Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

mercoledì 18 febbraio 2009

Stregata da Josè Saramago

TRIBUTO AL ROMANZO: UNA TERRA CHIAMATA ALLENTEJO

Mi ha stregata. Completamente coinvolta.
Sono triste e gioiosa secondo il suo umore.
Assecondo l'urgenza dei battiti del suo cuore e l'urto del suo pensiero.
Mi lascio irretire dall'incanto della sua potenza evocativa.
E di quel suo linguaggio.
Che sa di terra e di cielo. E di anima.
Pezzi di nubi che frantumano in ispida pioggia e raggi di sole pesanti come baionette.
E gli aggettivi per descrivere.
Ruvidi. Di legno e di spiga. Fragili e perentori.
Sanno di zolle e di fango e di terra piagata.
Di fiumi irruenti. E di albe sempre troppo buie.
Sanno di uomo. E di donna.
E di storia che sembra antica ma che sempre si ripropone immutata.
La fatica del lavoro e la penuria del cibo.
E il pensiero che scorre lento, ma inarrestabile, dal cervello alle braccia, sfinite dalla fatica ed indebolite dall'inedia.
Pensiero crudo come carne nuda.
Solo uno stampo di pensiero.
Ma che dentro reca il soffio di Dio.
Gli dona un'anima con la forza di pane e di pietra dei suoi aggettivi.
E fruscio di vento a cui s'accompagnano i battiti d'ala del nibbio cacciatore che si leva solitario in volo, contrapposto alla pesantezza degli uomini ancorati al suolo calloso dell'inverno, o a quello ardente dell'estate, rassegnati a seguire quel volo, con occhi miti e stanchi.
Occhi invidiosi.
E la terra che si srotola indifferente sotto i troppi piedi scalzi.
Un immenso serpente che trattiene nelle sue spire una umanità indifesa, indebolita dalla fame e dalle vessazioni.
Ma sempre più consapevole dell'esigenza di un riscatto.
Uomini che nutrono la terra.
Ma non dovrebbe essere diversamente?
E così anche l'amore, su questa terra cannibale, è solo un breve riposo.
Sfiorisce presto il desiderio. Tranne quello per un pò più di abbondanza di cibo.
Pienezza di pane. Nella bocca prima.
Nello stomaco poi.
Desiderio che nemmeno con la morte si cancella.
E' così carnalmente vivo il suo modo di raccontare che io non so rendere nella sua originale perfezione l'uso sapiente degli aggettivi, e di quella sua punteggiatura anarchica, e di quei dialoghi che spuntano fuori da una virgola. Con naturalezza. Prorompenti nel silenzio.
Proprio come avviene con i discorsi veri fatti dalla gente vera.
Marilena

domenica 15 febbraio 2009

Lupo

Il lupo, prigioniero della trappola, va liberato.
E preservato l'orgoglio della specie nell'assoluta inconsapevolezza che quella libertà è solo la strategia di una trappola più grande.
Per sottomettere. E non addomesticare.
Perchè il gioco dia emozione il lupo deve rimanere lupo.
E non parodia di cane.

giovedì 12 febbraio 2009

I miei mostriciattoli

Un'amica mi ha chiesto perchè le pagine del mio diario sono state invase da mostriciattoli, figure che non capisce e che trova fuori luogo, dislocati in quegli spazi che dovrebbero essere, invece, permeati da pensieri, riflessioni e resoconti, strettamente personali.
Ma, carissima Camilla, quei mostriciattoli sono parte di me! Non mi ci ravvedi?
Ho semplicemente dato ipotesi di corpo e di materia agli oscuri demoni che s'agitano nella mia anima irrequieta, tenuta all'ancora solo da una intransigente ironia.
I mostriciattoli incarnano alla perfezione le mie manie ed i miei parossismi e, credimi, riescono a rendere meno patologico e molto più umano questo lato di me che nessuno conosce, ma che pur esiste e col quale convivo da sempre: il mio nebuloso essere.
Non riscontri nei comportamenti maniacali di Iggy, il killer-salamandra, un apparentamento con le mie paranoie?
Non sposto mai gli oggetti perchè ogni cosa ha un suo posto stabilito e fuori da quella sua area risulterebbe solo superfluo. Percorro sempre la stessa strada, ignorando le scorciatoie, se quella via la conosco a menadito. E vado in tilt quando scopro novità lungo il percorso: un cartello rimosso, un cassonetto spostato, l'apertura di un nuovo negozio.
Nel periodo più intenso della mia depressione, proprio come Iggy, attuavo la conta dei passi e recitavo nenie per tenere lontani i miei fantasmi e per avere la certezza di essere ancora viva.
E non ritrovi in Kilroy, il Freak graffiti writer, quella parte di me che ha sempre bisogno di conferme?
E la scrittura è per me, grafomane eccessiva, un'affermazione proprio come l'imbrattamento dei muri con le bombolette spray, lo è per Kilroy.
Adoro questo piccolo Freak, anarchico, audace, vivacissimo. Temerario. Viaggiatore della notte. Pendolare dell'alba. La sua anima eterna di adolescente mi intenerisce. Perchè adolescente tardiva lo sono io pure e, quindi, questo addolcimento è anche per me. E mi fa star bene sentire questa complicità tra le nostre anime.
E ancora, Camilla, tra i mostriciattoli c'è Blog, il mio figlio over size, obeso e nichilista.
Pragmatico. Indipendente. Irridente. Vorace.
Lo nutro in continuazione e mai vorrei smettere perchè la mia gioia nel dare è grande quanto la sua nel ricevere.
Io e Blog abbiamo un unico cuore.
Come vedi, Camilla, nulla è casuale nella metodica delle rappresentazioni nei miei scritti.
I mostriciattoli, come li definisci tu (mi piace questa definizione, perchè ha sapore d'infanzia e di candore) sono creature per me vive, partorite dalla mia testa allo stesso modo in cui Giove partorì Minerva.
I miei mostriciattoli espulsi da una terribile emicrania e venuti al mondo vestiti di scudo e di corazza, indispensabili da subito per potersi difendere dal cannibalismo degli umani.

Images by Ray Caesar

sabato 7 febbraio 2009

Minotauro

Che se avessi saputo che nel mio ventre albergava una belva anziché un uomo lo avrei seppellito vivo nel profondo dei visceri, negandogli da subito la vita.
Che niente giustifica la furia e l'oltraggio, la violenza cattiva su un'altra creatura.
E poco più che creatura era, coi fianchi stretti di bambina e due mammelline inconsistenti, e la sottanina spalancata su quello squarcio vivo, sanguinante tra le gambe.
E mentre lei urlava, invocando la madre terrena e quella celeste, lui la inchiodava a terra.
E ancora non si dava pace la piccina.
Crocefissa al suolo pregava, supplicava, piangeva.
Sta zitta o t'ammazzo.
E lei provava a non chiedere più niente, ma il male era tanto.
E la paura ancora più grande.
Una farfalla infilzata al suolo.
E lui continuava a minacciare zitta o t'ammazzo, dilaniandola col suo grosso pene sporco di terra e di sangue.
 Zitta o t'ammazzo.
E non vedeva quanto inutili erano le sue minacce perché lei stava già morendo.
L'anima non l'aveva più. Portata via dal vento freddo e nero.
E la voce per piangere e per chiamare, risucchiata nella gola, scivolata via col sangue tra le gambe.
Una cosina minuta, sotto l'uomo ebbro di sperma.
Un minotauro impazzito. Che non mi viene da definire in altro modo.
Mai vista tanta malvagità.
Che se avessi saputo, quando l'ho partorito, che nel mio ventre albergava una belva lo avrei seppellito vivo nel profondo dei visceri, negandogli da subito la luce.
Quel pugno di carne che avevo custodito nel grembo per nove mesi, e poi nutrito di latte e d'amore.
E cullato coi racconti di angeli e di fate.
Quel cucciolo caldo che pensavo sarebbe nato uomo e non belva.
Uomo e non Minotauro.
Avrei dovuto negargli l'aria prima che risucchiasse l'anima di questa piccina.
Ma non potevo sapere.
Non potevo.
Perdonatemi, per avergli dato quel giorno la vita.


venerdì 6 febbraio 2009

Predatori

Predatori.
Per gusto, per gioco, per spavalderia.
Per arroganza di forza.
Per prepotenza d'istinto.
Che il chiamarli cani è mancanza di rispetto verso l'incolpevole mondo animale che pur fa, dell'istinto, un giusto e parco uso.
Predatori. E senza la fascinazione, tenebrosa e fumettistica, che ci verrebbe di dare a questo termine. S'incorrerebbe nel rischio di fornire d'anima chi mai l'ha avuta. E con l'anima una scintilla di pensiero. E, sull'ipotesi di questa labile traccia, saremmo indotti a dover riconoscere loro una rozza, seppur abominevole, ragion d'essere.
Fuori dalla trappola di un romanticismo gotico o dalle strategie di un set cinematografico, la cruda realtà ci mostrerebbe figure storpie ed incomplete. Gli occhi enormi e le bocche molli. Le voci gutturali.
Solitari, o aggregati in branco, strisciano come grandi lumache marcando il terreno con l'odore forte di sperma non trattenuto e quello rancido di piscio. Che sono gli unici elementi che li avvicinano alla razza degli uomini ma, non per questo, ne sanciscono l'appartenenza.
Anche se partoriti da donne. E con la stessa sofferenza che un parto sempre comporta. E che senza le urla e le spinte delle doglie mai sarebbero stati buttati fuori e di sicuro sarebbe stato meglio, avendone consapevolezza, abortirli.
Perché non è vero che tutte le vite sono sacre.
Uccidiamo il mastino che assale il padrone. Un animale regolato dall'istinto e che, a volte, ubbidisce ad un primitivo richiamo ancestrale o solo si ribella alle vessatorie regole imposte dalla catena.
Ma un cane non ha dovere di etica o di morale. Quindi di pensiero.
Un uomo, invece, dovrebbe.
Qualunque sia la sua estrazione sociale, il suo credo, il suo posto nel mondo.
Al di là di ogni generosa giustificazione, che la nostra  ultra permissiva società concede, esistono atti che mai si potrebbero giustificare, tanto sono immondi e devastanti, per chi li subisce.
Che la bestialità degli uomini comunque trova protezione ed attenuanti nei codici e nei codicilli.
Una parola buona nella chiesa. Una mano tesa nelle istituzioni. Una notorietà nei media.
Predatori.
Una volta solo lugubri leggende. Oggi star visibilissime. Attori in nuce.
Stupratori.
Che i riflettori si accendino: il set è gremito di super star.
Marilena

Anteprima

giovedì 5 febbraio 2009

Piccoli desideri

Incubi contradittori in scenari felliniani.
Risveglio caotico.
Le mie pulsioni dark oggi sono all'apice.
Ben venga la pioggia e l'ispessimento del buio a trasformare questa mattinata in una notte prematura, purché sia finalmente senza incubi.
Mi è intollerabile l'inutilità di questo oggi.
Tutto quello che chiedo è quiete.
E uno spazio. Niente altro.

Vorrei continuare a scrivere questo diario.
Vorrei non provare ansia nell'aprire una e-mail o leggere un commento.
Vorrei non dover più blindare i miei blog.
Vorrei usare il linguaggio più congeniale ai miei racconti senza sentire il dovere di giustificarmi.
Vorrei poter continuare a credere che Alice sia ancora in grado di sognare nonostante la bruttura dei suoi incubi.
Vorrei poter continuare ad aver fede nella magia della scrittura.
Marilena

 (Tonnellate di parole che però non hanno voce e quindi non disturbano nessuno, non si è obbligati a leggerle, ma per me è vitale, invece, scriverle)

lunedì 2 febbraio 2009

The huntress

Regola fondamentale di una cacciatrice è quella di non lasciarsi mai coinvolgere dalla propria capacità immaginativa perchè potrebbe modificare la realtà delle percezioni.