Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

domenica 30 marzo 2008

Quanto dolore bisogna sopportare per aver diritto al vostro paradiso?

Oggi proprio non ce la faccio. Non riesco a sentire il sole. Non riesco a liberarmi del buio.
Inutile la mia serata di ieri con gli amici, come inutile il mio sfaccendare inconcludente per la casa.
Nemmeno la voce, calda e rassicurante, del mio amore riesce a distogliermi da questo stato d'inquietudine impotente che ormai mi sta travolgendo.
Ma oggi riesco a piangere e questo aiuta.

C'è il sole ma non lo sento, mamma, così come non lo senti tu.
Non siamo mai state davvero vicine eppure oggi, anche se tu non puoi capirlo, ti confesso un'amore incondizionato ed eterno.
Cosa è stata la vita per te?
Tante lenzuola da lavare, bocche da sfamare, incomprensioni e incertezze per il domani, desideri (ma ne hai avuti davvero?) inappagati e sogni forse nemmeno mai immaginati.
Eri davvero bella e questo lo ricordano ancora in molti perchè era indiscutibilmente visibile la tua bellezza. Che ne hai fatto? L'hai consumata sulla pietra della vasca di una terrazza, tra i fornelli di una cucina, nel barcamenarti quotidiano per far quadrare conti che altrimenti non avrebbero coinciso.
Vorrei farti un regalo, mamma, un grande regalo se questo stato confessionale me lo permettesse. Mi prenderei una giornata solo per noi due, ti porterei sulla tua traballante carrozzina nel giardinetto verde della struttura che ti ospita. Sentiresti di nuovo quell'aria che da anni ormai non respiri più. Aria inquinata, ma pur sempre aria libera, e non trasudo di pareti o spifferi di finestra. Le tue mani inquiete cercherebbero di afferrare il vento o i miei capelli o qualunque cosa tu possa intravedere. Finalmete soffi d'aria nella tua bocca sdentata e nella tua gola arida. Aria come acqua. Mormoreresti frasi incomprensibili per me, come quando levavi il "malocchio" e recitavi quella tua formula segreta che non hai mai voluto rivelare a nessuna di noi. Forse avresti paura, dopo tanto tempo, dello spazio aperto, come io avrei paura che un colpo di vento ti farebbe volar lontano.
Ti racconterei di tutti questi anni e del mio malessere così minimo in confronto alla devastazione del tuo male. Ti parlerei di cose e persone che tu hai da tempo ormai dimenticato. Una vita mai davvero vissuta la tua ma alla quale io ora mi ostino di dare un senso per giustificare, in qualche modo, questa fine ingiusta ed impietosa.
Una giornata di aria, di sole e di vento e di parole. Una giornata di confidenze.
Torneremmo poi di nuovo in camera. Ti metterei a letto con vesti fresche di bucato che sanno ancora di aria e di luce, ti stringerei cullandoti tra le mie braccia e ti racconterei una favola bellissima a cui mi sforzerei di credere anche io: c'era una volta la città dell'Eden........
Accarezzerei il tuo braccio-osso cercando la corda grossa e nervosa delle tue vene e con tutta la dolcezza possibile c'infilerei quell'ago che forse ti darebbe davvero la pace.

Ma viviamo in uno stato di merda dove si è costretti a non decidere niente, a sottostare ai credi e alle superstizioni e alle insulse regole di chi decide per noi quanto dolore dobbiamo essere in grado di sopportare prima di aver diritto alla pace della morte.
Stato di merda asservito ad una Chiesa di merda.
Sono atea e in quanto tale disconosco ogni propensione all'inutile martirio se non cercato e, soprattutto, se imposto in nome di una fede che non mi appartiene e di un'etica che sinceramente non riesco a comprendere nella sua mancanza totale di umanità.
Quanto dolore bisogna dover sopportare per avere diritto al vostro paradiso?
Marilena
Anteprima

Alzheimer

Non ricordare nulla di se stessi.
Disimparare i gesti comuni della vita: usare una forchetta, scrivere il proprio nome, smarrirsi in 40 mq di casa, non riconoscere i propri figli, e giù di qui, ancora, con un elenco interminabile.
Non parlare. Non vedere. Non riuscire a nutrirsi. Vivere con un catetere per il resto dell'esistenza. Dover essere imboccati. Essere inchiodati, perchè letteralmente legati, su una sedia a rotelle dalla mattina che ci si sveglia fino alla sera che qualcuno si ricordi di rimetterti a letto. Aver sete e non saper chiedere un bicchier d'acqua. Gesticolare con le proprie allucinazioni ed emettere suoni disarticolati di una lingua sconosciuta. Non potersi difendere. Sottostare alla pietà e al buon cuore di chi, spesso sottoposto a turni massacranti, riesce ancora ad avere un briciolo di rispetto per una dignità il più delle volte ignorata. Il disconoscimento della persona, ci si riduce semplicemente allo stato elementare di un corpo.
Peso per la famiglia.
Peso per chi assiste.
Il pudore cancellato. Infermieri uomini che la lavano, la toccano, e lei, che non si è mai mostrata completamente nuda neppure a suo marito. E' solo un corpo da gestire, senza identità, senza sesso. Assemblaggio di ossa senza quasi più pelle. Una struttura esile che regge, però, un cuore ostinato e ancora pulsante.
Occhi bui, sempre più socchiusi, evidente solo la pupilla nera, il bianco quasi cancellato.
Lei così bella una volta e con gli occhi grandi e luminosi delle donne del sud.
Forse è cieca......forse lo sta diventando.......difficile stabilirlo.
Le parlo, l'abbraccio, la bacio, le asciugo la saliva. Quando l'abbraccio non devo stringerla troppo o rischio di farle male. Lei con le mani inquiete mi tocca i capelli, tira il filo nero della mia collana che le ondeggia davanti coi miei movimenti. Cerca di afferrare tutte le ombre che riesce a vedere, anche quelle a noi invisibili.
E' una pena vederla infagottata in panni molto più grandi di lei, gettata di traverso sulla sua sedia a rotelle, il tubo del catetere che fuoriesce rozzamente legato alla carrozzina.
Quando sto li ho bisogno di aria, mi sento soffocare, cerco il cielo che s'intravede dalla finestra. Ho bisogno di sentire voci comprensibili, vedere gente che cammina sulle proprie gambe: sfuggire la visione. Vorrei scappare come fanno i bambini quando vedono qualcosa di brutto o incomprensibile, eppure quel qualcosa di brutto e incomprensibile una volta era una donna: era mia madre.
E' mia madre.
Ma mia madre è morta, sepolta viva nella bara del suo corpo anche se il suo cuore continua a battere ancora.
Il mio cuore, invece, ha smesso di battere tanti anni fa, quando è stata pronunciata la parola ALZHEIMER.
Nella bara di quel suo corpo, così fragile e senza più consistenza, ho rischiato di finirci anche io come in un macabro ritorno alle origini: un feto legato indissolubilmente ad una placenta necrotizzata
Marilena

sabato 29 marzo 2008

Il cibo della resurrezione

Il mio viaggio inizia quasi sempre nell'ora in cui la notte sfuma nel giorno, transitorio passaggio in cui concentro la mia sintesi esistenziale.
Vivo, realmente vivo, solo in questo breve spazio di tempo.
Signora di un mondo silenzioso e solitario, abitato da contorni di ombre e respiri letargici, al coma della vita contrappongo i miei incubi sontuosi e barocchi portando così alla superficie tragici desideri inespressi e, in un perverso gioco d'ipotesi, riscrivo il mio destino.
L'intero mondo giace inconsapevole con gli occhi ciechi e le vene insensibili nel tempo in cui io, da sola, m'appresto a purgare dall'oblio la memoria.
In apnea trattengo il respiro fino a percepire la sofferenza dei polmoni perchè solo così riesco, più vividamente, a ricordare il mio incubo e porlo a confronto con l'evidenza di una realtà sempre più dissolta, sempre meno vera.
Come Frankstein giaccio immobilizzata da funi di ghiaccio, sospesa nell'incoscienza di una non vita in attesa della scarica vitale del fulmine.
Il mio corpo è solo una grossa cicatrice dolorante, appena consapevole del tumulto del sangue e del tutto ignaro dell'arroganza del pensiero.
Le convulsioni dei muscoli convulsi dilaniano in schegge di puro dolore senza possibilità di grido nella gola nuda.
Un freddo sudore cattivo spurga dalla mia pelle, veleno maligno che riempie la stanza del mio odore.
La bocca è colma della saliva che invano cerco di ricacciare nel fondo arido e scarnificato della gola.
Una tosse violenta vanifica le mie penose contrazioni per ingoiarla, ed infine, il sugo amaro del vomito mi riempie il palato.
L'odore viscerale del rigurgito si mischia a quello acre del sudore evocando l'umido trasudo di tane inviolate.
L'ultimo sputo è una schiuma bianca di cane.
Rinasco dal fango dei miei escrementi, pienamente cosciente del caos da me generato ma troppo debole per confrontarmi con le allucinazioni della vita reale.
Così, ciecamente, arranco nel buio distorto dell'astinenza, pronta a captare il primo caldo raggio del mattino perchè non mi colga impreparata il risveglio del mondo.
L'ago penetra le vene esauste per nutrirle col cibo divino della resurrezione mentre io, in attesa di rinascere, sto in bilico su una soglia d'asfalto con le mani tenacemente protese verso un lembo indistinto di cielo.
Spalanco le mie potenti ali nere e grani di terra si sfaldano sotto le pesanti scarpe dell'inverno mentre precipito, cosciente, nell'invitante vuoto che ingordo si apre sotto questo, ancora assonnato, deserto nebbioso.
Quello che resta in supeficie è solo ombra su una terra di carta.
Poi, sciami di farfalle nude si leveranno in volo e cancelleranno anche quell'ombra.

Scritto da Amaranta in ricordo di un'altra vita.

venerdì 28 marzo 2008

Io

Stasera sono bella. Mi sento bella. Rido con i miei brutti denti eppure.....mi sento seduttiva. Potrei sedurre. Saprei sedurre. Ho smesso di fumare, il mio appetito è aumentato e, specchiandomi, mi sono accorta di aver messo su spalle e muscoli nelle braccia: ho braccia da facchino.
Mi viene da ridere mentre mi guardo. Eppure alcune cose col tempo sono migliorate, i miei capelli ad esempio, sono morbidi e lucidi e molto lisci. Capelli facili che non innescano mai nessun contenzioso col phon. Castano chiaro, niente tinta, colore naturale (da mia madre oltre la tendenza al suicidio ho ereditato anche l'ingrigimento tardivo). Alcuni giorni li lego tirandoli indietro, e questo è un successo dal momento che li ho quasi sempre portati spioventi sul viso.
Mi trucco. Il trucco ha la stessa funzione della tenda della frangia e dello schermo nero degli occhiali. Da qualche tempo inizio però a truccami in maniera meno evidente, colori più chiari, non sono più giovanissima, ne devo tener conto ma forse, a questo, contribuisce anche la maggiore sicurezza che ho di me stessa. Riesco a mostrarmi di più.
Cosa mi piace di me? I miei occhi, grandi e verdi. Che avessi gli occhi verdi, giuro, l'ho scoperto col tempo, prima non avevo mai davvero badato al loro vero colore. Qualcuno me lo fece notare e d'allora i miei occhi sono "indiscutibilmente" verdi.
Cosa non mi piace di me? I miei denti, imperfettissimi e volutamente ignorati, dimenticati nell'antro della bocca a causa della paura infantile, mai superata, per il dentista. Terrore puro, così con il passare degli anni la loro imperfezione è diventata ancora più evidente. Denti vampireschi se visti da una certa angolazione......
Marilena

lunedì 24 marzo 2008

Se non riesci a spargere lacrime spargi inchiostro

Fai attenzione, Mari, ti stai arrampicando su una parete senza appigli, una lastra liscia che, oltretutto, riflette il sole. Desisti o rischi di sfracellarti al suolo. Il suolo è quello che vedi da lassù come una piccola zolla scura che diventerà sempre più grande in fase di avvicinamento durante quello, che a te, sembrerà un lungo volo. Vomiterai davvero l'urlo o avrai la lingua inchiodata e gli occhi sbarrati? Sentirai il rivolo freddo del piscio scorrere lungo le gambe e avrai un solo pensiero nella testa: sto per morire.
Ora ascoltami bene perchè non intendo ripetermi: io non solo non voglio morire ma neppure farmi alcun piccolo graffio quindi non costringermi a metterti ko. Fai lunghi respiri, beviti un goccio di qualcosa, ascolta quella tua musica ossessiva se ti va, ma pensa soprattutto che tra un pò finirà anche questa giornata e domani.....domani sarà domani.
Amaranta
P.S. - Se non riesci a spargere lacrime spargi inchiostro

domenica 23 marzo 2008

Indirizzo smarrito per la città dell'Eden

Scivolerà via questo giorno come tutti gli altri. Un giorno-nastro, che immaginavo di color turchese, perchè oggi è Pasqua, e quello per me è il suo colore. Speravo fosse così: un giorno turchese cangiante nel giallo del sole. E' stato invece un lungo giorno liquido. Una parete d'acqua rotta in frange di pioggia, pesanti e umide, confuse e puntinate attraverso i vetri, oblò di una nave su un mare in tempesta.
Scivolerà via questo giorno come tutti gli altri. Un giorno-nastro su una catena di montaggio, silenziosa però, senza il fragore attivo dei macchinari in azione. Nella fabbrica deserta impera il silenzio dell'assenza.
Pasqua, un nastro di carta con su un ghirigoro tracciato velocemente, linea sottile di pennarello che già la pioggia cancella e imbeve. Indirizzo smarrito per la città dell'Eden
La festa non è mai qui ", è sempre altrove, altri luoghi e altri contesti (quanto è lontana la città dell'Eden?) dove immagino ci sia eccesso di frastuono, riquadri di finestre colmi di luce, tintinnio di bicchieri, mescolanza di sudore e odori, volti che si protendono, mani che si agitano in una sarabanda chiassosa di voci e coriandoli.
Una festa-nastro, come la cintura di raso turchese legata alla vita sottile di una ballerina che ondeggia in un vortice circolare gli infiniti strati della sua gonna di tulle
Scivolerà via questo giorno come tutti gli altri. Un giorno di pioggia verticale, fitta, scura e tagliente come la lama di un coltello che infilza l'asfalto disfatto come un pane molle, avanzo rancido di una festa solo immaginata.
 Marilena

mercoledì 19 marzo 2008

Donne

Ogni volta che guarda il cielo la giovane Regina ricorda la violenza di Dio, ma le pietre che l'hanno colpita non faranno di lei una martire.

Bernadette sogna di una dolce Signora e l'ago nel braccio ne sollecita la visione: il pusher ha fiutato l'affare ed è pronto a riscuotere i diritti d'autore.

Alice ha smarrito la sua identità filmica e non riesce più a controllarsi nel messagio visivo, la messa in onda è distorta da un' eccesso di realtà ed ora il gioco è molto più cruento.

Ai margini del deserto c'è la casa di Rachel, ultimo dignitoso rifugio per i disperati e gli ubriachi che s'accaniscono su figlie bambine e mogli già vecchie. Lei non fa domande nè scomoda Dio: ingoia il disprezzo ed allarga le gambe.

Anteprima

sabato 15 marzo 2008

Davanti allo specchio

Davanti allo specchio ci sono io ma è di Amaranta l'immagine irridente che il vetro riflette.
Mi fissa con quella sua espressione sarcastica che sempre mi fa incazzare.
Un sorrisino indecifrabile stampato sulla bocca, e gli occhi, che mi scrutano impudenti, seminascosti dalla tendina della frangia ormai troppo lunga.
Ci fissiamo in silenzio: troppo note l'una all'altra, così simili e così diverse.
Stamane butta male, lo intuisco dai capelli spioventi sugli occhi, pennellati senza cura, dalla bocca violentata da un rossetto troppo scuro. Mi armo di pazienza, so che dovrò sorvegliarla. Il "cipralex" (farmaco dal nome seducente che ricorda un maquillage) è già in circolo da un po' ed il "lorazepam" poi, farà il resto. Alzata presto stamani ma dopo una notte senza sogni, per cui non riesco a comprendere la sua inquietudine. Cerco il suo sguardo nello specchio...quella frangia davvero troppo lunga che si divide in tanti fili scomposti, dovrò decidermi a tagliarla prima o poi, ma non stamattina, non con questa luce fredda e quegli occhi che mi sfidano dall'altra parte del vetro.
Dalla mia parte di specchio tento un sorriso ma mi risponde un sogghigno. Devo staccarmi da questo incantesimo e cercare di non sprecare la giornata. Non fissare lo specchio, legare in fretta i capelli in disordine (dov'è finito il mio laccetto?) e, soprattutto, non permettere all'altra di espandersi al di qua dello specchio. Non lo trovo il maledetto legaccio, dove posso averlo messo? Frugo frugo frugo sotto lo sguardo irridente di Amaranta. Non devo guardare nello specchio, non devo vedere quello che lei vorrebbe vedessi. La frangia mi va negli occhi...troppo lunga devo assolutamente tagliarla ma non ora, non posso sprecare anche questa mattina, non posso permettere a lei di averla vinta. Non importa del laccetto, devo staccarmi dallo specchio, devo spezzare l'incantesimo.
Devo uscire da questa stanza.
Devo uscire dallo specchio.
Marilena

mercoledì 12 marzo 2008

Una donna rallentata

Rallentata, ecco come mi sento.
Una donna rallentata.
Eppure questo rallentamento è mascherato dalla rapidità delle mie azioni, dalla velocità del mio passo, dalla fluidità delle mie parole mentre, invece, dentro la mia testa tutto è lento e confuso: sballato il grande schema dell'imprinting e così sballo anch'io, sperimentando maldestramente sui miei meccanismi inceppati con " strumenti chirurgici" di cui non conosco assolutamente l'uso.
Ma occorre operare per impedire che il male avanzi. Occorre proiettarsi al di là del grande schermo nero dell'oblio e del sonno indotto. Operare senza anestesia: il dolore è la certezza della reazione ancora in vita.
L'analisi mi ha aiutato, mi aiuta (grazie doc.....infinitamente grazie), l'amore e l'amicizia mi danno la certezza di una coperta calda sotto cui rifugiarmi, la mia fantasia (quanto devo alla mia fantasia?) mi ha sempre dato una mano a sopravvivere. L'annaffio ogni mattina la mia fantasia, come un fiore perennemente a rischio che basta una leggerissima corrente d'aria a far sfiorire. L'annaffio perchè germogli forti radici sotterranee e perchè sono cosciente che la sua vita è legata a quel viluppo esile e contorto che si propaga nel buio umido della terra.
Una donna rallentata.
Ho fissato troppo a lungo uno schermo nero sul quale scorrevano parole che non riuscivo più a leggere e immagini che mi sforzavo, invano, di mettere a fuoco.
Per questo il mio blog ha le pagine nere, a ricordo di quello schermo muto e ostile, solo che ora le parole sono io a scriverle ed anche le immagini, che scaturiscono a volte lente altre inarrestabili, sono sempre io a proiettarle, a decidere cosa mandare in onda.
Decido. Sono rallentata ma decido. Wow
Decido vagliando ogni possibilità, gran lavorio di testa e sbaglio spesso, ma il mio cervello è in moto, instancabile mentre pensa....la potenza del pensiero, della concentrazione, del non perdere di vista il punto. Nessuno può davvero capire l'importanza della necessità vitale del pensiero se non l'ha mai smarrita.
E' normale pensare. I sassi, le piante, le macchine non hanno pensieri, gli umani si. Davvero così scontato? Cosa accade quando si smarrisce la facoltà di "pensare davvero" e si riduce la propria esistenza alla luminosità inconsistente di un pixel isolato su un gigantesco schermo nero?
Io ho avuto paura. Tutto quel nero rischia d'inghiottirmi, è l'entrata dell'antro, la bocca enorme di un pescecane o di un Dio cannibale.
Immobilizzata dalla paura, gli occhi fissi nel nero, incapace di muovere un passo, di mimare un gesto, di emettere un suono. Un pixel che nessuno vede sul grande video buio.
Quanto tempo è passato affinchè prendessi di nuovo coscienza?
Chi mi ha scosso con gentilezza ma con forza per risvegliarmi da quel mio coma?
Come descrivere il passaggio dal nero assoluto all'azzurro chiarissimo degli occhi di mio figlio?
Non esiste solo il nero, ho visto prima ancora di pensare, ( ecco, dopo tutto quel tempo vissuto in stato comatoso, il mio primo pensiero è stato visivo) ma c'è anche quell'incredibile azzurro.
Ed è azzurro il fiore che coltivo, perché è quello il colore della fantasia e del mio risveglio, e mi piace immaginare che nel fondo della terra le sue radici siano dure come acciaio ma palpitanti come vene vive.
Forse anche le donne rallentate hanno qualche possibilità di farcela.
Marilena

L'angelo e la strega

L'angelo ha gli occhi notturni di Poe e la bocca famelica di un pescecane.
S'invola sulle sue larghe ali scure attratto dall'odore mestruale della giovane strega funky, pronto a ghermirla con la rapidità predatoria di una irruenta folata di vento.
Per un lungo attimo librano attaccati prima che il cielo l'inghiotta.

Anteprima

sabato 8 marzo 2008

La mia dichiarazione d'amore

Le poesie mi annoiano, anche quelle senza rima, anche le mie, e poi quelle che io scrivo non sono vere poesie. La mia ispirazione è più d'autore da fumetto: quando compongo i miei pensieri sono blu cobalto, rosso carminio, giallo ocra, nero nero. Le immagini sono nitide, contorni precisi, niente ombre. Mi piace scrivere un pò come se stessi facendo la traduzione da un testo straniero dove alcune parole sono intraducibili (termini in slang ad esempio) e quindi, per rendere evidente il loro significato, bisogna trasformarle in immagini.
Volevo scrivere una vera poesia, con tutti i crismi e la sacralità che questo genere comporta, per dichiarare il mio amore ad una persona davvero speciale......ma il mio terzo occhio (tutti abbiamo un terzo occhio, non solo i poeti o pseudo tali) mi inquadrava come la sorella di Allen intenta a pasticciare con i termini come il geniale Woody fa con il tubetto di dentifricio e il phon nella scena nel bagno in "Provaci ancora Sam", e mi veniva da ridere.
D'altronde scrivere una vera poesia d'amore, e per di più originale, non è cosa facile ed il rischio è quello di rimanere invischiati nella farina pastello di una glassa troppo dolce e appiccicosa o di accendere, al contrario, privatissime abajtour e mostrare più pelle del dovuto.
Io, grafomane inveterata (niente matite e rossetti o mi troverei a scrivere anche sui muri e sugli specchi dei bagni pubblici), prolissa e precisina, ho deciso che una poesia di tal genere è l'equivalente di una dichiarazione d'amore e, in tal caso, ha bisogno solo di poche inequivocabili parole (chi necessita di aiuto si limita ad un semplice, seppur drammatico, SOS senza troppo dilungarsi in descrizioni particolareggiate sulla natura della disgrazia......bè, non fraintendete, non sto paragonando l'amore ad una disgrazia anche se a volte......ma questo non è il mio caso).

LA MIA DICHIARAZIONE D'AMORE
Ti amo perchè mi hai insegnato la pazienza dell'amore attraverso la perseveranza dell'attesa
Ti amo perchè hai colorato di vita le mie giornate ossessive
Ti amo perchè hai sopportato le mie paranoie facendomi ridere, riflettere, fantasticare, incazzare.
Ti amo perchè mi hai fatto sentire davvero donna e regina
Ti amo per quell'emozione sempre nuova del tuo sguardo, della tua voce, delle tue mani
Ti amo meraviglioso complice
Ti amo perchè semplicemente non posso farne a meno
Marilena
 (dedicata a L.)

giovedì 6 marzo 2008

Il guardiano

Il guardiano ha zanne possenti e artigli mortali.
 Nessun sentimento.
 Solo poche regole: obbedire alla regina, baciare la bandiera, centrare il bersaglio, non fare prigionieri.

Anteprima

martedì 4 marzo 2008

'Fanculo

'Fanculo al politically correct, alla mia passione per la democrazia, all'egoismo di Peter Pan e alle lusinghe della fatina dai capelli turchini
'fanculo alla mia evidente e consapevole mancanza di stile
'fanculo e basta.
Questo spazio è mio, me lo sono conquistato, qui c'è la mia bandiera, strappata e sbiadita, qui c'è il mio fiore di sangue, qui c'è il sudario bianco della mia resurrezione.
Landa rugosa e inappetibile dove la mia voce è vento, la mia rabbia sassi e la mia gioia sole.
Terra di cani e di lucertole.
Terra inaccessibile all'inganno dei pifferai magici e alla frusta dei domatori da circo: le mie ragioni non sono addomesticabili.
Marilena
PS - auuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu
(ululo alla maniera di Ahmed Salmi, che piaccia o no!)

Nessuna via di scampo

Notte frenetica. Notte d'insulti. Parole cattive, come solo io riesco a dire, attraverso la nebbia nera dell'impotenza. L'insulto come ultima arma di difesa.
Nemmeno i Freaks hanno avuto il coraggio di mostrarsi tanta era grande la mia collera esplosa nel sonno e continuata al risveglio.
Rabbia per quella voce melliflua e lontana dal telefono di un'altra città.
Ehy, tu, egoistico Peter Pan, mi ascolti?
Un giorno la strega verrà da te e ti regalerà la magia di 24 ore della sua vita, nei momenti più intensi, quando manca il respiro e le pareti si restringono chiudendosi come le pieghe di un ventaglio.
E la notte è solo battaglia.
Nessuna via di scampo
Marilena
PS - Questa pagina è assolutamente no politically correct ma ho le mie buone ragioni

lunedì 3 marzo 2008

Buongiorno mondo

Buongiorno mondo
Buongiorno vita
Buongiorno agli occhi celesti di mio figlio
Buongiorno alla voce del mio amore al telefono
Buongiorno a questa giornata di marzo, oleosa e opaca
Buongiorno all'abbaiare rabbioso del grosso cane costretto alla catena dietro il cancello
Buongiorno al citofono che stamani non dà tregua
Buongiorno ai piatti sporchi della cena di ieri ancora in attesa sul lavello
Buongiorno alla voce di fumo di Janis Joplin che martella nello stereo "Cry baby"
Buongiorno alla saggia ironia del mio amico Malaussene
Buongiorno alla terza tazzina di caffè che farei meglio a non bere
Buongiorno alla mia felicità di esistere in questo mattino deja vu
Marilena

domenica 2 marzo 2008

La giovane strega

Nell'ultima intervista la giovane strega urla in slang la disperazione impotente dell'insulto.
Inutili invettive per denunciare una verità modificata in una menzogna conclamata.
Nell'ultima intervista il giudice supremo, tiara in capo e pollice verso, pronuncia in latino la sua condanna.
Nel nome di Dio
La diretta TV, in mondovisione, non mostrerà i segni delle torture ma solo un lungo primo piano sul viso di lei.
Stravolto dalla paura.

La marionetta

Il ventriloquo gioca con la sua marionetta
gli presta la voce profonda del suo stomaco
gli suggerisce cose stupide e crudeli
Vive nell'inganno da lui stesso creato
Si eccita per vie trasversali
La folla ride, ignora la minaccia
Tutti applaudono divertiti
la sconcia performance
Il ventriloquo si masturba con le parole
Non gli piace giocare da solo
per godere ha bisogno della partecipazione di un pubblico
La marionetta è il grande cazzo
che egli spinge tra la folla

Anteprima

sabato 1 marzo 2008

Io sono Amaranta

E ora parlo io!!!!!
Francamente non ti sopporto più: sei una dramma-dipendente, non riesci a vivere senza pathos, la tragedia anche nel culmine della felicità....è troppo!!!!!
Smetti le grisaglie, scopri la fronte dalla pesantezza dei capelli, accogli con ironia notturna i Freaks (un pò come Biancaneve fece con i sette nani), sorridi più spesso con lo sguardo finalmente libero dalla maschera di quei tuoi ossessivi occhiali neri.
Sono stanca, Mari, di stare nella tua testa ed assistere a tutte le cose stupide o inutili che fai.
Io sono qui per ESSERCI e tu, invece, con le tue seghe esistenziali, m'impedisci di ESSERE.
Io voglio vedere attraverso lo sguardo verde dei miei-tuoi occhi.
Io voglio avere la possibilità di libera espressione senza dover passare obbligatoriamente nei tuoi cervellotici e, troppo spesso, paranoici percorsi mentali.
Va bene l'introspezione, sorellina, però tu eccedi ed inciampi in te stessa e fai cadere anche me, e questo non posso più permetterlo.
Se tu vuoi essere la regina degli antri cingi pure la tua fronte con una corona di spine e sopravvivi nell'ombra, ma non riuscirai a trascinare anche me in quella sorta di ragnatela dark che ti sei costruita.
Io sono immune dalla trappola degli antri.
Io sono geneticamente anarchica.
Io sono Amaranta.