Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

sabato 31 maggio 2008

New entry

La schiera dei miei Freaks si è arricchita di una nuova presenza, una vecchia signora bassa, vestita con un impeccabile tailleur nocciola che la disegna perfettamente quadrata: la faccia ancora molto liscia, le guance un pò flosce ed il mento a punta, occhiali d'ordinanza. All'apice incredibili capelli spumeggianti simili ad una enorme meringa poggiata sulla testa, alla base, invece, gambe talmente storte da ricordare le zampe ricurve delle poltrone rococò. Sbucata chissà da dove è entrata di soppiatto in un mio sogno, subito perfettamente integrata nella variegata e poco angelica schiera dei miei Feaks. Bassa, quadrata, linda e all'apparenza innocua, mi ha soavemente sorriso alzandosi sulle punte dei suoi mocassini per arrivare al livello del mio viso, mettendo così in mostra una chiostra di denti orrendamente devastati sullo sfondo sfocato di una gola-voragine. Le sue braccia si sono allungate a dismisura per afferrarmi, e ho visto da vicino i suoi occhi, la pupilla grigia e acquosa. Cieca. Mi ha afferrato tra le sue braccia-corda e la sua faccia intanto si andava trasformando in quella di mia madre, orrendamente devastata dal male e che sibilava improperi in una lingua gutturale. Dalla sua bocca arida e ormai del tutto sdentata fuoriusciva un alito di putrefazione.
Deve bere, ho pensato. Ora la faccio bere e ritorna normale. Ha sete e non riesce a dirlo. Si sta disidratando e a nessuno dei maledetti infermieri, là dentro, frega un cazzo.
Nella sua minuscola casa di nemmeno 40 mq non riuscivo a trovare la cucina. Angosciata dalla richiesta disperata di quei suoni gutturali cercavo disperatamente un rubinetto a cui attingere acqua. D'improvviso, poi, mi sono resa conto di trovarmi in un ambiente estraneo, una enorme stanza vuota e male illuminata e, nel fondo, una donna seduta su una sedia a rotelle, rozzamente legata allo schienale con un cencio sporco, che si divincolava ridendo in maniera sgangherata facendomi cenno di avvicinarmi. Quando l'ho vista in faccia ho provato un orrore indicibile, non era la vecchia signora quadrata e non era nemmeno mia madre: ero io





venerdì 30 maggio 2008

Dove sei Amaranta?

Mi fa sudare questa cazzo di lampada al calor bianco, qui sulla scrivania del mio computer, ma forse questo sudore è uno spurgo che nasce da dentro. Devo controllare il tremito delle mani e trattenere i miei pensieri ormai in tilt. Non c'è aria, cazzo, in questa fottuta stanza e la lampada si sta divorando tutto il mio ossigeno. Respiro a fatica, stasera ho ecceduto: "delicious" e due (sul numero non sono sicura) compresse di Lorazepam, ma non riuscirò comunque a dormire. Sto freddamente e consapevolmente sballando.
Mi preparo a questa nuova notte di veglia.
Nemmeno una sigaretta da fumare fuori, nel buio, seduta sul gradino del terrazzo ad aspettare che la notte diventi giorno e che il silenzio diventi rumore. Il buco dentro è ormai una voragine, potrei infilarci dentro tutte le stelle del firmamento ma rimarrebbe comunque desolatamente sempre troppo vuoto e troppo vasto. Scivolo come una ballerina ubriaca sull'umido della notte. Nessun pubblico ad assistere alla mia catastrofica performance.
Porte sbarrate.
Non c'è aria in questa stanza del cazzo.
Dove sei Amaranta?
Marilena

Anteprima

giovedì 29 maggio 2008

C'è una cattiva luna stanotte

C'è una cattiva luna stanotte, uno squarcio nel cielo.
Notte di caccia.
Notte di spari.
La mia ombra si stacca dal muro ed inizia a correre, incespicando, verso la collina. Le voci dei Freaks si uniscono agli ululati dei lupi. Devo riuscire a scalare la collina. La mia "unghia della strega", appesa al collo come un amuleto, mi pesa tragicamente sul seno graffiandomi quando la lama incontra la pelle.
C'è una cattiva luna stanotte, luna da fumetto, tonda e bianca.
Un grosso faro da set cinematografico: illumina, non nasconde
Forse nella mia corsa sto scalando la luna e non la collina.
I Freaks mi incitano divertiti.
Non mi volto.
Non ho tempo per le minacce.
Notte di caccia.
Notte di spari.
Questa volta sono io la preda.


mercoledì 21 maggio 2008

Un incantesimo d'amore

Le peonie si sono schiuse in tutta la loro grassa lattiginosa carnosità, simili a matronali vulve con i clitoridi abnormi, in attesa della penetrazione.
Le calle, androgine lussuriose, hanno spalancato una candida gola di donna da cui fuoriesce un duro pene di uomo. Pelle di luna, la foglia avvolgente che avvinghia quel turgido raggio di sole.
Le rose, boccioli stretti come vagine di adolescenti, si sono dapprima timidamente dischiuse nel loro tenero fulgore arancio, aprendosi, un petalo per volta, poi, sedotte dalle voluttuose dita delle foglie, si sono allargate come le gambe di una giovane sposa che si concede senza più inibizioni. Impudiche, si mostrano in tutta la loro delicata, vergine anatomia, per essere colte.
Stanotte, nell'ombra verde del tulle, tra i merletti fitti delle gypsophila e il tumulto vellutato delle felci, i tuoi fiori, amore mio, hanno dato vita ad un palpitante, fantastico incantesimo d'amore.
Inconfondibile il tuo odore
Io ne sono piena
Ti amo
Marilena
PS - Come potrei non amarti?

giovedì 15 maggio 2008

Appunti per una canzone

Hey baby, stai giocando col mio sistema nervoso e prima o poi la miccia prenderà fuoco ed io esploderò.
I miei neuroni inferociti sono pronti all'attacco: faresti meglio a smettere quel sorriso stronzo.
Hey baby, le mie notti insonni hanno un prezzo davvero pesante, nessuna pillola mi fa dormire e i miei occhi perennemente accesi sono sulle tue tracce.
Ti porti addosso gli odori di altre donne, profumi costosi.
Quanto chiedi per le tue performance?.
Hey baby, con me è un gioco in cui t'impegni solo quando decidi tu e questo devasta i miei circuiti.
Non posso più accettarlo, ora sarò io a stabilire le regole.
La tua anarchia è solo un pretesto se poi ti fai regalare collari di smeraldo
Hey baby, togliti la maschera e guarda i miei occhi perennemente accesi: non scherzo bambino quando ti parlo con questa voce calma sai che presto arriverà la violenza dello scroscio..... dovresti ormai presagire i toni dei miei umori.
Hey baby, stai camminando su terra minata e il detonatore è in agguato nel fondo dei miei stivali.
Amaranta.

(dedicata a Marilena smarrita tra le tante realtà dei suoi molteplici mondi)

martedì 13 maggio 2008

Senza nessuna riserva

Ora sono qui, con gli occhi finalmente asciutti, a chiedermi se decidere di continuare a stare con te è valso il prezzo di tanto star male.
Si, senza nessuna riserva.
Vale infinitamente tanto il tuo amore...linfa vitale per me, come un sangue novello che torna a scorrere nelle mie vene esauste.
Perché l'amore ha il tepore avvolgente delle tue dita che percorrono, sicure, i sentieri noti del mio corpo, e della tua lingua che sa eccitare quel sussulto, unico e intraducibile, che solo tu sai darmi.
Ha il calore nudo del tuo corpo, molto più grande del mio, che mi raccoglie tutta nella vastità delle sue anse, e sai trattenermi, come perla preziosa e viva, nel guscio sicuro del tuo ventre.
Ha l'odore della tua voglia prepotente, della tua voce rotta, delle tue mani febbrili, della tua bocca avida e delle tue dita...adoro quelle tue dita padrone che sanno guidarmi verso il piacere che fa gridare.
Si, senza nessuna riserva, amore mio, per te ne vale la pena.
Marilena
 (dedicato a L.)


lunedì 12 maggio 2008

Auuuuuuuuuuuu

AUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU
Marilena

PS - ululo la mia rabbia impotente alla maniera di Ahmed Salmi, così come un tempo usava fare una mia amica (con sottofondo ossessivo di "Hysteria" dei Muse)

sabato 10 maggio 2008

L'oscura madre

L'isteria repressa: è questa l'oscura madre.
Sempre più debole il costante autocontrollo imposto affinche lo specchio rimandi sempre la stessa immagine, rassicurante e nota, ed ignori la fisionomia prepotente che tenta di sovrapporvisi.
Occhi predatori, vivi e attenti che ti scrutano dall'altra parte del vetro.
Sei sempre tu ma incredibilmente diversa.
Sconcerto. E' l'oscura madre che si palesa.
La tua immagine riflessa è sempre più sfumata, sempre più in ombra, mentre il nitore dell'altra si sovrappone perfettamente ai tuoi tratti, appropriandosene.
Paura: l'autocontrollo va a farsi fottere, saltano tutti i meccanismi di mimetizazzione che hai messo in opera nel corso della tua vita con la pazienza certosina del miniaturista.
Sei tu nella tua immagine nuda.
Nitida, smagliante, quasi fosforescente. Visibilissima e carnale. Finalmente reale.
Come in un effetto speciale cinematografico l'identità predefinita si scioglie dalla tua faccia e cola in brandelli di materia in un ammasso confuso e impastoiato.
L'oscura madre, ora finalmente visibile, ti sorride beffarda: ma sei tu che scopri i denti.
Marilena

giovedì 8 maggio 2008

Dovrei sbarrare la porta del mio antro

Questa sarà una giornata di passi trascinati e di nervi scoperti.
Giornata di fiato corto e d'ansia pressante.
Giornata in apnea.
Questo sole di primavera.....opaco sui vetri sporchi della finestra non ce la fa a scalfire questa ennesima infinita notte, ostinata e tardiva.
Cosa ci faccio qui fuori stamani?
Schiacciata tra due forze: il peso compatto del cielo e la fragile inconsistenza della terra.
Non sento gli odori.
Mi sento in trappola.
Dovrei sbarrare la porta del mio antro.
Marilena

PS - Riuscirò un giorno a farti capire quanto è ancora difficile per me esserci, ma quanto è vitale, invece, che tu ci sia?

mercoledì 7 maggio 2008

Non voglio che tu vada via

Amaranta: davvero vuoi che me ne vada?
Marilena: non l'ho mai detto
Amaranta: ma qualcuno dei tuoi si, vuole che io vada via
Marilena: da quando per te conta il giudizio degli altri? Non ti ha mai condizionato in passato
Amaranta: infatti non mi condiziona, ma ti confesso che inizio ad infastidirmi
Marilena: perchè? per me puoi restare quanto vuoi
Amaranta: allora rimango
Marilena: avevi davvero bisogno del mio permesso?
Amaranta: volevo solo essere certa della tua consapevolezza

Non voglio che tu vada via.
Ho bisogno di te, della tua tenacia, della tua resistenza ostinata alle tempeste che spesso mi travolgono.
 Sei la mia unghia della strega, oscura sorella, sei tu che urli rabbia e sei ancora tu che sussurri passione.
Sei bellissima e intensa anche quando stravolgi la tua fisionomia.
Amo la tua ostinazione e la tua feroce ironia.
Amo l'oscura madre che si agita in te.
Non voglio che tu vada via: dov'era tutto il resto del mondo quando l'eclissi totale ha cancellato per un tempo infinito il mio pezzetto di cielo e non c'era altro, intorno a me, che lo schiaffo del vento e il buio catramoso di una notte di pietra?
Marilena

venerdì 2 maggio 2008

Nel peccaminoso solco dei seni di una Maria Maddalena

Piccola, bruna e dura come una noce.
La bocca tonda come una o serrata e la ruga, con il disegno di una v capovolta, impressa tra i due sopraccigli, solco severo di un'espressione perennemente accigliata.
Piccola, bruna e dura come un pugno chiuso, vibrante di tensione, già pronto ad essere sferrato nella certezza di una incombente provocazione.
In lotta eterna con il mondo, sapeva dire cose cattive con la medesima scioltezza con la quale poi, la sera, sciorinava tra le agili dita i grani del suo rosario.
Prezioso rosario di granato antico dal quale non si separava mai e che con civetteria portava al collo, con il crocefisso che le ballonzolava tra i seni lussuriosi.
Piccola, bruna e dura, con quei seni prosperosi che ingolosivano gli uomini e ingelosivano le donne.
Nella magrezza di quel suo corpo di adolescente tardiva i seni esplodevano, invece, nella pienezza dello splendore della loro maturità.
Camminava leggermente incurvata dalla forza di gravità subita dalle mammelle, e dal pesante crocefisso che le ciondolava nella scollatura generosa del vestito.
I ragazzini le urlavano dietro complimenti osceni che lei ricambiava con bestemmie, e maledizioni, che provocavano una nuova bordata d'insulti.
Si arrestava, traballando sui tacchi instabili, chinandosi a raccattare sassi da lanciare alla banda oltraggiosa che le rideva dietro.
Nel chinarsi a raccogliere il pietrisco il crocefisso proiettava a terra un ombra perpendicolare di meridiana, mentre il peso dei seni la sbilanciava ulteriormente come se fosse sul punto di cadere in avanti.
Ma non cadeva e, con scatto aggressivo, si girava agile come un guerriero ninja scagliando contro la marmaglia chiassosa la sua gragnola di sassi, urlando in una lingua sconosciuta oscure minacce.
Il tondo scolorito della bocca si spalancava sull'antro buio del palato, e gli occhi, già grandi, sembravano dilatarsi a dismisura.
Roteava poi su stessa come una marionetta a cui avessero reciso i fili, prima di accasciarsi al suolo con le braccia e le gambe scomposte, e una bava spessa che le insozzava il mento.
La banda impaurita allora scappava, e lei rimaneva a terra,convulsa e sussultante, come ghermita da una violenta scarica elettrica
Scosse che andavano poi lentamente placandosi lasciandola stordita e confusa nel suo torpore da epilettica.
Penzolante dal filo prezioso dell'antico rosario, il Gesù crocefisso voluttuosamente agonizzava nel peccaminoso solco dei seni di quella Maria Maddalena.

A un passo dal limite estremo

Lei è così abile nel suo gioco
che la crederesti incapace di alcun male
Non infatuarti di lei, bambino
non è così bella come l'immagini
Nasconde l'inferno nel paradiso
A un passo dal limite estremo
ha trasformato la sofferenza in cinismo

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