guardare, non mi somiglia affatto. Decisamente non sono io. Eppure sono assolutamente sicura che lei aspira ad essere me. Così gioca sporco. Tenta di confondermi ignorando, però, la mia innata propensione al dubbio, e la consapevolezza che se iniziassi a sospettare della mia scarsa capacità cognitiva, lei, di sicuro, prenderebbe il sopravvento.